friends' labour lost
A quest'ora avrei dovuto metter su un altro pezzo buffo, ma che bisogno c'è? Chapeau!
Invece stasera, pensate un po', userò questo blog in modo assolutamente personale.
Ciao, J.
Volevo scriverti, ma qui dove sto adesso non avevo la tua mail.
Volevo chiamarti ma il numero l'avevo su un cellulare che ho perso.
Volevo venirti a trovare ma ti sei trasferito e non so l'indirizzo.
Volevo venire a sentire i poeti, ma dovevo andare a prendere uno della sinistra giovanile e portarlo a una riunione di attac, così in caso che all'ordine del giorno ci fosse stata la rivoluzione loro sono informati, e invece si è parlato di aprire un bar.
Volevo scrivere su polaroid, ma se in quel momento a Buenos Aires succede qualcosa rischio di coprire un reportage in diretta di Erik con le mie funzioni fàtiche, e non ci farei bella figura (neanche tu...)
Così ti scrivo qui, ma qui non so se ci vieni, così siamo da capo.
Sono perplesso, perché dovrebbe essere più semplice mantenere i contatti con gli amici, e invece comincio a sospettare che la maturità consista solo in questo: l'aumento geometrico di cazzate che ci tengono impegnati fino a notte fonda, e che rischiano di sopravviverci. E la selezione non la fanno i soldi, il lavoro, la politica, o altro, no: la fanno le agende e le segreterie automatiche del cellulare che dopo un po' cancellano i messaggi. E così via. Comunque ora Enzo mi ha passato la mail, e provo a scriverti.
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Puoi scrivere qualsiasi sciocchezza, ma io posso cancellarla.