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giovedì 22 settembre 2011

Now I've said too much

Perdendo religioni

Prometto che non vi annoierò - stavolta - con ricordi che sicuramente non sono più interessanti dei vostri. Colgo soltanto l'occasione per condividere un curioso fenomeno sul quale rifletto da tempo, senza aver mai trovato il coraggio di scriverci sopra tre o trecento righe. Ma oggi è un giorno particolare, è il primo giorno senza REM da trent'anni a questa parte, e i REM erano uno dei gruppi americani più popolari in Italia. Ora, mi dispiace dover sempre generalizzare; purtroppo non esistono statistiche e fonti attendibili per questo genere di dati, e così uno naviga a vista, pensando di galleggiare sulla contemporaneità, mentre magari ha in mente solo la sua classe di liceo. Però secondo voi qual è la canzone dei REM più famosa? La più programmata in radio? Quella – avete presente? – che più facilmente rischia di passare inosservata quando te la ritrovi in sottofondo su una pubblicità di pellicce in un canale privato, perché ormai è parte del paesaggio e ha perso ogni sapore, ogni referenzialità originale, come l'immagine della Gioconda su una tazza di caffè? Qual è quella canzone dei REM che nessuno ascolta più, perché ormai è veramente consumata dall'uso e dall'abuso, come Imagine dopo che l'adottarono i Tories della Thatcher; il pezzo che neanche sparandocelo in cuffia a massimo volume riusciremmo a sentire davvero, con quel groppo al gola e quella gioia di ballare storpi allo Spirity di Ponte Motta all'aria fresca delle tre del mattino, scusate, avevo detto niente ricordi? Qual è la canzone dei REM che conosciamo veramente tutti e non ascoltiamo più? Magari mi sbaglio.

Ma secondo me è Losing my religion.

E non ha senso. Cioè, è veramente un mistero. Io non sono un fanatico dei REM, massimo rispetto, ma li ho sempre trovati un po' legnosi, americani: professionali ma un po' troppo seriali, in trent'anni devono avere fatto il doppio di album degli U2. Che in tutto questo tempo abbiano scritto centinaia di volte più o meno la stessa canzone lo trovavo inevitabile, era già un problema con le prime cassettine che mi facevo prestare da Gianluca, ma è un po' come prendersela perché Andy Wharol aveva una fissa con le conserve. In realtà ho proprio smesso di seguirli, non saprei dire quando, più o meno una trentina di videoclip fa. Però sono pronto a mettere una mano sul fuoco sul fatto che abbiano scritto quaranta, cinquanta canzoni migliori di Losing my religion, prima e dopo Losing my religion. E più orecchiabili, più (non so se si dica ancora) “commerciali”. Perché LMR non era neanche così commerciale: un pezzo in minore con un mandolino e senza un vero ritornello, io nei panni del discografico mi sarei preoccupato.

Non so se abbia venduto più di Everybody Hurts. Non so se sia passata in radio più volte di Orange Crush. Di sicuro Ligabue non ha sentito l'impellente necessità di coverizzarla – anche se sono fermamente convinto che non sarebbe stato lo stesso Ligabue, senza LMR. E sono abbastanza sicuro di aver ascoltato Michael Stipe cantare That's me in the spotlight come sottofondo di qualche spogliarello di telefonista erotica, in un qualsiasi momento dei profondi anni '90. Quando già LMR era stata masticata e rimasticata fino a perdere ogni ricordo di sapore. Va bene. Ma perché proprio Losing My Religion? In quel periodo i REM ci stavano provando sul serio, a diventare mainstream. Avevano scritto cose talmente orecchiabili da risultare scandalose per i fan del tempo (molto più refrattari ai compromessi di quelli di adesso). Avevano fatto Stand, che per capirci è un giro di do. Nello stesso disco di LMR era stata sparsa abbondante melassa, in particolare in quel duetto imbarazzante con la cantante dei B52's, (che poi in realtà a me è sempre piaciuto, ammazzatemi) Shiny Happy People. Tutte quelle hit potenziali restarono potenziali, e i REM sfondarono con un brano in la minore quasi senza ritornello, registrato in un giorno, impreziosito da un mandolino scolastico (per ammissione di Peter Buck, che stava ancora imparando a tenerlo in mano), e io ancora oggi mi domando il perché. Fu il video immaginifico e un po' pretenzioso? In realtà era una fase di stanca per i clip, qui da noi: Dee Jay Television aveva chiuso, Videomusic era in crisi e MTV ancora al di là dell'orizzonte. E allora, insomma, cos'è che ci prese così tanto? Non ci crederete mai, ma io ho una teoria.

