Il Terrore Fai-Da-Te
Sono passati otto anni dall'undici settembre 2001; sette dall'arrivo di nostre truppe in Afganistan; cinque dalle bombe di Madrid; quattro da quelle di Londra: e in Italia non c'è ancora un commando jihadista decente. Più che stupirci del fatto che un ingegnere libico senza un posto fisso provi a farsi saltare in aria davanti a una caserma milanese, dovremmo riflettere su questo.
L'attentato di lunedì non è riuscito nemmeno a uccidere l'aspirante martire, e a conquistare i titoli più grandi dei giornali che hanno di meglio da fare (litigarsi a colpi di Manzoni). Il gesto di Mohammed Game si inserisce insomma in quel solco di terrorismo amatoriale, terrorismo wannabe, che pare sia l'unico che si possano permettere i fondamentalisti di casa nostra. Una riedizione del botto del 2004 davanti a un McDonald di Brescia, a opera di un autotrasportatore marocchino col vizio dell'alcol; e dell'altro che infranse le vetrate della Sinagoga di Modena nel dicembre del 2003, a opera di un altro suicida islamico e alcolista (un mix già fortemente sconsigliato dal Profeta). Ed è quasi tutta qui, l'ombra di Al Qaeda in Italia. Possibile? No. Pensate soltanto a cosa è successo nel frattempo in Spagna – una nazione che nelle imprese afgane e irachene si è impegnata un po' meno di noi. In realtà dopo il contraccolpo di Madrid, con l'imprevista vittoria di Zapatero e il ritiro immediato dall'Iraq, un attentato 'in grande stile' sembrava inevitabile: si diceva che non fosse più il caso di chiedersi “se”, ma “quando”. Qualcosa in effetti ci fu: le bombe a Sharm el Sheikh, la cosa più simile a una colonia italiana d'oltremare. Ma un attentato in una grande città italiana avrebbe senz'altro avuto una risonanza diversa. Ci si potevano costruire intorno serie previsioni: se fosse accaduto durante l'interregno del centrosinistra ne avrebbe senz'altro accelerato la fine; all'inizio di un governo di centrodestra avrebbe polarizzato ancora di più l'opinione pubblica intorno ad argomenti (sicurezza, identità “cristiana”, reato d'immigrazione, ecc.) che comunque erano in agenda. In effetti si è visto comunque che non era necessario un attentato in grande stile per trasformarci in una nazione xenofoba. Resta comunque, per chi vuole porselo, un interrogativo: come mai in Italia Al Qaeda non colpisce? Non riesce o non vuole? Che il nostro antiterrorismo sia migliore di quello degli altri Paesi? È un po' difficile crederlo, ma può darsi che i nostri servizi sappiano praticare meglio di altri l'arte del compromesso, dello scambio di favori... forse siamo una comoda retrovia, una terra franca dove non conviene attirare l'attenzione?
Sia come sia, finora l'abbiamo fatta franca: e il peggio sembra passato. Ce ne siamo andati dall'Iraq, dove il nostro era uno dei contingenti più importanti; nel frattempo la cosiddetta 'rete di Al Qaeda' sembra essersi smagliata alquanto, almeno in Europa. Quasi una rivincita postuma della dottrina di G.W. Bush, e della sua concezione, per così dire, idraulica del terrorismo: qualcosa che tende a scendere verso il basso, come un liquido; per cui le guerre in Afganistan e in Iraq, lo scavo progressivo e metodico di una profondissima buca in Medio Oriente, si giustificava attraverso la necessità di far convergere nella buca tutti i terroristi jihadisti del mondo. Lo disse decine di volte, col tono texano di chi dice un'ovvietà: meglio combatterli laggiù che qui da noi. È la logica semplice semplice e spietata spietata della guerra moderna, tecnologica ma tutt'altro che chirurgica: armi che fanno decine di vittime civili per ogni obiettivo centrato non possono che utilizzarsi in casa d'altri, a casa nostra sarebbero insostenibili. Anche adesso che comanda il premio Nobel per la Pace, l'argomento “combattiamoli a casa loro” continua a funzionare: notate che è un buon motivo per continuare la guerra, non per finirla; anzi: c'è quasi da dolersi che in Iraq stia terminando: dove andranno i jihadisti disoccupati? Un po' in Afganistan, va bene, e gli altri? Ehi, aspetta forse è meglio riaprire un buco da qualche parte.
La concezione idraulica di Bush non è del tutto insensata. È vero, c'è un tipo di terrorismo liquido, che tende verso il basso: in Afganistan e in Iraq sono arrivate teste calde da tutto l'Islam, per combattere il Grande Satana e conquistarsi il loro paradiso. Persino dall'Islam europeo, dai musulmani poco o nulla integrati tra noi: tutta gente che invece di radicarsi nel loro territorio, di organizzare cellule in sonno, pronte a colpire a un cenno del Califfo... sono precipitate laggiù, nella buca più profonda. Laggiù non c'è pace e forse non ci sarà mai, ma è il prezzo da pagare per avere aeroplani più sicuri in tutto il mondo. Certi bushiani 'realisti' (non i neocon) se la raccontano così.
