Dieci anni sono un intervallo interessante. Di solito, se è ancora troppo presto per il “com'eravamo stupidi”, è quasi sempre il momento in cui si smette di dire “sembra ieri”. Questo è curioso perché in effetti qualche somiglianza con ieri (le manifestazioni anti-tav, o quelle studentesche dell'autunno scorso) persiste. Eppure non c'è nessuno in giro che osi dire sembra ieri. Genova è già un termine di paragone storico: i suoi protagonisti (Agnoletto, Caruso, Casarini, i vertici della polizia italiana, Scajola, George W. Bush) sono lontani dai riflettori; l'espressione “Movimento di movimenti” nessuno la sente più da anni; il social forum nessuno si ricorda bene cosa fosse; indymedia Italia fa gli accessi di un blog di provincia. A quanto pare l'unico termine che è sopravvissuto nella memoria collettiva è “black bloc”, salvo che ormai vuol dire tutto e niente.
Di fronte a una dissoluzione così spettacolare, il primo istinto è quello di istituire un rapporto di causa-effetto con l'unico aspetto ancora assolutamente attuale dell'esperienza genovese: le mazzate dei poliziotti (quelle sì, potrebbero avercele date ieri o l'altro ieri, più o meno con gli stessi tonfa). L'ho letto da più parti: il movimento a Genova è stato “sconfitto”, ecco perché facciamo persino fatica a ricordarci cosa fosse la Rete di Lilliput o il Genoa Social Forum. Genova insomma sarebbe il migliore esempio di repressione di un movimento, una success story da insegnare a tutte i gendarmi del mondo, che dal Libano alla Spagna sembrano avere un gran bisogno di lezioni. Questo è il messaggio che rischia di passare, anche quando continuiamo a raccontare le nostre ormai decennali esperienze treno-mazzate-treno ad amici e conoscenti che, a questo punto, più che chiederci come ci siamo trovati a Genova dovrebbero chiederci cosa abbiamo fatto dopo. Ci hanno disperso, ci hanno dissuaso, soprattutto ci hanno “mostrato gli strumenti”: non ci hanno ammazzati ma ci hanno fatto capire che era un'opzione, e dopo lo choc iniziale ognuno è tornato alla sua vita; due mesi dopo sono venute giù le torri e il decennio ha preso un binario diverso.
Io ovviamente non sono d'accordo. Trovo questa versione non soltanto ingiusta – Genova non è stata la “fine” di un bel niente – ma anche in un qualche modo consolatoria. Perché se è vero che ci siamo dispersi, non sono state le mazzate a farlo. Ci siamo dispersi da soli, con calma, negli anni successivi. Alle mazzate si può riconoscere viceversa il merito di averci temporaneamente riunito in un qualcosa che il venti luglio 2001 era ancora un cartello di associazioni diverse, con storie diverse e progetti diversi, che addirittura facevano manifestazioni diverse (le maledette “piazze tematiche”) e il ventuno era un Movimento che marciava compatto, battezzato nel sangue di Piazza Alimonda e della Diaz. Da questo punto di vista Genova potrebbe anche essere considerato un inizio di qualcosa, di un “attivismo anni zero” che ha caratteri abbastanza diversi da quelli del decennio precedente.
Ora, proprio perché sono passati dieci anni di manifestazioni, è difficile rendersi conto della differenza, ma Genova non era una manifestazione come la concepiamo oggi, con un obiettivo, delle rivendicazioni precise, un comitato che la promuove, un percorso più o meno negoziato con le autorità ecc. A Genova eravamo arrivati con idee diverse, progetti diversi, e una piattaforma comune che si riduceva a uno slogan: un altro mondo è possibile. A parte questo, non c'era nessuna possibilità che un tesserato Legambiente potesse condividere qualcosa con una Tuta Bianca: se si fossero incontrati, non si sarebbero capiti, ma del resto anche questo era improbabile: dormivano in campeggi diversi, partecipavano a riunioni diverse, manifestavano addirittura in piazze diverse. Fino al diciannove. Il venti abbiamo scoperto che il manganello non faceva nessuna differenza; che le piazze tematiche erano trappole per topi, che nessun distinguo ci salvava dai pestaggi e dalle infiltrazioni. Lì forse abbiamo dato un taglio all'attivismo anni '90 e all'idea che la pluralità sia sempre un valore. Il social forum smise di essere un coordinamento di non-rappresentanti e diventò un movimento; tra l'altro fu uno di quei casi in cui l'insieme si rivelò maggiore della somma algebrica delle parti, perché molte persone che sfilarono il ventuno arrivarono a Genova quel mattino, ignorando gli inviti dei dirigenti dei DS che nella notte avevano ordinato alla Sinistra Giovanile di non salire sui treni e disdire le corriere. Il risultato fu abbastanza spettacolare: il venti c'erano ancora tute bianche, anarcoinsurrezionalisti, cattolici lillipuziani, rifondaroli, attacchini, sindacalisti; il 21 c'era il Forum Sociale. Non era più un modo di dire: esisteva, ed è esistito per parecchio. Nella mia pigra città si fecero riunioni regolari almeno per un paio di anni, e a un certo punto i reduci del G8 erano una minoranza; la maggior parte degli attivisti a Genova non c'era andata, eppure era chiaro a tutti che Genova era stato il punto di partenza. Poi cos'è successo? Tante cose.