La prendo un po' alla lontana. A voi piace cantare? Anche le canzoni in inglese? A me piace. Certo, c'è sempre il problema delle parole. Specie con le canzoni della nostra prima adolescenza, che magari amiamo di più, ma a quel tempo non sapevamo l'inglese e quindi non le abbiamo veramente imparate. Se le ripeschiamo dalla memoria profonda, ci vengono in mente costruzioni insensate, parole inventate, tutto un borborigmo che riproduceva i suoni che sentivamo. Donseva preffor minau: sevi fordemor ninaffe.

Più in alto, nel carotaggio della nostra memoria, troviamo le canzoni che abbiamo amato in un periodo relativamente più recente, quando eravamo già abbastanza grandi per conoscere un po' di inglese, ma avevamo ancora amore e memoria da investire sulle canzoni. Quelle le cantiamo quasi senza vergogna. Magari non ricordiamo tutte le parole; sicuramente ogni tanto prendiamo cantonate imbarazzanti ma chissenefrega, mica passa la Soncini. Ecco, secondo voi qual è la prima di queste canzoni? Ognuno ovviamente ha la sua. Young teacher, the subject of schoolgirl fantasy. One man come in the name of love. Relax, don't do it. I was born in the USA.

Però, se allarghiamo il campione, se sovrapponiamo migliaia di esperienze, se cerchiamo di individuare la prima canzone in lingua inglese che abbiamo cantato in coro, assieme, conoscendo le parole o credendo di conoscerle, anche equivocando il significato, forse, chissà, scopriremmo che questa canzone è Losing My Religion. Che non è orecchiabile, non è divertente, non è neanche particolarmente commovente: è poco più di una lagna, ma ha un testo semplice che è messo in evidenza.

Ovviamente è un testo che non abbiamo mai davvero capito. Per anni siamo stati convinti che parlasse di religione. Ecco, quel che mi affascina del successo italiano (ma anche mondiale, forse) di LMR, è che è basato sul fraintendimento. “Losing my religion” è un'espressione che a quanto pare significa perdere la calma, la ragione, ma noi non lo sapevamo (e il video faceva tutto il possibile per mantenere l'equivoco). Eravamo sicuri che Stipe avesse perso la sua religione, che ce lo stesse raccontando, e la cosa ci risuonava dentro, toccava le corde giuste. Sono convinto che Ligabue lo abbia capito, anche solo a livello preconscio: non si doveva per forza cantare di birrerie e amori sfortunati, anche la religione poteva vendere dischi. Bastava affrontarla in controluce, come una cosa che bisogna lasciarsi alle spalle per diventare grandi. Stavamo appunto diventando grandi e avevamo sempre meno voglia di alzarci presto alla domenica: volevamo perdere la nostra religione e Stipe ci mostrava una via elegante. Con qualche etto di eleganza in meno, cantando Libera nos a malo, tre mesi dopo Ligabue avrebbe inaugurato il suo filone anti-Dio, abbastanza prolifico ma del tutto assente dal primo disco. Magari era solo Zeitgeist, ogni tanto ci sono periodi in cui tutti si mettono a cantare che Dio è morto. Poi passa. Ma no, a noi non è mai veramente passata. Losing my religion non è mai stata una gran canzone. Non era la più bella di quel disco, né di quel gruppo, né di quell'anno. Ma forse è stata la prima canzone che abbiamo avuto l'impressione di capire, senza bisogno di consultare le infedeli edizioni Arcana. E non importa che in realtà non avessimo capito nulla, e che quella risata misteriosa non provenisse nelle intenzioni dell'autore da un Dio distratto e indifferente. L'importante è che abbiamo avuto l'impressione di farcela, di capire: forse potevamo davvero imparare quella lingua arcana e maledetta che a scuola dopo anni di dialoghetti ci era rimasta intimamente aliena. Varrebbe la pena di essere riconoscenti a Stipe e soci anche solo per questo.

21 commenti:

  1. Sento di appartenere ad una generazione peggiore pensando che, andando indietro, la canzone che mi sentii di cantare pur sapendo poco l'inglese, ai tempi, è Harder Better Faster Stronger dei Daft Punk, credo. Essendo una vaga falsariga di Tempi Moderni, probabilmente capisco perché ho sempre poca voglia d'alzarmi la mattina e di trovarmi un lavoro decente.

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  2. Ho scoperto una cosa nuova leggendo questo articolo: borborigmo!

    Riguardo al fraintendimento sul brano, già conoscevo il significato grazie a uno speciale su MTV (quando ancora guardavo un po' di televisione). Qualche tempo dopo, sentivo il leader dei Lacuna Coil citare questo brano a proposito del suo interesse per le religioni, l'esoterismo etc. Mah! :^)

    Infine, la stessa Born in the Usa (da te citata) non scherza: chi arriva a capire solo il ritornello pensa sia un inno all'America.

