“Se qualcuno tirasse razzi nella casa dove le mie figlie dormono di notte, farei qualsiasi cosa per impedirglielo”.
Questo lo ha detto Barack Obama, quest'estate. E in quel momento era uguale a tutti noi. Chi non farebbe qualsiasi cosa per salvare le figlie.
Ma poi ha aggiunto: “...e mi aspetto che Israele faccia la stessa cosa”, perché era a Sderot, Israele, dove arrivano i razzi di Hamas che non precipitano prima sui palestinesi stessi: e aveva un elettorato ebraico da conquistare in casa, oltre a quel fastidioso secondo nome, Hussein, da far dimenticare; per cui è comprensibile, perfino perdonabile, che Obama abbia detto così.
E tuttavia in quel momento ha smesso di essere tutti noi, per concentrarsi su alcuni: gli israeliani. Con tutti i loro meriti e le loro colpe su cui non voglio annoiarvi stasera. Stasera vorrei solo riproporvi la stessa bellissima frase da un'angolazione appena diversa. Sentite:
“Se qualcuno tirasse razzi nella casa dove le mie figlie dormono di notte, farei qualsiasi cosa per impedirglielo”
Fin qui è uguale, e sacrosanto. Ma adesso provo ad aggiungere:
“...e mi aspetto che i palestinesi facciano la stessa cosa”.
Incredibile, no? La stessa frase: se leggi “Israele” ti votano Uomo più Potente del Mondo; se leggi “i palestinesi”, rischi una denuncia per apologia di terrorismo.
Mettiti nei panni di un palestinese qualsiasi, della stessa età di Obama, con due figlie come lui. Possiamo anche dargli lo stesso nome, Hussein. E quindi, Hussein, se qualcuno tirasse razzi alle tue bambine, tu avresti il diritto di fare qualsiasi cosa? Evidentemente no.
In effetti, c'è ben poco che potresti fare: la striscia di Gaza è una trappola di 50 chilometri per otto, chiusa su tre lati da Israele e dall'Egitto sul quarto, con la più alta densità di popolazione al mondo. Se uno Stato potente pianifica di bombardarti (Barak ha ammesso che il piano del bombardamento è di sei mesi fa), in modo massiccio, nell'ora in cui le tue figlie escono da scuola, tu cosa puoi fare? Hussein Obama farebbe qualsiasi cosa, ma tu, Hussein Qualunque?
Tu te la dovresti prendere con Hamas, certo, che ha contribuito a fare della Striscia di Gaza il recinto dei polli dei politici israeliani: quelli che in campagna elettorale vengono poi a mostrare quanto son bravi a tirarvi il collo. Ecco, sì, da occidentale abbastanza informato mi sento di dirtelo: dovresti prenderla con Hamas, Hussein.
Ma tu non mi puoi mica sentire, non ci sono giornali né luce né telefono; tutte cose che forse ti renderebbero più facile informarti e capire il gioco che Hamas e israeliani fanno con la tua pelle; e anche ammesso che tu l'abbia capito ugualmente, forse la guerra civile contro Hamas l'hai già combattuta e persa l'anno scorso, perché eri dell'Olp; e in ogni caso prendertela contro chi governa la tua disperazione servirà in qualche modo a mantenere più sicure le tue figlie? No, al contrario. E allora? Hussein Obama farebbe qualsiasi cosa, ma tu?
Tu non ne hai diritto. Gli israeliani possono buttare bombe nel recinto e ammazzarne altri trecento, tanto siete più di un milione: questo probabilmente rientra ancora nel “qualsiasi cosa” previsto da Obama. E tu?
Tu corri verso casa a perdifiato perché ti hanno detto che la scuola è andata a fuoco; sul portone ti inginocchi e ringrazi il Dio misericordioso, perché le hai sentite da dentro, sono salve anche stavolta: ed entrando la preghiera appena mandata giù ti si blocca nello stomaco, perché le sorprendi in camera mentre si stanno provando una pettorina, di quelle che hai visto altre cento volte, quelle da riempire di esplosivi.
E non farci la predica, papà Hussein. Se dobbiamo morire, almeno sia per difenderti. Lo sai che per te faremmo qualsiasi cosa.
<GONG!!> Let the flames begin!
