Di lui parlano raramente
- C'è amore e amore. Con alcuni rimani in buoni contatti. Con altri no, è difficile anche spiegare il perché, ad esempio, io Francesco De Gregori cerchi il più possibile di evitarlo: cambio stazione, cambio canale, cambierei pure marciapiede se me lo trovassi di nuovo davanti in viale Indipendenza (mi sembrò un gigante). C'è qualcosa che non gli perdono, ma è stato tanto tempo fa, non ricordo nemmeno cosa. Di certo ha distrutto tante canzoni che mi piacevano, scartavetrandole con una voce che non riesco più a sopportare, ma è colpa sua? Lui ha preso la sua strada, io la mia, da qualche parte c'è una casa più calda, sicuramente esiste un uomo migliore. Francesco De Gregori in ogni caso mi ha cambiato un po' la vita. Sì, lo so, son cose che si dicono. Voglio precisare che questo accadeva in tempi diversi, quando la mia vita cambiava un poco tutti i giorni, come le costellazioni sempre nuove dei brufoli sulla mia faccia prima che mi prescrivessero un farmaco in seguito proibito perché gli adolescenti si suicidavano. Io non mi sono suicidato. Pensavo tanto alla morte, questo sì, ascoltavo i dischi emo del giovane De Gregori. Ma non voglio parlarvi di questo.
Voglio fare una confessione, di quelle pesanti. Io sono stato antiabortista.
Sì, esatto. È successo. Ero giovane. Troppo giovane per votare a qualsiasi referendum o picchettare un consultorio, ma promettevo bene. Ero convinto che l'aborto fosse un omicidio e punto. Tuttora, non escludo che lo sia: voglio dire che non ho sostituito una fede a un'altra; semplicemente si è fatto strada il dubbio. È stato un processo lento. Ogni tanto però la mia coscienza si dava una scrollata, ogni tanto cascava qualche calcinaccio di ortodossia. Non è che mi ricordi tutte le fasi del processo, non tenevo mica un blog. Però un momento me lo ricordo bene, e fu mentre ascoltavo un pezzo di De Gregori con il foglietto del testo in mano – quei foglietti che facevano copertina alle musicassette, avete presente. La canzone non è un granché, da un punto di vista musicale appartiene di striscio a quei tardi anni Ottanta che furono micidiali per le sonorità dei cantautori italiani, e in particolare a quel sottogenere che battezzerei: “fàmolo reggae”, perché dopo la calata di Marley a San Siro ci fu una fase in cui tutti i cantautori dovevano avere un pezzo reggae in scaletta, come se glielo avesse ordinato il dottore; e meno male che c'era Fossati a tirar su la media, ma devo dire che a me piacciono tutti, questi fintissimi reggae italiani anni Ottanta, perfino Nisida di Bennato, sì, persino Voglio andare al mare, tutte le volte che li riascolto mi fanno sentire a Pinarella. Anche il pezzo “fàmolo reggae” di De Gregori sta su un disco che si chiama Miramare, e che non credo che riascolterò mai più. Si intitola Dottor Dobermann, ed è la brevissima storia di un chirurgo obiettore di coscienza, con una bella clinica dove lavora al pomeriggio. E dunque qual è il prezzo, qual è il prezzo, dottor Dobermann? Qual è il prezzo che va pagato? per le cose che ti secca fare in pubblico, ma ti rendono bene in privato? Tanti soldi, niente tasse, e non c'è scandalo: non è nemmeno peccato...
Tutto qui? Tutto qui. Ero giovane, e può darsi che di medici ipocriti, obiettori di coscienza al mattino che ammazzavano a pagamento nel pomeriggio, avessi già sentito parlare. Però De Gregori questa storiella me la rimise davanti, e qualcosa in me cambiò. Non è che il grande cantautore abbia fatto, nell'occasione, nulla di eccezionale: ha preso una storia risaputa e ci ha messo sotto quattro accordi in levare. Non è per questo che lo celebreranno musicologi e critici letterari.
