Now that I am dead I must submit to an epitaph
Un buon motivo per morire in agosto è che non succede molto altro e c'è più spazio sui giornali per celebrarti – non importa che i giornalisti siano in ferie, basta recuperare i coccodrilli, aggiornare le date... detto questo, forse sulla prima pagina di Repubblica di mercoledì 19 agosto Fernanda Pivano si sarebbe meritata un titolo più in alto: d'accordo, non sopra le elezioni afgane, e forse nemmeno al livello degli shorts di Mrs Obama. Sicuramente più in alto del burkini di Verona, ma cosi è la vita. No, la morte.
Quello che però trovo davvero discutibile – nel senso di meritevole di una discussione, non necessariamente polemica – è il titolo: È morta la Pivano ci regalò Spoon River. Più in piccolo: La scrittrice aveva 92 anni scoprì la beat-generation. Le epigrafi sono sempre insoddisfacenti, si sa; ma questa mi ha sinceramente incuriosito al punto che aprirei un dibattito. Ovvero: dovendo riassumere in una misera frasetta la carriera di un'intellettuale che ha scoperto e tradotto la fetta più consistente di letteratura americana del '900, da Hemingway a Scott Fitzgerald a Pound su fino a Kerouac e Dylan, e ancora su, su, su fino a Bukowski o McInerney, voi scegliereste proprio quel vecchio tetro libro di versi sciolti, Spoon River? Non Addio alle armi? Nemmeno Tenera è la notte? No, ma neanche Sulla strada? Ah, ipocriti lettori.
Miei simili, fratelli. Giù la maschera: voi non avete veramente letto Allen Ginsberg, e neanch'io. Nessuno che io sappia ha mai seriamente affrontato Corso e Ferlinghetti, sempre citati uno dopo l'altro col rischio di confonderli prima o poi con quei due anarchici finiti sulla sedia. I veri poeti beat sono sempre stati più tradotti che letti, come tutti i poeti del resto. Persino Dylan: non ne trovi poi così tanti che si pongano il problema (cruciale) di cosa stia cantando Dylan. Ma Hemingway o Kerouac li abbiamo letti tutti. Anche troppo. E troppo presto, sicuramente. Ora mi chiedo: Spoon River regge il confronto? Non dico in termini di valore, per carità, ma di ricezione del pubblico. Hemingway lo riconoscono tutti: quanti di voi hanno riconosciuto Edgard Lee Masters nella fotina qua sopra? E il suo libro, tradotto di nascosto da una liceale nel '43, scoperto in un cassetto dal suo insegnante, il prof. Pavese, e prontamente spedito alla Giulio Einaudi Editore: il suo libro, quanti lo avranno in casa? E di questi, quanti avranno provato a leggerlo?
Io in questo caso non faccio testo. Il mio Spoon River è qui, davanti a me. È sopravvissuto a tre traslochi, ma non è invecchiato nella maniera dignitosa dei libri degli adulti. Per fare un esempio, lungo il taglio delle pagine c'è una macchia... arancione. Un pennarello carioca. La dedica a pagina 3 mi conferma quello a cui fatico a credere: è un regalo della mamma, per il mio dodicesimo compleanno. Edizione col testo a fronte, così avrei migliorato il mio inglese. Mamma, e poi lamentati. Hai rischiarato la mia preadolescenza coi fuochi fatui del libro più sepolcrale mai scritto – 244 poesie, 248 morti, ogni volta che giri una pagina crepa almeno un personaggio, mi chiesi spesso perché non ne avessero tratto un film. Già, perché? Una trama così irresistibile. Frank Drummer vuole imparare l'Enciclopedia a memoria, ma muore. Washington McNeely siede sotto il cedro finché muore. Cassius Hueffer muore e gli sbagliano l'epitaffio – beh, forse un film no, ma una miniserie...