RispondiEliminasi chiama herrenvolk democracy: democrazia dei popoli superiori. Se colpisci un uomo bianco occidentale, sei un terrorista per definizione, se sei tu ad ammazzarne un milione, è sempre e comunque autodifesa
RispondiEliminaragionamento impeccabile. come fa hussein (quello che ce l'ha come unico nome) a farsi sentire? probabilmente quando va a votare potrebbe essere più attento (il che detto da un italiano fa un po' ridere), o magari informarsi comunque (ma quello vale per tutti, anche per gli americani e gli israeliani).
RispondiEliminama davvero hamas può interrompere o non rinnovare una tregua e sperare di non pagarne le conseguenze?
peronalmente ritengo che israele sta facendo la cosa giusta nel modo sbagliato (o era il contrario?). sì, vebbè sono confuso. per vedere il prezzo che i palestinesi stanno pagando bisognerà sapere quanti dei morti palestinesi sono civili e quanti no. voglio dire: se hamas interrompe o non rinnova una tregua avrà messo in conto che qualcuno dei suoi non veda l'anno nuovo, no? e comunque vittime civili tra i palestinesi ci sono state anche con i lanci di razzi (una certa percentuale è inevitabile, sembra).
allora si torna al punto di partenza: come evitare stragi e morti (comunque inutili)? col negoziato, immagino.
israele dovrà negoziare col governo palestinese e viceversa. però israele non vuole negoziare con hamas (che ha vinto le ultime elezioni) e hamas non vuole negoziare con israele (che è lo stato che tante sofferenze ha inflitto e infligge ancora ai palestinesi)...
quindi a che punto si fermerà il contatore (di morti palestinesi e israeliani) di internazionale prima di un vero negoziato?
cosa può essere propedeutico a una ripresa (con hamas in realtà sarebbe un inizio) dei negoziati?
razzi su israele?
incursioni nella striscia di gaza?
ripresa in grande stile di attentati kamikaze?
"cosa può essere propedeutico a una ripresa (con hamas in realtà sarebbe un inizio) dei negoziati?"
RispondiEliminaUna pesante sconfitta elettorale di Ahmadinejad (o come cavolo si scrive).
Finche' rimane l'attuale dirigenza iraniana e' impossibile marginalizzare Hamas, cosi' com'era impossibile in Israele marginalizzare i likudnik fintanto che riempivano l'amministrazione americana di GWB.
Quella e' una proxy-war tra gli americani e l' "asse variabile" attorno all'Iran. Il resto sono tutte chiacchiere.
Peraltro, tutto questo casino e' probabilmente il colpo di coda dei filo-Likud, l'eredita' da lasciare a Obama. L'amministrazione Cheney I (G.H.Bush) fece partire la disastrosa operazione in Somalia a elezioni perse, e questo e' il regalo finale di Cheney II (G.W.Bush).
RispondiEliminachi fa 300 e passa morti ha torto.
RispondiEliminaIl resto sono chiacchere
Anonimo, anche chi fa un solo morto, sparando razzettini da due lire oltre la frontiera per mesi, ha torto.
RispondiEliminaHanno torto entrambi, perche' entrambi si lasciano manipolare da ormai 40 anni dai loro peggiori "amici".
Bella la foto di sinistra. Da dove viene?
RispondiEliminaVolevo dire di destra.
RispondiEliminaHo perso la speranza di vedere la fine di questo scempio orribile. Continuo ad essere profondamente convinto che ci sia una colpa, gravissima, quella di chi protrae il conflitto ed alimenta l'odio perche' senza non avrebbe alcun potere. Da entrambe le parti.
RispondiEliminabravo Leonardo.
RispondiEliminaProviamo a metterci nei panni di un palestinese ogni tanto. Di un pollo stritolato in un recinto. Proviamoci.
Visto che la storia non insegna alcunché, che tornare all'origine del problema non serve; stare a sviscerare che Israele è un artificio geo/politico creato da noi europei, non ci piace.
Proviamo a metterci nei panni di un palestinese. Ogni tanto. Mica sempre.
simona_rm
OT: potrei aver pasticciato con l'invio del commento. Se ne arriveranno 2 me ne scuso.
