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giovedì 25 maggio 2023

Un disco embrione

(Discografia di Franco Battiato, #3)

Episodio precedente: Il periodo Polydor

Fetus (registrato entro il novembre 1971, pubblicato da Bla Bla nel gennaio 1972).

Il disco-embrione

Fetus è il disco con cui Franco Battiato decide di nascere: tutto quello che aveva tentato prima è rimosso, relegato in una condizione pre-natale. Altri artisti in quegli anni mutano bruscamente traiettoria, cambiando immagine pubblica e nome d'arte: Battiato mantiene il suo, ma cancella tutto quello che ha significato in quel momento. È difficile pensare che non ne fosse consapevole, ma la simbologia fetale che domina il disco sin dal titolo richiama questa sua condizione: l'artista è appena nato, è un embrione. In quanto tale contiene già tutte le potenzialità che svilupperà da lì in poi – l'elettronica, Bach, le ballate, la tarantella, i campionamenti – ma in una forma, va da sé, embrionale. Tra i solchi c'è anche qualche possibilità che Battiato scarterà subito: un po' d'improvvisazione quasi jazz e qualcosa che richiama il Bowie di quegli anni (convergenza evolutiva)?

Quando compone Fetus, Battiato ha alle spalle più di un lustro di esperienza da compositore e performer. Altri approfitterebbero della prima possibilità di incidere un 33 giri per mettere assieme un repertorio di canzoni accumulato negli anni. Battiato, che un po' di canzoni da parte ne aveva, con Fetus fa quasi tabula rasa. Il passato cantautoriale/canzonettistico non sparisce del tutto, ma è fatto a brandelli e riciclato in montaggi di mini-brani giustapposti. Fetus da questo punto di vista è il disco in cui la forma canzone viene sottoposta alle maggiori torsioni, al punto che nel secondo lato è davvero arbitrario decidere quando finisce un brano e ne comincia un altro. Il "concept" è ispirato al Mondo nuovo di Huxley, ma sviluppato in modo vago ed enigmatico, non dissimilmente a quanto succedeva nei concept album del periodo.  

Può darsi che Fetus sia invecchiato peggio di altri dischi di FB. Quando uscì, sorprese gli ascoltatori più smaliziati (tra cui a quanto pare Frank Zappa, a cui sarebbe sfuggito quel famoso "Battiato is a genius": la fonte però è Pino Massara). Persino negli anni più creativi del prog, Fetus suonava come qualcosa di strano e originale. Lo è tuttora, anche se forse come ascoltatori siamo meno disponibili a lasciarci sconvolgere dalle arcane incursioni del sintetizzatore VCS3, qualcosa che non si era ancora ascoltato neanche nei dischi inglesi e americani.

 

1972: Fetus (#98)

Non ero ancora nato che già sentivo il cuore che la mia vita nasceva senza amore. È abbastanza clamoroso che un autore apprezzato per le sue esuberanze lessicali esordisca proprio con la rima cuore / amore, e con una sintassi così incespicante – sarebbe stato sufficiente cantare "già sentivo in cuore" perché la frase filasse liscia: sì, ma Battiato non resiste, con la fatica che deve aver fatto a incidere su vinile nel 1972 un realistico battito di un cuore in anticipo su The Dark Side of the Moon, lui vuole proprio dirci che lo sente, sente "il" cuore (musicalmente la primissima frase somiglia già parecchio all'introduzione di Stranizza d'amuri).