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  3. Hai perfettamente ragione.
    Ed è lo stesso motivo del successo planetario di una canzone come "Lemon Tree" dei Fool Gardens: è cantata in stampatello, si capisce davvero tutto anche quasi senza sapere l'inglese.

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  4. ce l'ho, ce l'ho! E' Save a Prayer dei Duran Duran!
    Sonia

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  5. 2 OTs
    dagli anni Settanta

    un pezzo in minore con un mandolino e senza un vero ritornello, io nei panni del discografico mi sarei preoccupato

    «L'arrangiatore,
    dopo avermi ascoltato un pochino,
    disse "non male,
    è simpatico quel valzerino,
    io ci vedrei,
    sopra un primo e un secondo violino
    e una viola che piange da sola,
    perché no, una pianola,
    qualche cosa che prenda
    e che stringa alla gola, alla gola".»

    Autobiografia industriale
    Claudio Lolli
    da Disoccupate le strade dai sogni, 1977




    cantando Libera nos a malo, tre mesi dopo Ligabue avrebbe inaugurato il suo filone anti-Dio

    Libera nos domine
    Francesco Guccini
    da Amerigo, 1978

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  6. Oh, a me piaceva tanto quella canzone (anche io non c'avevo capito niente) e mi piacevano anche loro, mi spiace che si sciolgano ma va bene così piuttosto che stare insieme senza ispirazione, come in certi matrimoni.

    La prima canzone cantata in inglese? "Last Christmas". Sono senza speranza, ma George Michael è George Michael (l'ho visto 12 giorni fa in concerto a Firenze, devo ancora riprendermi dall'emozione).

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  7. Con me ci hai preso in pieno :)
    e aggiungerei anche che erano quattro accordi in croce che facevano esplodere i falò...
    con quel lunghissimo:
    ooooooooooooooohhhhhhhhh life...
    is bigger...
    :)

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  8. Primissimo pezzo a memoria (capendo un po' le parole, ma facendo molta onomatopeia o borborigmo o gramelot) I don't know how to love him, Jesus Christ Superstar. Da lì in poi amore infinito tra me e la lingua inglese (che mi sono pure laureata). Ma se devo essere sincera il cavallo di battaglia è stato I wish yuo were here
    con la chitarrina dell'amico del momento in sottofondo quel "wish you can tell heaven from hell" mi provoca ancora brividi lungo la schiena.
    Ora, su tutti svettano molti pezzi degli U2, ma LMR mi ricorda le feste in campagna, la tavernetta e l'odore della legna nel caminetto.
    pS:quando sento shiny happy people metto mano alla pistola:-)
    Kriss

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  9. abbiamo scritto lo stesso post, tu naturalmente meglio

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  10. Anche a me piacevano i REM canterelli,quelli mein-strim mentre quelli seriosi li ho sempre digeriti poco.

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  11. scusa se te lo dico ma Losing My Religion e'una gran canzone, una delle poche dei '90 a essere un classico insieme a One, Smells Like Teen Spirit e (forse) Live Forever degli Oasis. Per tante ragioni (l'orecchiabilita', il video che sembrava Wim Wenders), e certo c'entrano anche le parole in liberta' (apparente), in cui ciascuno ci infila un po' quel che vuole. pero' questo e' lo stile tipico dei testi di Stipe (ed e' anche quello che fanno tutti i quindicenni con qualsiasi canzone), e allora perche' Losing My Religion? perche' e' un classico, appunto, un'alchimia perfetta di melanconia teen (l'alternanza di la minore e mi minore) e di quello che una volta si sarebbe definito groove, good vibration o quel che e' (lo scivolare nel re minore e poi lo svettare in sol). se c'entra la religione non lo so, per me Losing My Religion stava in una costellazione ideale insieme ai film di Christian Slater (Schegge di follia e Pump Up the Volume), Dylan Dog, l'idea vagamente percepita che qualcosa stava succedendo a Seattle, Street Fighter e pulsioni di vario genere, da archiviare e catalogare in seguito. una monade, insomma, dei primi anni '90, che riprendeva i Byrds e li catapultava dritti nel post-post-moderno.

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  12. Guarda, quando la sentii la prima volta mi sembrò Cuyahooga (dal loro quarto, Life's Rich Pageant, uno dei miei preferiti) ma meno orecchiabile.
    Poi però da dj l'ho ringraziata mille volte: era perfetta per far iniziare le danze dopo i pezzi di riscaldamento.
    Shiny Happy People è famosa anch'essa, comunque.
    E altra osservazione sciolta, il testo di LMR si capiva per modo di dire, c'erano dei passaggi facilmente equivocabili.
    Ah: e il rigore e la competenza della Soncini sono tutt'altro che d'acciaio, non mi preoccuperei.

