22 settembre: San Maurizio e la Legione Tebea, per un totale di 6600 martiri (III secolo)
Statua di San Maurizio nel duomo di Magdeburgo (1250 ca.) |
I santi soldati, nei dipinti, non sono così difficili da distinguere: potete diventare anche voi esperti in cinque minuti. Se porta soltanto la spada non è un vero soldato, ma più probabilmente un martire morto per ferite inflitte da una spada: San Paolo è il più frequente, è calvo e ha la barba. Se è armato di tutto punto e affronta un drago, potrebbe essere San Michele o San Giorgio, e per distinguerli bisogna guardare le ali: Michele le porta perché è un angelo, Giorgio no. Se poi il drago tiene prigioniera una principessa, è senz'altro Giorgio; gli angeli hanno ben altro da fare che liberare le principesse, il drago che San Michele affronta è Satana stesso. Se è vestito più o meno come Giorgio, ma è vicino a Giorgio, ovviamente non può essere lui; più probabile che sia San Demetrio. Se invece ha la pelle nera, beh... no, un momento. Ci sono santi con la pelle nera, nei dipinti? Sì, qualcuno a volte c'è, non è un caso così raro. E chi è? Molto probabilmente San Maurizio.
San Maurizio sarebbe il comandante della legione Tebea, originalmente di stanza presso Tebe d'Egitto, ma che Diocleziano avrebbe dislocato dalle parti di Agauno (oggi Saint Maurice, nel Cantone Vallese), affinché sostenessero il suo collega imperatore Massimiano in un'operazione di respingimento dei barbari Quadi e Marcomanni. E già qui qualcosa non va, perché Diocleziano è conosciuto – oltre per la persecuzione più sanguinosa della storia della Chiesa – per aver perseguito una politica di rigida compartimentazione delle quattro macroregioni dell'impero, affidate a due Augusti e due Cesari (la famosa Tetrarchia), il che rende abbastanza improbabile il trasferimento di una legione dall'Egitto alle Alpi; e però magari era un'emergenza, chi lo sa. Secondo una versione della leggenda (probabilmente la più antica) i legionari erano tutti cristiani e si erano rifiutati di partecipare a un rito pagano propiziatorio prima di una battaglia. Un'altra versione, che appare come un tentativo di razionalizzare la precedente, suggerisce che alle legione fosse stato ordinato di perseguitare i cristiani della zona: si rifiutarono e furono decimati due volte, quindi definitivamente massacrati.
Chi ha inventato questa storia (forse un vescovo del posto, a cui premeva il prestigio dell'abbazia di Agauno) era abbastanza esperto di Storia romana da conoscere la pratica della decimazione con cui venivano punite le legioni che avendo deluso il comandante o eluso i suoi ordini, si macchiavano di infamia: un legionario su dieci, estratto a sorte, veniva messo a morte. Ma ignorava che le decimazioni al tempo di Diocleziano e Massimiano non si praticavano più da secoli, e che due dittatori militari in una fase così irrequieta non avrebbero rinunciato così facilmente ai servizi di un'intera legione – il che richiedeva tra l'altro l'intervento di un'ulteriore legione. Un punto credo acquisito da chiunque abbia studiato un po' di storia di quella turbolenta dittatura militare che era diventato l'Impero nel III secolo, è che le legioni, sempre in teoria fedelissime all'imperatore, potevano talvolta ribellarsi giurando fedeltà a qualche altro aspirante imperatore; gli stessi Diocleziano e Massimiano presero il potere così. Una legione che puntava sul cavallo sbagliato finiva poi facilmente massacrata in battaglia, e questo potrebbe essere stato il vero destino dela Legione Tebea. Ma l'eventuale presenza dei resti di una legione sterminata in una guerra civile non avrebbe portato nessuna particolare gloria all'abbazia di Agauno, cosa a cui re Sigismondo dei burgundi teneva molto: era il primo re del suo popolo a venir battezzato con rito niceno e aveva bisogno di un luogo di culto che riflettesse la sua prominenza. Molto meglio raccontare in giro che i legionari erano morti per difendere la loro fede. Non è escluso che la leggenda sia nata per spiegare la persistenza di ossa e armi in qualche valle alpina, anche se a distanza di secoli non riusciamo più a trovar molto: ci avranno preceduto i cacciatori di reliquie medievali.
Più che le ossa, a diventare famosa fu la lancia di San Maurizio (Saint Moritz per gli sportivi invernali), che nel X secolo fu acquisita da Enrico l'Uccellatore, capostipite della dinastia degli Ottoni. Sarà stata una coincidenza, ma il figlio di Enrico è il primo della sua famiglia a cingere la corona di imperatore del Sacro Romano Impero (ormai Germanico). La lancia sembra portar fortuna, ma ha un problema: non è abbastanza prestigiosa, un imperatore dovrebbe circondarsi di reliquie di prima scelta, mentre fuori dall'arco alpino, questo San Maurizio, chi lo conosce? Gli Ottoni insomma avevano tutto l'interesse a confondere la lancia di San Maurizio con quella più prestigiosa di San Longino, il legionario che aveva trafitto il costato di Gesù. Così Maurizio, che a un certo punto era diventato patrono dell'Impero, passò gradualmente in secondo piano. Verso il Milleduecento gli artisti cominciarono a scolpirlo e pitturarlo con la pelle molto scura degli abitanti dell'Africa subsahariana, forse riflettendo sull'etimo del nome "Maurizio", che significa appunto moro, mauritano, e/o per distinguerlo da altri santi guerrieri come Giorgio e Michele. Perciò può capitare, in certe chiese tra Piemonte, Svizzera, Borgogna e Germania meridionale, di trovare su una pala d'altare tra i santi un legionario o un cavaliere dalla pelle nera. Poi la gente dice che nel Medioevo erano indietro, mica come adesso che mettono attori africani nelle fiction in costume... quante cose dice la gente.
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