Si veniva su così, in provincia, appoggiandosi a quello che si trovava in giro, senza preoccuparsi più di tanto se era o no adatto a noi – l'importante era che fosse cultura, roba seria: e poi col tempo saremmo diventati seri anche noi. Quando, mesi dopo, fondai con mio cugino la mia prima band, l'idea di scrivere testi in inglese era parzialmente minata dalla quasi totale incapacità di formulare concetti più complessi di La Penna È Sulla Tavola. Ricordo quindi intense sessioni creative davanti al Garzanti tascabile e all'Antologia di Spoon River. I morti di Spoon mi insegnarono come si coniugano i tempi al passato e al futuro. E mentre cercavo “la poesia di quello che dice Una serpe ha fatto il nido nel mio cuore” per copiare di pacca il sintagma, mi rileggevo i duecento destini tristi di questi americani qualunque che nemmeno sapevo di che secolo fossero, senz'altro un secolo in bianco e nero, ma a parte questo non era difficile immaginarli sotto le pagliette e nei fustagni dei miei nonni, gente qualunque che si lascia morire in un paesino di provincia. La macchia di pennarello data senz'altro da quel periodo.
Oggi non saprei se consigliare a qualcuno l'antologia di Spoon River. A qualcuno, intendo, che non sia un dodicenne un po' fuori dal mondo disposto a mandar giù un volume di duecento pagine e duecento e più morti, dando per scontato che ne capirà il venti per cento, e quel venti per cento non se lo scorderà per tutto il resto della vita. Ci si formava con quel che si trovava in giro, la roba dimenticata sulle mensole dei genitori, centinaia di pagine buttate giù di nascosto sperando in qualche scena di sesso ogni tanto.
Quante volte poi mi sono detto: Hai tessuto il tuo sudario! Io sedevo sotto il cedro! E perché mi torturi coi fogli e coi piccoli appunti? Vidi che anch'io ero una buona macchina che la vita non aveva adoperato. Tutto questo, ci tengo a dirlo, non è merito mio. Io cos'ero a dodici anni, se non una macchinetta, non molto più complessa del mio registratorino panasonic col tasto rec arancione. Pronto a ingozzarmi di qualsiasi cosa mi spacciassero per Cultura e Poesia, per Vita e per Morte – potenzialmente, un bimbominchia. Nel senso che se dall'altra parte del meccanismo ci fossero stati i manga, o Harry Potter, o Twilight, avrei buttato giù quintalate di manga, HP, Twilight.
Ma dall'altra parte del meccanismo c'era ancora gente come Fernanda Pivano. In senso lato, c'era l'Einaudi. Una specie di grande famiglia di gente coltissima, ma a portata di edicola, che si interessava di te da quando nascevi. Cominciavano con Gianni Rodari, proseguivano con le antologie scolastiche curate da Calvino. Tu a nove anni chiedevi alla nonna per regalo Huckleberry Finn, perché avevi visto il cartone in tv, e lei ubbidiente sotto l'albero di Natale ti faceva trovare uno Struzzo Einaudi con una prefazione tostissima in cui si parlava di Bildungsroman e si seminavano interrogativi velenosi (se lo schiavo Jim vuole la libertà, perché non attraversa semplicemente il Mississippi, invece di andare sempre più a sud?) Qualche anno dopo un prof di musica ti prestava dischi di Dylan e per capirci qualcosa, a chi dovevi riferirti? Alla Pivano: come ritrovare in un negozio di dischi una vecchia zia che fino a quel momento avevi incrociato soltanto al cimitero. Di questo passo arrivavi alle superiori non dico con una cultura, ma con un'idea di cosa la cultura fosse: libri e autori che dialogano tra loro – il più delle volte è un dialogo tra sordi, come i morti di Spoon River, ma in mezzo ci siamo noi, siamo noi che portiamo i messaggi tra un sordo e l'altro, noi che vorremmo urlare al reverendo Wiley che si è sbagliato, che non doveva affatto “salvare i Bliss dal divorzio”. Preachers and judges! Non sanno niente della vita, a dodici anni era già chiaro. Perché un preadolescente non dovrebbe capirlo? E' la vita, è la morte: non sono mica concetti complessi.
Più tardi ci sarebbe stata l'età della ribellione, e il suo Kerouac; l'età di farsi una cultura sul serio coi suoi Hemingway e i suoi Scott Fitzgerald; e così via. Ma quella è adolescenza, faccio fatica a riconoscerla e persino a ricordarla. Forse davvero gli unici libri sono quelli che mandiamo giù fino a tredici anni, senza capirli. Uomini e donne di domani, vi porterete con voi Harry Potter per tutta la vita. Speriamo che vi faccia bene.