E' una verità molto parziale. Il terrorismo allo stato liquido è solo una parte del terrorismo circolante. Tutto il resto è gas, libero di circolare da un confine all'altro e – bisogna dirlo? – altamente infiammabile. Mohammed Game non aveva bisogno di un ordine scritto per costruire una bomba col fertilizzante e andare a farsi esplodere. Le istruzioni le ha trovate su internet, e se non ci fosse internet ci sarebbero fotocopie di manuali clandestini. L'obiettivo lo ha scelto da solo, o di concerto coi suoi presunti sodali. Gli è andata male – bene per noi – ma non può andarci bene sempre, prima o poi un debuttante in grado di farsi esplodere sul serio lo troveremo.
E allora cosa faremo.
Sarà interessante: cosa faremo che non abbiamo fatto già? Quando ho sentito dell'uomo bomba, l'altro giorno, ho subito pensato male, da buon dietrologo medio: ecco che quando il Capo sembra screditato in Italia e all'estero, puntuale arriva la minaccia islamica... mi sbagliavo, finora la stampa berlusconiana non mostra di voler strumentalizzare particolarmente la vicenda. Si continua a insistere che il kamikaze era solo, che la rete mondiale del terrorismo non c'entra... quasi un incidente di percorso. Cosa sta succedendo agli avvoltoi, mi sono detto, dev'essere la prima volta che gli servono un attentato caldo e non gli viene voglia di papparselo. Anche solo come digestivo tra una figura di merda e l'altra del Capo da mandar giù...
Forse non siamo più in campagna elettorale, o forse non ci siamo ancora; insomma siamo in una fase in cui agitare troppo lo spettro della jihad non conviene. Perché poi l'elettore potrebbe chiedersi cosa sta facendo il governo per proteggerlo. Ecco, cosa dovrebbe fare? Chiudere le frontiere – ma le abbiamo già chiuse e comunque si dà il caso che finora tutti i terroristi siano immigrati regolari. Maledetti ingrati. Chiudere le moschee – ma quali moschee, se non le stiamo nemmeno costruendo? È molto probabile che il terreno fertile di questi personaggi siano moschee clandestine che nascono come funghi dove l'amministrazione proibisce l'attività di moschee alla luce del sole. Battersi per togliere il velo alle donne: un'encomiabile battaglia di laicità che probabilmente renderà qualche moglie islamica ancora più reclusa di prima (prima almeno poteva uscire in strada e poi, eventualmente, guardarsi intorno e decidere di toglierselo)... ma poi avete fatto caso che tutti questi bombaroli finora erano uomini a volto scoperto?
Tutte queste misure somigliano a dighe: ci sentiamo circondati da un Islam che monta come l'acqua alta e ci difendiamo alzando dighe su dighe. Ma l'Islam è un'idea, e le idee sono nell'aria.
Anche il terrorismo è un'idea, e noi dovremmo saperlo. Noi il terrorismo di matrice ideologica lo conosciamo, è roba nostra. Prendi le Brigate Rosse: su di loro abbiamo letto di tutto. Abbiamo letto che erano eterodirette dall'Unione Sovietica o che il loro capo in realtà era un agente della CIA. Può essere tutto vero e può non essere vero niente. Ma su una cosa credo che siamo tutti d'accordo: chi entrava nelle BR non si sentiva uomo della CIA o del KGB. Chi entrava nelle BR, almeno in un primo momento, lo faceva perché ci credeva. Compiva un atto di fede. E continuava a militare finché questa fede lo sorreggeva. Una volta finita la fiducia nella rivoluzione, nell'educazione del proletariato mediante la P38, il brigatista molto spesso si trasformava in collaboratore di giustizia. Gran parte dei brigatisti, ancorché convinti della vittoria finale del proletariato, non erano di estrazione proletaria. C'erano studenti; c'erano cattolici. Uniti da una nuova fede, finché la fede ha tenuto.
Nei prossimi anni è probabile che ci saranno altri attentati di matrice jihadista in Italia. Non ha molta importanza se Al Qaeda o qualche altra rete mondiale li rivendicherà o no: in sostanza saranno attentati italiani, compiuti da persone che in Italia vivono e lavorano da anni. Il movente potrà essere o non essere l'Afganistan – anche questo non ha molta importanza. Quando ce ne andremo dall'Afganistan ne troveranno un altro. Il vero problema è che in Italia c'è una cospicua minoranza islamica che vive male. Non ha la cittadinanza, non ha luoghi di culto decenti, non ha la dignità. Ma attenzione: non si ribelleranno i poveracci. Non le donne costrette nei veli. Saranno ingegneri, studenti, sacerdoti. Gente che ha un lavoro e un permesso, lo spazio vitale necessario per rendersi conto che non è abbastanza. Queste persone si ribelleranno, nelle forme violente che hanno visto praticate in altri Paesi, e non sarà molto importante se alle pareti delle loro stanze si troverà un poster di Bin Laden o di Al Zarqawi. Esattamente come non aveva molta importanza se i brigatisti adorassero Lenin o Mao. I motivi che li spingevano a sparare al sistema erano molto più contingenti delle loro mitologie: gli italiani non li hanno sconfitti bruciando le immagini di Lenin o di Mao. Quello che ha dato la mazzata al terrorismo di matrice ideologica è stata la speranza condivisa nel benessere e nella prosperità che negli anni Ottanta sembravano alla portata di tutti. Una speranza simile in un futuro di benessere e integrazione taglierebbe subito le gambe al terrorismo prossimo venturo, islamico o no. Ma le speranze non è che ce le possiamo fabbricare a comando.