RispondiEliminaIo credo che gli iraniani e in generale tutte le dittature arabe e non mediorientali e non usino i palestinesi come carne da cannone per i loro fini. Non ci potrà essere pace finché Siria iran Libia etc continueranno a manipolarli. Solo allora un governo palestinese potrà trattare sulla base degli interessi dei palestinesi non secondo gli interessi di Assad etc
RispondiEliminacredo tu abbia scritto solo cose vere. davvero.
RispondiEliminae la colpa, se una colpa ci dev'essere, è storica e depersonalizzata. E' il meccanismo che muove gli stati. Per me, almeno.
lei ha molto ben detto, e la tragedia scivola ancora un poco più in basso. auguri, ne abbiamo bisogno ? Far bene, anche far bene uno stupido POST è ciò di cui abbiamo bisogno. Auguri di Far Bene, Valerio
RispondiEliminaComplimenti per il tuo blog...perché non mi inserisci tra i tuoi amici e mi linki?? Te ne sarò grata
RispondiEliminagrazie!!!
re-bloggato
RispondiEliminaCiao mi hanno consigliato il tuo blog:) molto molto interessante,mi sono persa nella lettura. Ti mando un saluto e tanti auguri di buon inizio di anno....
RispondiEliminaBah, qui qualcuno sta deragliando.
RispondiEliminaIsraele è uno dei pochi stati del mondo che a combattere le sue sporche guerre ha sovente mandato i propri soldati, anche in operazioni casa per casa; quelli che invece sono usi fare gli eroi dai 5000 metri in su - quelli che teorizzano la guerra a zero perdite perchè altrimenti la mamma del caduto piange in tivvù - siamo proprio noi atlantici; che una critica in tal senso venga dal nostro pulpito [se non dimostrasse per l'n+1-sima colta che non c'è la benchè minima conoscenza della storia] farebbe veramente ridere.
Certo alcune episodiche ritorsioni di Israele sono state efferate, ed Israele può averla fatta sporca (e molto) da altri punti di vista; ma da questo punto di vista penso che al nostro cospetto faccia un figurone (esercizio: pensare all'implementazione di quel qualsiasi cosa se al posto di Israele ci fossero stati gli USA).
Non sono sicuro di aver capito la tua argomentazione.
RispondiEliminaOvvero, io ho capito questo: alcune episodiche ritorsioni di Israele sono state efferate, ma noi non possiamo criticarlo perché siamo più efferati.
Siccome ho avversato quasi tutti gli interventi militari Usa e ho protestato quando l'Italia è intervenuta in Afganistan e Iraq, non vedo perché non dovrei fare la stessa cosa con Israele, la cui efferatezza mi sembra molto più sistematica che episodica.
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RispondiEliminaInnazitutto il mio "deraglia" è rivolto a chi prima ha parlato di popoli [che si sentono] superiori; forse costui non ha ben chiaro con quali elementi è stato messo in piedi lo stato di Israele, quali individui della comunità ebraica hanno messo la loro vita in una valigia ed hanno intrapreso il viaggio per la Palestina e quali se ne sono bellamente rimasti a New York; e forse non sa che quelle stesse frange del mondo ebraico che guardano il mondo dall'alto in basso hanno grosso modo fatto lo stesso con Israele fino al 67 - quando Israele si è imposto al mondo come una potenza.
RispondiEliminaIn particolare a chi allude alla ratio un morto tra i miei per dieci (cento, mille...) dei tuoi, faccio notare che questa prassi è sì diffusa ma non universale: per esempio nella seconda guerra mondiale l'hanno applicata gli americani coi giapponesi (ed in parte con i tedeschi), così come (strategicamente più sensatamente) i crucchi contro i partigiani; ma per esempio non (almeno non sistematicamente) i sovietici contro i nazisti; l'accusa è non da poco perchè implica il dare un diverso peso alla "mia" ed alla "tua" vita; ora, nel caso di Israele - potenza nucleare, con un esercito tra i più efficienti del mondo, servizi segreti evolutissimi, un'aviazione praticamente invitta - secondo me non ci sta, anzi faccio notare che non è da tutti non usare appieno il proprio potenziale bellico (esercizio: chiedersi quante bombe atomiche avevano gli USA nell'agosto del 45). Certo con le dovute (magari numerose) eccezioni: per esempio la ritorsione di Israele dopo il massacro di Monaco 72 (massacro chissà poi quanto veramente voluto da settembre nero) è efferata, dimostra davvero spregio per le vite altrui e volontà bestiale di vendetta (dozzine di morti indiscriminate via raid nei campi profughi). Ma non è questo il caso, almeno per il momento.
