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martedì 9 giugno 2015

Dio è il mio cingolo di scorta

Fury (David Ayer, 2014)


Stanno arrivando. Sono assassini fanatici e suicidi innamorati della morte; mentre ci fanno fuori rendono lodi al loro Dio. Prenderanno le nostre donne, schiacceranno i nostri figli sotto i cingoli. Asfalteranno la nostra terra e la chiameranno pace. Sono gli americani. E noi... siamo i tedeschi?

Se Fury ha un merito, non è la tanto vantata accuratezza storica, che anzi lascia parecchio a desiderare; e nemmeno la pretesa di rendere la Seconda Guerra Mondiale l'inferno in terra che è stata (come molti horror della sua generazione, Fury si accontenta di esibire l'orrore invece che suscitarlo). Il vero risultato di Fury è aver portato un po' di relativismo storico in quella che è rimasta l'unica guerra buona: aver violato in punta di piedi il tabù per cui si può raccontare il Vietnam dalla parte dei vietcong, la Secessione dalla parte dei sudisti - ma la Seconda Guerra Mondiale non si discute, la Seconda Guerra Mondiale è il Bene contro il Male, fine. Non che Ayer tenti di raccontarla dalla parte dei nazisti; ma nel trasformarla in un videogioco rende per un attimo le parti intercambiabili. Brad "Wardaddy" Pitt è un americano che parla tedesco e avrebbe potuto nascere tedesco; odia i nazisti ma sa che sarebbe altrettanto incapace di arrendersi; di fronte a un intero plotone di SS-Waffen, si comporta come la più fanatica delle SS.

Fury arriva quasi vent'anni dopo il Soldato Ryan, dal cui confronto non riesce a sottrarsi. È una lotta impari, come quella tra un panzer Tiger e un carro Sherman: Spielberg aveva in mano un racconto solido, Ayer è partito dai carri armati, e tra una battaglia e l'altra non sa bene come gestire i suoi uomini. Se Fury fosse un film di serie B - se esistesse ancora, la serie B, come concetto cinematografico - sarebbe il primo del campionato, perché a suo modo è un film agile e solido. Ma l'idea che per realizzarlo Pitt, LaBeouf e compagnia si siano addestrati come veri carristi, e abbiano passato giorni interi a sudare, insultarsi e lasciarsi cicatrici in faccia, lascia perplessi. Questo è un film di idee povere, ma buone, che avrebbe dovuto essere realizzato al risparmio: attori scarsi e scazzati, tre location e pedalare. La precisione filologica, addirittura l'idea matta di far scendere un campo un vero Tiger I (che su quel fronte nell'aprile '45 era in realtà piuttosto raro), finisce per ottenere il risultato opposto: trasforma tutto in uno smagliante videogioco 3d. Anche perché Ayer non sa sottrarsi a una certa sintassi action, e prima di far esplodere le sue bare cingolate vuole mostrarle mentre si aggirano sul teatro delle operazioni in elaborati passi di danza. Ma se non si sono mai fatti molti film spettacolari sui duelli tra carri armati, forse c'è un motivo.

Quanto alla storia, sembra veramente buttata giù da un ragazzino traumatizzato dal Soldato Ryan (continua su +eventi!): non ne ha capito molto - forse era troppo piccolo - ma non riesce a non tornarci sopra, come chi soffre di stress post-traumatico. Addirittura c'è un artigliere (LaBeouf) che cita la Bibbia in continuazione, come il cecchino Clip. Spielberg però lo usava in senso ironico: il Dio che gli armava la mano, a un certo punto sembra cambiare partito. Ayer invece si lascia trascinare dalla suggestione biblica, dopo un po' comincia a mettere versetti in bocca anche a Brad Pitt e probabilmente non si rende conto che trasformare due rottami di guerra in due martiri che cantano Isaia può essere un po' discutibile. Spielberg aveva inventato un capitano carismatico dal passato misterioso, per poi rivelare che si trattava semplicemente di un maestro di scuola. Brad "Wardaddy" sbuca fuori dal nulla, è un maestro di vita dai modi assai più spicci: ti costringe a sparare e poi ti procura una donna per la notte. Come punto di vista, Spielberg aveva avuto l'idea originale di usare la matricola senza esperienza, evitando però il rischio di farne un film di formazione: Upham restava un codardo sino alla fine, quando sparava al nemico disarmato (al punto che il suo nome è diventato sinonimo di contendente imbelle). Ayer riprende l'idea e la declina nel modo più banale: il giovane dattilografo Norman (Logan Lerman) ha 24 ore di tempo per imparare a uccidere tedeschi, baciare tedesche e diventare un eroe. Spielberg rifletteva sull'eroismo, sul senso che può avere una singola vita in un conflitto mondiale. Ayer non riflette: non sapendo bene come si fa, preferisce gestire la questione su un piano bestiale che è semplicemente il più comodo: tu-ragazzo-impara-a-uccidere-o-muori.

