È buffo. Se c'è qualcosa che pensavo di aver capito dell'esperienza di governo di Giuseppe Conte, è che un leader non è poi così necessario. È importante, senz'altro, ma a volte basta trovare una persona mediamente capace, dargli fiducia, circondarlo di collaboratori abbastanza validi, e alla fine un leader salta fuori – anche perché i media hanno sempre bisogno di mettere qualcuno sotto i riflettori. Insomma se ce l'ha fatta Giuseppe Conte – se ce l'abbiamo fatta con Giuseppe Conte – non dev'essere così difficile. Magari con un po' di attenzione nella fase di pre-selezione la prossima volta potremmo incrociarne uno ancora migliore. Questo è quello che pensavo di aver capito io.
Ed è buffo, perché Pd e M5S sembrano aver capito l'esatto contrario, ovvero che Giuseppe Conte è un grande leader, l'uomo del destino che riporterà il Movimento al successo elettorale (secondo Beppe Grillo) e darà una voce e un corpo alla federazione di queste due grandi forze politiche (secondo Goffredo Bettini). Cioè.
Cioè dopo aver scelto un leader a caso, e averne trovato uno alla fine non totalmente incapace, io sarei portato a pensare che alla fine pescare i leader non sia così difficile: Bettini e Grillo il contrario, in sostanza avremmo vinto alla lotteria dei leader. Del resto il tizio continua a occupare un posto importante nelle classifiche di popolarità, e poi sui social prende un sacco di like eccetera. Segno che l'uomo è quello giusto, non come quello dell'ultima volta o della penultima volta. Ma è anche segno che siete disperati. Oppure che non avete capito la solita banalissima cosa: che la Repubblica Italiana è una democrazia proporzionale.
Questo dev'essere particolarmente duro da mandar giù soprattutto per Bettini e chi lo ascolta. Se vogliamo è la tragedia del PD, il partito che doveva costruire un'alternativa a Berlusconi e si è trasformato in una specie di caricatura del berlusconismo in negativo. Se Berlusconi per vent'anni ha illuso gli italiani che fosse possibile una svolta uninominale, presidenziale, i più illusi di tutti sono stati proprio i vertici del PD. Da cui la catastrofica strategia (di cui Bettini è in qualche misura responsabile) di farsi il vuoto intorno e soprattutto a sinistra, con l'obiettivo di diventare l'unico punto di riferimento per quella benedetta metà+1 degli italiani. Strategia che si era dimostrata perdente già con Veltroni, nel 2008; ma niente da fare.
Berlusconi tramontava ma nel frattempo il suo virus presidenziale sopravviveva in quella classe dirigente del PD che ha continuato a fare e disfare leggi elettorali nel tentativo di quadrare il cerchio, ovvero di trovare un sistema per trasformare in presidenziale una repubblica che è parlamentare per costituzione e proporzionale per cultura. Quando Bersani tentò una strada diversa, un'alleanza con la sinistra di Vendola e con un Di Pietro che avrebbe potuto arginare i 5Stelle, i maggioritari appoggiarono Matteo Renzi che invece non voleva allearsi con nessuno (tranne con Berlusconi per il maggioritario), con Matteo Renzi che concepiva ogni elezione come un referendum su sé stesso: non tanto un politico con una mentalità presidenziale, quanto il risultato di quella mentalità. Fu chiarissimo molto presto che un referendum simile Matteo Renzi non poteva che perderlo; che per quanto giovane e simpatico non poteva illudersi di piacere a metà degli italiani: fu chiarissimo molto presto ma gran parte del Pd lo seguì ugualmente nel baratro, perché alla fine il maggioritario è una fede. Tutto questo avrebbe dovuto insegnare qualcosa a qualcuno, ma evidentemente non a Goffredo Bettini che invece è ancora in giro a cercare il leader che salverà la sinistra.
Nel frattempo a Palazzo Chigi c'è un governo che è il trionfo del manuale Cencelli (metto il link per i più giovani), un trionfo della contrattazione proporzionale, dove tutti i partiti in parlamento sono rappresentati secondo il peso effettivo e anche l'unico all'opposizione alla fine ci sta più per dovere d'ufficio (e sarà ricompensato da tante commissioni di vigilanza). Ed è il settimo consecutivo, giuro, il settimo governo consecutivo a non rappresentare una maggioranza uscita dalle urne – cosa che del resto la Costituzione della Repubblica Italiana non prevede – ma la geometria delle forze in parlamento: com'è del resto naturale in una repubblica parlamentare. Contate con me: governo Monti, governo Letta, governo Renzi, governo Gentiloni, governo Conte 1, Conte2, Draghi. Visto che sono sette? Ma nel Pd c'è chi non si rassegna. Verrà il momento in cui le urne incoroneranno il leader. Verrà il momento in cui conosceremo il nostro premier nella notte delle elezioni, e le veglie di Mentana finalmente avranno un senso. In questa cosa non ci crede più nemmeno Silvio Berlusconi ma non ha importanza, la fiaccola presidenziale ormai è passata al PD (prima ce l'aveva un tale Almirante).
Se poi almeno questa fede nell'Uninominale e nell'Uomo della provvidenza servisse a maturare degli autentici leader di partito, ma no: di solito dev'essere un tizio scelto a sorpresa dal geniale kingmaker, perché se a D'Alema andò bene con Prodi non può essere una coincidenza, no? E quindi occhio ai sondaggi di popolarità, è lì che si nasconde il nostro prossimo De Gasperi. Eppure abbiamo già visto quanto ci mise Veltroni a stancare tutti; abbiamo già visto quanto è durato Renzi, e quanto la popolarità di Salvini sia mutevole come il vento. Giuseppe Conte invece no: per qualche misterioso motivo Giuseppe Conte dovrebbe continuare a essere amato e apprezzato come statista anche adesso che non lo è più e le videocamere cominceranno a snobbarlo. È buffo, perché io da tutta questa storia avevo capito l'esatto contrario di quello che sembrano averne capito al M5S o al PD. E siccome loro sono quelli che fanno politica, evidentemente non ho capito nulla. Quindi che ci fate ancora qui?