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sabato 19 aprile 2003

Ho incontrato Simone
Stasera in processione. Che erano anni che non lo vedevo.
“Stai bene?”
“Insomma, sì”.
“Ma sei ingrassato?”
“Anche tu”.
“E ti sposi?”
“No no. Chi mettono in croce quest’anno?”
“Il figlio di Beppe, sai…”
“Quello della segheria? Ma è un ragazzino!”
“Si è fatto grande anche lui”.
Ogni anno il giro è lo stesso, ma il paese intorno cambia. Una volta, qui, era tutto lotto edificabile, c’era il canale e ci venivi a rospi. Io no, avevo paura nella gramigna oltre il canale, poi ero allergico.
Hanno interrato il canale (che adesso è la fogna), hanno asfaltato, hanno fatto gli appartamenti in stile colonico, e adesso la processione passa in un giardino con le panchine.
“Qui ci abita Franca, sai che ha avuto il bambino…”
“La bambina”.
“Due anni fa. Quest’anno un bambino”.
“Non ci tengo dietro. E tu?”
“Insomma. Sai che ho preso casa da solo, no?”
“Lo so, lo so”.
“Non mi vieni mai a trovare”.
“È che sai, il lavoro…”
“Eh già”.
Ci arrivano dalle spalle due legionari romani, dalle spalle enormi, non più di diciott’anni ciascuno: pigliano Simone per le braccia: “Vieni, c’è bisogno di uno”.
“Ma…”
“Sta zitto. Serve uno che dia una mano a portare la croce”.
“Ma perché proprio io?”
“Perché sì. E poche storie”.
“Ehi, ma è questo il modo?”
“Zitto tu. O vuoi prendere il suo posto?”
“Ma…”.
“Ma cosa?”
“No, niente”.

Una volta, qui c’era il campo di pallone, teso al canale. E una volta portai io un pallone nuovo, e Simone apposta lo calciò fuori, lo calciò nella gramigna oltre il canale, e nessuno voleva andarlo a prendere.
Dove adesso c’è la lavanderia.
Mi chiedo se l’avranno mai trovato.

Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù… (Luca 23,26).

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