Non so se funziona anche fuori dai social, ma dentro quelli che frequento io si parla solo dell'avventura ferroviaria di Alain Elkann. Probabilmente andrà avanti così ancora per qualche giorno perché effettivamente da qualche parte doveva scoppiare quella bolla d'aria che è diventata Repubblica, e in generale i quotidiani 'autorevoli', e la cultura autopercepita che esprimono; poteva succedere in qualsiasi momento e con qualsiasi intervento, ma ha un senso che sia successo su un treno, mentre tutti partiamo per le vacanze, e a causa del padre del proprietario. È una storia insignificante, eppure dice tutto; ogni giorno si arricchisce di dettagli ancora meno significanti e ancora più eloquenti: il Comitato di redazione che prende le distanze, il Direttore che non pubblica la lettera del Comitato, il paginone culturale di due giorni dopo che ci spiega che Elkann è uno Scrittore, visto che non lo sapevamo, e il mio preferito fin qui è il tizio che esordisce scrivendo "vorrei fare il mestiere di critico che mi ha procurato una cattedra negli Stati Uniti", perché è professore emerito all'Università della Pennsylvania, mentre sulla pagina di Wikipedia silenziosa scompare l'informazione che anche Alain Elkann collaborava con la stessa università. E così via.
Mi piacerebbe anche capire perché Dall-e, se gli chiedi un Renoir, ti dipinge un Cezanne. |
Ma insomma ne stanno parlando tutti, quindi cosa aggiungere? No, è che tra tante variazioni sul tema non ho ancora trovato qualcuno che si ponga il problema: chi sarebbe, Marcel, in quello scompartimento?
Marcel sarebbe un ragazzo seduto due file più al centro, un po' ubriaco perché qualcuno gli ha detto che un drink prima del viaggio ti risolve l'agorafobia ferroviaria, e allora ne ha presi due. A un certo punto ha scambiato sedile col suo amico Bloch (che continuava a prospettargli inverosimili avventure "al night") perché nel variopinto afrore dello scompartimento ha captato una chiara nota di muffa che gli ricorda uno scantinato del Bois de Boulogne, e ha capito che proviene dalla borsa o dagli indumenti di lino stazzonato di quel signore un po' fuori dal mondo che dal sedile su cui era prima appollaiato Bloch si può contemplare in tutto il suo appannato splendore. Ha le cuffiette perché finge di ascoltare una playlist di mauvaise musique, sperando che il tizio si lasci sfuggire una frase, un discorso, qualche considerazione sui bei tempi andati o sull'arte. Desidererebbe portarselo a casa, presentarlo alla nonna, ma sa che è una fantasia assurda – meno assurda è quella di vincere la timidezza, presentarsi con qualche pretesto, farsi introdurre in qualche atrio muscoso in cui vivrà con creature a lui simili che Marcel ora arderebbe dalla voglia d'incontrare – ma è anche vero che al Lido Hotel Bikini di Vieste ci stanno la Cicci e la Frenci e Bloch sostiene di potergliele presentare entro il tramonto.
Ho letto il pezzo di Elkann e... è un pezzo noioso.
RispondiEliminaL'autore ci comunica che sta leggendo il Financial Times, il lettore si aspetterebbe che tale informazione venga sviluppata in qualche modo, invece muore lì.
Ci sarebbero stati tanti modi per sviluppare lo spunto: dal più banale ("Venni colpito dalla notizia..."), a soluzioni dinamiche ("Usai il FT per uccidere una mosca"), oppure citando Conand Doyle ("I tipici e inconfondibili caratteri si stampa erano gli stessi della lettera anonima ricevuta ieri"), eccetera... invece no, lo spunto narrativo muore lì.
I ragazzi vestono in maglietta, lui in lino: siamo nel mese più caldo mai registrato, i vestiti in oggetto erano adatti? E come va con l'aria condizionata?
L'autore ignora la geografia dell'Italia centro meridionale, ma anche tale spunto non viene sviluppato: perché la ignora?
L'autore legge "Alla ricerca del tempo perduto". Occhei, cosa ci vuoi dire con questo? Potresti sviluppare un po', lanciare un parallelismo, osare una metafora... niente. Anche questo spunto rimane non sviluppato.
I ragazzi discutono di gnocca, ma lo fanno in maniera impacciata, come degli adolescenti in vacanza... mica sono per caso degli adolescenti in vacanza?
Ah, e poi buttano le lattine nei cestini. Dettaglio che non aggiunge nulla, come quando Dumas scriveva "si alzò dalla sedia sulla quale era seduto" giusto per allungare il testo, visto che era pagato a riga.
Forse l'autore vorrebbe ispirarsi a "Cuore di tenebra" e al suo grandioso immobilismo, oppure alle "Sorelle Materassi" che inizia con 80 pagine di descrizione, ma invece riesce solo a gettare tanti argomenti senza svilupparne nessuno risultando noioso e basta.
Una delle cose che mi hanno fatto scappare dai social è il genere letterario "polemica del giorno". Ogni tanto fantastico di un qualche limite che imponga di aspettare trenta giorni prima di commentare una cosa, alla fine il 90% delle polemiche si sarebbero già sgonfiate
RispondiEliminaVorrei che si apprezzasse l'evoluzione storica di Repubblica.
RispondiEliminaAi tempi di Francesco Merlo, i mali del mondo erano causati dal fatto che poca gente andava al classico. In fondo la questione era facile, così come agevole la soluzione: meno liceo classico, più problemi; ergo più liceo classico, meno problemi. Facile come bere un bicchiere d'acqua.
Qui invece la situazione è più subdola: Elkann vive una sofferenza interiore, un tarlo interno capace di erigere una barriera comunicativa fra lui e il mondo, oscillando fra il male di vivere di Montale e le paranoie di Zerocalcare.
Questo rovello intimo purtoppo non si risolve e sembra essere invalidante poiché il nemico non è fuori: e qualcosa che cova nell'animo.