Il bersagliere Margiolfo Carlo, inquietante esempio di stragista simpatico |
Noi invece durante l'incendio avevamo di tutto: pollastri, pane, vino e capponi, niente mancava, ma che fare? Non si poteva mangiare per la gran stanchezza della marcia di 13 ore: quattordicesima tappa. Fu successo tutto questo in seguito a diverse barbarie commesse dal paese di Pontelandolfo: sentirete, un nido di briganti, e la posta la svaligiava ed ammazzava la scorta, fra i quali l'ultima volta che svaligiarono la posta era scortata da 8 uomini, e pure perirono i 8 soldati, lo stesso fu per il postione e conduttore, e lasciarono in balia cavalli e legno.
Prima di questo poi era successo un caso molto strano al paese: essendo di passaggio in perlustrazione, una compagnia ha pernottato in una chiesa, ed era piena di paglia; i soldati molto contenti col dire: "Questa notte riposeremo un poco".
Come sia stato, i paesani volerono la sentinella senza il minimo rumore, e l'hanno squartata, tagliata a pezzi, e diedero fuoco alla paglia da un buco di loro conoscenza, quindi che hanno fatto questi poveri soldati? la figura precisamente che facevano adesso loro: abbrustolire dentro. Proprio quale barbaro paese fu questo Pontelandolfo, ma ora si è domesticato per bene. (Episodi della vita militare del bersagliere Margolfo Carlo).
Mai io potrò esprimere i sentimenti che mi invasero in presenza di quella città incendiata... vie abbandonate, a destra e a sinistra le case erano vuote e annerite : si era dato il fuoco ai mobili ammucchiati nelle stanze terrene e le fiamme avevano divorato i tetti. Dalle finestre vedevasi il cielo... Poi mi fu vietato di progredire : gli edifici, puntellati, minacciavano di cadere ad ogni istante. Soltanto tre case furono risparmiate per ordine superiore; soltanto tre case in una città di cinquemila abitanti! Chi può dire il dolore di quella città?»
Poi la voce dell'oratore si fa più calda e ammonitrice e prosegue impavida mentre il Primo Ministro, oscuro come la notte, continua a prendere appunti: « Mi trassero innanzi un gentiluomo, il Signor Rinaldi, e fui atterrito. Pallido era, alto e distinto nella persona, nobile il volto, ma gli occhi spenti lo rivelavano colpito da una calamità superiore ad ogni umana consolazione. Appena, appena osai mormorare che non così si intendeva da noi la libertà italica. Nulla chiedo, egli disse. E ammutolimmo tutti. Avevo due figli, il primo avvocato e l'altro negoziante. Entrambi quei giovani avevano vagheggiato di lottare per la libertà del Piemonte, e all'udire che approssimavansi i Piemontesi, cosi si chiama nel paese la truppa italiana, correvano festosi ad incontrarli. Ma la truppa procede militarmente. E i due Rinaldi sono presi, forzati a riscattarsi. Poi, tolto loro il danaro, sono condannati a immediata fucilazione. L'uno cadde subito morto, l'altro viveva ancora con nove pallottole nel corpo. L'infelice perì sotto il decimo colpo tirato alla baionetta (moto di orrore in aula). Rinaldi possedeva due case, e l'una di esse spariva tra le fiamme, e appena gli uffiziali potevano spegnere l'incendio che divorava l'altra casa. Rinaldi possedeva altre ricchezze, e, gli erano rapite; aveva altro... e qui devo tacermi, come tacevano davanti a lui tutti i suoi conterranei. Quante scene di orrore! Qua due vecchie periscono nell'incendio, là alcuni sono fucilati. Gli orecchini sono strappati alle donne. I saccomanni frugano in ogni angolo.. Da lontano si vede l'incendio di Casalduni come se l'esterminazione non dovesse avere limite alcuno [...]
Mai non dimenticherò il 14 agosto, mi diceva un garibaldino di Pontelandolfo. Sul limitare di una delle tre case eccettuate dall'incendio, egli gridava ai villici di accorrere, li nascondeva nelle cantine, e mentre si affannava per sottrarre i conterranei alla morte, vacillante, insanguinata, una fanciulla si trascinava da lui, fucilata nella spalla, perché aveva voluto salvare l'onore, e quando si vedeva sicura, cadeva per terra e vi rimaneva per sempre (discorso del deputato Giuseppe Ferrari nella seduta parlamentare del 2/12/1861, in Rocco Boccaccino, Pontelandolfo. Memorie dei giorni roventi dell'agosto 1861).