Cominciamo da quelle positive. I membri di quel movimento, che oggi sembrano piuttosto inclini all'elegia e alla celebrazione, dieci anni fa non ebbero grossi problemi a riconoscere i loro errori, e ad ammettere che una forza più organizzata aveva giocato con loro come il gatto col topo. La prima cosa che doveva fare il movimento per ottenere una credibilità era marcare la sua differenza coi casseur più o meno nerovestiti, e lo fece. Nel giro di un anno e mezzo riuscì a riposizionarsi: da cartello di facinorosi a movimento pacifico e pacifista. Le tappe di questo percorso furono le marce della pace dell'ottobre 2001 e del maggio successivo; la manifestazione romana anti-wto del novembre 2001 (con il disturbatore Ferrara ad agitare la bandierina israeliana), fino al trionfale forum sociale di Firenze (novembre 2002), quando centinaia di migliaia di attivisti si incaricarono di smentire le profezie vandaliche di Oriana Fallaci. L'undici settembre, e l'immediata invasione dell'Afganistan, lungi dal disperderci diedero più stabilità alla piattaforma comune, ma soprattutto ci fornirono un avversario ideologico (il neoconservatorismo filoamericano) che rese molto più semplici le adunate: non c'era più bisogno di spiegare che mondo possibile si desiderava; bastava essere contro il mondo dei neocon: la guerra infinita, uno scenario molto più concreto del Wto o degli immaginosi imperi toninegriani. Da questo punto di vista, provocatori 'soft' come Ferrara o la Fallaci ci resero un servizio enorme. Il 2003 fu la consacrazione: non solo con l'invasione dell'Iraq i “noglobal” diventavano definitivamente “no war”, ma il loro attivismo era diventato un elemento stabilizzante per tutta la sinistra: quando Cofferati, all'indomani dell'assassinio Biagi, non annullò il corteo di Roma, ma lo trasformò in un'enorme e composta celebrazione, ricalcava inconsapevolmente su una scala molto diversa quello che avevano fatto Agnoletto & co all'indomani dell'assassinio di Giuliani; ma intanto aveva dietro di sé l'esempio di due anni di manifestazioni composte e pacifiche. Insomma, se si trattasse di un film, uno potrebbe scegliere di mettere i titoli di coda sulle adunate di Firenze e Roma, e sarebbe il migliore lieto fine immaginabile: c'era una volta un movimento fatto di tanti gruppi autoreferenziali, che non si parlavano e non distinguevano infiltrati e utili idioti, e che nel giro di pochi giorni sono cresciuti, sono cambiati, sono diventati un movimento serio con obiettivi precisi (la denuncia delle violenze della polizia, il ritiro dell'Italia dall'Iraq), alcuni li ha persino ottenuti, quindi fine. Ma appunto, non è un film: e quel che viene dopo è meno esaltante. È anche molto più difficile da raccontare. Cos'è successo dal 2004 in poi?
In un certo senso, niente. A invasione dell'Iraq completata, il ritmo delle grandi manifestazioni è rallentato, e ci siamo tutti dati una calmata. Non essendo un movimento generazionale, non ha senso cercare una spiegazione anagrafica; però nella vita di grandi e piccini esistono dei cicli, e forse chi aveva vissuto l'estate terribile ed entusiasmante del 2001 dopo tre anni era semplicemente stanco. Io per esempio cominciai a sentire una certa insofferenza quando mi resi conto che non c'era ricambio: tre anni dopo eravamo sempre gli stessi, ora si trattava di incrostarci e sopravvivere in attesa di confluire nella successiva ondata, nel successivo movimento di movimenti. Nel frattempo ci furono le amministrative e nella mia pigra città i noglobal arrivarono in Consiglio, addirittura in Giunta, e quello forse fu un altro segno della fine. Più in generale, dopo aver lottato contro la globalizzazione, contro la criminalizzazione e la repressione e contro la guerra, si trattava di passare alla fase propositiva, ma per questo passaggio non eravamo pronti, ammesso che un movimento lo sia. Molte idee sfoggiate a Firenze alla prova dei fatti mostravano la loro scarsa consistenza: mi viene in mente l'esempio del Bilancio Partecipativo: quando ci mettemmo a studiare da vicino la rivoluzionaria proposta della municipalità di Porto Alegre, ci accorgemmo che poteva essere rivoluzionaria, sì, per una cittadinanza analfabeta, e che i bilanci delle nostre amministrazioni comunali o circoscrizionali erano già altrettanto aperti senza nessuna rivoluzione. Andò un po' meglio con la Tobin Tax, perlomeno se ne parla ancora come di qualcosa di serio. Per il resto, continuavano a esserci milioni di buoni motivi per dire di no: no al Tav, no alla Del Molin, no al rifinanziamento delle missioni italiane, no ai periodici sgomberi... ma a quel punto eravamo più o meno tornati al pre-Genova, alle piazze tematiche e un po' autoreferenziali. Poi, se uno vuole, nella vittoria del sì all'ultimo referendum può anche verderci un colpo di coda dei noglobal seguaci di Zanotelli (ma anche dei verdi antinucleari anni'80: in fondo se smettiamo per un attimo di mettere a fuoco le etichette ci rendiamo conto che c'è gente che manifesta da vent'anni per lo stesse cose, anche se - comprensibilmente - ogni tanto cambia berretto).