Battiato, dicevamo, nasce con Fetus, e cioè con un'incertezza fondamentale: perché non si è mai capito con quale brano Fetus dovesse cominciare. Nella copertina della prima edizione si legge che il primo brano è l'omonimo Fetus: il disco inizierebbe dunque con il cuore pulsante. Si tratta però di un errore, perché a mettere il disco sul piatto si scopre che il primo brano è Energia, come è anche scritto sulla label: un inizio ancora più suggestivo, con le voci dei bambini di una scuola materna di Milano e le prime ipnotiche sequenze di note sintetizzate. La discrepanza tra la scaletta della copertina e quella del disco ci fa pensare che Battiato abbia cambiato idea all'ultimo momento, magari consigliato da un collaboratore che trovava l'attacco di Energia più appropriato. O forse ha prevalso la coerenza narrativa: Fetus racconta la storia di un embrione a cui comincia a battere il cuore, ma Energia risale a un livello ancora precedente: è una canzone, come dire, sulle emissioni spermatiche. La scelta di cominciare con Energia viene ribadita nella versione inglese, Foetus, che però resta inedita. Invece, quando nel 1998 Fetus viene finalmente ristampato su CD, la scaletta è di nuovo cambiata. Ora il primo brano è Fetus, il che farebbe pensare che chi ha curato la ristampa si sia sbrigativamente basato sulla scaletta della copertina del LP. Ma non è esattamente così, perché Energia, che sulla copertina stava al secondo posto, ora sta addirittura al quarto (tra Cariocinesi Fenomenologia), in una posizione che nella scaletta originale avrebbe potuto occupare l'ultimo brano del primo lato. Che Battiato avesse cambiato idea? A conoscerlo, è difficile immaginare che volesse ritoccare un disco per lui così remoto (e dal quale non attingeva più materiale nemmeno per i concerti). Nel frattempo, appunto, i suoni del VCS30 non sembravano più così fantascientifici, ma ormai modernariato, il che appannava un po' l'attacco di Energia; mentre il battito del cuore di Fetus faceva ancora il suo effetto – e Dark Side of the Moon continuava a vendere come il pane, per cui non è nemmeno impossibile che qualcuno abbia pensato di riconfezionare Fetus per renderlo un po' più pinkfloydiano. 

Nella seconda parte il brano diventa un campionario dei suoni che Battiato è riuscito a estrarre dal VCS3, il pioneristico sintetizzatore su cui era riuscito a mettere le mani, primo in Italia (e terzo nel mondo, a detta di Pino Massara). Sono suoni ancora molto suggestivi, anche se nel finale FB sembra dominato dalla volontà di stupire con effetti speciali. Entusiasmo puerile, più che comprensibile in un embrione. Prima dell'esplosione finale di suoni, compare il fraseggio che risentiremo più tardi in Energia.


1972: Energia (#130)

Più tardi Franco Battiato riuscirà ad accreditarsi presso il pubblico italiano come l'anti-macho, colui che non può essere sospettato non già di concupire, ma di consentire che qualche sua occasionale concupiscenza si tramuti in azione prevaricatrice o anche solo vagamente maliziosa nei confronti di una persona concupita. Proprio per questo è curioso che la sua carriera 'seria' cominci con un'affermazione incredibilmente bomberistica: "Ho avuto molte donne in vita mia, e in ogni camera ho lasciato qualche mia energia". Nientemeno. Ma appunto, solo a Franco Battiato poteva essere consentito di cantare una cosa del genere senza suggerire nessuna velleità da sex machine. 


Per Fetus provo qualcosa di molto particolare: è un disco del 1972, quando ero un feto anch'io, insomma siamo coetanei. Certi suoni di questo disco li sento in un modo particolare – solo certi dischi prog anni '70 mi danno questa sensazione, l'illusione di averli sentiti in un passato remotissimo e in bianco e nero. Potrebbe essere perfino successo, perché no? Potrei essere rimasto davanti al vecchio televisore con quattro tasti e senza telecomando mentre in Rai passava un'intervista al giovane Battiato inframezzata da suoni presi da Fetus. In particolare potrei avere ascoltato i primi secondi di Energia, che fino all'edizione in CD del 1998 era il primo brano del disco ed è qualcosa che a distanza di tanti anni mi dà ancora i brividi, il fraseggio ipnotico del sintetizzatore VCS3 che copre le voci dei "Bambini della Scuola Materna Istituto San Vincenzo di Milano". Nella mia memoria c'è appena l'ombra di un ricordo, è come se quei bambini che parlano li avessi visti giocare e guardare in camera mentre l'immagine si satura di luce come una foto troppo sviluppata. Potrei aver persino provato paura di fronte a una combinazione mai sentita prima di suoni e voci. 

La canzone vera e propria invece no, credo proprio di averla ascoltata già adulto. Tratta di un argomento che nel 1972 doveva suonare davvero scabroso – l'eiaculazione, e la vertigine che il maschio sperimenta quando ci riflette, cosa che avviene (quando avviene) sempre soltanto dopo, prima riflettere è impossibile. Ma dopo a volte ti coglie questo pensiero tremendo, che ti sei liberato in un colpo di migliaia di potenziali vite, diomio sono un mostro, ma che colpa ne ho, la natura è così. “Quanti figli dell’amore ho sprecato io / racchiusi in quattro mura ormai saranno spazzatura”. Di emissioni spermatiche metaforiche o reali Battiato continuerà a cantare per tutta la sua carriera, malgrado la rivendicata castità: in Mesopotamia "la prima goccia bianca che spavento", e come dimenticare l'incipit di Dieci stratagemmi, "eiacula precocemente l'impero" (viene il sospetto che persino il titolo del secondo album, Pollution, sia un tremendo gioco di parole). Ma già nel 1972 la sua concezione del liquido seminale come "energia" che non si dovrebbe sprecare si avvicina più alla trattatistica indù che al mondo morale cattolico. 