Io rimpiango la Pivano, non da ieri: non per nostalgia; oppure sì, per nostalgia, ma certo non di Ginsberg e dei suoi mantra. Nostalgia di un progetto culturale che oggi, a riassumerlo, suona pura eresia: siccome gli italiani leggono poco, facciamogli leggere soltanto cose di assoluta qualità. A tutte le età. E vediamo cosa succede. Ok, non è successo un granché. Ma io ho letto Spoon River, tradotto da Fernanda Pivano. Non è escluso che abbia fatto di me una persona migliore.
Il governo italiano ha sospeso gli aiuti ai palestinesi
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La nostra professoressa di lettere alle medie ci aveva fatto leggere la poesia di "Butch" Weldy che resta invalido sul lavoro e non viene risarcito per spiegarci la rivoluzione industriale. E per colpa sua l'antologia è il primo libro che mi sono comprato con i "miei" soldi, prima di partire per una vacanza, con disappunto di mia madre. Per me è geniale come le poesie si richiamino a vicenda attraverso i rapporti tra i diversi personaggi e sono sicuro che abbia fatto di me una persona migliore.
RispondiEliminaassolutamente daccordo con te. anche se al mare, sono cresciuta in una cittadina di provincia, e ricordo di aver letto spoon river da ragazzina, perchè avevo la fortuna di avere una zia con tanti libri tra cui grufolare.
RispondiEliminaho letto anche hemingway, ma a me il vecchio e tutta quell'acqua non mi sono mai piaciuti. Un discorso a parte meritano i cartoni animati.. sì sì, lo so, una volta tu hai scritto: i cartoni giapponesi hanno rotto i coglioni! e avevi ragionissima, anche io in quel periodo ne avevo piene le balle di passare serate in cui l'argomento andava sempre a cadere lì. ma adesso sono in ferie e a colazione mi capita di girare i canali in loop e finisco per lasciare su italia1 dove danno cose della mia infanzia. quando i cartoni erano per buona parte racconti animati, trasposizioni di romanzi per ragazzi, e la storia aveva una morale, le ambientazioni, la trama i personaggi erano realistici.
Con tutti i loro limiti, ma cazzo, sempre meglio che sponge bob.
Mari
Io ho letto Ferlinghetti.
RispondiEliminaQuanto a perché citare solo Spoon River, io ho una teoria. Perché così si cita de André, oramai icona pop universale e facile chiave di lettura di ogni cosa. Nota che anche i telegiornali hanno riassunto Fernanada Pivano come l'amica di de André e di Hemingway (e chi non ha letto Il vecchio e il mare...).
Interessanti le tue considerazioni (e ben espresse, il che aiuta ad andare fino in fondo al testo anche nella posizione scomoda della lettura da monitor). M’è piaciuta soprattutto la parte autobiografica che si intreccia con la cultura di questo paese e le sue affacciate sulla cultura internazionale.
RispondiEliminaIo, però, la Pivano l'ho scoperta proprio attraverso quel tipetto con occhialini e braccia conserte effigiato qua sopra, e a lui ero arrivato via De André (che mi aprì la porta anche ai testi di Bob Dylan pubblicati in versione Lato/Side; in realtà, conoscevo quei testi meglio delle canzoni, anche se non mi sembravano quei capolavori che si diceva in giro).
Poi, col tempo, ho letto anche Ferlighetti; ma Corso no, quello confesso di non averlo mai conosciuto
(Quaello che ho scritto conferma la teoria di tomate, in qualche modo.)
RispondiEliminaalla lunga, secondo me hemingway se lo dimenticheranno in molti (già adesso è sinceramente illeggibile, invecchiato malissimo) e masters rimarrà. sicuramente anche grazie a de andré, certo, le cui sintesi degli epitaffi sono a volte anche piú pregnanti delle versioni originali.
RispondiEliminaspoon river in europa è quasi sconosciuto (basta vedere le voci di wikipedia su masters nelle varie lingue). secondo me è uno dei piccoli motivi per sentirsi fieri di essere italiani - fieri di una certa cultura italiana del secondo dopoguerra, intendo.
io alle medie lessi Il maestro e Margherita.