D'altro canto, per me è esattamente quello che deve fare un artista, o un poeta. È anche quello che devo fare io. Devo prendere piccole storie, già sapute, sbatterle in faccia al lettore e provare a fargli cambiare idea. È un progetto folle e dissennato, più ci penso più mi rendo conto. La gente non cambia quasi mai idea, specie dopo i trent'anni. Io però continuo a cercare qua e là le mie storielline, a intonare le mie canzoncine, per chi lo faccio? Il mio target probabilmente è un ragazzetto brufoloso disposto a cambiare idea come si cambiano i gusti musicali, di punto in bianco, quando qualcuno ti propone uno spunto diverso e interessante. Insomma, se è successo a me di cambiare idea ascoltando una canzone, potrà ben succedere a qualcun altro, e io voglio provarci. Non so se sia il motivo per cui De Gregori cantava nell'89 e si ostina a farlo oggi. Però è il motivo per cui io provo a scrivere qualcosa di nuovo tutti i giorni. E lo so che non scriverò mai la Donna cannone, nemmeno ci provo. Sono più che contento se ogni tanto mi esce un Dottor Dobermann. Così buon compleanno, signor De Gregori. Lei è stato molto importante per me.
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Non so se sto per dire la cosa giusta e quindi la dico timidamente, come quando si dicono le frasi ad effetto, quelle che un po' ci si vergogna per la banalità. Insomma, quando tu scrivi non è che mi fai cambiare idea ma me la confermi proprio mentre qualcuno cerca di farmela cambiare. Penso sia dare tanto, questo.
RispondiEliminaora è tutto molto più chiaro grazie
RispondiEliminaDe Gregori ha stabilito un profondo legame con il mio inconscio. Non so nemmeno più se è una cosa giusta o sbagliata, buona o cattiva, ma il mio incoscio spesso parla con le sue parole.
RispondiEliminaDa quando sono paraplegico, per esempio, le parole iniziali di "niente da capire" hanno tutto un altro sapore. Non cattivo, anzi.
Di quanto scrivi condivido quasi tutto, tranne questo aspetto che c'entra poco con l'argomento del post.
RispondiEliminaMi spieghi meglio come le "parole" di De Gregori abbiano potuto tanto per sgretolare l'intonaco della tua precedente convinzione?
Nel merito: se uno considera l'aborto un omicidio, come può cambiare idea se un chirurgo antiabortista pratica l'interruzione di gravidanza in una clinica privata? Il presunto "reato" di aborto resta, compiuto da un più infido "assassino".
"Il mio target probabilmente è un ragazzetto brufoloso disposto a cambiare idea"
RispondiEliminaSbagliato, Leonardo. Qui ti leggiamo tutti con gli occhiali da presbiopia. E Marley a San Siro ce lo ricordiamo proprio "fisicamente"...
Bello. Volevo dire solo questo. Grazie. Spero che qualcuno riscopra anche "la pecora", possibilmente senza suicidarsi, grazie al tuo post.
RispondiEliminaAnzi, no, volevo aggiungere che se De Gregori scartavetra e stravolge le sue canzoni è perché è l'incarnazione italiana di Bob Dylan (anche il cappello che a un certo punto ha iniziato a portate credo sia un'imitazione del cantautore di Duluth).
C´è una canzone di Guccini molto più bella sul tema dell´aborto clandestino. Si chiama "Piccola storia ignobile".
RispondiEliminaLa conoscete?
Una persona che sappia cambiare idea è una vera rarità. Sono convinta anch'io del fatto che se c'è un modo, almeno di insinuare un dubbio, è quello di raccontare una storia. Al posto di andare avanti ad opinioni e dibatitti sarebbe bello avere la possibilità di aprire gli occhi su tante realtà che ancora non conosciamo. Purtroppo sono ancora in pochi ad aver voglia di raccontare e troppi a voler convincere solo per imporsi.
RispondiEliminaRispondo a Luca: probabilmente fu l'occasione per riflettere su cos'era la 194; sul fatto che non basta 'vietare l'omicidio' per evitare che gli omicidi si facciano.
RispondiEliminaA volte me l'hai fatta cambiare, un'idea. Mi è capitato di leggere post non il linea con il mio pensiero, di incazzarmi e poi di tornarci sopra proprio perchè il tarlo iniziava a scavare facendo rumore.
RispondiEliminaQualche brufolo c'è ancora, l'adolescenza è passata.