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venerdì 25 luglio 2003

Piccole porcate quotidiane

(In seguito magari, con una stagione più clemente, rileggeremo questi pezzi e penseremo a quanto eravamo nervosi, nel luglio 2003. Polemizzavamo per frasi e mezze frasi, per un nulla certe volte. Ci surriscaldavamo, vuoi per la temperatura, vuoi perché questa famosa blogosfera cominciava a stare stretta a tutti quanti. Ma per ora:)

Io non volevo scrivere a Giuliano Ferrara, lo giuro, non volevo. Mi c'hanno proprio costretto.
In altre parole:

Un filosofo di cui fino a qualche giorno fa sapevo al massimo il cognome, George Steiner, ebreo americano di origine austriaca (nato a Parigi), riceve un premio in Germania. Per l’occasione pronuncia un discorso apparentemente un po’ divagante, ma che in realtà è un inno al nomadismo culturale, all’universalismo della cultura, alla pace. L’uomo è un ospite della vita, dice, un ospite del mondo, e gli ospiti hanno il dovere di lasciare la casa più pulita di come l’hanno trovata. Una morale scoutistica che non posso che sottoscrivere.
Verso la fine forse si rende conto di aver esagerato un po’ con le tinte rosee, e riatterra bruscamente sul pianeta-ospite:

Lo so che molto probabilmente le mie attese e le mie speranze sono utopistiche. Dappertutto oggi divampa l’odio teologico, religioso e tribale. In Europa è in trionfale ascesa un fascismo del denaro, del filisteismo e dei media. Per tutto questo in Italia c’è un’espressione: il “berlusconismo”.

In Italia il discorso viene tradotto da Angelo Bolaffi e pubblicato su Micromega (2003, n.3, pagg-296-302). Naturalmente alla frase sul Berlusconismo (scritto proprio così, in italiano nel testo) è data una grande evidenza, anche nel cappello introduttivo. Bene.

C’è un quotidiano, in Italia, che si è posto il problema di creare una nuova élite culturale neoconservatrice. È un’impresa immane, in un Paese ancora sotto l’egemonia culturale della sinistra (in un Paese, notiamo per inciso, in cui l’espressione “egemonia culturale” è stata inventata, e inventata guarda caso da un quadro del Partito Comunista).

Per una serie di bizzarre concidenze che piacerebbero a Steiner, il quotidiano è diretto da un tale che studiava come quadro nello stesso partito, ma che poi cambiò parrocchia, ed è di proprietà della moglie dell’attuale Presidente del Consiglio, che guarda caso è Berlusconi, cioè l’indiscutibile radice del composto “Berlusconismo”. Gli scherzi del caso, eh?

Tra le varie operazioni svolte da questo quotidiano, fondamentale è la rassegna stampa. Per darsi un’immagine di autorevolezza, il quotidiano riporta spesso articoli interessanti apparsi su altri organi di stampa. In questo modo il lettore ha l’impressione di farsi un’informazione corretta, dirò di più, una cultura a tutto tondo. Se il Foglio cita il Financial Times, non c’è più bisogno di sfogliare il Financial Times. Se riporta un pezzo da Micromega, non c’è più bisogno di leggersi Micromega.
Il problema è che in realtà il lettore crede di leggere un pezzo del Financial Times. Invece sta leggendo la versione edulcorata per il neocone italiano. Successe così, per esempio, il 15 maggio di quest’anno: un articolo del Financial fu pubblicato con alcune sforbiciature. Guarda caso si trattava di pareri non molto lusinghieri sui trascorsi giudiziari di Silvio Berlusconi, il marito della proprietaria. Al Financial se ne accorsero, s’incazzarono, costrinsero il direttore ad ammettere l’errore e a scusarsi in prima pagina l'indomani. Il direttore chiosava così:

I lettori del Foglio sanno che si tratta di un errore dovuto a imperizia redazionale, perché questo giornale di porcate ne fa, ma belle, grandi, anzi, smisurate, e di queste piccolezze si vergognerebbe.