RispondiEliminaNon lo capii oltre il 20%, mi sa, ma nel mio cuoricino è Il Mio Libro Preferito, che bizzarra la mente.
Rosi
a me lo regalò mio padre invece, e anch'io avevo, credo, dodici anni o giù di lì, e sai cosa ti dico? FUCK HARRY POTTER
RispondiEliminaSponge Bob è fortissimo.
RispondiEliminaSpoon River lo scoprii quando ascoltai De André, Un chimico, un malato di cuore, il suonatore Jones.
RispondiEliminail post è molto bello, mi hai fatto ripensare al meccanismo della lettura, almeno in me. ho avuto la fortuna di leggere molto. verso tutti quegli autori, e a chi parlandone me li fece conoscere, ho un grande debito di riconoscenza. mi rendo conto oggi di averli letti con superficialità, ed oggi quindi li rileggo. tra dieci anni facilmente li riprenderò tra le mani e mi accorgerò di essermi ancora fatto sfuggire qualcosa.
una ragione in più per leggere almeno
RispondiEliminakaddish... di ginsberg
ne vale veramente la pena.
(commento poco interessante, nonché biecamente autoreferenziale)
RispondiEliminaDeacon Taylor
I belonged to the church,
And to the party of prohibition;
And the villagers thought I died of eating watermelon.
In truth I had cirrhosis of the liver,
For every noon for thirty years,
I slipped behind the prescription partition
In Trainor's drug store
And poured a generous drink
From the bottle marked
"Spiritus frumenti."
(questa è la mia preferita)
Anch'io ho ricevuto in regalo l'Antologia quando andavo ancora alle medie. L'ho letta e riletta in italiano, l'ho amata ancora di più in inglese poi quando sono stata in grado di farlo. Mi ricordava, in un certo senso, i discorsi - pettegolezzi - interminabili di mia nonna con le sue amiche, cosa per cui io avevo e ho tuttora una passione - intrighi di paese e roba così. Ne tengo in casa almeno un paio di copie, che regalo alla gente significativa. Io amo questo libro, insomma.
(fine del commento biecamente autoreferenziale)
Quale lettrice di leonardo blogspot ringrazio sentitamente tua mamma.
RispondiElimina(scusa ma dall'altra parte del meccanismo all'epoca non c'erano anche Urania, Marvel comics e gialli Mondadori? non ne hai mandati giù neanche un pò? ce lo vedi un parallelismo possibile con i bestseller odierni?)
(non mi toccate quello sfigato di Spongebob)
Ho conosciuto Masters più o meno alla tua età, circostanze più o meno analoghe, abitiamo anche nello stesso posto, tra l'altro, cosa che ho scoperto per caso da poco anche se è da un po' che ti leggo anche se non scrivo mai.
RispondiEliminaSerepta Mason è quella che mi viene in mente sempre.
Mi fa pensare al mio disperato cugino che amo più di un fratello e che pare il mio doppio al maschile..solo che io non ho avuto il vento crudele da nord che mi ha intristito i petali.
Bene, chiuso l'attimo melò di cui frega niente a nessuno, una cosa mi sento di dire: ma che vita lunga e bella e intensa ha avuto la fortuna di vivere quella donna? Forse è per questo che non sono dispiaciuta che se ne sia andata. Piuttosto, cambiando punto di vista, contenta che si sia stata. Dato che prima o poi tutti si toglie il disturbo, per una vita vissuta così e così a lungo e così bene direi che più di qualcuno ci metterebbe la firma.
E che le sia lieve la terra.
beh, harry potter (o meglio, la sua autrice) meriterebbe una statua solo solo per aver formato una massa di potenziali lettori... e poi a me e` pure piaciuto...
RispondiEliminaMolto bello il tuo post. Sono d'accordo, i titoli sono spesso deludenti (complice a volte la scarsità di spazio, di cui comunque è responsabile il caporedattore di turno).
RispondiEliminaAvessi potuto fare io il titolo in questione, avrei scritto: "Ci ha regalato la grande letteratura americana", ma è lungo, lunghissimo, non regge il confronto con "Spoon River", che come ha scritto qualcun altro fa tanto De Andrè (a proposito: Faber, Nanda, ma non ti danno fastidio questi soprannomi che tutti usano come se fossero sempre stati amiconi dei personaggi in questione? Per me sono sempre stati De André e la Pivano, punto).