Quindi il terrorismo nostrano fu sconfitto dalla Milano da Bere? Beh, e' una tesi come un'altra, nemmeno la piu' strampalata.
RispondiEliminaIo penso invece che, almeno sul piano investigativo-militare, abbia contato prosciugare l'acqua in cui nuotavano i pesci BR con operazioni tipo 7 Aprile (che dal punto di vista della civiltà giuridica fu piu' grossolana della retata alle Diaz, fidati: in compenso, su quei fondali non crebbe piu' nemmeno il plancton) e, dopo i primi anni di sbandamento, quel monitoraggio-infiltrazione in cui si', credo che i servizi italiani siano piuttosto bravini; senza dimenticare il pentitismo, ma quello, a parte Peci, fu un fenomeno piu' degli ultimi anni, quando la disfatta appariva gia' evidente ai piu' svegli (o a quelli beccati col mitra in mano).
Sul piano politico, la terra bruciata creata dal PCI fu altrettanto importante IMO. Ed e' un fenomeno che non vedo ancora ripetersi per il terrorismo islamico. Per dire, quelli di viale Jenner (non esattamente la moschea piu' clandestina d'Italia, visto che pregano fin sul marciapiede) dicono che si', Game magari lo conoscevano, ma mica intimamente:
http://it.notizie.yahoo.com/7/20091012/tit-milano-shaari-moschea-viale-jenner-g-afde0ec.html
Di un Guido Rossa islamico, insomma, finora neanche l'ombra.
tibi
In realtà il buon Paolo Granzotto (quello che spazia dalla climatologia spiccia, al gossip politico, al terrorismo islamico) si è dato un po' da fare....
RispondiEliminaBello, per carità. Però l'ho letto tutto con una mano appoggiata... lì.
RispondiEliminaTutto fila tranne che la conclusione all'ultimo capoverso.
RispondiEliminaMi sembra che i terroristi che colpirono a londra fossero perfettamente integrati e che il governo inglese abbia da sempre praticato una politica di integrazione che noi ci sogniamo. E anche di speranze di benessere e di futuro, la società inglese ne ha data e ne da molta piu' di noi.
caro Leonardo, leggo con molto interesse i tuoi articoli, però questa tua analisi nella sua ultima parte sembra dimenticare i problemi che i paesi nordici hanno con l'immigrazione islamica.
RispondiEliminaIn breve: la politica di integrazione culturale dei paesi nordici è stata opposta alla nostra recente politica che come scrivi tu produce "una cospicua minoranza islamica che vive male, non ha la cittadinanza, non ha luoghi di culto decenti, non ha la dignità."
Nei paesi nordici dove certo non mancano i problemi ma la vita è migliore che in Italia, dove gli islamici hanno numerossime moschee e dignità e rispetto non ci sono stati attentati, però mica va tutto bene: l'integrazione sperata non c'è stata, le tensioni sono continue, e potrebbero essere anche delle banali tensioni sociali ma tra i tanti episodi c'è l'omicidio di Theo Van Gogh ucciso per un video.
A Londra ci sono stati gli attentati, con il botto forte e tanti morti, eppure anche lì la politica di integrazione è diversa dalla nostra e sicuramente hanno più ascolto, più integrazione e dignità che in Italia.
Quindi capisco il tuo discorso sul terrorismo islamico e la matrice ideologica, ma mi perdo quando si parla di matrice ideologica del terrorismo sconfitta dalla speranza, dal benessere, dall'integrazione.
Scusa autopsia, ma vedi una soluzione diversa da quella della speranza, del benessere e dell'integrazione?
RispondiEliminaE quale sarebbe, la ridicola e inutile chiusura delle frontiere, i pogrom contro i negracci come vogliono gli schiavisti mafioleghisti?
Tibi per una volta che non trolleggi non vorrei sembrarti scortese, ma per amore di verità precisiamo che a Milano pregano sul marciapiede non perchè sono selvaggi ma perché la mafia fascioleghista che governa quel comune non permette al Centro Islamico di prendere un locale più grande in affitto. È fatto apposta per mantenere il popolo bue nella paura del moro.
NelloF
@NelloF
RispondiEliminanon ho proposto una soluzione (ne penso che chiudere le frontiere o rinchiudere tutti nei cpt sia una soluzione -tra l'altro fate attenzione a notare che 1.quasi sempre chi fa gli attentati non è clandestino 2.comunque non si parla di immigrazione-)
ho detto solo che la soluzione dell'integrazione (quella del meltingpot come quella più free del "tu vieni qui ma io non ti chiedo di prendere valori e costumi etc") non sembra aver dato dei risultati positivi.
