Sullo sciopero non ho molto da dire. C’era molta gente ed è piovuto.
Il carro armato dei vincitori
Stavo pensando invece a quello che ho sentito al telegiornale, sapete, quelle cose che ti bloccherebbero lo stomaco, se non fosse assuefatto sin dalla più tenerà età a digerire al suono dei bombardamenti e degli spot dei pannolini. Si parlava di un bambino estratto dalle macerie della sua casa dopo qualche giorno: accanto a lui i cadaveri dei genitori. Un terremoto?
No, Tsahal.
“L’esercito più democratico del mondo”, ho letto da qualche parte. Del resto Israele è “l’unica democrazia del Medio Oriente”, no? (A proposito, un premio a chi mi scova la Costituzione democratica dello Stato d’Israele).
Qualcuno dovrebbe spiegare agli israeliani che la democrazia consiste in un’assunzione di responsabilità. E in caso di strage o genocidio, la democrazia è un’aggravante.
Per esempio: quando parliamo delle leggi razziali nel ‘38, noi italiani ci aggrappiamo disperatamente al fatto che il fascismo era una dittatura, priva di un autentico consenso popolare (e c’è anche chi sostiene il contrario). Allo stesso tempo, tra qualche anno forse anche gli israeliani preferiranno pensare a Sharon come a un feroce dittatore. Beh, non lo era. Era il leader democraticamente eletto dell’unica democrazia del Medio Oriente. Aveva l’appoggio della maggioranza degli israeliani e di una parte rilevante dell’opinione pubblica occidentale.
"Perché i pacifisti non fanno gli scudi umani nei bar di Tel Aviv", si chiedono? A parte che i pacifisti ci andrebbero anche, nei bar, ma ultimamente non superano le celle di detenzione dell'aeroporto (dove vengono pestati nella maniera più democratica del mondo), il motivo è semplice, ed è il seguente: contro un kamikaze non c'è scudo umano che tenga. Signori equidistanti, un minimo di buon senso. Un ragazzetto di Hamas che ha deciso di farsi la pelle per attirare l'attenzione sulla questione palestinese si farebbe qualche scrupolo a coinvolgere nel suo massacro un turista-pacifista europeo? Perché dovrebbe? Anzi. Più che scudo umano, sarebbe un incentivo.
I pacifisti non sostengono il terrorismo palestinese. I pacifisti, col terrorismo palestinese, non cercano neanche di ragionare. Motivato o no dalla disperazione, il fanatismo non è un interlocutore. Israele sì. Quando andiamo davanti ai carri armati di Tsahal, noi stiamo scommettendo proprio sulla democrazia di Tsahal e di Israele. Quando gli agenti aeroportuali ci pestano e ci respingono, stanno dimostrando che la nostra fiducia è mal riposta.
E L’Israel Day. Ora premesso che in Italia c’è libertà di manifestazione e libertà di pensiero io mi chiedo: ma con di tutte le settimane che Dio manda sulla terra, per dimostrare la solidarietà a Israele, Ferrara e soci, dovevano proprio scegliere la settimana in cui si compiva la pagina forse più nera di Tsahal, l’eccidio di Jenin? Questi signori, oltre a scrivere i giornali, potrebbero anche leggerli ogni tanto: la strage era largamente annunciata. Passeranno alla storia per quelli che, nei giorni di Jenin, manifestavano perché “era minacciata l’esistenza stessa d’Israele”!
Ma cos'è Israele? Quella specie di oasi di democrazia nel Medio Oriente di cui parlano Ferrara e Lerner, quello Stato senza il quale ci sentiremmo tutti più antisemiti? Come non vedere che la creazione di Israele rispondeva proprio all'esigenza di tanti antisemiti europei di non trovarsi più gli ebrei tra i piedi? Come non vedere che Israele è uno dei pochissimi (forse l'unico) Stato fondato su base etnica (qualunque ebreo da ogni parte del mondo può ottenere la cittadinanza e ricevere incentivi per metter su casa nei Territori Occupati): un anacronismo spaventoso? Come non vedere che la guerra di Palestina è la prova generale del Grande Conflitto delle Civiltà, che i nostri figli d'origine europea e d'origine araba combatteranno nelle nostre città? Com'è possibile non vedere tutto questo? Soltanto per mettersi, una volta in più, sul carro (armato) dei vincitori?