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giovedì 19 maggio 2011

Dov'è il mio registro elettronico?

E insomma, nel 1983 i monitor erano in bianco e nero. Una partita a Space Invaders costava cento lire. E nelle scuole di Seattle usavano i registri elettronici (in bianco e nero) (ma elettronici).



Siamo nel 2011, abbiamo monitor a colori, milioni di colori, anche in 3d, possiamo giocare a tutti i giochi che vogliamo, e il mio fottuto registro scolastico è ancora di carta! Di carta! Voglio un conflitto termonucleare globale qui ora adesso!

Ho una teoria (#76): la scuola italiana è come l'impero romano, non passerà mai all'automazione finché può contare sulla forza bruta degli schiavi (cioè la mia). (Si commenta di là, come sempre).

Il dibattito sulle prove Invalsi che è nato in questi giorni on line (anche su questo blog) contiene decine di spunti interessanti. Io qui mi limito a spiegare meglio una mia perplessità: perché il Ministero continua a usarmi per fare qualcosa che una macchina saprebbe fare molto meglio di me, ovvero "tabulare dei dati" (in pratica, mettere crocette sui pallini)? Di sicuro non mi sono laureato e abilitato per questo, ma lasciamo stare l'aspetto umiliante della questione (che comunque c'è). Siete davvero interessati ai dati delle prove Invalsi? E allora perché li fate inserire da insegnanti – non tutti sessantenni presbiti, certo, ma che non hanno mai fatto una cosa del genere nella loro vita? È chiaro che la percentuale di errori umani sarà altissima. Inutile poi lamentarsi dei boicotaggi... 

In realtà l'unica vera utilità di un test a risposta chiusa (che come metodo di valutazione in assoluto lascia molto a desiderare) è che può essere corretta da un meccanismo automatico: i fogli del test dovrebbero essere progettati appositamente per essere inseriti in uno scanner che rileverebbe le risposte del ragazzo, conterebbe gli errori e le risposte giuste e di conseguenza valuterebbe (nel frattempo l'insegnante sarebbe a casa a preparare lezioni più coinvolgenti e creative). 

Questi scanner esistono, non sono fantascienza. In molti Paesi vengono adottati senza molti patemi. Su internet è possibile trovare diversi modelli, per l'Iran, per l'Argentina o per Hong Kong. Per l'Italia no, in Italia continuiamo a usare manodopera. Facile capire il perché: non la paghiamo. Però pretendiamo dalla nostra manodopera delle mansioni da robot: vediamo che negli altri paesi usano delle procedure automatizzate e decidiamo di averle anche noi, così è come se costruissimo meccanismi finti e ci nascondessimo dentro dei nanetti che li fanno funzionare (i nanetti saremmo noi, gli insegnanti). 

Mi hanno rimproverato la scarsa delicatezza. Non sta bene ricordare che la maggior parte degli insegnanti ha oltrepassato la cinquantina e si trova a disagio a passare le ore a crocettare pallini. Chiedo scusa, ma avete capito cosa sta succedendo? Il ministero, dopo averci terrorizzato minacciando di vincolare il nostro stipendio alle crocette dei nostri ragazzi, dopo averci allontanato per un mattino dall'aula dove i nostri ragazzi fanno le crocette, al pomeriggio ci fa aprire i pacchi delle verifiche e ci dice: a ricopiare sui tabulati le crocette dei vostri ragazzi pensateci voi. Siete proprio sicurissimi che non ci sia qualcosa che non va?

Cambiamo argomento (quasi). Vi ricordate War Games? È quel classico film di cui tutti ricordano la trama ma che nessuno si è più preso la briga di rivedere dal 1984. In particolare ci ricordiamo un po' tutti le stesse cose: la Guerra Termonucleare Globale, i Defcon, il megacomputer che gioca a tris, il soldato che rifiuta di girare la chiavetta, eccetera. Io, forse per devianza professionale, conservo un ricordo abbastanza fulgido di un altro episodio. Dunque all'inizio del film c'è Matthew Broderick a scuola. Il prof gli consegna una verifica che gli è andata male. Lui non fa una piega: con una scusa si fa mandare in presidenza, dove in un cassetto trova la password per il registro scolastico digitale. Con quella password è in grado di cambiarsi i voti da casa (bullandosi anche con la compagna di banco).