Quindi proporre una soluzione che ha già dato prova di scarsa efficacia a me sembra sbagliato, sempre che io non abbia interpretato male l'articolo, magari Leonardo non ha parlato di Londra o dei paesi del nord europa ma ha preso in considerazione questi elementi nella sua analisi, questo non posso saperlo, da qui nasce il mio commento al quale speriamo che L. risponda.
Ottimi punti quelli di Autopsia.
RispondiEliminaIn pratica pero' (e noi Italiani dovremmo saperlo) l'integrazione e' cosa difficile. E si compie in due modi possibili:
1. la ricchezza (paesi dove si immigra per avere uno stile di vita decisamente migliore, hanno un livello di integrazione molto alto). In Irlanda durante la "tigre celtica", un periodo di abbondanza economica incredibile, si sono riversati senza problemi immigranti di tutto il mondo. Ora vivono in pace, anche se la tigre e' andata via/
2. far figli. Esatto. Le prime generazioni non sono quasi mai integrate. I loro figli lo saranno.
Ho conosciuto figli di emigranti italiani in Germania che sono stati la' per 15 anni senza mai imparare il tedesco. L'integrazione delle prime generazioni e' una cosa quasi irraggiungibile e di certo non pianificabile.
Andrea
io sarei più preoccupato da cose che fanno bum di casa nostra a seguito della destabilizzazione nel dopo mr. b.
RispondiEliminaMi par di capire che l'obiezione sia "al Nord li hanno integrati, però hanno fatto gli attentati lo stesso".
RispondiEliminaIn parte è vero: in effetti anche una completa integrazione non è una difesa al 100% contro il terrorismo.
In parte dipende da cosa intendiamo per "integrazione": ad esempio, i Paesi Bassi non sono necessariamente un modello. Lì la cultura della libertà individuale ha permesso il formarsi di una società per comparti stagni.
Io ridiscuterei anche questa cosa che in Inghilterra o in Europa occ. stiano sempre e comunque meglio di noi. Magari ci sono più diritti sulla carta che non sempre coincidono con una vera integrazione. Il semplice fatto che milioni di stranieri preferiscano restare in Italia piuttosto che proseguire per Paesi in teoria più ricchi e più tolleranti la dice lunga.
Il terrorismo, comunque, non nasce in situazioni di assoluta povertà e ghettizzazione (lì al massimo ci sono straccioni che cominciano a tirare i sassi), ma in situazioni dove in teoria un po' di integrazione c'è: i terroristi studiano, alcuni si laureano, la lora integrazione 'a metà' si rivela frustrante e a quel punto scelgono l'opzione jihad: come trent'anni fa i giovani di un ceto medio disorientato sceglievano la clandestinità e la lotta armata. Se a quel punto tirate fuori il ditino e dite: "vedete? è quando si integrano che diventano terroristi" state scambiando un sintomo per il male.
Comunque c'è poco da fare: l'integrazione sarà anche uno strumento che funziona al 50%, ma è l'unico che abbiamo. Se poi invece di usarlo decidiamo di darcelo in testa, sarà peggio per noi.
Il problema è che se lo stesso strumento (l'integrazione) viene accordato e suonato da interpreti diversi secondo spartiti diversi, ma lo stesso non ottiene risultati soddisfacenti, bisognerebbe forse ammettere l'evidenza che, dall'altra parte, hanno poco orecchio e/o disponibilità all'ascolto. E che comunque nessuna presunta esclusione li autorizza a sparare sul pianista.
RispondiEliminaAnche perché sarà vero che i terroristi sono di solito dei borghesucci frustrati e mediamente istruiti, ma se tanto mi dà tanto, i cocopro di oggi dovrebbero passare il tempo libero a sbudellare gente, molto piu' dei loro predecessori degli anni '70, che minimo un impiego pubblico come sbocco lo avevano.
@Nello: per amore di verità, conosci buddhisti / ortodossi / culto a caso che, di fronte a problemi di capienza, occupano sistematicamente il suolo pubblico, invece di rimboccarsi le maniche per trovare loro una soluzione, per esempio usando i soldi delle offerte, anziche' finanziarci la jihad come pare facesse il tesoriere di viale Jenner?
(Pero' l'imam non ne sapeva niente, eccerto: provo' a dire la stessa cosa Forlani di Citaristi, solo che DiPietro se lo mangio' in diretta.)
tibi
Nun ce provà tibi ;-) la notizia è piuttosto chiara e inequivocabile: l'associazione ha chiesto ripetutamente un locale adeguato ("possiamo pagare") alla sola (sacrosanta) condizione che fosse in un luogo raggiungibile dai mezzi pubblici. E per quel garage pagano duemila euro al trimestre... per finire sul marciapiede.
RispondiEliminaChi non si rimbocca le maniche ha la camicia verde, o nera sotto il blazer blu.
Nello
Leo, sono un rompicoglioni: al Qaeda è la forma inglese (la e si pronuncia i), in italiano al Qaida.