 

1971: Una cellula (#116)

Sarò una cellula tra i motori. Battiato ha inciso Fetus mentre era in servizio militare, anzi ricoverato all'ospedale militare perché fisicamente "incompatibile" alla vita in caserma (la sera evadeva saltando un cancello, probabilmente aveva corrotto una guardia o due). La cartolina lo ha sorpreso a metà di una delle sue metamorfosi più delicate, da aspirante cantautore ad artista di avanguardia. Il carattere peculiare di Fetus è proprio in questa natura stratificata: è un disco che vuole assolutamente essere un'opera prima, qualcosa di mai sentito e appena nato, eppure tra i motori smaglianti c'è ancora qualche cellula del vecchio organismo. Una cellula è uno dei brani che più somiglia a una canzone tradizionale: c'è la melodia accattivante, una progressione armonica ben riconoscibile, addirittura il ritornello. Poi, certo, il VCS3 suonato a tutto volume garantisce una carenatura sperimentale: ma dentro a cercare bene c'è ancora il vecchio Francesco Battiato. 

1972: Cariocinesi (#153)


Un nucleo si divide, l'errore lo interrompe. Il fascino particolare di certe opere prime risiede anche negli errori di percorso, in tutti gli esperimenti non riusciti e da lì in poi accantonati che ci fanno per un attimo immaginare che lo stesso artista avrebbe potuto prendere strade completamente diverse, ci è mancato pochissimo. Ad esempio Cariocinesi è un intermezzo jazz nel bel mezzo di Fetus – ok, è un jazz sui generis, una specie di swing con in evidenza il violino di Sergio Almangano, una batteria elettronica usata per la prima volta in un disco italiano e una chitarra ritmica forsennata. Non è certo il momento più innovativo di Fetus, ma è qualcosa di divertente che Battiato non tenterà (quasi) mai più: da lì in poi, pur percorrendo innumerevoli e apparentemente incompatibili universi musicali, dal jazz si terrà sempre a rispettosa distanza: anche nella fase della sua carriera più orientata all'improvvisazione, che sta per cominciare.

1972: Fenomenologia (#128)

Rispetto ai due dischi successivi, a Fetus manca un vero leitmotiv, ovvero ce n'è più di uno ma sono meno ricorrenti e riconoscibili. Del resto è un'opera prima, quel tipo di disco in cui ci sono sempre più idee del necessario: in seguito gli artisti imparano come economizzarle. E c'è ancora molta chitarra acustica, uno strumento che FB maneggia con più sicurezza del synth, per cui c'è questa curiosa inversione: quando si tratta di fare atmosfera, Battiato ricorre alla chitarra arpeggiata (qui all'inizio e alla fine del brano), mentre dal synth tira fuori i riff più rumorosi e in generale il baccano. Riflettendoci, forse una specie di leitmotiv sono le scale discendenti, suonate in momenti diversi sia con la chitarra (qui all'inizio) sia col synth. In Fenomenologia compare anche il primo ritornello mutuato dal lessico scientifico: qui FB mette in musica la formula geometrica della doppia spirale, ovvero "x1 = a*sen (ωt), x2 = a*sen (ωt + γ)".

1972: Meccanica (#126)


