Scava Ferruccio
Con questa vanga, che mi lasciò il povero padre, insieme a un’affittanza e due sorelle da maritare, ora tu scavi, Ferruccio.
Non sai come si fa, ma non mi dire. L’avrai ben visto un giorno un contadino. Si calca il tallone sul pedale e si taglia la terra, zac, un colpo netto, come la gola dei republicanos. Ma te neanche lo sai cos’è un republicanos, Ferruccio, vero? e allora scava.
Ché non sai niente della vita che hai fatto vivere agli altri, non sai niente della morte. Quando m’hai mandato volontario in Spagna, e avevo appena smesso i calzoncini; ad ammazzare contadini come mio padre m’hai mandato: e allora scava, adesso, Ferruccio.
Non ti far fretta, io non ne ho.
Ma t’han da venire le sfioppole alle mani. T’han da venire i calli. T’han da venire le mani da contadino, Ferruccio, che non ti son venute in quarant’anni; le mani di mio padre e di mio nonno, scava, scava. Ma le mani che mi son venute in Affrica, a scavar fosse di negri che non m’avevan fatto niente, le mani d’assassino, le vedi? Per queste non c’è sapone, non c’è sego né lisciva. Queste mani che mi pulsano di notte, quando tutto tace e loro suonano il tamburo, un problema di circolazione dice il dottore, sì, te lo dico io qual è il problema. Son le gole dei republicanos che ho vangato con la baionetta, nella Mancia, e intanto pensavo: sarò dannato, ma almeno le mie sorelle sono a posto. Pensavo, c’è Ferruccio che ci pensa. Bravo Ferruccio. Scava. Scava.
Io che avevo appena smesso i calzoncini perché mi era morto il padre, e quel che mi lasciava era una vanga e due sorelle senza dote. E mi dicesti di andar via tranquillo, ché ci avrebbe pensato il fascio alle sorelle, ma che partire volontario bisognava. Ché le mie sorelle sarebbero rimaste putte sennò, per via che nessuno si voleva portare in casa le figlie di un socialista, e io non capivo, cos’era questo socialismo, una malattia? Se mio padre se l’era presa da giovane, non me l’aveva mai detto, non parlava di politica con me, non parlava di niente. Ho imparato a parlare da per me, Ferruccio, e adesso tu mi ascolti. Mentre scavi.
Quando mi dicesti che ci avrebbe pensato il fascio, che ci avresti pensato tu alla Pace e all’Evelina, Ferruccio. E la Pace ch’era del Diciotto me l’hai lasciata morire di tbc, è così che ci hai pensato. E l’Evelina intanto mi scriveva del moroso, ma che in dote la vanga di papà non gli bastava, e senti, Ferruccio, ma secondo te io non me lo son mai chiesto chi gliele scriveva quelle belle letterine all’Evelina, che non sapeva nemmeno tenere il pennino tra le dita, il parroco gliele scriveva? E al parroco chi gliele dettava? Io che dalla Spagna non ero ancora venuto a casa, e lei che mi scriveva di ripartire in Affrica volontario – l’Evelina! Che quando ero partito si faceva ancora le trecce, e ora mi scriveva del moroso che non l’avrebbe sposata, del disonore, della pancia che le cresceva, Ferruccio! Chi gliele dettava quelle belle letterine! E tu credi che non ho avuto il tempo per pensarci, mentre montavo la guardia sotto l’Ambaradam?
E quando son tornato e ho trovato Evelina zitella, che te l’eri presa in casa come serva; e la trattavi da puttana; e il bambino lo avevi dato ai preti; è stato allora che ho chiesto io di andare in Albania, perché altrimenti v’ammazzavo tutti e due con queste mani: e piuttosto sono andato ad ammazzar dei greci che non m’avevan fatto niente, neanche socialisti erano. Adesso però scavi, Ferruccio.
T’ha da venire il mal di schiena di mio padre; quello lo ha ucciso, altro che il socialismo. T’ha da gelarti il sudore in fronte mentre scavi - e mi dispiace, te lo devo dire, non aver più la forza che ho lasciato in Grecia, perché ti strozzerei, Ferruccio, ti tirerei il collo come al tacchino che sei, che è la fine che ti meriti, ti staccherei la testa a morsi dalla rabbia che m’hai fatto venire, e non sai quanti fantaccini si son presi i ceffoni che volevo dare a te; ma adesso intanto scava, che t’ho da seppellire.
Scava più a fondo, Ferruccio, che devi entrarci te e la tua casa del fascio tutta intera, col capoccione in bronzo. Sai che per quanto scavi non la farai mai grossa come quella che mi sono fatto io, dalla Mancia all’Epiro passando per il Tembien, una fossa grande mezzo mondo ho scavato, per gente che non m’aveva fatto niente, e guarda quel che m’hai fatto tu. T’ammazzassi dieci volte, non sarebbero abbastanza.
Hai scavato?
E allora adesso ascolta. Tu sei morto. Se hai documenti con te, buttali dentro. Poi prendi quella terra, e riempi la buca. Tienti per morto, Ferruccio, e seppellisciti da solo, ché di fosse io ne ho riempite già abbastanza. Hai da colmarla bene, che nessuno ha da sapere dove sei finito. Nessun bambino ha da inciamparci mentre gioca a nascondersi.
Poi prendi la sacca, arrangiati con le carte che ci son dentro. Va’ in montagna dai ribelli, di’ che sei un soldato del re, già di stanza nei Balcani. Di’ che il tuo plotone s’è sbandato a Bologna, che i repubblichini ti volevan metter la camicia nera, che ti sei rifiutato. Fagli veder le mani. Racconta che i miliziani ti volevano ammazzare, e sei scappato. Di’ quel che ti pare, hai sempre saputo raccontarle. Così quando se Dio vuole arrivan gli americani, te sei a posto. E se t’ammazzan prima, ti faranno pure il monumento, Ferruccio, il monumento al martire, ci pensi.
Ma se non t’ammazzano, come non t’ho ammazzato io, tu quando discendi con gli americani hai da tirar tuo figlio fuori dal convento; e mia sorella fuori dal bordello, che è la tua famiglia, Ferruccio, non la mia. Ché un bambino non saprei tirarlo su, son cresciuto ammazzando e solo ad ammazzare son buono ormai.
E se Evelina te lo chiede, sono morto in Albania.
(Schegge di Liberazione è una fantastica iniziativa messa in piedi da Barabba che da due anni riesce a produrre un bel libro collettivo sulla festa che ci sta più a cuore, il 25. Questo pezzo è preso dall'ebook dell'anno scorso: quello di quest'anno probabilmente è più bello, ed esiste anche nella versione cartacea. Dovevamo presentarlo a Carpi oggi, ma c'è stata una disgrazia orribile. Buona Liberazione comunque).
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Applausi a scena aperta. All'iniziativa e a questo brano.
RispondiEliminaMeraviglioso, da brividi!
RispondiEliminaBellissimo. Tra Sergio Leone e Paolini, detto senza ironia.
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