Insomma è andata così. Poteva andare meglio. Però che sia chiaro: non è stata colpa delle mazzate, anzi. Finché ci sono state mazzate, c'è stata unità di intenti, prontezza di riflessi, determinazione a reagire. Qui mi fermo, perché il passo successivo è lamentarsi che abbiano smesso di darcene, e chiederne altre. E invece no: quello che ci è mancato è la concentrazione e la determinazione per passare al passo successivo, dal movimentismo alla politica. E un'altra cosa che ci è mancata – ma qui partiranno i fischi – sono stati i leader. Per forza, il movimento era antileaderistico e acefalo per sua costituzione. Però un movimento si riconosce anche dai personaggi che riesce a formare e selezionare, e qui sta la nostra vera sconfitta. Non abbiamo creato nessuna classe dirigente; quei pochi leader che avevamo li abbiamo presi in prestito dai centri sociali o dai cobas o dalla LILA. Non ne abbiamo creati di nuovi, e sì che a un certo punto sembrava che nelle nostre file militassero gli intellettuali, gli economisti, i giuristi, i mediattivisti più aggiornati (per quanto farraginosa e caotica, indymedia nel 2001 era lo stato dell'Arte dell'informazione on line). Da tutta questa fucina di talenti non è uscito quasi niente: giusto qualche romanzo, qualche pezzo celebrativo ogni estate verso il venti luglio, tutto qui.
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Primo! (ah, scusa, non è spinoza.it)
RispondiEliminaCondivido in parte l'analisi. Soprattuttto che non finì tutto solo con le manganellate. Per cui mi per cercare di portare un contributo utile concentro sulle differenze.
(per inciso: perché "Maledette" piazze tematiche?)
In primis: sarà che.. città diversa, esperienze diverse: noto molte differenze. La più sostanziale è che si, almeno da noi, l'immediato dopo Genova fu il momento in cui - complici i manganelli - si tornò a dividersi, dopo un percorso comune verso Genova che aveva unito più o meno tutti.
E' vero che in un certo senso le manganellate hanno unito, ma probabilmente un gruppo più piccolo, contribuendo a scavare un solco con chi non era disposto a giocare a certe regole. (E magari aveva avvisato prima, che senza assolita chiarezza e condivisione su obiettivi e modalità i guai erano certi)
Ricordo esattamente la prima riunione locale post Genova di rete lilliput / forum sociale, che allora si divisero; il maggior protagonismo dei partiti e le grosse iniziative successive, ma con un continuo retrogusto fatto di distinguo e disillusione, e progressivo tornare nei propri ranghi, iniziato proprio a Genova.
Chi gridava assassini a tutte le divise da una parte, e chi come noi organizzava incontri con i sindacati di polizia (son venute fuori cose interessanti) per parlare di quel che era successo.
Già a Firenze molti come me non andarono (non trovando la forza o le ferie), più stanchi o concentrati ad "agire localmente".
Poi.. un po' di ricambio nei primi anni; giovani (e non solo) nuovi, e alcuni abbandoni. Il ritorno al "fiume carsico", quello un po' si, l'ho visto chiaramente. Il realizzarsi di modalità nuove - l'essere "il cambiamento che si vuole vedere nel mondo", a cominciare dalle cose banali, come i gruppi d'acquisto solidale. Il diffondersi di modalità partecipative nuove (open space tecnhology, teatro dell'oppresso..) eccetera.
Il metodo del consenso, fatto bene. In certi casi travolto da truppe cammmellate che han portato modalità vecchie da parte di chi poi ha fatto la sua lista civica, svuotando movimenti e associazioni - ma vabbeh, ognuno ha i suoi sassolini nella scarpa.
E si, pure una grossa continuità - alcuni di quelli che oggi erano a raccogliere le firme per l'acqua bene comune e contro il nucleare, (e prima del referendum, la legge d'iniziativa popolare, e prima ancora.. ci siamo capiti) erano già a far la catena umana a Caorso.
Nessuno più dice "moltitudini" (per fortuna) ma molti temi e parole d'ordine di allora sono diventati comuni, quando non maggioritari (che è il punto in cui mi vengono dei dubbi sulla loro correttezza).
Sembra persino che chi ci diede le mazzate ci rubi oggi le analisi e tesi di allora.
Movimento disperso si, ma non sprecato.
Chissà se la mancata rappresentanza politica non sia stata in fondo un bene.
Questa è la mia esperienza - un po' diversa, non così diversa. Spero non sia troppo noiosa
spiacente per i refusi..
RispondiEliminaAcuta analisi. Tuttavia non penso che l'esperienza di Genova 2001 sia stata inutile e/o non abbia lasciato nulla dopo di sé.
RispondiEliminaCerto, le esigenti aspettative di chi partecipò con le sue idee e la sua passione alla contestazione del G8 e alla proposta di un'alternativa (in uno dei vari rivoli del movimento, ai quali accennavi nel post), nel loro complesso, possono essere state frustrate o dolorosamente smentite da ciò che è accaduto nel decennio successivo; ma se misuriamo quel movimento con un metro meno severo e "impaziente", il bilancio non è catastrofico.
Per quella che è la mia esperienza, posso dire che - almeno nella zona d'Italia in cui vivo - è grazie all'esperienza e alle speranze del Social Forum di Genova (e anche alle delusioni prodotte da quella storia, certo) che si sono formate le persone che oggi costituiscono il cuore "appassionato" e il cervello del movimento che in questi anni - crescendo pian piano e non senza difficoltà - si è occupato di temi come la natura di "bene comune" dell'acqua, fino a farne una questione importante, o comunque non eludibile, del dibattito politico di questi tempi. Una generazione, e una nuova stagione di "movimenti", si è formata grazie al Social Forum; molte di quelle persone sono oggi più interessate ai nodi e alle questioni di oggi, e alla loro evoluzione nell'immediato domani, che alla rievocazione dei fatti del 2001, ma penso che quell'esperienza la portino con loro, e riescano in qualche modo a trasmetterla anche alle persone più giovani dei "movimenti", ai loro fratelli minori - per così dire - che nel 2001 erano troppo piccoli per partecipare.