Una graziosa fanciulla, Concetta Biondi, per non essere preda di quegli assalitori inumani, andò a nascondersi in cantina, dietro alcune botti di vino. Sorpresa, svenne, e la mano assassina colpì a morte il delicato fiore, mentre il vino usciva dalle botti spillate, confondendosi col sangue. (De Jaco, Il brigantaggio meridionale).
Cosimo Giordano (primo a sinistra), il capobanda che promosse la rivolta e scappò appena arrivarono i bersaglieri per la rappresaglia. |
Riporto testualmente dalla sentenza della Sezione di accusa della Corte di Appello di Napoli del 7-6-1864: «Si univano, ad essi (i briganti) nelle clamorose dimostrazioni di festa quelli che nel paese avevano intelligenza della cosa, e quelli che anche ignari dei precedenti concerti la credettero di facile riuscita, e gravida di bei risultamenti. Preso così importanza il movimento, si diedero i sediziosi a consumare, una serie di atti che stabiliscono nettamente il carattere dell'attentato alla distruzione dell'attuale governo. Il posto di guardia disarmato; le bandiere nazionali calpestate; lo stemma Sabaudo a colpi di fucile abbattuto e infranto; gli archivi della Giudicatura e del Municipio incendiati, il botteghino dei generi di privativa forzato distraendovi il danaro trovato e le merci, in danno dello Stato, il traino del procaccia arrestato appropriandosi del danaro che trasportava, la carrozza postale danneggiata distruggendovi il Regio Stemma scolpitovi, i cavalli sottrattine, forzate le prigioni e liberati i detenuti». Nelle imputazioni, che seguono, vengono classificati i vari delitti e non manca l'elenco di tutti i fatti rivoluzionari: saccheggi, distruzioni, incendi, estorsioni e vari omicidi volontari, consumati contro persone ben specificate, come ad esempio: Agostino Vitale, Angelo Tedeschi, Libero D'Occhio. A tutto questo bisogna aggiungere l'efferato delitto compiuto nell'Esattoria comunale, dove insieme con le carte di ufficio fu bruciato vivo l'esattore Michelangelo Perugini. Il 7 agosto si chiuse con le tenebre e la follia omicida e devastatrice degli insorti. Anche oggi quella data è proverbiale nel popolo, quando si vuole accennare a un fatto straordinario e travolgente.
Il giorno seguente «si costituì un nuovo governo che mandò subito messaggi nei paesi intorno`invitando tutti alla rivolta » (A. De Jaco, Il brigantaggio meridionale). L'appello non rimase inascoltato: una specie di frenesia generale invase anche le popolazioni vicine e il 9 agosto si diedero convegno a Pontelandolfo reazionari provenienti da Casalduni e Campolattaro, che, sventolando bandiera bianca e osannando a Francesco II, si accamparono in Piazza Tiglio e sulle Campetelle, ormai scomparse. Al calar della sera però, temendo l'arrivo di soldati impegnati nella lotta contro i briganti, se ne andarono e tutto piombò nel silenzio profondo, foriero di più funeste sciagure.
[...]
La reazione fu sollecita, ma bisogna riconoscerlo, impari alla gravità dei fatti e al numero delle persone da affrontare, favorite dalle armi, dall'omertà e dalla familiarità dei luoghi. Così fu deciso di inviare a Pontelandolfo un drappello di 45 soldati al comando del tenente Luigi Augusto Bracci e 4 carabinieri.
L'intenzione era quella di sedare i disordini, calmare la popolazione, restaurare l'ordine e tenere a bada le orde brigantesche. Questi giovani furono inconsapevolmente votati alla morte.
Giunsero a Pontelandolfo l'11 agosto e in prossimità dell'abitato cominciarono a sventolare fazzoletti bianchi dimostrando lo scopo pacifico della loro venuta. Molti cittadini, appena li scorsero, fuggirono rifugiandosi lontano o andando a riferire alle varie bande di briganti, sparse nelle contrade di montagna, la novità dell'arrivo. Il paese sembrava completamente immerso nell'abbandono; solo alcune persone, rinchiuse nelle case, attendevano la fine di quell'intervento.
