Chi sono i prof più meritevoli? (Se ne parla sull'Unita.it, e si commenta qui).
Questa storia della Gelmini che vuole aumentare la paga ai prof più bravi mi ricorda un po’ la nuova tariffa oraria dell’Enel. Adesso spiego.
Siamo in crisi. L’Enel ci deve aumentare le tariffe. Proprio adesso che i condizionatori pompano al massimo? Proprio adesso. Certo che è brutto dire “vi aumentiamo le tariffe”. Suona molto meglio “vi diminuiamo le tariffe dopo le diciannove”. Anche se è una diminuzione microscopica. Anche se è implicito che prima delle 19 le tariffe invece aumenteranno. È chiaro che alla fine pagheremo di più, ma crederemo che sia responsabilità nostra, per quella volta che abbiamo fatto partire la lavatrice alle 18. Se fossimo stati più bravi… e dire che l’Enel ci aveva anche avvertito. In fondo lei voleva farci risparmiare, ma noi siamo i soliti cialtroni… insomma quello che ha fatto l’Enel è interiorizzare il conflitto, creare un senso di colpa. Non ce la prenderemo più con lei, severa maestra, ma con noi stessi. Funziona come strategia? Direi di sì, a Roma c’è una ditta che ci campa da duemila anni (e non fornisce neanche energia elettrica).
Allo stesso modo, la Gelmini non ha soldi per aumentarci la paga. Mai li ha avuti, mai li avrà. Quel che può fare è toglierne (pochi) agli insegnanti scarsi per darne (pochi) agli insegnanti bravi. Continueremo a guadagnar poco, ma avremo la brutta sensazione che sia colpa nostra. Se solo fossimo stati più bravi… ma come fa un insegnante a diventare bravo? E come fa il ministero a capire chi è bravo e chi no?
Dico come farei io, se fossi al ministero. Mi baserei su due soli parametri: esperienza e formazione permanente. Quindi applicherei degli scatti di anzianità… che poi ci sono già. Addirittura li livellerei un po’, alzando il primo scalino e abbassando quelli in fondo, perché (secondo me) l’esperienza che ti fai tra i trenta e i quarantacinque è più importante di quella che fai tra i cinquanta e i sessanta. E poi premierei gli insegnanti che fanno progetti innovativi e partecipano a corsi di formazione. Anche questo succede già, ma io li premierei seriamente. Darei loro una motivazione concreta per passare gran parte della pausa estiva a studiare le ultime novità didattiche (cosa che per inciso dovrei fare anch’io in questo momento, e invece sto a scrivere su un blog: vedete che c’è qualcosa che non va?)
Detto questo, una prof anziana non è necessariamente più brava di una giovane. Un prof che passa i pomeriggi ai corsi di aggiornamento può restare un perfetto incapace. Lo so, eccome se lo so. Ma l’alternativa qual è? Vediamo cosa vuole fare la Gelmini. Per la verità non è molto chiaro, i comunicati sul "Piano Nazionale Qualità e Merito" sono burocratese spruzzato di slogan. Ma in sostanza il Ministro vuole organizzare una classifica delle scuole migliori. Come strumento userà le prove Invalsi. Nientemeno.
Delle prove Invalsi ho già scritto a suo tempo. Molti insegnanti le odiano, ho cercato di spiegare il perché. A me stanno simpatiche, malgrado tutto. Però capiamoci. L’Invalsi è quell’agenzia che distribuisce un test a crocette alle scuole senza fornire il lettore per correggerlo. Sono quelli che rendono disponibili le correzioni sul loro server e poi cascano dalle nuvole se il giorno della prova nazionale il server va giù. Una oliatissima macchina da guerra, insomma, che sicuramente riuscirà a valutare ognuno di noi per quel che merita. Se ho capito bene faremo test all’inizio dell’anno per vedere come sono gli studenti prima della cura; poi ne faremo un altro alla fine dell’anno. Lo studente che tra settembre e giugno è migliorato, evidentemente ha avuto buoni insegnanti, che quindi meritano buoni stipendi. La semplifico molto, ma in pratica sarà così.
Sarà una comica. Andiamo. Chi somministra i test? Gli insegnanti. Chi li corregge, chi riempie i pallini? Gli insegnanti. Chi comunica i risultati all’Invalsi? Gli insegnanti. Chi è che nei prossimi anni trarrà un interesse economico non indifferente dai risultati del test? Gli insegnanti. E a guardia del formaggio chi ci mettiamo? Che domande, il topolino. Persino negli USA gli insegnanti, in condizioni del genere, ci danno dentro coi suggerimenti e i bigliettini (ringrazio il commentatore che mi segnalò la notizia). Perché non dovrebbe succedere qui da noi?
Non c’è nemmeno bisogno di aiutare i ragazzi: è sufficiente disturbarli durante la somministrazione della prima prova. Peggio vanno a settembre, più ampio sarà il dislivello a giugno, più posizioni scalerà il prof in classifica. Perché alla fine è quello che avremo: una classifica dei prof più ‘bravi’ e delle scuole ‘migliori’. E in fondo non ha nessuna importanza che lo strumento adoperato (la doppia prova Invalsi) sia inadeguato Appena una scuola risulterà la migliore del circondario, scatterà quel naturale meccanismo per cui le famiglie più interessate all’educazione dei loro figli cercheranno di iscriversi lì. Per contro, alla scuola ‘peggiore’, quella con gli insegnanti meno abili a maneggiare le scartoffie ministeriali, arriveranno gli studenti delle famiglie più disagiate, stranieri e non. È un meccanismo che ha sempre funzionato in modo informale, figuriamoci quando avremo calssifiche basate su dati ‘oggettivi’. A quel punto la scuola ‘migliore’ diventerà migliore sul serio, perché sarà frequentata da studenti già preselezionati e motivati ad apprendere. E anche gli insegnanti, con studenti così, lavoreranno meglio, vivranno esperienze più stimolanti e diventeranno più bravi. Viceversa, la scuola ‘peggiore’ sarà quella in cui studenti e insegnanti si troveranno a operare nelle condizioni più frustranti. Peggioreranno assieme.
Quindi magari sì, la prova Invalsi potrebbe funzionare. Ma avrebbe funzionato anche una ruota del lotto. Sul serio, si potrebbe abbinare a ogni scuola un numero: la prima estratta sarà la migliore, i genitori faranno la fila per iscriverci i figli: i dirigenti potranno selezionare i più adatti e scartare i problematici, eccetera. Persino gli insegnanti più motivati delle altre scuole cominceranno a chiedere trasferimenti lì… Forse in fin dei conti la prova Invalsi non è altro che una grande ruota del lotto rivestita di pretese di oggettività e chiacchiere sulla meritocrazia. Saperlo, purtroppo, non fa di me un insegnante migliore.