(R: un prete pedofilo sposato).
Ho una teoria #14, sull'Unità.it. Si commenta di là.
Vedremo mai preti cattolici sposati? Difficile. Probabilmente non esiste nessun piano segreto della Chiesa cattolica per “abolire il celibato in 50 anni”, come titolava la Repubblica venerdì scorso. Qualche giorno prima il cardinale Schoenborn, arcivescovo di Vienna, aveva ammesso che dietro ai numerosi casi di abusi sessuali commessi da preti potrebbe esserci un problema di educazione, e che il tema del celibato andrebbe forse ridiscusso. Una mezza ammissione prontamente smentita: niente matrimonio per i preti, né tra 50 anni né mai.
In effetti c'è una buona dose di ingenuità nel considerare il matrimonio una soluzione al problema della pedofilia. Molti dei 'mostri' che la cronaca ci ha messo davanti negli ultimi anni erano regolarmente sposati, con mogli che non sospettavano o che a volte erano complici (come nel memorabile caso di Marcinelle). Se è vero che i preti che hanno commesso abusi sono una percentuale straordinariamente alta (quasi il 4%, secondo il cardinale Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero), è anche vero che per il bambino c'è sempre un posto meno sicuro del seminario: la propria casa. Gran parte degli abusi sessuali su minori vengono commessi entro le mura domestiche, da genitori, parenti, amici di famiglia.
Chi propone di risolvere il problema sposando i preti non fa che sostituire un'istituzione forse in crisi (il celibato sacerdotale) con un'altra (il matrimonio) che in crisi è sicuramente. Un prete sposato sarebbe al riparo dalle “tentazioni” (per usare il gergo cattolico), o dalle pulsioni devianti (per usarne uno laico). Basta guardarsi intorno per rammentare che purtroppo le cose vanno diversamente. Il matrimonio è un impegno che si contrae con la propria coscienza. Proprio come il voto sacerdotale. Chi viola il secondo, perché dovrebbe sentirsi obbligato dal primo?
Gli esponenti del Clero cattolico che in questi giorni si lamentano di essere il bersaglio di un “sensazionalismo mediatico” hanno insieme torto e ragione. Hanno torto, perché i numeri da loro stessi ammessi sono veramente sensazionali: quattro preti pedofili su cento non sono pochi, sono un'emergenza. Hanno ragione, perché circoscrivere alla Chiesa cattolica il problema degli abusi sessuali è riduttivo, e forse dipende da una scelta editoriale deliberata. Nei Paesi dove altre confessioni cristiane sono radicate come il cattolicesimo in Italia o in Irlanda, la percentuale di pastori protestanti accusati dei medesimi abusi è altrettanto alta, anche se (lamentano i vescovi), fa meno scalpore... Può darsi che la struttura piramidale della Chiesa cattolica renda in un qualche modo più spettacolari le accuse ai membri di quest'ultima: un oscuro pastore di provincia scoperto ad allungare le mani resta una triste storia di provincia; un pretino cattolico trovato nella medesima situazione evoca la complicità di Benedetto XVI (tanto peggio se poi quest'ultimo ha un fratello che dirigeva un coro in modo un po' manesco).
I sacerdoti – cattolici, protestanti, ortodossi – sono evidentemente una categoria a rischio. Una percentuale non irrilevante è portata a commettere abusi sessuali sui minori. Non a causa del voto di celibato (che protestanti e ortodossi non osservano), ma perché, banalmente, la loro vocazione consente loro di interagire con molti bambini, in una posizione di potere, e godendo della fiducia delle famiglie e della comunità. Questo era vero soprattutto fino alla metà del secolo scorso, quando alle Chiese era ancora appaltata in blocco l'istruzione, anche attraverso quel luogo concentrazionario che era il collegio. Lì è probabile che l'abuso sessuale venisse praticato in modo sistematico: che fosse impartito e vissuto come un trapasso di potere e di coscienza. Questo spiegherebbe anche il fatto che la maggior parte delle accuse riguardino fatti avvenuti ormai più di venti anni fa. Quindi l'emergenza è già in via di soluzione? In un certo senso sì. Ironicamente (secondo questa mia teoria) ciò che tirerà fuori dai guai la Chiesa è proprio un suo nemico giurato: l'istruzione laica, che mettendosi tra i preti e i bambini forse non ha messo i secondi al sicuro, ma almeno ha messo i primi al riparo dalle tentazioni. Non è un caso che oggi i 'mostri' che più spesso arrivano in prima pagina siano educatori o insegnanti (anche se quasi mai le accuse nei loro confronti si rivelano fondate... ma questo è un altro discorso).