Così è toccato a noi di vergognarci per lui. Ma passiamo avanti. Arriviamo a questo lunedì. Il Foglio ripubblica il discorso di Steiner, con qualche taglio, senz’altro per motivi di spazio. Fatto sta, che per una coincidenza che ha del clamoroso, l'unica frase tagliata è proprio il riferimento al Berlusconismo. Sul quotidiano della signora Berlusconi!

Ora, succede che il Griso, un bloggatore super partes, dotato di buon fiuto e situato nei pressi di una buona biblioteca pubblica, se ne accorga, e ci scriva su un bel pezzo. Poi, siccome lui è convinto che non lo leggo mai, mi manda pure una mail. Io leggo, sorrido, e… passerei oltre, perché il peccato è comunque veniale, perché poi mi tocca litigare, perché l’ambiente è già surriscaldato ecc. ecc.
Ma.
Ma era martedì, non sapevo cosa scrivere, e il Blog Aggregator aveva appena cambiato grafica (complimenti). Per testare il nuovo sistema, decido di postare a mio nome il pezzo del Griso. Anche questa in fondo era una piccola scorrettezza (e me ne sono già scusato), perché i clic dati al Griso sarebbero stati conteggiati a me.

Sull’aggregator la notizia figurava così:

il foglio continua a fare brutte figure
finché lo dico io... ma stavolta è il Griso
Leonardo


E questo è tutto quello che avrei avuto da dire sulla faccenda, perché non avevo letto Steiner, non avevo letto il Foglio. Semplicemente avvertivo che il Griso aveva da fare una critica al Foglio.
Il nuovo aggregator, comunque, funziona molto bene. A me non era mai successo di fare più di settanta clic con una notizia. Di solito viaggio a quota 10, come potete vedere.
A questo punto arriva Rolli, un blog che del Foglio è una specie di difensore d’ufficio:

C'è un articolo, che non ha letto nessuno di quelli che l'hanno ripreso, a parte lui, che ne fa un attacco al Foglio.
Lo riporta solo per un' unica frase che non c'entra nulla nel contesto; è semplicemente una specificazione
Proserpina ci casca, e passi; lei non si fa vanto di fare le pulci a nessuno. Si è fidata.
Leonardo, invece, che si sente molto il Christian Rocca del web ci si butta a pesce e nemmeno sa di che parla.
Verrebbe da chiedere l'articolo al Foglio e postarlo tutto; giusto per far capire quanto la frase mancante non abbia alcun senso se la togli; ma soprattutto non ha senso se la metti.
[…]
Se si vuole fare il Rocca del web bisogna farlo bene.
Attendo quindi che il Griso e Leonardo postino integralmente l'articolo, visto che vogliono fare pulci e informazione; altrimenti, ribadisco, l'operazione è quella che è, e non fa onore a nessuno dei due.


Serve poco replicare che io non mi sono “buttato a pesce”, che non avevo nessun interesse a speculare sulla vicenda, ma che avevo solo riportato il parere di una persona che ritengo fidata e competente. A quanto pare ci si aspetta più da me, perché io sarei “il Rocca della situazione”, ovvero uno che va in giro a spulciare a destra e manca. Quindi gli altri possono citare e fidarsi: io no. Io devo riportare l’articolo in versione integrale.

Ora, è pur vero che mi è capitato un paio di volte di mettere il giornalista Rocca in difficoltà, ma credetemi, è un gioco da ragazzi. Qualsiasi diciottenne un po’ esperto d’inglese e d’internet e con un po’ di tempo a disposizione potrebbe farlo. A volte, del resto, Rocca riesce a mettersi in difficoltà praticamente da solo.
Questo perciò non fa di me un blog autorevole. Rivendico il mio diritto a essere un blog cazzone, a esprimere i miei pareri a suon di “vi piscio in testa” e “vaffanculo”. Ma soprattutto.
Ma soprattutto.