RispondiEliminaComunque la generazione più pericolosa è proprio quella dei figli, che stanno a bagnomaria. Non si sentono né integrati nel "nuovo" paese né parte del "vecchio", e questa frustrazione a volte tende a divenire rigetto e "oltranzismo delle radici" per così dire. Lo so per esperienza, ho sposato una figlia di emigrati calabresi delusa dalla Germania e felicissima di essere qui al sud Italia, mentre io mi chiedo se ho fatto bene a tornare.
Nello, l'associazione ha chiesto a chi? al comune? quindi secondo te il comune dovrebbe usare i soldi di tutti per dare sedi di pregio immobiliare (posizione strategica, alta capienza e parcheggio adeguato) agli adepti di una religione?
RispondiEliminaRipeto, se hanno i soldi, paghino: vedranno che il libero mercato soddisfera' ogni loro esigenza. Nell'attesa, rispettino le leggi, come tutti. La volonta' d'integrarsi si dimostra anche (o soprattutto) cosi'.
Se il mio garage mi diventa piccolo perche' ho comprato un'altra auto perche' la famiglia cresce, non pretendo che il comune me ne dia uno a canone agevolato dove pare a me; men che meno piazzo la macchina in mezzo alla strada per fare pressione.
Si vede che il selvaggio sono io, che ti devo dire.
tibi
Volevo ben dire... Hai letto? Quali soldi di tutti? Precisamente, il libero mercato sta rifiutando i soldi dei negracci, fattene una ragione.
RispondiEliminaE anche se fosse, sentiamo, a quanto pare trovare una soluzione a un problema di ordine pubblico è un intollerabile cedimento ai negracci?
@autopsia io vorrei solo capire da dove salta fuori questo mito del libero accesso non regolato (ovviamente colpa delle élite di sinistra che devonomorireammazzate). La legge porta due nomi piuttosto chiari, Fossi e Bini, se la situazione è "fuori controllo" proviamo a prendercela con i responsabili giusti, cioè chi è al governo da sette anni su nove "di questo cazzo di anni zero".
Nello
'Negracci' e' una categoria che tiri fuori tu, per sentirti migliore degli 'schiavisti mafioleghisti': i frequentatori di viale Jenner sono, in gran parte, non meno pallidi di me e di te e, nei confronti dei 'negracci', spesso nutrono (e, se richiesti, esprimono) sentimenti da far impallidire Borghezio.
RispondiEliminaTra l'altro, visto che non ti riferivi al comune, si vede che consideri tutti i milanesi 'mafioleghisti', il che mi pare piuttosto razzista. A parte che non vedo chi e a che titolo dovrebbe costringerli (in punta di scimitarra?) ad affittare i loro immobili a chicchessia, se non lo ritengono opportuno, ribadisco che evidentemente la contropartita non e' valida: possibile che in tutta la citta' non si trovi un Giusto che s'impietosisca? Per dire, nel selvaggio Veneto, il palasport per il ramadan gliel'ha affittato Benetton, mentre il comune di Padova voleva praticamente regalargli l'edificio per la moschea, a patto che se lo ristrutturassero a proprie spese, offerta che a quanto pare non e' stata ritenuta abbastanza generosa: si vede che e' mafioleghista anche Zanonato.
Altro tuo stravolgimento della realta': il 'problema di ordine pubblico' lo crea scientemente chi, fregandosene del pubblico, ritiene di poter usare la cosa di tutti per esigenze proprie. E questa, a casa mia come di qualunque selvaggio, si chiama prepotenza e incivilta'.
Oppure io da domani, visto che nessuno mi da' il garage che voglio io al prezzo che voglio io, vengo a parcheggiare davanti al tuo passo carraio: e se protesti sei un mafioleghista.
tibi
scusate non s'era d'accordo che a qualcuno oltre le dieci righe non si rispondeva? se no qui ci ritroviamo con le stesse frasi per venticinque secoli.
RispondiEliminaScusate non avevo capito che qui vigeva la logica del branco: il maschio alfa ulula e i lupacchiotti anonimi guaiscono di rimando.
RispondiEliminaGodetevi pure il vostro osso, non sia mai (tanto io a cena ho le lasagne al forno).
tibi
Niente jihad italiana? ettecredo, con quello che paghiamo in Afganistan, altro che jihad, siamo fratelli nella lotta!
RispondiEliminaitaliani, talebani, mia faza, mia raza...
Guido
Sì, penso anche io che abbiamo pagato sempre nel mondo: Libano, Iraq, Afghanistan, Yugoslavia & co, sequestratori nostrani e non e forse molto altro. Mi incuriosirebe solo sapere se siamo i soli a pagare. Non credo. Penso che la tranquillità sul terreno si paghi sempre: più rapido e facile, specie quando ti butti in imprese senza nessun senso apparente né vie d'uscita, come le nostre scorribande asiatiche E'quella fuori che è più incerta.
RispondiEliminaNon mi ricordo più dove avevo letto, che una volta gli inglesi pagarono una bustarella al talebano sbagliato a causa di un'omonimia. Soldi buttati.
RispondiEliminaComunque la guerra è il proseguimento dell'economia con altri mezzi. O era viceversa. Non mi ricordo.