Quanto al muovere critiche o semplici osservazioni, liberi tutti; ma ce ne sono di utili e di inutili. Per esempio la tesi del legame a doppio filo tra l'Iran - sciiti molto convinti - ed Hamas - fratellanza musulmana, sunniti abbastanza convinti - mi pare, così, ad occhio e croce, un po' campata in aria; non basta certo l'esistenza di un nemico comune per parlare di alleanze; Hamas non collabora neppure dell'Hizbullah... Invece una critica utile e sensata ad Israele - etsendibile a tutte le presunte democrazie occidentali - è la pretesa di scegliere con chi trattare della controparte; e questo anche quando la controparte ha scelto i propri rappresentanti in maniera democratica, con tanto di controfirma degli osservatori internazionali; così Arafat non andava bene, Hamas non va bene, che in Algeria avessero vinto i religiosi non andò bene, ed anche Ahmadinejad non va bene, etc.
Peraltro il ritiro unilaterale da Gaza non dovrebbe essere considerato del tutto casuale. Israele l'ha praticamente consegnata in mano ad Hamas, e così, al prezzo di uno smantellamento tutto sommato poco significativo, si è assicurato un quadro geopolitico che permette di rimandare l'era dei negoziati a data da destinarsi, con i palestinesi spaccati (pure geograficamente) in due fazioni e la scusa inoppugnabile di non poter trattare con chi non concede il proprio riconoscimento. Nel mentre, a Gerusalemme si inaugurava la prima linea tranviaria che unisce le due metà della città.
Bisogna essere realistici; in questo quadro la normalità è spostata, e dire che il singolo morto è male è solo un esercizio etico individuale; in questo quadro totalmente stravolto hanno avuto senso tanto gli attentati suicidi quanto l'erezione di una barriera protettiva, e di fronte a ciò i recenti episodi sono poca cosa; deve essere chiaro che stigmatizzare questo o quell'altro non aiuta di un passo il processo di pace (del resto è quello che fa l'ONU da sessant'anni), e se si ha davvero a cuore la minimizzazione del numero totale delle morti si dovrebbe lasciar meno spazio alle critiche e più alle proposte.
A mio parere, poi, va sottolineato come Israele per certi versi sia una democrazia molto più matura di tante presunte democrazie occidentali - le cui arterie sono sempre più occluse ed indurite dallo stratificarsi del grasso accumulato sfruttando mezzo mondo. Per esempio Israele ha ancora una classe intellettuale degna di questo nome: scrittori in grado di porre esplicitamente la questione palestinese nei termini per cui "se i palestinesi non hanno diritto ad uno stato non ce l'abbiamo neppure noi" (mentre, per esempio, il fatto stesso che esiste un popolo palestinese l'ONU lo ha scoperto nel 76 e gli USA nel 78); storici che, lavorando nelle università pubbliche, indagano sui crimini di guerra commessi nel 48 dalla Alexandroni (mentre noi piagnucoliamo sulle foibe, ma ci guardiamo dallo spiegare ai nostri figli cosa c'è stato ad Arbe o a San Sabba); c'è stata, talora, una maturità, anche simbolica, impressionante: come quando Dayan, che di mestiere fino a quel momento aveva solo combattuto contro gli arabi, fece ammainare la bandiera di Israele che i suoi uomini avevano issato sulla spianata delle moschee appena conquistata (mentre noi da un lato manteniamo le nostre piazze Cadorna, dall'altro inventiamo la celebrazione di Vittorio Veneto (una sconfitta militare) ad uso e consumo di quelli cui il 2 giugno ed il 25 aprile piacciono poco).
Questo risultato è reso ancora più notevole se si tiene conto che è ottenuto in uno stato non propriamente laico, in cui l'unico collante fondativo è in definitiva la religione, ovvero ciò che è non razionale, simbolico, anzi che - spesso e volentieri - ottunde, porta al delirio.