Poi, è certamente vero che il movimento di Genova 2001 non ha prodotto leader; ma non credo che questo sia l'unico elemento da considerare e dal quale far dipendere il nostro giudizio su quelle vicende. Se oggi i movimenti sono più consapevoli, forse anche più prudenti ma non per questo meno determinati, secondo me lo si deve anche ai fatti di Genova.
contribuisco .
RispondiEliminase poi non ti piace quel che dico , cancellalo pure , ma restera' come un lievito, nel mio cuore, ed io posso parlare con molte persone in real life.
Sono figlia di un maresciallo di polizia, reduce di prigionia in india. Tanto per farti capire. Ho vissuto gli anni delle br , con mio padre in C. Europa a fare pattuglione, e allora il ministro degli interni i poliziotti li metteva li con il mitra spianato e le pallottole chiuse a chiave in ufficio : bersagli mobili di carne, al vostro beneplacito, signori Brigatisti , o fascisti, e cosa gliene fregava ai ragazzi in divisa , da chi veniva la morte?! Certo , passarono anche quelli di anni.
Io lo so , l'ho vissuto.
Ma parliamo del G8 di Genova. Mio padre non c'era piu',io sono solo una residente che esce col suo cane a passeggio e trova i giardini fioriti di tende , e si impegna a parlare coi ragazzi che vede, stanchi , spaesati , venuti giu' da tutta l'europa, a farsi presenti , a dire il futuro e' nostro , non potete decidere senza noi.
Non c'era la minima traccia di violenza o di voglia di guerra.
Mi sentii molto madre.
Poi passai il pomeriggio a sentire le voci su internet, forum dove parlando creammo quello che oggi vivo un po' su Twitter . Ho sentito lo stesso "profumo" durante i giorni del #quorum.
E allora capii.
Mi prese una frenesia , come quando sai che sta per succedere qualcosa di grosso, grave, e le vittime designate non se ne accorgono.
Andai alla Diaz, cercai " chi comanda , qui?" a chi potevo parlare...ma era una comune senza capi, parlai forse con qualcuno della stanza delle radio.
Ma andando via , mi veniva da piangere , sentivo che non mi avevano capito.
Gli avevo detto che avevo capito che volevano usarli per dare un segno , per dare un messaggio chiaro su chi comandava in Italia, per farsi guardare dal mondo.
Non avevano bisogno di loro, per iniziare.
Usavano la digos, i finti balordi che usano per sgamare gli spacciatori.
I black block , noi genovesi li abbiamo visti , parlare coi poliziotti anti sommossa, li abbiamo visti confabulare con loro, e dirigere persino le cariche.
la distruzione di Genova era nel cuore dei politici capi , gia' prima. del G8. E' stata programmata a tavolino.
E i genovesi lo sanno.
E non dimenticano.
Quando successe il macello , io ero a casa , e urlavo e piangevo, a sentire le voci sulle radio libere, a leggere i post sullo schermo.
Mi sono sentita inerme, mi sono sentita come una madre a cui torturano i figli.
E non posso dimenticare.
Io so cosa vive un poliziotto, ma so anche in che ambiente sta, e quante menti malate si incistano nell'ambiente dove devi per forza metabolizzare la violenza.
Hanno usato metodi di guerra , sui nostri figli.
E cmq, pagheranno .
il movimento non ha prodotto leader probabilmente perché non c'è gusto a provare i leader in una situazione del genere (tutti che ti tirano merda addosso di defaut) e perché chi ha o aveva le qualità per fare il leader era necessariamente abbastanza intelligente da rendersi conto che fare il leader di movimento, se non impossibile, diventa un lavoro di merda.
RispondiEliminacomunque mi pare che quelle lotte abbiano prodotto altre lotte e messo in luce altre persone che battono e i sono battute egregiamente, senza coprirsi di vergogna come quelli che pontificavano con il ditino alzato mentre studiavano come ereditare il ruolo di Giuliano Ferrara
Sui leader, mi permetto di non concordare. Credo che la figura di Vittorio Agnoletto sia invece positivamente emblematica. Medico, impegnato nella lotta all'aids da anni, fu scelto come portavoce di tutti per la sua storia e perche' la battaglia contro i brevetti sui farmaci era una battaglia considerata fondamentale. Per la prima volta un "leader" veniva dalla societa' civile. Io conobbi agnoletto negli anni Novanta quando girava la notte a Milano con il furgoncino della Lila ad aiutare drogati, prostitute e prostituti. Ma ero lo stesso che era andato in Africa e nei Balcani. Ed anche che pubblicava sulle maggiori riviste scientifiche del mondo. Forse non e' un caso che in questi anni, anche in rete, si e' scatenata ustrana pratica di discreditamento della sua persona, spesso descritto come un nullafacente, estremista o venduto... Eppure lui in questi anni ha continuato il suo lavoro senza vendersi. E' stato per cinque ani al parlamento Europeo ed ha avuto il record di presenze. Poi e; tornato a lavorare su aids e diritti. Inotre, uun appello: Agnoletto e' l'unico "volto noto" che ha continuato in questi anni a chiedere la verita' su genova. Il suo ultimo libro "L'eclisse della democrazi" (appena uscito con Feltrinelli) fa nomi e cognomi. Per questo, in tutti quesi anni, ha subito minacce, strani avvertimenti segnali. Non isolamiolo. E' molto pericoloso...
RispondiEliminaNo no no!
RispondiEliminaLe mazzate ci hanno fatto fuori, Leonardo. Insieme al precariato, all'antiterrorismo, al berlusconismo, al girotondismo...
Scusa, ma questo e' l'articolo piu' brutto che ho letto nel tuo blog da tre anni a questa parte.