Nel secondo lato di Fetus distinguere le tracce comincia a essere complicato. Più di un brano è composto da movimenti diversi e giustapposti, che svelano l'aspetto più sperimentale nel puro senso della parola (FB sta veramente imparando a suonare il nuovissimo synth VCS3) tra cui si distinguono i primi tentativi di trovare un leitmotiv. In Meccanica debuttano alcuni stilemi del Battiato '70: ad esempio il momento in cui il riff elettronico si trasforma in una specie di tarantella. E soprattutto c'è il primo collage di oggetti trovati, anche questo ancora embrionale ma promettente: una discussione tra gli astronauti dell'Apollo 11 montata sul sottofondo dell'Aria sulla Quarta Corda di Bach, rallentata da Battiato (perché nella sua testa la sentiva "più lenta") appesantendo il disco con una peso. È un momento che doveva suonare particolarmente suggestivo agli ascoltatori del tempo, per una serie di effetti che forse oggi facciamo più fatica a percepire: non soltanto montaggi sonori di questo tipo sono diventati molto più semplici da realizzare e ascoltare, ma l'associazione tra spazio interplanetario e Aria sulla Quarta Corda è diventata un po' banale, dopo decenni di Quark e Superquark. A dire il vero quando Battiato incise Fetus, Piero Angela aveva già portato in tv la versione dell'Aria degli Swingle Singers da cui non si sarebbe mai più separato, in una trasmissione che non si chiamava ancora Quark ma Dimensione uomo (1971). È difficile che Battiato non conoscesse la trasmissione – ma magari l'aveva vista distrattamente, al bar, e il collegamento tra Bach e astronauti gli era rimasto impigliato nell'inconscio. E due anni prima, comunque, tutti sono andati al cinema a vedere e ascoltare 2001 Odissea nello spazio, con tutti quegli Strauss suonati nello spazio profondo.  

1972: Anafase  (#178)


In biologia l'anafase è "la terza fase della divisione del nucleo cellulare caratterizzata dalla scissione dei centromeri presenti nei cromosomi, dalla separazione dei due cromatidi che vi erano attaccati e dalla loro migrazione ai poli del fuso". Musicalmente, Anafase comincia come un brano cantautoriale per voce e chitarra che riprende sottilmente l'Aria sulla Quarta Corda che abbiamo intrasentito in Meccanica. È il momento più davidbowieano di tutto Fetus, anzi di tutta la carriera di Battiato: si respira la fragranza di quella miscela particolare tra ballata acustica e suggestioni cosmiche che ci obbligano a domandarci se non si tratti di una convergenza evolutiva: cioè Battiato stava per inventare Ziggy Stardust con qualche mese d'anticipo? o non piuttosto un'influenza diretta: possibile che Battiato conoscesse Bowie, negli anni in cui quest'ultimo, dopo il successo di Space Oddity, faticava a farsi conoscere anche in patria? Di Bowie, Battiato non aveva praticamente mai parlato: solo dopo la sua morte consegnò ai giornalisti un ricordo un po' confuso in cui ammetteva di aver amato "da pazzi" Space Oddity e non solo"Hunky Dory  i biondi capelli, una femminilità fotografica, alla Greta Garbo. Aveva già rinnegato il passato, per il futuro. Londra era una polveriera. La droga imperversava. Io volevo vedere e capire quello che capitava. La mia paura era di passare di fianco a una nuova moda che stava per arrivare. Non desideravo altro che locali..." Dunque Battiato potrebbe in effetti avere ascoltato già nel 1971 Hunky Dory, un disco che prima del successo di Ziggy Stardust (uscito sei mesi dopo Fetus) era sconosciuto anche a gran parte del pubblico inglese? Non so quanto questo sia compatibile col servizio militare che Battiato avrebbe assolto (faticosamente) proprio nel 1971. Del resto si tratta di un momento brevissimo, una strofa appena dopodiché la canzone prende una svolta completamente imprevista, lasciando spazio ai synth che stavolta dovrebbero suggerire una fase di quiete (forse l'ibernazione per un viaggio spaziale, dal testo si intuisce qualcosa del genere). È davvero come assistere alla terza fase della divisione del nucleo cellulare di FB: da un cantautore si separa l'avanguardista. Proprio nel momento in cui il cantautore poteva diventare il Bowie italiano... troppo tardi.  


1972: Mutazione (#183)

Fetus era anche, in qualche modo, un concept album, con una storia che aveva a che fare con un feto (o più di uno) e un viaggio interstellare. Nell'ultimo brano il feto si risveglia appunto dopo migliaia di anni e avverte le vibrazioni di non ulteriormente specificati "corpi di pietra" che stanno per arrivare. Potrebbero essere anche i "motori" di cui parlava all'inizio dell'album ("sarò una cellula / tra i motori") e quindi la storia tratterebbe di un eterno ritorno. Anche da un punto di vista musicale Mutazione è più simile a una canzone tradizionale e termina con un coro cantato sull'ennesima scala discendente – FB le usa tantissimo su Fetus, per scelta o perché gli vengono spontanee. È una soluzione un po' naif, ma ricordiamo sempre che è ancora poco più che un embrione. 



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