Il governo italiano ha sospeso gli aiuti ai palestinesi

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domenica 28 settembre 2025

Alle soglie di un naufragio, chi piagnucola e chi sorride


In un certo senso non siamo mai stati così vicini aa Meloni. La immaginiamo scrollare nervosamente le notizie ogni cinque minuti, e noi facciamo lo stesso. Perché a un certo punto gli israeliani colpiranno la flotilla, e questo ormai è più un problema per lei che per noi. A quel punto una nave della Marina Militare non interverrà, perché non ha ordini in questo senso: salvo colpi di testa del comandante, non muoverà un cannoncino per difendere attivisti e parlamentari italiani colpiti in acque internazionali (un atto di pirateria). Ha solo la consegna di soccorrerli una volta colpiti; e siccome è stata istruita a navigare lontano, per non dare la sensazione di scortare la flotilla, è probabile che arriverà tardi e che ci scapperà il morto, o più d'uno. Questo ci preoccupa molto, ma molto più preoccupa Meloni, che le elezioni le vinse tre anni fa con un programma sovranista, e che tra qualche giorno dovrà andare a spiegare che Israele ha tutto il diritto di usare le armi che gli vendiamo per annegare i nostri parlamentari disarmati in acque internazionali o palestinesi, perché... insomma, non c'è un perché: è Israele, punto, tutto quello che fa lo fa per il meglio, dobbiamo solo ringraziare. Nel frattempo nelle Marche si vota, ed è persino possibile che questo la preoccupi più dell'incolumità degli attivisti, ma le due questioni potrebbero intrecciarsi, insomma, è un bel guaio. Per noi la situazione in fondo è più semplice: siamo in ansia per i nostri compagni, per Gaza e per in generale per il mondo intero, ma non ci stiamo giocando la faccia né la carriera. Povera Meloni, però ogni tanto qualcuno potrebbe anche farle presente che se trova la sua condizione stressante e pericolosa, potrebbe anche dimettersi e lasciare che Mattarella, il parlamento, al limite il popolo italiano, si scelgano un/una rappresentante un po' meno piagnucoloso/a. I postfascisti al governo ce li immaginavamo un po' diversi, ecco – no, è una bugia, chi li studiava da un po' sapeva che il vittimismo era la loro caratteristica più evidente. Mentre aspetta notizie di un naufragio, dalla comodità di Palazzo Chigi dove è ben protetta dalla sua scorta, Giorgia Meloni si lamenta che qualcuno la minaccia, Giorgia Meloni ha paura, ecco, che dirle?, siamo solidali, per favore ragazzini non minacciate Giorgia Meloni, non ce lo possiamo permettere. Noi sempre allegri dobbiamo stare.

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Francesca Albanese avrebbe tutti i diritti di essere nervosa e preoccupata per la propria incolumità, invece sorride. È una cosa che gli odiatori non le perdonano – se date un occhiata a certe sacche di bile socialmente condivisa, su Twitter soprattutto, noterete che questa stizza, non sapendo dove concentrarsi, a volte prende di mira il suo sorriso. Del resto, che altro le si può criticare? Non ho mai letto una sola riga di critica ai suoi rapporti: evidentemente non ritengono giusto leggerli; oppure li leggono persino, e non ci trovano nulla di smontabile. Però davanti alla videocamera sorride, come si permette? In effetti, non c'è molto di divertente. Chi l'ha ascolta un po' più a lungo, chi ha la fortuna di poter partecipare a conversazioni più ravvicinate, potrebbe farvi presente che il suo, che a volte è semplicemente un sorriso di imbarazzo, più spesso è il naturale esito espressivo di chi si sente pervaso da un'energia, fatemelo scrivere per la prima volta nella vita, positiva: una persona che sa cosa il mondo si aspetta da lei e sa cosa può fare nei limiti delle sue capacità, e lo sta facendo, molto più spesso degli altri la vedrete sorridere. Anche nei teatri di guerra, anche nel mezzo di una tragedia senza fine, chi è convinto di fare tutto quello che può, più spesso degli altri sorride. Perché piangere non serve più di tanto (ed è anche più faticoso), perché spesso intorno a te c'è una scorta disarmata di persone che ti conoscono e apprezzano; perché dietro l'angolo a volte c'è un odiatore in una posizione oggettivamente ridicola, e allora a volte si ride anche di lui, è una debolezza ma non ci si può far niente. E soprattutto perché non ha niente, o quasi niente di cui rimproverarsi: infatti di solito quando ci arrabbiamo, e soprattutto contro noi stessi che siamo arrabbiati; i difetti che rimproveriamo agli altri sono quelli che più odiamo in noi stessi. E quando negli altri non troviamo neanche tutti questi difetti, allora è la loro allegria che ci fa saltare i nervi. Se Francesca Albanese ve li ha fatti saltare, se la flotilla vi sta facendo impazzire, è più per demerito vostro. Quando scrivevate che Israele andava difeso a ogni costo, stavate davvero sottovalutando il costo che avreste pagato. Questa difesa vi è costata la ragione, l'umanità, il rispetto degli altri, e a questo punto direi anche il rispetto per voi stessi. Siete ridicoli, e costa una certa fatica non ridere di voi.

