Casa, dolce casa
Caro Leonardo,
sono un po’ inquieto, un blecaut programmato di sei ore non accadeva da mesi. Non è che siamo di nuovo in guerra, per caso?
Te la raccomando, San Petronio al buio d’inverno. Con la nebbia. E senza filobus: tocca scarpinare fino a casa, a rischio che mi facciano la pelle mentre scendo dal ponte di Mascarella.
A casa, poi, il solito caos. Io sono un tipo all’antica, in fondo, e continuo a immaginarmi che almeno una delle mie due mogli mi stia aspettando a casa, magari con qualcosa di caldo in un piatto: è troppo? Evidentemente sì, è troppo.
Quando alla fine apro la porta, c’è solo Leti seduta al tavolo, che sgranocchia crechers al lume di una candela.
“Ciao papà Mac”.
“Ciao Leti, hai visto per caso…”
“Mamma Sunta è andata via”.
“Via dove?”
“Non lo so, è andata via di corsa col suo collega”.
“Ah. E mamma Conci?”
“E’ di là che disfa lo zaino di mamma Sunta”.
“Bene. Cosa ci metti sui crechers?”
“Ci metto altri crechers”.
“Ma ci sarà bene qualcosa in frigo”.
“Io ho paura ad andare nel nostro frigo quando è buio”.
“Povera Leti, hai ragione, adesso ci penso io. Ma aspetta un attimo. Hai detto che mamma Conci sta disfando lo zaino…”
“Di mamma Sunta”.
“Quindi mamma Sunta è tornata”.
“Nooooo! Se ti ho detto che è andata via! Sei il solito testone, papà”.
“Tesoro, sto cercando di capire. Di solito lo zaino si disfa quando si arriva, non quando si va via, a meno che…”
“A meno che?”
“Leti, cosa sta usando mamma Conci per disfare lo zaino di mamma Sunta?”
“Le forbici e…”
“E?”
“Il catter”.
“Grazie, tesoro, adesso è tutto chiaro”
Dalla camera da letto proviene un ansimare spezzato. Vorrei essere furtivo, ma naturalm inciampo in sei paia di scarpe.
“Concetta, sei lì?”
Concetta è distesa sullo scendiletto, in una mano il catter, nell’altra un brandello di zaino invicta, uno dei tesori della famiglia. Non ne fanno più così: una volta un vicino mi offrì cinque chili di caffè vero per quell’affare. Lo abbiamo usato in tre traslochi.. Ma questo era prima che mia moglie sviluppasse istinti omicidi.
“Concetta, senti, di là c’è tua figlia che cena a grissini. Mi spieghi cosa…”
“Quella troia”.
“Ssst!
“Lo ha portato qui, hai capito? Qui! In casa nostra!”
“E tu li hai mandati via”.
“A momenti la strozzo, stavo salendo con Letizia in braccio, e lei era qui con… con quel…”
“Senti, in fondo era il posto più sicuro dove andare”.
“Ma sei ammattito?”
“No, Concetta. Sono uno che si preoccupa se sua moglie è per strada con qualcuno al buio, in mezzo a un blecaut. Sono diventato apprensivo, con l’età”.
“Sei diventato anche cornuto, sai”.
“Concetta, non ci credo. Non ci credo che hai detto questa parola”.
“E’ la parola esatta”.
“No, Concetta, no, non è la parola giusta. Siamo nel duemilaeventicinque, porca puttana. Abbiamo fatto la rivoluzione. Abbiamo inventato il Trimonio. Abbiamo fatto il Teopop. Ci si aspetta da noi qualcosa di più interessante delle solite questioni di corna. Qualcosa di più creativo”.
“Allora io, creativamente, quella lì appena torna l’ammazzo. La strozzo con le bretelle del suo zaino del c… ti pare abbastanza creativo?”
“Ma proprio non ce la fai ad accettarlo? Se c’è una persona a cui vuoi bene, con cui hai diviso tante cose, che riesce ancora a vivere una storia con una persona: buon per lei, no? Mi spieghi in che modo ti offende, oggetivam? Non ti toglie niente, non ti nasconde niente…”
“Lei, lei farebbe bene a nascondersi, perché io entro domattina l’ammazzo”.
A questo punto c’è una parola, che mi è venuta in mente da un pezzo, una parola che non dovrei assolutamente dire, perché può trasformare questo dialogo al buio in una rissa condominiale, una parola che per quanto io mi sforzi di cacciar giù sta per emergere, e io in fondo sono un debole, non so che farci, io…
“Quando mi fai queste scene, sai cosa penso di te, Concetta?”
“Cosa pensi, sentiamo”.
“Che sei gelosa”.
***
“Ciao Leti”.
“Ciao Papà, tutto bene?”
“Tutto bene, certo”.
“Ma adesso mi guardi nel frigo?”
“Povera Leti, hai ragione, vediamo. Cosa vuoi di buono?”
“Il budino”.
“Il budino, giusto. Uhm”.
“Papà…”
“Letizia, qua di budino non ce n’è. C’è un flacone di… di… conserva, e poi…”
“Papà, ti sanguina la faccia”.
“Tesoro, ti piacciono le carote?”
è già un romanzo, e guai a te se non lo pubblichi.
RispondiEliminamiic
Leonardo nel futuro.
RispondiEliminaIo con la mente al passato (quando si diventa anziani funziona solo più la memoria di lungo periodo).
Peccato.
Mi sarebbe piaciuto leggerlo.
Molto
Effe / Herzog
mi ha avvertito Eloisa.
RispondiEliminacapolavoro.
ci chiedevamo qualche sera fa: "come andare oltre qesta 'fase'?"
ecco come.
meglio di una puntata di Star Trek.
anzi:
cos'è 'startrek'?
grandissimo.
massi/gomitolo (il link non lo metto che tanto nel futuro quell'indirizzo non esisterà più)
Mi sfugge il senso di questi tuoi nuovi post....speriamo comprenda e che termini in me questa sensazione di stupidità.
RispondiEliminaMagnifico... talmente avanti da essere incompreso... questa e' avanguardia!
RispondiEliminamanfred...suvvia. si parla anche d'altro. aggrapparsi alle parole così è poca cosa. stammi bene.
RispondiEliminaDelizioso!
RispondiEliminahttp://bigsurblog.splinder.com
Passa se ti va
buon giorno (nel senso di "miracolo a milano") :-)
RispondiEliminafelice di rileggerla.
geppo. (delsesiderio.splinder.eccetera)
bentornato nel futuro, Odranoel- a che punto siamo coi capelli bianchi?
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