La piazza era pancia e volonta'... Firenze e il Circo Massimo l'hanno trasformata in un carosello. Volemose bene tutti quanti viva la pace abbasso i cattivi. Questo ha portato a un riequilibrio dissennato dei rapporti di forza, del tipo che la questione dell'ordine nei cortei ha surclassato del tutto la violenza vitale degli stessi... di tanto in tanto, poi, si trovava una scusa qualsiasi per sfondare porte e requisire hard disk, mettere dentro e menare le mani contro studenti terroristi, entrare in CPT e battere un par di migranti contro i muri.
Ho amici che hanno paura se un controllore in divisa chiede di mostrare il biglietto del treno, che ancora zoppicano per le botte di qualche medagliato promosso sadico criminale nazista in divisa. Genova non passa cosi', e poi finalmente siamo tutti insieme e facciamo i boyscout abbracciati a cofferati.
No no no.
Genova e' stato l'episodio piu' scuro nero e inesorabile della storia repubblicana.
E il tuo post e' revisionista quanto un articolo di curzio maltese.
Scusa, gira il cazzo, a me fanno ancora male gli occhi per quello che ho visto laggiu'.
Fritz
Che intendi - in generale - per assassinio?
RispondiEliminaE davvero nell'Italia di questi ultimi 10 anni c'è stato "un movimento serio con obiettivi precisi (la denuncia delle violenze della polizia, il ritiro dell'Italia dall'Iraq), alcuni [dei quali sarebbero stati] persino ottenuti"?; in particolare: davvero vuoi arrivare a sostenere il ritiro dall'Iraq dei nostri guarda-pozzi armati è stato conseguenza delle proteste di un qualche (serio) movimento?
"A Genova eravamo arrivati con idee diverse, progetti diversi, e una piattaforma comune che si riduceva a uno slogan: un altro mondo è possibile"; ok, puoi farmi qualche esempio?, tu e quelli che stavano insieme a te, per esempio: cosa avevate progettato? come era fatto il vostro altro mondo possibile?
Ciò detto, io non mi stupirei più di tanto se del ""movimento" no-global" orami ci si ricorda solo dei black bloc; in fondo erano gli unici che facevano qualcosa di preciso: distruggevano cose (secondo alcuni con un criterio più o meno prestabilito, secondo altri a casaccio).
L'altra faccenda interessante di Genova per me fu la pretesa di violare la zona rossa: insomma, è giusto o meno che uno stato abbia il diritto di requisire un pezzo di città per una piacevole ospitata di regnanti e mercanti d'armi?
Poi boh, vi sarete pure dispersi, e magari come dici tu, non per le manganellate... però a me pare che non vi eravate nemmeno aggregati.
@atlantropa
RispondiEliminaho considerato l'ipotesi di rispondere seriamente alle tue domande, ma -a parte il tempo- di fronte al tuo malcelato disprezzo disprezzo (anzi, abbastanza esplicito, ma potrei interpretare male) temo sarebbe alquanto inutile. E di come dalle prime campagne (99 - 2000) sia nata un'idea più grande -guardare ai legami che c'erano tra problemi di diritti umani, ambiente, economia, governance mondiale e trarne le conseguenze-, idea che ha tenuto assieme i soggetti più diversi, l'abbiamo già raccontato troppe volte.
Aggregati lo eravamo - ma in un movimento talmente vasto e variegato che son bastate poche scintille (comprese le mazzate, nella mia esperienza) per iniziare a disgregare.
Per di più oggi, quando anche i vari tremonti e sgherri che allora ci manganellavano si sono molto avvicinati alle posizioni e alle analisi di allora, costretti dall'attualità - le crisi croniche, i meccanismi del debito, i volumi della finanza globale che sono talmente più grandi dell'economia reale da poter mettere in ginocchio anche i paesi del "nord del mondo".
Da cui -semplifico, ma è così- i tagli agli asili mentre spendiamo di più in armi.
Forse una cosa che è cambiata da allora è proprio questa: l'idea di agire per un senso di giustizia e per tentare di alleviare gli squilibri maggiori, ma da una posizione sostanzialmente privilegiata, ha lasciato il posto -eppure lo sapevamo- ad una più presente e inquietante consapevolezza che ci siamo pure noi "ricchi" nel frullatore.
Forse anche per questo oggi concetti come "bene comune" sono molto più popolari, e motle più persone (anche fuori dai soliti circoli dei già sensibili) praticano piccole alternative (lanciate soprattutto allora: i gruppi di acquisto solidale -che in certi casi svolgono proprio un opera sociale nei confronti dei più poveri- le mag, i prodotti locali e di stagione, i prodotti bio, gli orti urbani, la banca etica, eccetera) e sono più attente ai modi in cui consumano.
Riguardo Iraq. etc., tu sostieni che non c'entri nulla la mobilitazione popolare e/o la totale inutilità dei mezzi democratici di dissenso e dell'opinione pubblica rispetto alle scelte del governo di un paese?
A me sembra che dei passi indietro vengano fatti per molto meno di quel che è successo per l'iraq - forse mi sfugge qualche oscuro motivo di geopolitica.
@Anonimo Fritz,
"la violenza vitale dei cortei"??
Ecco, appunto.
Ciao anonimo,
RispondiEliminaanche se le mie domande erano rivolte all'OP, grazie per la tua risposta.
Riguardo alle guerre di pace.
A me pare che il nostro glorioso esercito se ne sia andato dall'Iraq quando Prodi ha "vinto" le elezioni; ma a quell'epoca il mezzo milione di vittime indigene era bell'e fatto.
