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Così il presidente della Comunità ebraica di Milano, Walker Meghnagi, ha concesso un'intervista alla Stampa che non passerà alla Storia per la palese disinformazione ("per 18 anni Gaza è stata libera") esibita senza contraddittorio, né per il lapsus biblico ("Crosetto crede di essere il Messia quando dice che bisogna fermare Israele?" Evidentemente solo il Messia ne sarebbe degno...), ma per il finale rossiniano in cui il PD viene presentato come una banda di antisemiti che se non hanno ancora cominciato a sparare agli ebrei "in strada", è solo grazie all'intercessione di Giorgia Meloni, novella Ester. Così dice Meghnagi, ma alla fine Meghnagi chi è? Perché dovremmo aspettarci parole sagge da lui? La comunità ebraica di Milano, che pure è la seconda più grande d'Italia, conta appena settemila membri: non riempirebbero un piccolo comune montano. Se intervistassimo il sindaco di un piccolo comune montano su problemi tanto vasti e complessi, forse non ci stupiremmo che inanellasse tante sciocchezze. Non è forse già antisemitismo questo: aspettarci da una minuscola comunità una assai più raffinata capacità di analisi, semplicemente perché non si tratta degli abitanti di Copparola di Sotto, ma di una comunità ebraica? Perché settemila ebrei dovrebbero esprimere presidenti più intelligenti di settemila italiani presi a caso? Annosa questione. Sarei tentato di rispondere: perché gli ebrei, storicamente, nell'intelligenza hanno investito molto più di tanti altri. Era la loro specialità, la strategia più efficace che avevano trovato per sopravvivere, e non si può negare che per secoli abbia funzionato molto bene. Col sionismo, purtroppo, è stata decisamente messa da parte in favore di altre strategie più tipiche dei nazionalismi europei, determinando una regressione intellettuale che è tanto evidente quanto sottaciuta.
Per quanto mi riguarda, e non so quanti punti antisemitismo mi verranno attribuiti, ho stabilito che Meghnagi è in buona fede, e merita un sincero compatimento. Ci crede davvero, poveraccio: Giorgia Meloni, depositaria di un'eredità politica che se non è proprio quella di Mussolini è senz'altro quella di Almirante, è l'unico ostacolo che impedisce a Schlein e Conte di indire nuovi ed efficaci pogrom in tutt'Italia. Meghnagi è vittima, come tanti, di una propaganda israeliana che mira a dimostrare come l'Europa sia un luogo inospitale per gli ebrei (malgrado non ci sia un Paese europeo dove gli ebrei siano statisticamente meno sicuri di Israele): questa inospitalità europea, questa necessità di mollare tutto e venire a vivere in una strisciolina di Medio Oriente, viene sancita dai vari Osservatori sull'Antisemitismo, che ogni giorno scoprono nuovi episodi di odio e intolleranza, quasi sempre "antisemitismo-di-sinistra", perché su quello di destra in questo momento storico è meglio glissare. E siccome, malgrado l'intenso battage, gli antisemiti di "sinistra" battano molto la fiacca e in tanti anni non siano riusciti non dico a far fuori, ma anche solo a schiaffeggiare un minimo ebreo italiano, ci tocca periodicamente assistere campagne ridicole come quella del ristorante napoletano, o della rissa in autogrill. Quest'ultimo caso è stato abbastanza da manuale: da una parte un genitore francese di religione ebraica, con suo figlio; dall'altra un gruppetto di italiani di origine araba, forse in grado di capire le sue male parole. Ora non so voi, ma se io mi fossi trovato, semita, accerchiato da una banda di antisemiti ostili – come racconta il tizio – per prima cosa avrei messo in sicurezza mio figlio; senz'altro non avrei perso tempo a estrarre lo smartphone e a documentare la situazione, commentando "ça c'est l'Italie", come se un autogrill ne fosse la rappresentazione più degna (e forse lo è). Se poi dalle parole si fosse passato agli schiaffi e alle testate, mi sarei comportato come hanno fatto gli italiani: pronto soccorso, referto, denuncia. La giustizia funziona così in Italia, ma anche in Francia, direi: e allora perché il tizio francese non ha fatto così? Perché ha deciso di puntare su una ripresa video che non dimostra un granché? È come se per lui la questione fosse più mediatica che giuridica; molto prima che in tribunale, l'antisemitismo va portato sui social, va condiviso, ognuno deve contribuire con la propria story in cui si fa prendere a male parole dagli indigeni, ognuno deve portare il suo mattoncino per costruire il muro, pardon, la barriera difensiva che salvi una buona volta Israele dall'universo ostile e antisemita che lo circonda.
C'è antisemitismo in Italia? Certo. C'è qualsiasi cosa, perché non dovrebbe esistere anche l'antisemitismo. È anzi probabile che esistano più antisemiti che ebrei, perché questi ultimi sono a quanto pare intorno ai 35.000, come gli abitanti di Belluno; e soprattutto sono ripartiti in modo molto diseguale, per lo più in centri urbani importanti (un terzo a Roma).