Era la politica e non l'economia, ma secondo una scuola di pensiero fortunatamente al tramonto sarebbero la stessa cosa :)
RispondiEliminaPurtroppo la lettura storica e sociale che qui è stata data delle BR è farsesca; in particolare, l'idea che le azioni delle BR fossero qualcosa di omogeneo con il recente episodio è priva di fondamento; da un lato abbiamo un ingegnere precario che ha pronunciato frasi farneticanti, dall'altro un movimento militare che ha combattuto lo stato secondo una lucida strategia.
RispondiEliminaAvremo pur letto di tutto, sulle BR, ma evidentemente qualcosa deve essere sfuggita: per esempio che le BR non erano terroristi, nè stragisti, che non colpivano mai a casaccio; che le Brigate Rosse si radunavano non attorno ad una fede metafisica, ma ad un'analisi della società, alla visione che il cambiamento sociale fosse attuabile solo a partire dalla lotta armata; che le istanze alla base delle loro azioni non erano affatto quelle di una sparuta minoranza, anzi il fenomeno era a cinque o sei zeri; che la militanza nelle BR era un'esperienza totale, assolutamente clandestina ed irregimentata; e così via.
Si tratta di differenze sostanziali, non metodologiche.
La sconfitta delle BR, poi, risiede in parte in mutamenti sociali complessi, tra cui anche l'illusione del benessere avutasi con la ripresa economica, che è andata di pari passo con il cambiamento dei problemi all'ordine del giorno, in particolare con la fine di quel movimento in cui era possibile reclutare militanti; ma anche, come ha fatto già notare qualcuno, nelle leggi speciali (a tratti ben più anti-costituzionali del Lodo Alfano) per il terrorismo, nella marginalità delle forze politiche al di fuori del "fronte della fermezza", e nei mille altri compromessi che lo stato italiano ha fatto per poterle sgominare.
Un'altra osservazione: non mi piace affatto l'idea di uno stato che spenda i suoi soldi per costruire chiese, moschee, sinagoghe, o altri luoghi dedicati al paranormale. In linea di principio non ha senso perseguire Vanna Marchi e finanziare dei baracconi ben più truffaldini. Un concordato è già troppo. E dal punto di vista razionale un'argomentazione del tipo "o mi fai la moschea o impazzisco e mi faccio esplodere" è del tutto irricevibile.
Atlantropa, sicuramente la mia lettura storica e sociale delle Br è molto semplificata.
RispondiEliminaCiononostante, quando scrivi "La sconfitta delle BR, poi, risiede in parte in mutamenti sociali complessi, tra cui anche l'illusione del benessere avutasi con la ripresa economica" in pratica stai confermando quanto ha appena scritto il semplicione.
Anche se ci sei arrivato con un'analisi più approfondita, durante la quale hai affermato che:
- le Br erano "un movimento militare che ha combattuto lo stato secondo una lucida strategia" (perbacco, sì, abilissimi strateghi).
- Non erano terroristi (no, macché, gambizzavano per dare ai giornalisti una sensazione di allegria).
- Non erano stragisti (vabbè, la scorta di Moro sarà stato un terribile equivoco).
- Non colpivano mai a casaccio (infatti avevano cura di rapinare per autofinanziamento solo gli esercizi gestiti da conclamati nemici del proletariato).
- "Non si radunavano non attorno ad una fede metafisica, ma ad un'analisi della società" Per me nei volantini delle Br, oltre a molto pessimo italiano, c'è metafisica a pacchi: scritta a macchina e non in alfabeto arabo, ma molto molto meta, e poco fisica.
- "che le istanze alla base delle loro azioni non erano affatto quelle di una sparuta minoranza". Non ho capito esattamente a che base ti riferisci. Ai brigatisti veri e propri o alle zone grigie di consenso? Perché se cominciamo a chiedere ai musulmani di quartiere cosa pensano dell'Afganistan e della Santanché, sospetto che troveremo una zona grigia con molti zeri.
Insomma, io sarò un sempliciotto, ma sei in flagrante apologia. Sarò anche più semplice: le BR hanno perso perché erano idioti schizzati con una sensazione di lucidità che è tipica di certi schizzati.
Leonardo, onestamente non penso proprio di averti dato del sempliciotto sic et simplici(otti)ter, nè mi sono accreditato come grande studioso della materia; semplicemente ho ritenuto molto debole il modo in cui sono stati uniti determinati puntini, argomentandolo.
RispondiEliminaPenso di averti dato atto del fatto che effettivamente uno scenario socioeconomico diverso ha condannato di fatto l'esperienza delle BR. Ma questa è solo una parte della storia; bisogna non ignorare che nella lotta alle BR lo stato ha grattato il fondo del barile, calpestando perecchi dei suoi principi costitutivi, collaborando con la criminalità, mandando a passeggio persone con le mani ancora grondanti di sangue in cambio della delazione, e tante altre amenità.
Sul resto mi ripeterò: le BR non erano terroristi: non piazzavano bombe in piazza o sui treni, non gambizzavano un qualunque giornalista o un qualunque politico, non sgozzavano contadini, non dirottavano aerei su grattacieli, etc.