Non dovete tentarmi, ragazzi.
Non dovete accusarmi di non aver letto un libro, perché va a finire che io quel libro lo leggo davvero, e poi ve lo ficco intero laddove il sol non batte e la copertina in brossura duole. Chiedete a quello che blaterava di Tocqueville. (Anzi, no, lasciatelo stare, deve sbollire).
Non dovete chiedermi di riportare un articolo per intero, perché se mi capita che ho una mezza giornata di tempo, mi faccio il giro di quattro emeroteche ma lo trovo, quell’articolo, lo ribatto tutto intero e poi ve lo sbatto in faccia, con le sette camice che m’avete fatto sudare.

George Steiner ha scritto un pezzo commovente, in cui chiede alla cultura di essere un linguaggio universale, di superare le barriere della xenofobia. Contro l’idea neoconeggiante di “cultura” come “civilisation” in perenne scontro con altre “civilisations” per la sopravvivenza o per l’egemonia. La sua idea di cultura è datata, tradizionale. La sua idea di cultura è anche la mia. La sua idea di cultura è purtroppo in declino, minacciata da un fascismo del denaro che in Italia si chiama Berlusconismo. Dare a questa forza oscura le sembianze e il nome di un buffoncello brianzolo potrà sembrare inadeguato, ma in Italia siamo famosi per dare nomi e volti umani a movimenti terribili: il fascismo ha avuto lungo il secolo incarnazioni ben più terribili di Mussolini, ma il copyright è nostro e ce lo teniamo.

Io credo proprio che la frase sul berlusconismo non stia lì per caso. E credo anche che al Foglio non l’abbiano tolta per caso. Ma hanno fatto anche qualcosina di più:
nell’articolo Steiner parla di quella che forse sarà la patria dei suoi figli, Israele. Steiner avverte che il Sionismo di Israele per lui è “un motivo di sofferenza”, anche se crede di non avere nemmeno il diritto a quella sofferenza. Osserva che Israele per sopravvivere è costretta a torturare e umiliare i suoi oppositori. E si chiede se tutto ciò sia giusto.
Un titoletto del Foglio riporta la frase:
…anche Israele è costretto a torturare e umiliare in modo terribile i suoi vicini. Lo deve fare.

Sembra un imperativo categorico, invece Steiner si chiede subito dopo: È questo un prezzo troppo alto? Ha Israele privato l’ebraismo delle sue morali e metafisiche lettres de noblesse, del suo titolo di nobiltà?

Sono quelle piccole deformazioni che al lettore fedele passano probabilmente inosservate, ma che agli occhi di chi non condivide l’ideologia dei redattori suonano come il gesso spezzato sulla lavagna. Cercare di usare Steiner per giustificare gli abusi dell’occupazione israeliana è una missione impossible. Anche un po’ penosa.

Insomma, io di questa cosa non volevo parlare, mi ci avete tirato dentro, peggio per voi. Adesso scrivo anche al Direttore:

Al direttore:
certo che siete proprio dei bricconcelli impenitenti, voialtri del Foglio. Lunedì scorso avete riportato un discorso di George Steiner con qualche taglio: ma dovevate proprio togliere il riferimento alla definizione di “Berlusconismo” come “fascismo del denaro, del filisteismo e dei media”?
Non vi è venuto in mente che qualcuno avrebbe potuto accorgersene e pensar male?

La prego, non mi parli di imperizia redazionale, non mi dica che il suo giornale fa solo le porcate belle e grandi. La mia impressione è che di porcate ne faccia tutti i giorni, tante e tanto piccole che ormai non se ne accorge neanche più, e di conseguenza non riesce nemmeno a provarne vergogna. Suo.


Vediamo cosa succede (niente, direi).

E per un po’ credo che nessun altro pretenderà qualcosa da me. Mi sbaglio?


Appendice:
1) Sul "caso Steiner", vedi anche Buroggu che non ha tutti i torti (nel senso che proprio tutti non li ha) e Muttley. Caso mai non vi bastassero i link).

2) Nello stesso numero del Foglio è riportato un articolo del Secolo d’Italia in cui si criticano i “Neocon all’amatriciana”. Quest’espressione… non so… mi ricorda qualcosa).

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