Mi dispiace non poter condividere l'entusiasmo con cui lunedì scorso il ministro Valditara ha salutato i partecipanti al primo “Summit nazionale sull'intelligenza artificiale” a Milano. Secondo il ministro l'AI ha enormi potenzialità didattiche che stiamo solo iniziando a esplorare: potremo personalizzare l'insegnamento, venire incontro a chi ha disabilità o esigenze particolari, e addirittura l'AI ci aiuterà a sconfiggere il cyberbullismo. Non posso dirmi altrettanto ottimista perché rammento quello analogo provato dai suoi predecessori, quando la parola d'ordine non era ancora “AI”, ma “metaverso”, “web 2.0”, o “social network”, o altre buzzword che nel frattempo mi sono dimenticato. Anche loro dovevano rivoluzionare la didattica, e qualche cosa in effetti l'hanno cambiata, ma sempre un po' meno di quanto veniva promesso da chi vendeva software e hardware.
Nel suo saluto finale Valditara ha riconosciuto che le scuole italiane stanno investendo molto nella tecnologia: saremmo secondi soltanto alla Corea del Sud. Del resto non c'è alternativa: se le scuole vogliono i finanziamenti del PNRR devono promettere di spenderli in tecnologia. Fondi per aumentare l'organico più di tanto non ci sono, ma per i tablet sì: non resta quindi che mettere un tablet sul banco e sperare che si trasformi in un istitutore in grado di personalizzare la didattica, grazie a questa cosa che ora chiamiamo tutti AI anche se alla fine non abbiamo capito come funziona. Quel che è chiaro è che non mantiene ancora quel che promette. Chatgpt e Deepseek sono abili conversatori ma continuano a prendere cantonate; dispongono di una invidiabile cultura generale, ma usarli come motori di ricerca è pericoloso, perché ogni tanto continuano a inventarsi fatti e scambiare date. Per quanto li si chiami familiarmente “intelligenze artificiali”, si tratta di LLM, “large language models” modelli generativi di linguaggio. La prima “L” della sigla, “large”, mette in chiaro che l'“intelligenza” dipende dall'enorme quantità di dati con cui sono stati addestrati.
In effetti, mentre il ministro a Milano magnificava le possibilità di queste nuove tecnologie, noi insegnanti ci troviamo di fronte al dilemma opposto: come convincere i ragazzi a scriversi i compiti a casa da soli senza ricorrere ai modelli generativi? Come riconoscere un testo svogliato, con qualche errore fattuale, ma composto da un essere umano, con quello che già oggi può fare un'AI? Perché se a tutt'oggi non sono ancora in grado di scrivere romanzi o tesi originali, quello che i modelli generativi sono assolutamente in grado di fare è proprio imitare lo stile impersonale e vacuo dello studente volenteroso e ottuso, che magari non ha capito la lezione ma vuole comunque ripeterla all'insegnante riproducendone il più possibile lo stile.
Non si tratta di una coincidenza: i LLM sono esattamente studenti diligenti e ottusi, che hanno letto tantissimi libri e sono in grado di imitarli anche senza averli capiti. È abbastanza ironico che ad accoglierli a braccia aperte nella scuola italiana sia lo stesso ministro che pochi giorni fa rivendicava il valore didattico della grammatica. Le AI in un certo senso sono la dimostrazione che la grammatica ha mancato il suo scopo originale. Gli antichi maestri di scuola che la elaborarono pensavano di poter trovare i fondamenti di una lingua universale, che ogni allievo avrebbe potuto riconoscere in qualsiasi altro linguaggio si sarebbe trovato davanti. I traduttori universali, questo sogno che l'uomo insegue da millenni, oggi esistono: sono AI e per imparare centinaia di lingue umane non hanno consultato nessun manuale di grammatica. Quel che hanno fatto è leggere e processare tutti i testi reperibili in rete (violando allegramente ogni copyright), e applicare algoritmi basati sulla ricorrenza statistica delle parole e delle frasi. Chi è convinto che agli umani la grammatica serva a qualcosa, oggi ha un argomento in meno: ed è un altro motivo per cui non posso condividere l'entusiasmo del ministro per un'“intelligenza” che commette meno errori di me senza aver mai studiato le regole che devo insegnare tutti i giorni.
A consolarsi, paradossalmente, potrebbero essere i cultori della calligrafia e del tema scritto a mano in classe, perché in un mondo dove ogni dispositivo elettronico è collegato a un LLM, l'unico modo per evitare che la cosiddetta Intelligenza faccia i compiti dei nostri ragazzi sarà spegnere tutto per due ore, e rimettere loro la penna in mano. Giusto per sviluppare un minimo di intelligenza personale, prima di affidarsi completamente a quelle artificiali.
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