Ottimo Atlantropa, veramente un post all'insegna della razionalità.
RispondiEliminaPerò sulla questione del diverso peso da assegnare alla vita altrui, non mi pare Israele si comporti in modo significativamente diverso dagli altri esempi che fai.
Dici:"non è da tutti non usare appieno il proprio potenziale bellico"
Ma veramente è quel che hanno fatto tutte le democrazie occidentali quando il nemico era militarmente inesistente: un esempio su tutti l'Inghilterra nei confronti della ribellione non-violenta in India.
L'opinione pubblica di una democrazia non ammette stragi contro chi è indifeso.
Non si può poi neanche fare il paragone fra un eventuale inumano (perchè eccessivo) intervento "tabula rasa" a Gaza e il lancio dell'atomica nel'45: quante vite sarebbe costata agli USA l'invasione dell'arcipelago giapponese incontrando una fanatica resistenza spinta fino al suicidio?
Il fatto poi che i sovietici non abbiano programmato il massacro dei tedeschi mi pare abbia ragioni militari: non avevano un' aviazione da bombardamento strategica e si affidarono all'esercito, mentre USA e GB sì e pensavano con quella di vincere la guerra.
Nautilus
Nautilus, mi scuso, va da sè, per la lunghezza di questo intervento, e gli eventuali errori in esso contenuti; il succo è che secondo me la differenza c'è eccome; ma prima di tutto voglio/devo assolutamente puntualizzare alcune cose.
RispondiElimina1. Verso la fine del 41 agli inglesi era ormai chiaro che l'unico obiettivo cui un bombardamento notturno potesse infliggere danni significativi erano le città; pertanto nel febbraio 42 venne emanata una direttiva che stabiliva come obiettivo primario la popolazione civile ed il suo morale; solo negli ultimi mesi della guerra, a Luftwaffe ormai schiacciata o quantomeno impossibilitata ad operare efficacemente, furono collateralmente riattivati i bombardamenti su obiettivi infrastrutturali (fabbriche, ferrovie, etc.), ma ciò ha costituito una pagina di storia decisamente marginale; dunque quello che anche tu hai chiamato bombardamento strategico è stato nella migliore delle ipostesi terrorismo indiscriminato, strage di civili del nemico volta a fiaccarne la volontà combattiva; nella peggiore è una delirante visione manichea, la punizione divina che cala dall'alto contro il malvagio; i libelli di storia scritti dai pennivendoli dei vincitori hanno coperto questo ed altri efferati crimini dei buoni adoperando una fantasiosa tassonomia; fantasiosa ma efficacissima: interessante, per esempio, osservare come nell'immaginario collettivo Guernica sia più evocativa di Dresda, e che il rumore prototipo del bombardiere sia quello dello Stukas in picchiata.
2. Quanto alla "necessità" dell'atomica, il dibattito è aperto (e tale rimarrà, visto che è impossibile condurlo seriamente); allo stato attuale non è neppure chiaro se la resa del Giappone sia anche marginalmente dipesa dalle atomiche, e la storiografia occidentale più seria (non Riotta o Bisiach, insomma) le indica al più come concause.
Quel che invece è certo è che man mano che, isola dopo isola, si avvicinavano ad Honsu, gli americani iniziavano a subire perdite sempre più prossime alla ratio 1:1 (come è del tutto ovvio aspettarsi in una guerra simmetrica); ma attenzione: l'idea di dover conquistare isola dopo isola il Giappone è conseguenza esclusiva dalla volontà di ottenerne la resa incondizionata; perchè era arcinoto che sin da febbraio il Giappone aveva attivato canali ufficiali per arrendersi a condizione di lasciare l'iumeratore al suo posto; dunque ricapitolando il vangelo secondo gli USA: lanciamo le atomiche perchè vogliamo costringere il Giappone alla resa incondizionata ed al contempo non perdere i nostri ed i loro (!!!) uomini; in particolare lancio la seconda perchè se no i gialli credono che ne abbiamo solo una; poi però gli concediamo la resa condizionata, con condizioni ancora più favorevoli di quelle da loro richieste, per esempio evitando quasi tutti i processi ai criminali di guerra.