In effetti c'è una buona dose di ingenuità nel considerare il matrimonio una soluzione al problema della pedofilia. Molti dei 'mostri' che la cronaca ci ha messo davanti negli ultimi anni erano regolarmente sposati, con mogli che non sospettavano o che a volte erano complici (come nel memorabile caso di Marcinelle). Se è vero che i preti che hanno commesso abusi sono una percentuale straordinariamente alta (quasi il 4%, secondo il cardinale Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero), è anche vero che per il bambino c'è sempre un posto meno sicuro del seminario: la propria casa. Gran parte degli abusi sessuali su minori vengono commessi entro le mura domestiche, da genitori, parenti, amici di famiglia.
Chi propone di risolvere il problema sposando i preti non fa che sostituire un'istituzione forse in crisi (il celibato sacerdotale) con un'altra (il matrimonio) che in crisi è sicuramente. Un prete sposato sarebbe al riparo dalle “tentazioni” (per usare il gergo cattolico), o dalle pulsioni devianti (per usarne uno laico). Basta guardarsi intorno per rammentare che purtroppo le cose vanno diversamente. Il matrimonio è un impegno che si contrae con la propria coscienza. Proprio come il voto sacerdotale. Chi viola il secondo, perché dovrebbe sentirsi obbligato dal primo?
Gli esponenti del Clero cattolico che in questi giorni si lamentano di essere il bersaglio di un “sensazionalismo mediatico” hanno insieme torto e ragione. Hanno torto, perché i numeri da loro stessi ammessi sono veramente sensazionali: quattro preti pedofili su cento non sono pochi, sono un'emergenza. Hanno ragione, perché circoscrivere alla Chiesa cattolica il problema degli abusi sessuali è riduttivo, e forse dipende da una scelta editoriale deliberata. Nei Paesi dove altre confessioni cristiane sono radicate come il cattolicesimo in Italia o in Irlanda, la percentuale di pastori protestanti accusati dei medesimi abusi è altrettanto alta, anche se (lamentano i vescovi), fa meno scalpore... Può darsi che la struttura piramidale della Chiesa cattolica renda in un qualche modo più spettacolari le accuse ai membri di quest'ultima: un oscuro pastore di provincia scoperto ad allungare le mani resta una triste storia di provincia; un pretino cattolico trovato nella medesima situazione evoca la complicità di Benedetto XVI (tanto peggio se poi quest'ultimo ha un fratello che dirigeva un coro in modo un po' manesco).
I sacerdoti – cattolici, protestanti, ortodossi – sono evidentemente una categoria a rischio. Una percentuale non irrilevante è portata a commettere abusi sessuali sui minori. Non a causa del voto di celibato (che protestanti e ortodossi non osservano), ma perché, banalmente, la loro vocazione consente loro di interagire con molti bambini, in una posizione di potere, e godendo della fiducia delle famiglie e della comunità. Questo era vero soprattutto fino alla metà del secolo scorso, quando alle Chiese era ancora appaltata in blocco l'istruzione, anche attraverso quel luogo concentrazionario che era il collegio. Lì è probabile che l'abuso sessuale venisse praticato in modo sistematico: che fosse impartito e vissuto come un trapasso di potere e di coscienza. Questo spiegherebbe anche il fatto che la maggior parte delle accuse riguardino fatti avvenuti ormai più di venti anni fa. Quindi l'emergenza è già in via di soluzione? In un certo senso sì. Ironicamente (secondo questa mia teoria) ciò che tirerà fuori dai guai la Chiesa è proprio un suo nemico giurato: l'istruzione laica, che mettendosi tra i preti e i bambini forse non ha messo i secondi al sicuro, ma almeno ha messo i primi al riparo dalle tentazioni. Non è un caso che oggi i 'mostri' che più spesso arrivano in prima pagina siano educatori o insegnanti (anche se quasi mai le accuse nei loro confronti si rivelano fondate... ma questo è un altro discorso).