1) C'è quindi uno specifico tipo di antisemitismo – quello tribale, dei vicini di casa o confinanti di quartiere – che prima del 1943 era l'antisemitismo più storicamente diffuso, ma se oggi esiste non può che essere fortemente residuale: tranne appunto che in questi centri urbani importanti. Altrove, questo specifico tipo è abbastanza incomprensibile, persino nelle due città in cui ho vissuto io, in cui gli ebrei hanno lasciato testimonianze architettoniche evidenti, e però non ci sono praticamente più; nel frattempo sono arrivate centinaia di migliaia di altri abitanti (tra cui io) che di questa presenza storica non hanno nessuna memoria, è una cosa che riscoprono a scuola, se sono un po' curiosi e se lo sono i loro insegnanti. Dopodiché esiste:
2) L'antisemitismo nostalgico di fascisti e postfascisti. Questo forse è il tipo più astratto, perché deriva completamente da una tradizione che come tante tradizioni è un po' posticcia; non risale a molto prima del 1938. Il fascista di oggi dovrebbe in teoria odiare l'ebreo in quanto emissario di una piovra internazionale che mira a controllare il mondo – e a impedire che lo controlli la razza ariana. Una cosa interessante di questo tipo di antisemiti è che devono ammettere di essere stati sconfitti ancor prima di nascere. Il che magari li predispone a voltafaccia o compromessi storici: così come i fascisti sono diventati antisemiti nel 1938 perché lo aveva deciso il capo, allo stesso modo se una capa un capo oggi dà un contrordine, possono assolutamente considerare i sionisti come alleati più o meno temporanei: e tutto questo, nota bene, senza smettere di essere antisemiti; non è che abbiano smesso di considerare gli ebrei come tentacoli di una piovra. Semplicemente hanno la sensazione che la piovra stia vincendo, come stava vincendo Hitler nel 1938: e che (post)fascisti sarebbero, se non sentissero sempre l'impellente necessità di salire sul (post)carro del vincitore.
3) L'antisemitismo complottardo più o meno grillino. Il grillismo è un fenomeno complesso, tutto sommato il risultato di due esperimenti andati a male: da una parte il Pd di Veltroni che improvvisamente rinnegò l'antiberlusconismo lasciando milioni di persone orfane di un intero sistema di valori; dall'altra una retorica anti-casta perfezionata dalla stampa moderata (che forse doveva servire a tirare una volata a Montezemolo, ma poi appunto l'esperimento si rivelò ingovernabile, e il blog di Beppe Grillo si ritrovò a fare più accessi del Corriere). Quel che ci interessa più che altro ricordare è che per quanto si credessero i rivoluzionari di internet, non la sapevano usare e finivano vittima dei network più bufalisti e complottari; per quanto si ritenessero anti-televisivi, non sapevano concretamente distinguere la politica dai talk show, per cui in certi casi semplicemente a un certo punto si resero conto che ogni volta che si parlava di Palestina, in tv c'era un giornalista di origine ebraica. Alla fine il loro concetto di sionismo è perfettamente sovrapponibile a quello dei nostalgici: una piovra che controlla i destini del mondo presidiando tutti i punti nevralgici (vagli a spiegare che il tg7 non è poi così nevralgico). La differenza è che non hanno un vero capo che possa dare contrordini: filopalestinesi erano e filopalestinesi resteranno, e se ogni tanto gli fai notare che un certo tipo di retorica scadente nell'antisemitismo può nuocere alla causa, loro ti guardano con l'espressione di Di Battista, avete presente? e avreste voglia di discutere con Di Battista?
4) L'antisemitismo dei musulmani italiani. Anche in questo caso, si tratta di un antisemitismo molto astratto perché, appunto, Roma a parte, le possibilità che in Italia un ragazzo musulmano conosca un ragazzo ebreo sono ancora molto limitate. Per i musulmani gli "ebrei" sono un fantasma cattivo che esiste sui social, su Al Jazeera, e nelle discussioni in famiglia; per cui poi in alcuni casi quando scoprono a scuola che gli ebrei hanno due occhi e due orecchie (e venivano perseguitati), a volte rimangono sbigottiti e increduli. Ho la sensazione che sia l'antisemitismo numericamente più importante, ma ho questo grosso limite che tutti i musulmani che conosco stanno sotto i 14 anni di età, dopodiché non so bene come si evolva questo determinato sentiment.
Ho la sensazione che molti ebrei italiani tendano, per storia famigliare, a immaginare un antisemitismo di tipo (1) da parte di persone che molto più spesso stanno tra il (2) e il (3); in ogni caso, è a causa di questo tipo di equivoci che quasi ogni accusa di antisemitismo, in Italia, rappresenta uno choc culturale. Da una parte ci sono i membri di una comunità minuscola, che se non fosse storicamente radicata (e culturalmente molto rilevante) a questo punto considereremmo tout court una setta, con dinamiche identitarie tipiche di una setta; per cui è facile immaginare una forte pressione interna a dubitare di qualsiasi rilievo arrivi dall'esterno. Dall'altra c'è gente che è nata, cresciuta e invecchiata senza aver mai scambiato manco due chiacchiere con un ebreo italiano: li vede in tv (e col tempo comincia a notare che ce n'è parecchi), li legge sul giornale, ma non ne conosce. Magari in altri Paesi è diverso: sicuramente in Francia, dove la presenza ebraica è molto più capillare. Ma in Italia è così (ci sono motivi storici terribili per cui è così, ma è così): ci sono troppo pochi ebrei per diventare antisemiti sul campo; è una cosa che bisogna importare dall'estero, la varietà nazionale si è abbastanza estinta (salvo sacche molto locali, appunto).
Il fatto che l'accusa di antisemitismo sia quasi sempre uno choc culturale non significa che non possa avere un senso; il fatto che esistano diversi tipi di antisemitismo non significa che un tipo sia meno peggio degli altri: andrebbero tutti egualmente eliminati. Come le muffe, ma anche loro sono di tipi diversi e necessitano di strumenti diversi (credo) (in realtà io uso sempre lo stesso spray, ma non mi viene un'altra metafora).
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