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giovedì 27 ottobre 2022

Aa presidente

Questa cosa dei femminili dei sostantivi è così poco interessante che persino io, che studio e insegno grammatica di mestiere, mi devo proprio sforzare per trovarla interessante. Siete anzi liberi di dichiarare che è cosa noiosa e che non vi interessa. 

Una volta. 


E poi non ne parlate mai più, e non vi si vede più in calce a qualche thread a infastidire gente che se ne sta interessando (e che in linea di massima ha studiato la questione un po' più di voi). Perché chi trova davvero un argomento noioso, di solito fa così: se ne disinteressa.

Se invece non perdete occasione per ribadire che bastaaaa, che noiaaaaaa, è proprio un'ossessioneeeee: ecco, sì, confermo: è un'ossessione, vostra. E ora una notizia: non esiste nessuna ossessione di sinistra per il "politically correct". Chi lo dice è pregato di citare qualche concreta proposta legislativa sul linguaggio inclusivo. Ne troverà poche o non troverà niente. Troverà invece nelle prime dieci pagine di google centinaia di opinionisti di destra ossessionati dal politically correct, con interventi che di solito si possono sintetizzare in bastaaa che noiaaaaa – l'idea che in questi anni la sinistra invece abbia parlato di grammatica inclusiva invece che di salari è risibile. Vera Gheno avrà parlato di grammatica inclusiva: è il suo campo, ne parla, che altro dovrebbe fare? Altri avranno parlato di salari, ma per qualche motivo nessuno ha deciso di selezionarli, inquadrarli, prenderli ad esempio di ciò che la sinistra fa. Il politically correct è un'ossessione della destra: un fantoccio di paglia che si è costruita col tempo, accumulando episodi per lo più marginali, per il 90% interpretati male ("genitore uno genitore due", lo schwa, persino il "petaloso"). Esiste una sinistra che si preoccupa solo di queste innovazioni grammatiche? Sì: nei sogni degli opinionisti di destra. Esistono linguisti che si preoccupano in particolare dell'inclusività della lingua e che fanno proposte per rendere l'italiano più inclusivo. Questo non risolve certo i problemi del mondo e nessuno lo pretende. 

Parte della noia che provo per l'argomento è dovuta dal fatto che, malgrado tutti ne parlino come di cosa di sconvolgente attualità, questa manfrina del politically correct la sento ripetere da che son nato, e sono nato in un altro secolo. Mi facevo già la barba quando Irene Pivetti diventò presidente della Camera e si faceva chiamare "il presidente della Camera" – se ne discuteva già allora, perché non la presidentessa? o la presidente? Ora, ciò che rende molto noioso il dibattito è che ormai le squadre sono fatte: la sinistra vuole i femminili e li vuole svelti ("la presidente"), la destra vuole una specie di maschile professionale sovraesteso che però non è mai stato formalizzato ("il presidente"). Dalla mia distanza, mi piace mantenere una certa neutralità e ricordare che stiamo parlando di linguaggio, ovvero di un terreno dove ogni scelta è arbitraria. Questo spiega alcuni paradossi: per esempio, aa Meloni che "sceglie", letteralmente, il genere con il quale vuole essere chiamata, fa qualcosa di vagamente simile agli attivisti woke che si scelgono i loro pronomi. Se siamo davvero liberi di scegliere il nostro genere grammaticale, anche aa Meloni lo è. Probabilmente anche in questo caso la nostra libertà è vincolata alla comunità dei parlanti, che possono recepire i desideri daa Meloni ma anche, magari in un secondo momento, mandarla a quel paese. Dipende un po' da tutti, da quanto ci interessa il problema. Ah non v'interessa? E allora non dovevate leggere fin qui, è già il terzo paragrafo, non lo rileggo nemmeno i

9 commenti:

  1. Ci sono persone che desiderano farsi chiamare con un pronome personale avente un genere grammaticale diverso da quello del proprio sesso biologico. Pazienza, non ci vedo nulla di make e francamente non cambia il mondo.
    Giorgia Meloni ha scelto un approccio gender fluid: femminile nella vita privata e maschile in quella istituzionale. La criticherò per le sue scelte politiche, non per il suo essere gender fluid.

    Noto poi che su questo Blog Giorgia Meloni è sistematicamente preceduta dall'articolo "aa" (del quale esistono anche le preposizioni articolate) : si tratta forse di un'applicazione del metodo stemmatico di Lachmann avente lo scopo di rintracciare agevolmente tutti quelli che citano frammenti del presente blog?

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    1. Naaa, è solo perché è romana

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    2. Italiano lingua complicata!
      Preside non ha corrispettivo femminile, quindi dico "il preside" se maschio e "la preside" se femmina.
      Assessore è ambiguo, essendoci l'apostrofo sarà in entrambi i casi "l'assessore", non credo che esista "assessora".
      Dottore ha il corrispettivo dottoressa, credo che sia un errore dire "la dottore".
      Analogamente, dovrebbe essere un errore dire "la presidente", o è "il presidente" o "la presidentessa" del consiglio.
      Questo se ci si riferisce alla persona .
      Se ci riferisce alla carica, a rigore di legge e di costituzione questa è formalmente declinata al maschile, per cui un DPCM è un decreto del presidente del consiglio a prescindere dal fatto che sia maschio, femmina, bi o trisex.

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    3. Che cosa meravigliosa, le lingue! In un certo momento storico accade che una parola si abbozzi, si storpi, si modifichi e si coaguli intorno ad una certa forma. C'è qualcuno che è sapiente (doctus), quindi ha la potenzialità di insegnare (docere) e non si sa come nel guazzabuglio dei volgari bassomedievali diventa "dottore", mentre "dotto" è solo uno dei sette nani.
      Ci sono i titoli nobiliari, con femminili e forme filiali in falso diminutivo: il conte sposa la contessa e ha dei figli, il contino e la contina. Così la forma in -essa passa ad indicare "la moglie di", dunque la sindachessa in italiano del XIX sec è la moglie del sindaco.
      Oppure vi sono i participi presenti, che ci illustrano un'azione che si sviluppa in quel momento: la torre è pendente, il ragazzo è studente/studiate, ma è anche piacente e la notte dormiente.
      E poi accade il miracolo della lingua che si trasforma: la ragazza è piacente e dormiente, ma non è più studente, bensì le viene attaccato quel suffisso in -essa senza che abbia sposato uno studente. Alcuni li chiamano "ipercorrettismi", ma poi la lingua si coagula ed ecco che esistono le studentesse.

      Chi ha ragione, dunque? Chi lo sa, ma di sicuro l'attacco che Meloni porterà al cuore dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne non sarà risolto dall'articolo.

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    4. *studiante, non studiate.
      Telefono seccante, ammorbante ed autocorreggente!

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    5. In realtà non mi dispiacerebbe che altri riprendessero l'articolo determinativo romanesco con sfumatura sprezzante

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    6. lo farò, anteporrò sempre "aa" a Meloni, con quella sfumatura sprezzante.
      il fatto che io mi trovi ad avere un pesante e fastidioso accento romanesco, non toglie niente alla sfumatura sprezzante

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