Timeo Tremontes et Dona Ferentes
Se sapessi con sicurezza che un uomo sta venendo da me per farmi del bene, correrei a mettermi in salvo… (Thoreau)
Caro Wile,
Io non ho niente con la beneficenza e chi ne fa. Certo, non mi piace quella pelosa, stile G8: se state buoni vi paghiamo i soldi delle medicine (da ritirare presso le multinazionali del farmaco).
Stile Usa con Israele: non preoccupatevi per la guerra, ve la finanziamo noi (le armi però le comprate dai nostri fornitori).
Stile Berlusconi, che si fa pubblicità (come se ne avesse bisogno) con gli euroconvertitori che abbiamo pagato di tasca nostra: tante grazie, Presidente, lei sì che sa trattarci con le attenzioni che meritiamo.
Stile Tremonti: sai che trovata l’A-Tax, in concreto lo Stato mi detassa l’uno per cento del mio fatturato e io (di mia spontanea volontà) decido di devolverlo interamente alla Compagnia delle Opere. O a San Patrignano. O a chi mi pare, tanto siamo tutti bravi e buoni. Una tassa così ti fa senz’altro sentire più buono: resti libero di speculare quanto e come ti pare, intanto ti prenoti un lotto in Paradiso, e in più il posto macchina te lo offre lo Stato.
La cosa triste dell’A-Tax, una proposta benefica come tante, è che sia caduta nelle mani di Tremonti, che la usa come una specie di Tobin taroccata (avete notato la somiglianza tra A-tax e Attac?); ancor più triste è che si presti a questo tipo di propaganda una certa stampa cattolica. Beh, direte voi, che c’è di strano? Quelli sono fatti così, tanto bravi buoni e minchioni. Sì, peccato che la prima campagna sulla Tobin Tax in Italia l’abbia fatta la Focsiv, federazione delle ONG cattoliche. Anche se la loro interpretazione di Tobin era diversa da quella di Attac, ci si sarebbe aspettato un minimo di solidarietà dopo Genova: eravamo tutti sotto tiro, o no? È andata diversamente. Intendiamoci, l’A-tax non è una puttanata perché “non è di sinistra”. E neanche perché si tratti di beneficenza. La beneficenza ha una sua dignità. Ma la beneficenza coi soldi degli altri, diavolo. C’è già l’otto per mille. E se sentite come un rumore di sbavate in lontananza, sono i ciellini che si leccano (i baffi). Chi è quell’industriale che non ha qualche partecipazione nel Terzo Settore, un trattore in Somalia, un asilo in Mozambico? Vedrete che troveranno tutti un modo per devolvere l’uno per cento (detassato) a sé stessi. Tutti bravi e buoni, ma mica coglioni.
La Tobin Tax, lei, avrà tanti difetti, ma non è beneficenza. Questo è un punto cruciale: il problema di Tobin non era trovare un finanziamento per tanti bei progetti di sviluppo, ma frenare la speculazione. Il paradosso di Wile è interessante: se un dollaro cambia di mano mille volte, e ogni volta Tobin trattiene lo 0,1 per cento, alla fine non c’è più nulla. Ma proprio questo è il punto: un semplice 0,1 è sufficiente a stabilizzare quel dollaro, a renderlo molto meno svolazzante. Continuerà a cambiare di mano, ma meno rapidamente.
L’economia è una pala di mulino che gira a vuoto: l’80% delle transazioni sono a brevissimo termine (due giorni massimo), pura speculazione. La Tobin Tax è il famoso grano di sabbia che può rallentare (non frenare!) l’ingranaggio della pala. È ragionevole pensare che molti capitali che oggi sono puro flusso telematico cominceranno a cercare dimore un po’ più stabili. Passeranno insomma dagli investimenti a breve termine a quelli a medio e lungo termine. Dalla speculazione all’economia reale.
Quando gli speculatori inizieranno a riconvertirsi in investitori, è lecito immaginare che aumenterà la domanda di lavoro. E che parte di questi investimenti produttivi finiranno nel Sud del mondo. Certo, questo non purifica l’economia (e c’è da ridiscutere il concetto stesso di “sviluppo”): ma la riattiva, è un primo passo. Davvero le multinazionali che cambiano valuta per necessità saranno costrette a ‘tagliare delle teste’? Ma quanto rischiano di dover pagare cambiando valuta due, tre volte al mese? Lo 0,2-0,3% dei profitti? Che taglino sui fondi di beneficenza, oserei dire. E se qualcuno userà la Tobin Tax per giustificare tagli al personale, è facile immaginare che quel personale trovi un posto in un’altra dinamica impresa che prima non c’era perché i potenziali investitori preferivano passare il loro tempo a comprarsi e vendersi valuta su internet.
Quanto al gettito, Tobin lo considerava un “by-product”, un aspetto secondario: roba da niente, quaranta-cento miliardi di dollari. Sulla sua amministrazione il dibattito è aperto. La Focsiv proponeva la Banca Mondiale, con tutte le polemiche che un’idea del genere può suscitare (chi nomina i banchieri mondiali, oggi?). L’idea che va per la maggiore oggi è propone che lo amministrino le Banche centrali. (Nel nostro caso la Banca Europea). In questo modo le Banche ritroverebbero l’autonomia che hanno perso: “La tassa permetterebbe di sottrarre i tassi di interesse nazionali alla necessità di difendere la parità della moneta”. Questa è un’idea portante di Attac: la Tobin Tax serve a ridare alla Politica il primato sull’Economia. È anche, scusatemi, un’idea molto francese: a noi italiani, con la Politica che ci troviamo, non sarebbe mai venuta in mente.
Com’è andata? Ho scritto puttanate? Sono riuscito un minimo convincente? In ogni caso, per favore, non mettetemi alle strette, o (con quanto fiato ho in gola) griderò che io faccio la campagna solo perché in Piazza Mazzini al sabato pomeriggio si conosce un sacco di bella gente. Anzi, adesso vado. Saluti.
A distanza di un decennio, con i debiti sovrani sotto attacco, con futili speculazioni finanziarie che mettono a rischio la tenuta dell'Unione Europea... mi sembri convincentissimo.
RispondiEliminaMa chi dieci anni fa era cieco, ahimé, lo è anche oggi.