Io 'sto fantomatico movimento pacifista italiano davvero faccio fatica ad identificarlo con qualcuno in carne ed ossa; però pure ammesso che sia esistito, cosa può rivendicare? che il "nostro" esercito non ha preso parte all'ultima parte (forse la meno insensata) della guerra?, non mi pare chissà quale raggiungimento...
A latere mi è parso pure che da quando quel clima grigio in stile 1984 da guerra eterna è stato soppiantato dalla rutilante retorica di pace del nuovo mister president, si manifesti molto meno.
Riguardo al movimento ed alle sue idee.
Mi parli di "guardare ai legami che c'erano tra problemi di diritti umani, ambiente, economia, governance mondiale e trarne le conseguenze"; cioè in pratica?, spiegami qualcosa perchè davvero non capisco.
I diritti umani sono stati inventati per poter processare ex-post il "nazista" di turno, ed è proprio nel loro nome che si fanno le guerre di pace.
L'ambientalismo si riduce sempre più spesso ad una classificazione degli elementi della tavola periodica in buoni e cattivi.
Le proposte del movimento in tema di economia mi pare siano roba tipo mercato equo e solidale, decrescita felice e compagnia; come ci imposti una politica economica nazionale?
La governance mondiale non so nemmeno cosa sia.
Di fatto l'economia è globale da almeno un secolo - vedi Hobsbawm sulla prima guerra mondiale. Un secolo in cui qui da noi si è passati attraverso le cose più disparate (guerra, crisi economica, piena occupazione, ...) eppure fino a quando le conseguenze negative della globalizzazione potevano rimanere sotto il tappeto dell'altrove - nel senso che eran cazzi di qualcun altro - non mi è parso che ci si sia mobilitati più di tanto.
Ragion per cui tutta questa solidarietà verso chi soffre io francamente non ce la vedo; nè a livello di proposte, nè a livello del sentire profondo.
Poi mi dici che Tremonti si è avvicinato alle vostre "analisi"; ecco, sei sicuro che ciò sia sinonimo di "avevamo ragione noi"?
E poi se davvero 'sto movimento non è sopravvisuto alle manganellate, non è che forse i suoi ideali non erano così sentiti?, perchè a me pare che certe religioni ci mettan niente a raccattare un martire, sia pure per un ideale di quart'ordine.
Approfitto sfacciatamente dell'ospitalità del padrone di casa :)
RispondiEliminaMi parli di "guardare ai legami che c'erano tra problemi di diritti umani, ambiente, economia, governance mondiale e trarne le conseguenze"; cioè in pratica?, spiegami qualcosa perchè davvero non capisco.
Semplicemente il “fare rete” ed avere una prospettiva più ampia: io che mi batto contro la tortura degli attivisti che si battono contro il lavoro minorile in condizioni di schiavitù ed i danni ambientali legati a quel lavoro, magari posso anche collegarmi con chi se ne occupa e chi si appella alle aziende che ne importano i prodotti.. e così via, in una progressione che ha unito soggetti molto diversi. Scusa ma non son capace di sintetizzare anni i poche parole.
Sulle definizioni che dai di diritti umani e ambientalismo sorvolo, sarebbero dei post a parte. Permettimi solo di dire che mi sembrano come minimo troppo riduttive e irrispettose nei confronti di storie lunghe e spesso nobili. La Dichiarazione Universale è una tappa fondamentale di un percorso che spero sia unanimamente riconosciuto come una conquista dell’umanità.
Le proposte del movimento in tema di economia mi pare siano roba tipo mercato equo e solidale, decrescita felice e compagnia; come ci imposti una politica economica nazionale?
Ecco, “roba tipo” quella che accenni (non ti piace proprio, eh?) e l’agricoltura biologica, i prodotti locali e di stagione, i gruppi di acquisto solidale, i beni comuni, in generale la maggiore attenzione ai consumi ed alle loro implicazioni. Oggi molte cose sono acquisite (persino nella grande distribuzione, ci sarebbe da discutere, certo, ma non sono più robe di nicchia di una manciata di idealisti).
Il famoso cambiamento dal basso, difficilissimo ma forse l’unico che attecchisca. Lentamente, infatti qualcosa è diventato “politica” grazie ad una base culturale ormai diffusa, altro no – paghiamo ancora le multe per le quote latte, invece di usare quei soldi, ad esempio, per azioni di promozione del territorio, incentivi al prodotto locale e di stagione, eccetera; incentivi alle energie alternative li abbiamo, ma li stiamo tagliando, così come tutto il sociale –dalla sanità ai disabili agli asili, mentre le spese militari son le uniche che non risentono di alcuna crisi. Poi c’erano le proposte di sistema (macro economiche), proprio su quei temi che si fan sentire oggi, ma eviterei di aprire pure questo capitolo
La governance mondiale non so nemmeno cosa sia.
Scusa la definizione ambigua, mi riferivo alla messa in discussione di un sistema in cui –la critica di allora- il destino di interi paesi poveri sarebbe deciso da poche persone a porte chiuse.
[finché] eran cazzi di qualcun altro - non mi è parso che ci si sia mobilitati più di tanto. Ragion per cui tutta questa solidarietà verso chi soffre io francamente non ce la vedo; nè a livello di proposte, nè a livello del sentire profondo.
Oddio, adesso dover dimostrare la sincerità dei miei ed altrui sentimenti mi pare un po’ eccessivo. Però scusa – altro caso per cui di fronte a certe lenti qualunque cosa fai sbagli – allora le critiche erano solo ed esclusivamente di segno opposto: siete buonisti utopici, non vi preoccupate delle conseguenze per noi se miniamo le basi del sistema, non si può azzerare il debito,), eccetera.