    Bel gruppo, comunque: nella loro semplicità molte grandi canzoni

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  13. Ma forse hai ragione tu, è il compromesso migliore tra un ballabile e un brano tristanzuolo, ti consentiva di scendere in pista con scioltezza.

    Però Fabio, scusami tu, ma nel tuo commento hai infilato quasi tutte le cose degli anni '90, da Dylan Dog a Wenders, che secondo me sono invecchiate peggio, una roba da invocare tonnellate di Prodigy.

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  14. Era anche la mia preferita dei REM da adolescente, e in effetti non ho mai capito bene il perché... (e tanto meno il significato)

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  15. Beh, Fabio si è lasciato prendere la mano, ma ha ragione. LMR ha la qualità impalpabile e indefinibile di un instant classic: piace a tutti subito per un'infinità di motivi diversi. Se provi ad analizzare il suo successo, come quello di satisfaction, yesterday, imagine, smells like teen spirits eccetera, ti ritrovi sempre con una spiegazione insoddisfacente.

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  16. per non dire di com'è invecchiato Christian Slater! può darsi, ma forse è perché gli anni '90 non hanno ancora conosciuto un revival vero e proprio - cioè, non ci siamo stati noi che li abbiamo vissuti a rifabbricarli come feticcio da svendere alle generazioni successive (come stanno facendo i quarantacinquenni di adesso con gli anni 80). e allora li vediamo come brandelli e rovine (cioè quello che sono in sé), con tutta la polvere, i colori sgranati, il kitsch etc etc.
    quel che volevo dire comunque è che Losing My Religion è una monade, un singolo oggetto che ingloba e riassume una stagione, e lo è perché è fatta *bene* - giusta alternanza di umori, struttura circolare (ascoltandola da' l'idea che in teoria potrebbe continuare all'infinito), primi vagiti neo-acustici. le parole non so se c'entrino, io per anni ho pensato che Janis Joplin si chinasse dolcemente ad ascoltare Leonard Cohen (il quale probabilmente recitava poesie) sul letto disfatto (che altro poteva dire 'to give head'?). però succede un po' con tutte le canzoni, quando la lingua si sa poco, e probabilmente c'è gente che ha trovato messaggi arcani in Two Princes degli Spin Doctors (l'ultima anticaglia, poi, giuro, smetto - anche se in Gran Bretagna continua a funzionare discretamente come riempipista nei più squallidi dei discopub).

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  17. discorsi inutili.
    a me i rem piacciono. piacciono e stop, non è che ci sia molto altro da aggiungere. loosing my religion è una canzonetta, che come tale può piacere o non piacere.
    la glorificazione delle rockstar e l'esegesi delle loro opere, quasi fossero i filosofi del tempo odierno (mentre invece sono mediamente una massa di deficienti), è uno degli aspetti emblematici della nostra cultura decadente.

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  18. Questo rifugiarsi nell'ineffabilità è tipico dei fans dei Rem.
    Le tue rockstar saranno state una massa di deficienti: le mie erano interessanti, sapevano scrivere canzoni anche con più di quattro accordi, valevano senz'altro cinque minuti di esegesi, e anni dopo di non sono costretto a difendermi dicendo che mi piacciono e stop.

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  19. per la verità non sono un particolare fan dei rem.
    volevo solo dire che mi piace il rock, in alcuni casi mi piace molto, ma cerco di non dimenticare di che cosa si tratta: una sottocultura musicale spacciata per molto di più.
    lo si può ascoltare, e godere delle sensazioni che trasmette, magari analizzarlo dal punto di vista sociologico, ma sarebbe saggio non sprecare troppe parole ed energie per tentare di elevarne i suoni a ciò che non sono. in fondo scrivere di musica è come ballare di architettura.

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  20. @Carlo M
    Non sono d'accordo. Nella musica il rock può appartenere alle forme "semplici"; ma ciò non toglie che in alcuni artisti si possano ritrovare contenuti degni di riflessione; nè toglie che l'esegesi possa portare contenuti di per sè godibili.
    Inoltre non credo che il fare delle riflessioni profonde su una cosa - a tuo dire - superficiale sia uno spreco di tempo. Se uno è in grado di godere sia del profondo che del superficiale intensamente, è da apprezzare. Essere avvezzi ai cibi elaborati non significa non essere in grado di distinguere un uovo fritto buono da uno cattivo. Anzi.

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  21. LMR è bellissima proprio perchè è strana, indefinibile, senza un vero ritornello e un vera struttura da canzone pop. È una canzone sbilenca eppure orecchiabile, una cantilena eppure ballabile. Tantissimi classici pop-rock sono altrettanto strani. Canzoni nate storte, scritte di getto, piene di spigoli, eppure attecchiscono più di tanti prodotti super-levigati e impeccabilmente arrangiati.

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