Siamo nel 1983, a Seattle. War Games non è un film ambientato nel futuro: a parte il cervellone termonucleare, tutta la tecnologia del film sembra perfettamente inserita nel mondo reale. Voglio dire che non so se nelle scuole americane avessero già i registri su computer nel 1983, ma la cosa sembra abbastanza verosimile. Io stesso ricordo di averlo trovato abbastanza logico quando lo vidi da bambino: sono americani, hanno il Commodore e la Texas Instruments, di sicuro saranno in grado di mettere i voti sul computer invece che su un registro cartaceo. Non ero certo un esperto di informatica, ma i vantaggi di un sistema informatizzato mi sembravano evidenti. Erano gli anni Ottanta. Avevo un Vic20. Otto Kilobyte di memoria fissa. Oggi in casa ho cinquanta o sessanta giga, e una connessione adsl ad alta velocità. Il 70% degli italiani ha un accesso domestico a Internet. Mandare un'e-mail di lavoro, o aggiornare il proprio profilo facebook, è diventata per la maggior parte di noi una prassi quotidiana, che non ci fa sentire abitanti di nessun fanta-futuro: è la nostra vita, è come usare il microonde o il cellulare. Siamo perfettamente integrati in questa nuova società digitale. 

Finché non torniamo a scuola, per lavorarci o per incontrare gli insegnanti dei nostri figli. E scopriamo che i prof italiani, nel 2011, a quasi trent'anni da War Games, i voti li mettono ancora a mano su un registro cartaceo. Vi sembra una cosa normale? A me non sembra normale. A me sembra uno degli indizi più impressionanti della crisi della scuola. Fuori è tutto informatizzato da almeno dieci anni, dentro non ci si pone ancora il problema. Eppure i computer a scuola di solito ci sono. A volte sono perfino cablati o connessi via wi-fi. Li usiamo per scaricare la posta. Abbiamo tutti un account di posta elettronica, almeno quello che ci ha dato il ministero. Ci mancherebbe, avere la posta elettronica oggi è il minimo. Avere un registro elettronico no, è ancora fantascienza. 

Attenzione, sto parlando di una cosa che si potrebbe fare a costo zero: vai su Google documenti, apri un foglio elettronico, fine. Oltre a non essere così difficile da imparare a maneggiare (noi insegnanti facciamo abitualmente corsi di aggiornamento su argomenti più complessi) un registro elettronico diventa quasi subito più semplice da usare del cartaceo. Però alla fine dell'anno devi consegnare il cartaceo, quindi, chi te lo fa fare? 

Cambio argomento di nuovo. Sapete chi è stato a collaudare la prima macchina a vapore? No, non si chiamava Watt. Erone di Alessandria, più o meno contemporaneo di Cristo, progettò un affare che sfruttava sia la forza del vapore, sia il concetto di motore a reazione. Certo, bruciava una quantità spaventosa di legna. Però le idee erano quelle giuste. Eppure non trovarono vere applicazioni per milleseicento anni. Perché? Perché tutto quello che poteva fare la macchina di Erone, gli schiavi riuscivano a farlo con meno spesa. La teoria è che finché una società si basa sulla schiavitù, le macchine rimangano delle curiosità per eruditi o nerd. Così era per l'Egitto in epoca romana e così è oggi per la scuola pubblica in epoca gelminiana. Perché darsi la pena di introdurre registri elettronici o test correggibili a macchina, quando puoi usare migliaia di insegnanti senza pagarli un soldo in più? http://leonardo.blogspot.com

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