Inoltre i libri di storia dei pennivendoli occidentali tendono a sottacere l'importanza dell'invasione sovietica della Manciuria, che assestò un vero e proprio colpo decisivo all'idea di poter resistere fino all'ultimo uomo; superbombe o no, era opinione dei vertici militari giapponesi che gli americani non avrebbero sostenuto una guerra così dispoendiosa, mentre i sovietici avevano già dimostrato di poterlo e saperlo fare.
3. Quanto all'atteggiamento atlantico nei conflitti asimettrici, personalmente ci andrei con molta più cautela; ad esempio concordo con quanto dici sulla gestione tutto sommato pulita della decolonizzazione da parte dei britannici; eppure l'India è solo un episodio, vedi invece le Malvinas; ma soprattutto altre volte, quando le loro sporche guerre non erano subappaltabili ad altri poveracci, le rutilanti democrazie occidentali hanno irrorato il nemico di napalm, oppure hanno messo vagonate di persone nelle condizioni di dover morire pur senza sparare un colpo - vedi il recente embargo all'Iraq.
Ciò detto, in pratica la guerra, simmetrica o asimmetrica che sia, ha una sua storia, ed il morto civile ne ha sempre fatto parte (con alcune fluttuazioni: da un lato Orazi e Curiazi; dall'altro Tebe e Cartagine rase al suolo, l'Impero decimato nella guerra dei trent'anni, il Paraguay distrutto nella guerra della triplice alleanza); ma fortunatamente solo alcuni pazi fanatici tengono conto solo ed esclusivamente delle proprie perdite, sciorinando per contro il massimo disinteresse per le perdite, militari e civili, altrui; ed è un fatto che a partire dal- (o forse in conseguenza del-) la guerra di secessione (anch'essa perlatro ammantata di buoni sentimenti, pur essendo questione di affari) gli americani hanno preso questa deriva - per rendersi conto che il "morto americano" non è decurtisianamente livellato al generico morto basta vedere un qualunque telefilm naction-tribunalesco o leggere qualche opportuno articolo dei pennivendoli d'oltreoceano.
Per Israele, invece, il discorso è nettamente diverso; certo Israele è molto variegato ed al suo interno ci sono senz'altro aree di fanatismo millenaristico (essere un colone, ad esempio, richiede non poco provvidenzialismo); ma con la prima Intifada la società israeliana è stata scossa profondamente, ed ha definitivamente perso la più o meno radicata convinzione che il conflitto con gli arabi fosse uno scontro tra il bene ed il male; e ci sono tantissimi episodi che provano come nell'esercito israeliano l'opposizione a certe politiche era già cresciuta sin dagli anni '80.
Non a caso, fanatici e Gerusalemme a parte, Israele considera inalienabili tutti quei territori conquistati a caro prezzo (quelli della guerra 47-49) mentre ha sgomberato tutto il Sinai (che comunque avrà la sua fetta di biblicità) in cambio del solo riconoscimento egiziano - e non certo perchè temesse militarmente l'Egitto.
Caro Atlantropa, non per prolungare una polemica ma per continuare una discussione che trovo interessante:
RispondiElimina1)Niente da eccepire sul fatto che il cosiddetto bombardamento strategico delle città tedesche sia stata un azione con finalità principalmente terroristiche: l'obiettivo non era direttamente la potenza militare e industriale tedesca ma il morale della popolazione. Però gli americani attuarono un tentativo di bombardamento diurno di precisione che costò loro tante perdite da costringerli a ripiegare sull'offensiva notturna indiscriminata.
Quanto allo spirito di vendetta: certo che gli inglesi dovevano far pagare il blitz su Londra, e anche questo avrà giocato. In conclusione: io credo che cercare i buoni (o i meno cattivi) in una guerra sia un esercizio molto problematico.
2)Per l'atomica: come dici anche te, basta vedere quanto costarono agli USA le conquiste di Iwo Jima e di Okinawa per capire quello a cui potevano andare incontro attaccando le isole maggiori.
Quanto alla volontà di arrendersi del Giappone: nel mio piccolo mi son fatto l'idea che non sarebbe mai successo. Perfino dopo le due atomiche una parte dei militari era per continuare il conflitto, figurarsi..non ignorerai che stavano costituendo unità di civili armate di..lance di bambù per opporsi all'invasione, questo ci può dare un'idea del fanatismo imposto e delle stragi che ne sarebbero derivate.