Spielberg, soprattutto, non ha mai messo in bocca a un personaggio una massima così scema come "gli ideali sono pacifici, la realtà è violenta": una puttanata neocon che manda all'aria tutta la fedeltà storica e svela l'età del film meglio di un orologio da polso in un peplum - chi mai nel 1945, con l'Europa contesa tra Marx e Nietzsche, avrebbe osato parlare di "ideali pacifici"?

Fury è al Cityplex di Alba (19:45, 22:15); al Cinelandia di Borgo S. Dalmazzo (20:00, 21:00, 22:45); all'Impero di Bra (20:00, 22:30); al Fiamma di Cuneo (21:00); ai Portici di Fossano (21:15); al Cinecittà di Savigliano (21:30)

5 commenti:

  1. In realtà di film sulle battaglie fra mezzi corazzati ce n'è più d'uno, così su due piedi il primo che mi viene in mente è "La battaglia dei giganti" che se non ricordo male tratta proprio dell'impiego di carri armati nell'offensiva delle Ardenne (che precede il contesto storico di Fury: un prequel!)
    Che io sappia il problema per l'epoca (anni '70) stava nel reperire mezzi tedeschi in quantità apprezzabili, in particolare i Tiger erano stati prodotti in poche migliaia di esemplari e quasi tutti distrutti durante la guerra, col risultato che gli scenografi li sostituivano con... carri americani riverniciati...!
    Quindi non è che i film con gli scontri fra carri armati non esistono, è solo che erano già superati e pacchiani quando uscivano.
    Io Fury l'ho visto soltanto in italiano, per giove, non è che ci tenga molto a rivederlo ma una visione in lingua originale forse potrebbe farmi riacquistare fiducia nell'umanità. I dialoghi nell'adattamento sono talmente assurdi da sfiorare il surreale e più d'una volta m'è scappato da ridere in sala.

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  2. Anche a me viene sempre in mente il film sulle Ardenne - il carro è evidentemente meno cinematografico degli aeroplani e persino dei sottomarini. Funziona molto bene in un film di fanteria come Mostro che sbuca all'improvviso dalla nebbia (anche Spielberg usava il Tigre così, mi pare), ma un film tutto sui tank è più difficile. Sono lenti.

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  3. http://www.uni-life.it/2015/06/04/visto-per-voi-fury/

    Ne approfitto per condividere la mia, di recensione. Aggiungo Lebanon sui film con carri armati.

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    1. Sì ma in Lebanon se non sbaglio non ci sono scene in cui i carri armati si prendono a pallonate in faccia!
      Stavo cercando qualcosa giusto ora per poter fare un confronto ed ho trovato uno spezzone di questa cosa sovietica (https://www.youtube.com/watch?v=9_rsiSn065k) che è uno sventro, sia per il filmato che per la sequenza infinita di commenti critici dei veterani di COD e Battlefield!

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  4. Che dire ?
    Premetto: due ore passate in modo tutto sommato piacevole, ma… con molti 'ma'.
    Ho gradito abbastanza la ricostruzione storica, che pure paga molto alla spettacolarizzazione a scapito del realismo ma, perlomeno ai miei occhi, non particolarmente edotti nel campo delle armi terrestri, sufficientemente accurata come mai visto prima.
    Meglio specificare che sono uno (scadente…) modellista di statico e ben conosco la storia militare… anche se il mio 'campo' è l'aviazione.
    Di 'terrestre' so molto meno, anche se ho gradito non abbiano usato i soliti M-47 americani del dopoguerra o gli eterni T-34 sovietici più o meno camuffati da… tutto !
    Però… ok, attori secondo me decenti, ma la storia è quanto di più telefonato si possa immaginare.
    Ruba senza vergogna da tante altre pellicole, a sfondo più o meno bellico, e ne avevo indovinato il finale dopo pochi minuti…
    L'ennesimo 'battesimo del fuoco', un'ulteriore transizione dall'ingenuità alla consapevolezza che la guerra 'trasforma' le persone in macchine per uccidere… il tutto con l'inevitabile passaggio di consegne fra 'vecchio' e 'nuovo', prevedibilmente non indolore.
    Inizialmente avevo creduto di vederci una certa antiretorica, molto gradita, ma poi tutto è scivolato in citazioni a bischero sciolto della Bibbia e frasi alla 'è uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo'…
    Come direbbe il super britannico (con buona pace di Gallifrey) Doctor Who: -Gli americani sanno soltanto pregare e lamentarsi.
    C'é 'Salvate il soldato Ryan', ma anche 'Apocalypse now', 'Belva di guerra' e… '300'…
    Più che una pellicola originale, un Bignami del film di guerra.
    Il lungo scontro finale, Singolo Sherman Vs Gianni e Pinotto, abbandona ogni pretesa di realismo per regalarci un ennesimo capitolo di Rambo, appena meno tamarro.
    E' un film che non dice nulla, pur facendolo, tutto sommato, abbastanza bene.
    Niente da fare… film 'di guerra' che sposino bene correttezza storica e 'cinema tout court' ce ne sono davvero pochi.
    Il recente 'Red tails', ad esempio, è una ridicola agiografia stile Playstation...

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