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martedì 19 ottobre 2004

La mala interpretación


Io guardo troppo Ferrara, ahimè lo so, è un po' il mio reality show à moi. Mi piace quando s'incazza, mi fa incazzare quando è tranquillo. Ma il suo turbamento nei confronti de la Mala Educación ha turbato di riflesso anche a me. Tanto che alla fine sono pure andato a vederlo. E alla fine mi sono chiesto se lui avesse visto lo stesso film che ho avevo visto io. Non è che qualche buontempone di un suo amico gli aveva fatto lo scherzo di Buñuel, portandolo a vedere un pornazzo gay, magari il primo della sua vita? Sono cose che a una certa età si accusano.

Ora, se non avete visto La Mala Educación; se volete andarlo a vedere, non leggete più di così.

Se invece ci siete andati, ditemi la verità (la verità). Trovate che abbia qualcosa a che vedere col film che ha sconvolto l'eloquio di Giuliano Ferrara la settimana scorsa, che a furia di parlarne dopo un quarto d'ora non aveva ancora né presentato gli ospiti né annunciato la pubblicità? Quello che secondo il suo ospite di non so quale gruppetto cattolico era un monumento al nichilismo dell'Occidente, un esplicito invito ai musulmani a sgozzarci? Non sto scherzando, ha detto proprio così. Anche lui, che razza di film l'avevano portato a vedere?

Non si tratta di omofobia: molti dei miei migliori amici sono omofobi, ma non è che alla prima scena di sesso omo si accaldano e si mettono a ideologizzare da vetero-comunisti bacchettoni.
Anzi, faccio outing: sono un po' omofobo anch'io. Ogni tanto, per cercare di superare i miei pregiudizi (ma in realtà per fortificarli) vado a vedere qualche film dove i gay sono esattamente come me li immagino: coloratissimi, edonisti, spensierati, travestiti, un po' checche, e ascoltano i Dead or Alive. Quest'estate per esempio mi sono visto Party Monster, con Macaulay "ho perso l'aereo" Culkin e Marylin Manson: lo consiglio a tutti gli amici omofobi. Lo consiglierei anche a Ferrara: ci trova tutti i pretesti per tutti i tramonti dell'occidente che gli servono.

Cercare invece un pretesto nella Mala educación, denota un'allarmante fame di pretesti. È un film contro la Chiesa? Sicuri? È un film sulla passione omosessuale? Stiamo parlando del film di Almodóvar che è nelle sale attualmente?
O stiamo parlando del film che i personaggi di Almodóvar girano nel 1980? (Lo dice la didascalia, all'inizio: Madrid, 1980). Una "storia vera" di abusi, seduzioni e vendette, ambientata intorno a un collegio di preti. Roba scandalosa… nel 1980. Fino all'intervallo sembra davvero un classico film di denuncia.
Poi però Almodóvar ci distrugge tutto quanto davanti agli occhi, mettendo a rischio quello che è un aspetto fondamentale di una narrazione: il patto finzionale. Quel contratto non scritto per cui lo spettatore accetta di considerare "vero" tutto quello che succede in scena, dai titoli di testa a quelli di coda. Per quanto possa sembrare poco verosimile: se vado a vedere l'Uomo Ragno, io accetto di credere, per due ore esatte, che l'Uomo Ragno esiste (ed è appena meno forte del Terribile Hulk). Così, se vado a vedere la Mala Educación, io accetto l'idea che Ignacio esista, venga sedotto da Padre Manolo, e torni anni dopo travestito a vendicarsi. Non ho motivo, non ho diritto di dubitare della storia che mi viene raccontata attraverso i flashback, nel primo tempo.
Finché, dopo l'intervallo, scopro che non erano flashback, ma scene del film che Enrique ha tratto dal racconto di Ignacio. E che Ignacio non è nemmeno "il vero" Ignacio. A questo punto, a cosa posso credere?

Crederò al film di denuncia? Il personaggio del prete brutale, quello che spezza il collo di Ignacio con un gesto, è una pura invenzione di Enrique: un modo spiccio per destare scandalo (nel 1980). Cosa farò? Mi scandalizzerò per una scenetta finta, appiccicata a una sceneggiatura finta?

O crederò piuttosto al film sulla passione omosessuale... ma la "passione" di chi, poi? Quella del finto Ignacio, che si fa penetrare con malcelata malavoglia soltanto per raggiungere i suoi scopi (liberarsi dal fratello, sfondare come attore)? Quella del "vero" Ignacio, che quando finalmente appare in scena – eroinomane, ricattatore – è la versione più smitizzante che si possa dare della figura del travestito? Se dovessi cercare una passione un po' pura, dovrei a questo punto riabilitare il "cattivo del tuo film", l'ex padre Manolo: corruttore di minori, complice di un assassinio e, oltre la fine della pellicola , ricattatore: con tutta la più buona volontà, non ci riesco. Resta la "passione" del regista, la foga in cui si getta nelle sue storie come in una vasca di coccodrilli. Passione per il proprio cinema, volontà di "spingere al limite" i propri personaggi. Il rapporto tra Enrique e il finto Ignacio è chiamato "provino": ha inizio soltanto nel momento in cui il primo accetta di essere il regista dell'altro, e termina il giorno della fine delle riprese.

Alla fine, è vero che ci si ritrova spiazzati. Il meccanismo di attese del primo tempo ci aveva preparato a una morale forte, qualcosa del tipo: "abbasso gli abusi concentrazionari dei collegi cattolici, viva la libertà del corpo!" Ma il collegio cattolico si rivela un set di cartone, i corpi "liberati" non fanno che rincorrersi, ricattarsi e uccidersi. Non so se a qualcuno il finale ispiri un senso di fine dell'occidente (con o senza sgozzamenti): a me lascia solo un brivido. È tutto molto freddo, ma non mi posso lamentare.
Entrando, mi aspettavo di vedere un altro film sui quei meravigliosi fantastici incredibili pazzi feticisti travestiti, e il loro meraviglioso mondo colorato, Cuore Matto e quezas quezas quezas. Mangime industriale per la mia crassa omofobia.

Mi trovo invece davanti un film sulle fredde passioni di un narratore, che dalla sua villa fuori città continua a ritagliare fatti di cronaca e a distribuire torti e ragioni. Continuo a sentire brividi (sarà il cambio di stagione).

Ma questo a Ferrara non diciamolo. Fingiamo che lo scandalo sia un pacco o un culo in primo piano, e i preti che s'innamorano dei bambini. Dai, facciamo che siamo a Madrid nel 1980, in pieno tramonto dell'occidente. La sua faccia è pur sempre uno spasso, e domani, comunque, un altro giorno.

Un'antologia delle pretese più irritanti e dei vizi meno sensati del cinema contemporaneo... (Seconda visione, e chi se no).

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