C'è un treno che sta per partire da Parigi, pieno zeppo di capolavori che Paul Labiche non saprebbe riconoscere. Lui è solo un ferroviere nella Resistenza. Ed è Burt Lancaster, quindi il Terzo Reich quel treno se lo può scordare. Che gran film, Il treno di Frankenheimer. Che voglia di correre a casa a guardare Burt che suda e schioda traversine, invece di restare in sala a guardare i Monuments Men, domandandoci continuamente se è più un problema di messa in scena confusa, di scrittura sfilacciata, o di produzione distratta: se insomma le responsabilità del disastro vanno maggiormente ascritte al regista (George Clooney), allo sceneggiatore (George Clooney) o al produttore (George Clooney). Bella lotta.
“Labiiiiche! Cosa sono questi quadri per te? Come una collana di perle per uno scimmione!” |
Sono gli Alleati, piuttosto, a sembrare piuttosto disinteressati ai patrimoni dell’umanità. La squadra dei Monuments Men è un’armata brancaleone che deve raggiungere il teatro delle operazioni con mezzi di fortuna. Generali e sottufficiali non gli danno retta né copertura; continuano a ripetere che non lasceranno morire un solo uomo per salvare una stupida cattedrale. Ai buoni la bellezza più di tanto non interessa. È un bene di lusso, la trovi più facilmente nel museo del condottiero vittorioso. Montecassino non l’hanno mica distrutta i nazisti. Quanto a Dresda… ehi, George, hai mai sentito parlare di Dresda?
Ecco. Si può fare un film sul patrimonio artistico minacciato dalla Seconda Guerra Mondiale facendo finta che Dresda non sia stata completamente carbonizzata dai bombardieri angloamericani? Mentre George e colleghi si aggirano nelle retrovie del fronte occidentale, disperati perché non riescono a trovare qualche figurina mancante nell’album della cultura occidentale, la capitale culturale della Sassonia sta bruciando a mille gradi centigradi. Della Madonna Sistina di Raffaello coi suoi putti pensosi, e di centinaia di altre opere importanti della Gemäldegalerie Alte Meister, non sarebbe rimasta che cenere – se i rapaci nazisti non avessero pensato per tempo a nasconderle. Le ritroverà la Brigata Trofeo dell’Armata Rossa, che il film tratta più o meno come una banda di ladri al soldo di Stalin: e però i sovietici dopo qualche anno le opere le riportarono a Dresda. Insomma, salta fuori che i predoni hanno salvato più opere dei Salvatori dell’Umanità. I buoni hanno altre priorità – soprattutto se sono democratici ed è nell’interesse elettorale dei loro leader ridurre al massimo le proprie perdite bombardando dall’alto obiettivi non necessariamente militari. Se per sconfiggere i cattivi c’è da radere al suolo una città non si preoccuperanno di due o trecento opere d’arte inestimabili.
Piuttosto di accreditare una tesi del genere, Clooney finge che Hitler abbia ordinato ai generali in ritirata di distruggere il bottino di guerra. Le cose non stanno esattamente così: il famigerato “decreto Nerone” intimava agli ufficiali di fare terra bruciata dietro di sé, ma non parlava di opere d’arte; in ogni caso il decreto non fu di dominio pubblico che alla fine della guerra, e nelle settimane precedenti era comunque evidente che Albert Speer e i sottoposti non lo stavano eseguendo. Un discorso a parte meriterebbe l’arte contemporanea, che i nazisti (non tutti) distruggevano in quanto degenerata: ma è un discorso che Monuments lambisce appena. È un film sull’arte che di arte parla pochissimo: non c’è nemmeno il tempo per nominare gli autori della Pala di Gand, che nel film è la Pala di Gand-punto-e-basta: nessuno ci spiega cosa la renda la figurina più importante dell’album. Non è che Frankenheimer si intendesse molto di più della quadreria che stipava nel Treno; ma almeno adottava il punto di vista di un ferroviere ignorante che ha una questione privata con uno spocchioso collezionista tedesco. Invece gli amici di Clooney sono architetti, curatori di musei, collezionisti: e non ce n’è uno a cui scappi di spiegarci perché la tale opera è importante, perché valga la pena di combattere per riaverla. Monuments Men è un film che se ne va in giro per le sale tronfio come certi milionari texani che si comprano un Van Gogh e lo infilano in cassaforte senza neanche darci un’occhiata. Che lo abbia scritto e diretto un liberal come George Clooney è una cosa che imbarazza e addolora.
Monuments Men è al Cityplex di Alba (20:00, 22:15); al Cinelandia di Borgo S. Dalmazzo (20:10, 22:45); al Multisala Impero di Bra (20:15, 22:30) ai Portici di Fossano (21:15); al Politeama di Saluzzo (20:00, 22:15); al Cinecittà di Savigliano (20:20, 22:30). Invece Il Treno è da qualche parte in streaming, un patrimonio dell’umanità.
Ottima recensione per un pessimo film.
RispondiEliminaSaluti da parte di uno che il Polittico dell'Agnello Mistico dei van Eyck se l'è visto nella Sint-Baafskathedraal, alla faccia di Clooney ;)
Stasera su LA7 c'è "Il treno". Ti hanno letto :)
RispondiElimina(elvi)