Poi, sì, da buon provinciale anch'io mi sono succhiato tutti i beat, Ginsberg compreso (che mi vado periodicamente a rileggere, almeno quello del Giubòx all'idrogeno), e mi ascolto pure le nuove uscite di Dylan. Non credo comunque che la Pivano e l'Enaudi stati i soli a coltivare quel disegno di inculturazione degli italiani attraverso la letteratura: gli Oscar Mondadori fecero altrettanto (è in questa collana che vennero alla luce, tra l'altro, "Il vecchio e il mare" e "Addio alle armi", ma anche altri classici che ci cambiarono la vita, come "La nausea" di Sartre, che è ben più inquietante di Spoon River e delle sue epigrafi, specie se letto a 13 anni). Quello che conta, comunque,è che all'epoca c'era un disegno. Era l'Italia democristianona, che censurava le gambe delle Kessler. Ma al popolo si proponevano Hemingway e Sartre, in edizione economica. E, sì: anch'io penso che quelle letture ci abbiano fatti migliori. Forse più incasinati dei tronisti di oggi, forse meno capaci di goderci la vita di Noemi Letizia (mi pare si chiami così, no?). Però, vuoi mettere?
Ma gli anarchici non erano Corso e Ferlinghetti, erano Foppa e Pedretti!
RispondiEliminaHo provato a tornare indietro con la mente per cercare di ricordare cosa fosse entrato prima nella mia mente, se De Andrè, Spoon River, la Beat Generation o la Pivano. E mi sono ritrovata adolescente inquieta, a leggere libri da grande in seconda media. A scoprire la forza irresistibile della letteratura, in grado di trasportarti altrove senza chiedere il permesso dei genitori. Mi sentivo grande e ribelle, nel leggere libri che a casa mia non c'erano e che i miei non potevano capire...
RispondiEliminaSe la memoria non gioca brutti scherzi tutto è cominciato con Sulla Strada, comprato a un prezzo ridicolo nell'edizione "Miti Mondadori". Credo che il mio amore per l'America sia cominciato così. Fernanda è arrivata subito dopo, Spoon river dopo qualche anno, insieme a De Andrè.
Tutti questi ricordi stanno attutendo il dolore, sento questa perdita come se si fosse rotto qualcosa, come se una fase della mia vita fosse davvero conclusa. Sono forse diventata grande?
Quanto è bello, Leo. Detto da una che si annoia sempre parecchio con la cultura made in USA, anche quella doc. Forse perché a otto anni mi han regalato l'Iliade in una - evviva! - versione in prosa moderna e integrale, edita da Garzanti. Un'esplosione di vitalità.
RispondiEliminaLa dama del lago
"Forse davvero gli unici libri sono quelli che mandiamo giù fino a tredici anni, senza capirli. Uomini e donne di domani, vi porterete con voi Harry Potter per tutta la vita. Speriamo che vi faccia bene."
RispondiEliminaLo penso anch'io. E sottoscriverei anche tutto il resto. Forse, mi spingerei oltre i tredici. A quindici anni io lessi quegli "unici libri". E non saprei dire che li ho capiti. Può darsi che loro abbiano capito me, ma - il punto è - chissà perché, hanno lasciato tanti e tali segni quanto un Harry Potter qualsiasi non può certo lasciare.
Regina
Gli unici libri sono quelli prima dei 13 anni?
RispondiEliminaNel mio caso allora sono state le versioni per bambini, antologizzate, di Promessi Sposi e Divina Commedia (ma ho letto solo l'inferno, il resto mi annoiava).
Rodari, Edgar Allan Poe e "Il Ritratto di Dorian Gray".
Cambiò la mia vita, volevo fare come Dorian e averne una copia dalla copertina diversa perchè i volumi si abbinassero a tutti i miei vestiti.
Quando il mio fidanzato mi lasciò, lo chiamai Il Principe Gentile.
Però non sono un'edonista.
Non del tutto.
Sono solo una che si sta laureando in letteratura contemporanea, e alla quale Fernanda, quando è mancata, ha dato un certo piccolo ma persistente dolore.