E non deve sfuggire come la "strage" della scorta di Moro abbia la stessa cinematica di certe operazioni di polizia contro le BR.
Nei comunicati delle BR c'è sicuramente metafisica a pacchi - di cui peraltro è intrisa qualunque filosofia sistematica, da Anassagora in poi, e che raggiunse ben altri livelli all'interno del Movimento - e nella storia delle Br si osserva ovviamente una progressiva deriva di autoreferenzialità, autoesaltazione, perdita di contatto con la realtà - tipica di chi vive l'esperienza della clandestinità, del circolo chiuso. Tuttavia di qui a trovare un legame con l'ingegnere precario che si fa saltare la bomba in mano mentre farnetica di corani e altro paranormale ce ne passa.
Il fatto che la guerra in Afghanistan suoni assurda per milioni di persone è semplice buon senso; del resto non è che vi fosse un disegno strategico che poi ha trovato il consenso della gente; si è andati lì per menare le mani (o far finta di menarle) e a fare compagnia allo zio d'America. Ma che c'entra questo col fatto che a suo tempo la condanna delle sanguinarie BR fu tutt'altro che unanime?
Hai collegato tra loro cose che io vedo come molto differenti; e non solo ad un livello epidermico: anzi, non ci vedo alcun collegamento; salvo ovviamente ricorrere all'opzione finale (quella per esempio dell'ultima frase del tuo intervento - quella sì abbastanza sempliciotta) per cui tutte le vacche sono grigie e gli anni di piombo sono l'impazzimento di quattro o cinque figli di papà che ahiloro non potevano ancora sollazzarsi coi videogiochi.
Guarda che più continui peggio è. Cosa vuol dire che non gambizzavano "un qualunque giornalista"? Certo che no, gambizzavano quello che gli dava noia per far paura a tutti gli altri. E' precisamente la metodologia di un'organizzazione terroristica.
RispondiEliminaMa scusa, neanche i mafiosi uccidono "un qualunque giornalista" o "un qualunque magistrato": li scelgono bene. In questi casi non è terrorismo?
La "strage" della scorta di Moro ha le virgolette solo nel tuo vocabolario: si è trattata di una strage, punto.
L'ingegnere precario che si fa saltare la bomba in mano farnetica di corani (ma intanto sceglie un obiettivo preciso, manda un messaggio preciso, dà un esempio concreto di jihad, ecc.). Il brigatista rosso dei '70, non particolarmente "figlio di papà" (mi sarò spiegato male) gambizzava e poi ammazzava farneticando di insurrezione del proletariato e Stato Imperialista delle Multinazionali. Se a te il secondo sembra molto meno farneticante del primo, potrebbe anche essere un errore di prospettiva da parte tua.
Io li ho equiparati perché sono comunque terrorismi di matrice ideologica. La jihad è ideologia religiosa, la lotta armata ideologia "politica" (qui sì che ci vogliono le virgolette), ma sempre di ideologia si tratta.
@Leonardo: No, io no alzo il ditino per dire "vedete? è quando si integrano che diventano terroristi" , né come te dico che è la mancanza di integrazione ed il malessere dei ceti + deboli dell'immigrazione musulmana a fare da propulsore per la jihad europea
RispondiEliminaio semplicemente dico che l'integrazione non ha nulla a che vedere con il terrorismo.
ho già citato i paesi del nord, e l'inghilterra. Tra l'altro la gran parte degli attentati più frequenti avvengono proprio nei paesi islamici, sia per ragioni interne politiche, sia perché sono ormai strumento di lotta radicato da prima della jihad, ma comunque sono parte integrante del terrorismo islamico. un terrorismo che è diverso da quelli che conosceva tutta l'europa (br eta raf ira olp etc...) ovviamente ci sono delle somiglianze in tutte le sue declinazioni con gli altri terrorismi, ma quello islamico è comunque sostanzialmente differente.
@Nello: il dialogo, il confronto è sempre interessante, mentre il nonsense è divertente, però mi trovo in difficoltà di fronte chi pone un confronto-nonsense, come te: [@autopsia io vorrei solo capire da dove salta fuori questo mito del libero accesso non regolato (ovviamente colpa delle élite di sinistra che devonomorireammazzate). La legge porta due nomi piuttosto chiari, Fossi e Bini, se la situazione è "fuori controllo" proviamo a prendercela con i responsabili giusti, cioè chi è al governo da sette anni su nove "di questo cazzo di anni zero".]
non capisco, stai facendo una domanda a me come se fossi un oracolo? perché mi poni questa domanda? non ho mai parlato di immigrazione non regolata in italia, non ho mai parlato di destra e sinistra. Io parlavo di inghilterra olanda principalmente, ti avevo anche scritto: attenzione nello, non si parla di immigrazione ma di terrorismo ( confonderli mi sembra un po' una mossa da leghista, attento che ti spunta un colletto verde da sotto la tshirt del Che)
Scusami, che vuol dire che più continuo e peggio è? insomma pensavo che questo fosse solo un blog, non una palestra per tribuni.