Poi è probabile che l'utilizzo delle bombe, specialmente della seconda a soli tre giorni dalla prima abbia sia stato ANCHE un deterrente verso eventuali velleità dell'URSS di espandersi in Europa, ma comunque:
3)come avrebbe reagito l'opinione pubblica americana se dopo uno sbarco e una conquista del Giappone costato decine e forse centinaia di migliaia di perdite avessero saputo che gli USA erano in possesso di un'arma che avrebbe posto fine alla guerra senza ulteriori combattimenti?
Secondo me c'era poco da scegliere. Poi, posso sbagliarmi.
Nautilus.
Caro Nautilus,
RispondiEliminanon si può certo dire che la seconda guerra mondiale sia un argomento poco trattato; tuttavia l'approccio usuale è praticamente quello della caricatura manichea; quindi anche a me fa piacere se se ne può parlare in un certo modo; solo se rimaniamo stabilmente off-topic alla lunga il padrone di casa potrebbe stufarsi...
Mi limito pertanto a rispondere solo al tuo punto 3. - se mai volessi sapere come la penso sul resto sentinamoci pure via email, il mio profilo è pubblico - perchè da un lato continua ad essere di stretta attualità per valutare certi episodi di politica internazionale e dall'altro in qualche misura attiene anche al conflitto israelo-palestinese.
Ti chiedo: è giusto che l'opinione pubblica americana - peraltro impulsiva ed immatura, dunque pesantemente strumentalizzabile - debba polarizzare una decisione come quella del lancio dell'atomica?, è giusto che si radano al suolo delle città perchè gli americani sono beloving fathers o solerti taxpayers? A mio parere no, anzi il fatto stesso di giustificare la barbarie della nuclearizzazione con queste argomentazioni suona come un abominevole insulto.
Più che come il gigante dormiente che viene risvegliato da un attacco proditorio (e bisogna vedere in che misura proditorio: e parlo sia di Pearl Harbor sia dell'11/9), gli USA si sono spesso comportati alla stregua del ciclope accecato che conseguentemente devasta alla cieca in cerca di vendetta.
Da questo punto di vista, la situazione in MO è, a mio parere, abbastanza diversa; in particolare voglio dire che l'opinione pubblica israeliana presenta da ormai molto tempo uno spettro di posizioni assai ampio e capace di autocritica.
Nel periodo della prima intifada la società israeliana è stata veramente messa spalle al muro da un genuino dilemma morale sui propri valori; un dilemma, mi permetto di dire, più genuino di quello americano nel periodo del Vietnam, perchè non imperniato sulla questione di "lasciare le proprie penne in una fottuta giungla".
Almeno sin dai tempi del Libano, nell'esercito c'è stato un qual certo fermento; e non parlo di renitenza alla leva dei ragazzi, ma di obiezioni mosse da posizioni di prestigio nella gerarchia militare. Inoltre la stessa leadership di Israele che ha portato avanti il processo di pace era formata sostanzialmente da ex-militari; mi chiedo se al posto di Barak, Rabin, o dello stesso Begin, un MacArthur, o anche un Eisenhower, avrebbero saputo fare lo stesso. Aggiungo pure (ovviamente sul berlusconiano filo del paradosso): chi è stato più sprezzante nei confronti degli arabi? la Meir, socialista, civile e leader del Mapai, o il falco conservatore e generale Sharon?
Impossibile, poi, elencare tutti gli interventi di intellettuali israeliani critici nei confronti della politica di Israele: Sternhell è israeliano ma parla del Sionismo come di una semplice deriva nazionalistica, e traccia sulle politiche di Israele lo spettro dell'imperialismo; Pappé è israeliano ma ha indagato sul massacro di Tantura; Yehoshua è israeliano ed ha più volte ribadito la necessità dello smantellamento delle colonie...
Insomma non intendo certo sostenere che Israele sia esente da errori o colpe, anche gravi; ma solo che è molto più al riparo dai Gott mit Uns di quanto spesso si racconti (e di quanto lo siano altre nazioni).