Questo contegno circospetto impensierì i militari tanto più che da qualcuno, che coraggiosamente si era fatto vedere, avevano ricevuto un inaspettato rifiuto di cibo e l'assicurazione della fuga delle autorità; il che confermò il convincimento che tutti o avessero paura dei briganti o ne fossero conniventi. Lentamente dal Piano della Croce si avviarono nell'interno del paese e trovarono la migliore soluzione nel rinchiudersi nel giardino della Torre per consumare un po' di pane e di vino, che alla fine erano riusciti a raccogliere, e attendere il momento opportuno per ritornarsene.
L'ambiente appariva afoso e minaccioso. Improvvisamente si udirono colpi di fucile e le sentinelle diedero l'allarme: si scorgevano masse di uomini, contadini e briganti accompagnati anche da donne forsennate, che si avvicinavano armati con l'intento, evidente di accerchiare la Torre. Fu quello però un atto di provocazione a uscire allo scoperto per rendere più facile la soppressione del drappello. I soldati, infatti, uscirono e, sparando senza colpire nessuno, si diressero attraverso le Càmpetelle verso la strada maestra preoccupati di non venire accerchiati e di raggiungere S. Lupo, dove risiedeva il Comandante della Guardia nazionale. Disgraziatamente la manovra non riuscì. Le masnade dei briganti si richiamavano con forti grida d'intesa così che da ogni parte della zona si addensò sul «toppo» di S. Nicola un numero schiacciante superiore ai Piemontesi, che si videro perduti. Non potendo avanzare, presero la via sottostante per Casalduni dove, forse, ritenevano di sfuggire al sicuro massacro. Ma le campane di Casalduni suonarono funebremente a stormo e numerosi ribelli e briganti, comandati dal loro capo «generale» Angelo Pica, un massaro del luogo e principale fomentatore della strage, completarono l'accerchiamento dei bersaglieri. È indescrivibile l'eccidio che ne seguì con tutte le sevizie, a cui uomini e donne, inferociti e privi di ogni senso di pietà, brutalmente si abbandonarono. I 50 uomini si difesero disperatamente, ma alla fine prevalse la turba sanguinaria: furono disarmati, spogliati della divisa, attaccati agli alberi, trucidati. Alcuni furono trasportati a Casalduni, dove subirono la stessa sorte col consenso del locale Sindaco Luigi Orsini; uno solo fu condotto a Pontelandolfo e rinchiuso nella Torre. (Boccaccino)
Feci sparare qualche colpo, ma poi feci battere ritirata. I soldati entrarono e cominciarono a bruciare le case ed io non volli più saperne di quel paese (dichiarazione del "capo brigante" Cosimo Giordano al presidente della Corte di Assise di Benevento, 23/4/1884) (Boccaccino).
Ieri mattina all'alba giustizia fu fatta contro Pontelandolfo e Casalduni. Essi bruciano ancora (telegramma al generale Cialdini, attribuito a Pier Eleonoro Negri, medaglia d'oro e d'argento al valor militare).
"Cosimo Giordano (primo a sinistra), il capobanda
RispondiEliminache promosse la rivolta e scappò appena arrivarono
i bersaglieri per la rappresaglia."
Mhhh... mi ricorda qualcuno... qualche anno dopo... ma loro la guerra fratricida l'hanno vinta e sono passati da eroi...
Oh oh oh...
EliminaSagace... molto sagace...
ma (per quanto off topic) ritengo si possa dire lo stesso di tutti i fasci duri e puri che ben foraggiati fomentarono e promossero l'odio per vent'anni e alla caduta del regime si nascosero ben bene giacchè non c'era più nessuno a parargli il culo...
Bigio
Quelli fucilati nel 45? Quelli che sparavano dai tetti per non arrendersi? Quelli che si arruolarono volontari nelle varie formazioni della RSI? Saranno criminali e dalla parte sbagliata quanto vuoi, ma sparare e scappare appartiene all'atro campo. Oggettivamente. Appartiene a tutte le formazione guerrigliere. É ipocrita imputarlo come colpa ai briganti meridionali e fare finta di nulla per la Resistenza.