Oltre alla cooperazione, la solidarietà internazionale (adozioni, microprogetti) ha una storia pluridecennale di una certa continuità. Insomma, se non proprio la vedi mi sa che è un problema del tuo punto di vista.
Una peculiarità del movimento di Genova, poi, era l’internazionalità. Movimenti contadini, associazioni e sindacati del sud del mondo erano spesso i protagonisti.
Infine, non sostengo che il “movimento” sia finito: solo che a mio parere non c’è mai stata prima, e dopo, un’unità ed una sintesi come a Genova. Prima c’eran strade diverse, e anche dopo - talvolta originali, talvolta non han prodotto nulla, talvolta han seminato bene, spesso c’è stata continuità con movimenti successivi.
[Continua. Scusate.]
Non voglio mettere il cappello di genova a tutto -tutt'altro-, ma altrettanto errato sarebbe negare che sia stata una tappa imporante per molto di quello che è venuto dopo.
RispondiEliminaSe poi ci sono strade alternative, nuove, di frattura – per affrontare anche solo un problema o mirare ad una società più solidale e sostenibile, ben vengano.
Guerre.
mah, libero tu di sminuire il “fantomatico” movimento pacifista italiano – che non esiste e se esiste non può rivendicare alcunché, neanche l’aver mobilitato milioni di persone –di cui molte magari non sapevano neanche cosa fossero i corpi civili di pace, ma almeno erano unite dall’idea che no, il mio paese invasore in una guerra pretestuosa non lo voglio.
Ok, che una cosa che a me (pur vissuta da lontano) ha sorpreso per vastità e varietà, e che mi sembrava fin troppo di fioretto nel discutere delle strategie e delle filosofie, della differenza tra nonviolenza e pacifismo, della possibilità di una effettiva forza di polizia internazionale.. a qualcun altro sembri neanche esistere, ci sta, soprattutto con una certa situazione dei media.
Ma qui si viene all’altro punto, che vale in generale, e che sintetizzo così: se manifesti hai torto, se non manifesti hai torto. Parto dalla fine – dal particolarissimo: io – e non sono l’unico – da un sacco di tempo –da molti anni prima di Obama presidente- semplicemente non ho più il tempo, la forza, le ferie per partecipare alle iniziative nazionali. Saran contenti quelli (e son tanti) che dicevano che manifestare e mobilitarsi in generale è inutile. Che poi son gli stessi che ti criticano se non ti vedono fare nulla per la Siria (ecco, magari il punto è proprio che loro non ne hanno notizia, e neanche tanta voglia di informarsi). O magari si aspettano davvero che tutti i giorni ci sia una manifestazione di milioni di persone, così, per principio. Ho manifestato o sostenuto chi si impegnava per obiettivi plausibili, ho fatto il mio percorso abbastanza complesso (se uno vuole studiare il campo è sterminato) ma mi sento sempre chiamato a rispondere di presunte incoerenze di chissachì (magari l’ultimo arrivato che cerca di cavalcare.. vecchia storia). Da allora non finisce di stupirmi la ferocia di certa gente, chiamiamola poco altruista per esser buoni, contro chi almeno si pone i problemi.
Stesso trattamento per il movimento di Genova (e prima, e dopo). Io non sono un tuttologo e non voglio esserlo, nel contesto di un commento posso solo fare un elenco di argomenti e qualche accenno alla mia esperienza, a quel che ho potuto approfondire, alle buone compagnie, alle competenze cui ho potuto affidarmi – ho visto spesso persone coerenti e competenti da una parte e interessi difesi con ogni mezzo dall’altro, ma non per questo penso manicheamente di avere ragione. E l’avvicinarsi di Tremonti no, non la vedo come una conferma: rilevavo solo che molti nodi di allora sono ancora attualissimi, e che (oggi che lo strapotere della finanza rispetto all’economia reale non solo condiziona, ma mette in ginocchio anche paesi ricchi) lo riconosce anche chi voleva metterli a tacere.
Poi mi taccio che ho già approfittato troppo
http://www.ilmanifesto.it/area-abbonati/in-edicola/manip2n1/20110721/manip2pg/01/manip2pz/307057/
RispondiEliminatanto per restare in tema
E vabè, che ti aspettavi? Che il 'movimento' si sarebbe dissolto si sapeva anche nel 2001. L'importante è che siano state diffuse alcune idee che piano piano si sono radicate.
RispondiEliminaIo ho partecipato a Firenze. Ovviamente saltando tutti i dibattiti e divertendomi come un matto con la musica in strada (Rage Against the Machine e System of a Down... bei tempi).
Mi ricordo che nel 2001 il fotovoltaico era fantascienza. Adesso è normale vedere il tettino della villetta con il pannello. Fa quasi sbadigliare dalla banalità.
Ridicolizzare i marchi delle multinazionali era rivoluzionario e liberatorio. Adesso lo fanno tutti. Beppe Grillo in primis.
L'equo solidale era una cosa di cui meglio non fidarsi (chissà che ci mettono dentro). Adesso lo vendono anche alla Coop.
La famosa 'logica dello scontro di civiltà' con W. Bush e co.? Relegati a 'periodo buio'. Adesso c'è Obama. Un tantino differente.
naturalmente la descrizione di fenomeni complessi è difficile e rischia di essere parziale. diciamo che non è il rischio, ma una sicurezza.