RispondiEliminaOra, il termine terrorista è evidentissimamente problematico; dal mio punto di vista il terrorismo è tale quando colpisce indiscriminatamente, quando coinvolge chi non è direttamente chiamato in causa come nemico; piazzo la bomba in quel luogo e chiunque passa di lì all'ora tot mi muore; sparo nel mucchio, ad altezza d'uomo; bombardo a tappeto; non è il caso delle BR, nè della mafia - è ben strano sentir parlare della mafia come di terrorismo - che hanno/hanno avuto dei nemici più o meno dichiarati e li combattono/hanno combattuti; è invece il caso dell'IRA, dello stragismo "nero", degli angloamericani nella seconda guerra mondiale, e di tante missioni di pace NATO/ONU/altri acronimi.
La "strage" della scorta di Moro è certo una strage senza virgolette se tale è pure quella dei nostri valorosi soldati sul Lince a Kabul. Ma questo uso del termine è proprio ciò che personalmente intendo rigettare, perchè è proprio procedendo in questo modo che poi tutte le vacche saranno nere; e allora sarà difficile distinguere quella roba lì da Dresda, Katyn, o Vinca.
Non penso proprio che lo stato imperialista delle multinazionali sia il più fulgido esempio di delirio brigatista; anzi, mi sa che su quel punto c'avevan proprio preso, e prima di tanti altri...
Certo poi che se passa il tuo concetto: entità che ha la possibilità di avere un'idea + bomba = "terrorismo di matrice ideologica", allora eventualmente BR = Al Qaida = Unabomber, 1 = 2 ed io sono il papa.
Non mi sembra che il pezzo abbia un tono tribunizio. Dico che più continui e peggio è perché insisti ad assegnare ad alcune parole ("terrorismo", "strage", "lucidità") significati che non sono condivisi dalla collettività con cui dialoghi. Non è che ognuno può venire a giocare in cortile con le parole che si è portato da casa. Se per te le Br non erano un gruppo terrorista, che posso dire? Devo perdere tempo a insistere che lo erano? ci sono libri, ci sono processi, poi ci sei tu che un bel giorno arrivi con una definizione un po' diversa di "terrorismo". Da qui in poi ci tocca ripartire dalle definizioni: secondo me il terrorismo è xxxx, ecc. Trovo sia tempo perso: c'è una definizione di terrorismo che è unanimemente condivisa da una maggioranza, temo tu debba accettarla. Sempre che tu voglia, naturalmente, dialogare.
RispondiEliminaI brigatisti ci avevano preso sul SIM? Va bene, ma anche certe analisi geopolitiche di Osama Bin Laden hanno un loro valore. Il punto non è l'osservazione della realtà, che a volte riesce anche agli assassini; il punto è la pretesa di modificarla in modo violento secondo un'ideologia. Da questo punto di vista secondo me anche la Jihad è un'ideologia: ti può sembrare più stupida della lotta armata per il comunismo, ma il punto qui non era il tasso di stupidità o irrazionalità.
Uh, e allora probabilmente ho frainteso io: chè laddove dicevi "più continui peggio è" ci leggevo un "più continui, più ti rendi ridicolo davanti agli italiani", un "ti vedo nervoso", o altro intercalare tribunizio a scelta. E se mi sbagliavo meglio così.
RispondiEliminaSarei felice di sbagliarmi anche sul resto, ma temo che del termine terrorismo, al pari di quanto accade per democrazia, libertà, autodifesa, non esista affatto alcuna "definizione unanimemente condivisa da una maggioranza" (sbaglio o il tutto è lievemente ossimorico?); tutt'altro: a volte è una clava. Ed il problema non è di semantica astratta, ma ha precise ripercussioni nel mondo terreno; per dirne una pensa ad Hamas.
E dunque il punto non è affatto quello di voler trovare, eventualmente in barba all'italiano, un'opportuna definizione di terrorista con cui marchiare gli antipatici e da cui preservare i simpatici (e il dialogo vada pure a farsi benedire); al contrario, il punto è di evitare che le parole perdano completamente di significato, di fare in modo che permettano di distinguere cose distinte; altrimenti daje con tiranni, esportazioni di democrazia, stati canaglia...
Ed una distinzione che per me ci sta tutta, e dunque vorrei mantenere in vita, è quella tra l'ingegnere precario dell'altro giorno e, chessò, Walter Alasia.
Tutto qui.
PS: alcuni dei discorsi di Bin Laden che ho potuto leggere sin'ora non mi sono sembrati affatto insensati, anzi; peccato che il Nobel per la pace l'han già assegnato.
@autopsia Per carità parlare rivolto a te era solo un artificio retorico, se mal riuscito me ne scuso. Ai troll Prrrr
RispondiEliminaNelloF
"Chi ha convinto Game a diventare un martire?" A quanto pare "il kamikaze della caserma Perrucchetti, fino a sei mesi fa, non era neppure religioso. E negli ultimi tempi un tracollo economico e gravi problemi di salute l'avevano portato a una profonda frustrazione".
RispondiEliminaInsomma più che jihad, cellule di Al-Qaida e terrorismi di matrice ideologica/religiosa, direi solitudine, disperazione e "cattive" compagnie.
@ Nello: capito. grazie
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