Elimina"Spike Lee dice: "Dopo gli attentati i partigiani fuggivano sulle montagne lasciando la popolazione civile esposta alle rappresaglie tedesche. [...] Spike Lee ha una idea sia pur labile di cosa è la guerra partigiana in ogni tempo e in ogni luogo? E', per l'appunto, ricorrere alla sorpresa, evitare di essere agganciati da un nemico superiore in numero e armi, mordere e fuggire al duplice intento di far del male al nemico e di sopravvivere. Questi sono i fondamentali di ogni resistenza armata, l'alternativa è una sola: rinunciare alla lotta di liberazione, accettare l'attesismo che fa comodo all'occupante. [...] E anche io, come dice Spike Lee, sparavo e poi scappavo."
EliminaGiorgio Bocca, Commissario politico della Seconda Divisione Giustizia e Libertà
"Quelli che sparavano dai tetti per non arrendersi" sparavano alle donne che, dopo giorni, andavano a prendere l'acqua.
RispondiEliminaCerto, eroici come quelli che triravano l'iprite in Africa, sempre eroici voi, quando siete tanti contro pochi.
Sparavano agli americani. Eroici anche come quelli che bombardavano Dresda con il fosforo e Tokyo con le armi nucleari. Non so a chi ti riferisci con quel voi, ma anche voi siete messi bene.
EliminaNo, sparavano alle donne che, come a Firenze, andavano a prenbdere l'acqua dopo giorni di assedio.
EliminaOppure indicavano a zio adolfo quali vilalggi radere al suolo, ivi compresi i neonati.
Codardi e sconfitti.
quelli volatilizzatisi nel '43...
RispondiEliminariapparsi a fare la voce grossa solo quando i tedeschi gli coprivano le spalle. Quelli che dopo '45 stanno a piangere su quanto i comunisti, gli slavi e tutti quanti siano stati tanto cattivi con loro senza motivo...
"sparare e scappare" non la imputo come colpa a nessun movimento guerrigliero (nemmeno ai briganti), la responsabilità di una rappresaglia è comunque di chi la compie.
In questo specifico caso (su cui ammetto la mia ignoranza) la questione mi pare un po' più complessa e la didascalia su Giordano mi pare quantomeno infelice.
Mi pare di capire che non si trattò di un'atto di guerriglia isolato, ma di tentativo di sollevazione vero e proprio. Il brigante avrà pure fomentato la rivolta, instaurando anche un governo provvisorio, ma (almeno da una veloce lettura di wikipedia) non fu il diretto responsabile dell'uccisione dei 44 soldati piemontesi che porto alla rappresaglia, quindi non rilevo nulla di così "disdicevole" nella sua condotta.
Al contrario l'efferatezza del Cialdini e dei suoi non ha scusanti. Non vi è alcun proposito di punire i responsabili o portare giustizia (come pure scrissero), ma soltanto la volontà di seminare il terrore con la brutale rappresaglia.
Bigio
quelli volatilizzatisi nel '26...
Eliminariapparsi a fare la voce grossa solo quando gli angloamericani gli coprivano le spalle...
ahahah...
Eliminaaffermazione discutibile per un movimento guerrigliero che combatteva alla macchia oltre la linea del fronte...
i luoghi e le occasioni in cui gli angloamericani hanno fornito supporto diretto e/o protetto le forze partigiane, si contano forse sulle dita delle mani...
tanto più che gli obbiettivi era spesso divergenti e nessuno (qui almeno)ha affermato che gli alleati (o i borbone per restare in topic) fossero stinchi di santo mi pare...
negli anni '20 la prima resistenza fu isolata politicamente e sconfitta militarmente, nessuna vergogna in questo, solo rammarico. I suoi membri pagarono con l'esilio, il carcere e la morte... nessuna meraviglia che ci vollero anni per riorganizzarsi... ma appunto parliamo di anni...
non di pochi mesi nascosti per tornare in gran spolvero al fianco dei nazisti...
Ormai siamo abbondantemente fuori dal seminato... comunque ho sempre trovato divertente come quelli che "i partigiani erano responsabili delle rappresaglie" alla fine siano gli stessi (idealmente eh... da leggere come "la medesima fazione") che quelle rappresaglie le hanno portate a termine...
bella gente... coerente proprio...
Bigio
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