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È una cosa che mi ripeto sempre più stesso, ma non resisto. Il genocidio palestinese non deve essere un pretesto per ridere dei miei nemici – quello sarebbe un riso sbagliato, vigliacco, insensibile. Il mondo brucia e io spernacchio Recalcati, davvero? Eh, però è così liberatorio. Continuerò a perdere tempo dietro a questi tromboni impazziti? Mi dispiace, non riesco a farne a meno. Quando Netanyahu, qualche giorno fa, definì Israele la prossima Sparta, dal cimitero degli elefanti rintronati sorse improvviso e inutile il solito Giuliano Ferrara, a spiegare a Netanyahu che no, assolutamente non si poteva chiamare Israele col nome di Sparta, paragone sbagliatissimo, correggere subito. Ecco, nel giornalismo italiano, che ha già tanti problemi, esistono due generi inspiegabili, che talvolta ci fanno auspicare incendi in tutte le emeroteche affinché i posteri non possano rendersi conto di quanto ridicoli eravamo. Il primo genere è: gli amici di Giuliano Ferrara cercano di spiegargli che un po' si sbaglia. Sto guardando a te, Adriano Sofri: piantala di farti bello perché hai un amico ancora più rintronato. Il secondo genere è: Giuliano Ferrara spiega cosa fare ai potenti della Terra, il che presuppone che i potenti della Terra sappiano chi sia, quando secondo me persino Berlusconi ogni tanto se lo dimenticava. Giuliano Ferrara che spiega cosa dev'essere Israele a Netanyahu, sul serio, immaginiamoci Bibi che prende appunti. Giuliano Ferrara che con gli anni si è convinto di essere un esperto di queste cose, e nel frattempo denuncia la propria incompetenza ignorando completamente che il paragone con Sparta è un tormentone degli israelologi almeno da uno storico intervento di Allan E. Shapiro sul New York Times nel 1974, ai tempi in cui il giovane Giuliano F. ancora urlava nei cortei Palestina Libera Palestina Rossa. Un intervento che oggi ha del profetico, e che confuta abbastanza definitivamente l'idea che "tutto è iniziato il 7 ottobre": no, tutto era già prevedibile e previsto mezzo secolo fa. Il configurarsi di Israele come città-Stato con un'organizzazione castale (come Sparta), in cima alla quale si troverà una comunità che si identifica con un'etnia (come Israele) e alla base un popolo di lavoratori (gli Iloti, i palestinesi) non solo sfruttati, ma ciclicamente rimessi in riga con guerre rituali di bassa intensità: questa era Israele prima del 7 ottobre, insomma Netanyahu quando parla di Super-Sparta insegue già un progetto nostalgico: stava andando tutto bene, ogni tot anni si bombardava la Striscia un po' più forte spurgandola della "classe dirigente", poi purtroppo qualcosa è andato storto ma è lì che si dovrebbe tornare, a costo di somministrare al mondo ulteriori snuff.

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Dopo tre anni che attendevamo, finalmente Netanyahu ha rilanciato (mediante codice QR!) il video snuff che dovrebbe dimostrare gli indicibili orrori commessi dai palestinesi il 7 ottobre. In realtà non ci è dato sapere se si tratta del video che circolò immediatamente sui network televisivi israeliani (con una rapidità molto sospetta, ovvero nel giro di poche ore), né se è lo stesso che alcuni giornalisti italiani si sarebbero lasciati somministrare nell'ambasciata israeliana nei giorni successivi, secondo almeno quello che una volta rivelò David Parenzo. In quell'occasione almeno ebbi la sensazione che Parenzo stesse cominciando a coprirsi, ad ammettere che se per mesi e anni aveva creduto a certe bufale evidenti (i bambini decapitati o nel forno), era perché quel video lo aveva davvero impressionato. Magari è una sensazione sbagliata, ma suggerirei a lui e a tanti suoi colleghi la stessa exit strategy: ci hanno ipnotizzato con uno snuff. Certo, questo non salverà la vostra dignità professionale – il giornalista è quello che raccoglie le immagini e le verifica, non quello che le prende per buone e ne rimane scioccato – ma a questo punto che alternativa c'è? Valutate la situazione: se fin qui dovevate scegliere se salvare la vostra reputazione o quella di Israele, accettate che quest'ultima ormai è cadavere, e dietro a questo cadavere nascondetevi: Israele ci ha ipnotizzato con pornografia del dolore, con video di torture e uccisioni più o meno fabbricate o decontestualizzate, Israele è un pornostato che combatte le sue guerre diffondendo snuff ai suoi cittadini, ai suoi soldati e ai suoi sostenitori (Israele del resto non capisce la differenza). Israele, se vincerà (e potrebbe vincere) continuerà a combattere periodicamente guerre contro i nemici interni ed esterni e a diffondere pornografia del genere, perché è così che funziona, malgrado gli accigliati corsivi di un tal Giuliano Ferrara. Opporsi a Israele, al suo culto del sangue, alla sua oscenità del dolore, è il dovere di ogni cittadino del mondo con una razionalità e una coscienza: venite anche voi, siamo in tanti. Non possiamo promettervi che vinceremo – qualcuno anzi si farà molto male – ma scommettiamo che sorriderete più spesso.  

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