RispondiEliminasi organizza una maxi manifestazione con un minimo comune denominatore: un altro mondo è possibile.
non è necessario specificare quale: ognuno s'immagina il suo. mica serve che sia lo stesso per tutti, sennò addio maxi manifestazione.
alcuni hanno rimestato nel torbido (compresi quelli che dichiaravano guerra allo stato annunciando che avrebbero gettato i loro corpi oltre la linea rossa...).
alcune cose sono entrate nel sentire comune (quante riunioni di condominio sui pannelli solari?) e complice un terremoto sono state bocciate ancora le centrali nucleari e ribadito che forse cedere la gestione dell'acqua alle multinazionali non è sano, ecc.
salto tutta la parte di noiosi e confusi commenti e vado alal fine:
prima di natale ci sarà l'apice della nuova protesta studentesca che (da come sta mazzolando 'sto governo) facilmente si salderà con rivendicazioni di operai e precari... organizziamo un premio per il nome più fantasioso? pantera, onda, primavera...
fino all'inizio della primavera, poi (cazzo) ci so' gli esami. come tutti gli anni.
se berlusconi resiste al governo ci sarà un autunno-inverno fantastico: scioperi, cortei, manifestazioni grandiose...
si potrebbe arrivare di slancio alle elezioni... per fare cosa?
far cadere un mollaccione governo di centrosinistra sulle missioni all'estero? o magari sulla riforma della scuola?
insomma minimo comun denominatore o massimo comun divisore...
Anonimodicuisopra,
RispondiEliminanon so, ma mi pare che alla tua "analisi" sia sfuggito qualcosa.
E.g., la decrescita la fa:
a) chi vuole;
b) chi è già cresciuto;
ora, vai tu dagli indiani a spiegar loro che devono tener spento il condizionatore d'aria sennò riscaldano il pianeta?
Nel frattempo apprendo che è per Genova se "adesso è normale vedere il tettino della villetta con il [sic] pannello".
Stupido io che credevo lo si dovesse alla folle politica degli incentivi, ed alle ricerche sui semiconduttori di fisici ed ingegneri dei materiali.
Da quando poi "l'equo e solidale [...] lo vendono anche alla Coop" [altro spinoff di Genova?] in America Latina il pueblo gira in Mercedes.
Poi "la famosa 'logica dello scontro di civiltà' con W. (sic) Bush e co." ormai "relegati [sic] a 'periodo buio'. Adesso c'è Obama [altra coneguenza di Genova?]. Un tantino differente", specie per quelli che son morti sotto le bombe dei droni di pace.
E tutto questo al prezzo di soli canti e balli; è davvero l'era dell'ottimismo.
@atlantropa
RispondiEliminaHo raccontato solo la mia umile esperienza di vita...
Quote: Stupido io che credevo lo si dovesse alla folle politica degli incentivi, ed alle ricerche sui semiconduttori di fisici ed ingegneri dei materiali.
E che parolona... Incentivi? Io al tempo mi informai, ma se non sganciavi migliaia di euro di tasca tua potevi scordartelo il pannello (sic). Gli incentivi erano quattro spicci. Non so, magari lo Stato è diventato Babbo Natale nel frattempo...
Quote: Da quando poi "l'equo e solidale [...] lo vendono anche alla Coop" [altro spinoff di Genova?] in America Latina il pueblo gira in Mercedes.
È possibile... a me non piace la Mercedes, troppo ingombrante per il parcheggio.
Quote: Poi "la famosa 'logica dello scontro di civiltà' con W. (sic) Bush e co." ormai "relegati [sic] a 'periodo buio'. Adesso c'è Obama [altra coneguenza di Genova?]. Un tantino differente", specie per quelli che son morti sotto le bombe dei droni di pace.
Ripeto con copia-incolla: La famosa 'logica dello scontro di civiltà' con W. Bush e co.? Relegati a 'periodo buio'. Adesso c'è Obama. Un tantino differente.
Quote: E tutto questo al prezzo di soli canti e balli; è davvero l'era dell'ottimismo.
Eh già, mi sa proprio che non è la tua era... :)
Scusami, per te il 5% del debito pubblico son quattro spicci? (no, perchè se è così con ottanta spicci lo ripianiamo, magari te ne occupi tu...)
RispondiEliminaPer mera curiosità: al netto delle fanfaronate in che cosa differirebbero la politica estera statunitense dello scontro di civiltà e quella della speranza?
Ciao, Rocco.
PS: e comunque hai ragione, non è proprio la mia era.
Ok. Vedo che hai accesso alla stanza dei controlli e dei bottoni e da lassù vedi che lo Stato Italiano è diventato Babbo Natale.
RispondiEliminaIo invece sono ancora quaggiù e vedo che a fronte di una spesa (per me irraggiungibile) di 21.000€ di pannelli (sic), si comincia a risparmiare soldi dopo 8 anni, che per me sono irraggiungibili. Per pannelli (sic) più piccoli, il guadagno si riduce ulteriormente. Quattro spicci, insomma.
La politica estera americana non è cambiata per niente, salvo che il tuo caro W. Bush (sic) ha invaso un paese con una decisione unilaterale e pretesti falsi ("Eppure eravamo sicuri che avessero la Bomba-Fine-di-Mondo! Sicurissimi!"), contro gran parte dell'opinione pubblica, con una retorica della serie "noi cow boy rudi ma buoni contro loro cattivi con il turbante", con l'unico vero motivo di "finire quello che aveva iniziato babbo" e con esiti disastrosi. Obama invece ha preferito migliorare la sanità.
Per il resto non è cambiato nientissimo (sic).
Leonardo, dici cose interessanti e vere.
RispondiEliminaIo i cojoni me li ero già ritto dopo il '99 e la finaccia del movimento contro la guerra della Jugoslavia e già avevo ravvisato molti limiti nel "movimento dei movimenti" ed in molte delle su e componenti, in primis quegli spocchiosi delle Tute Bianche. Il vero problema era la debolezza ideologica e la miopia diffusa. Pensa un po' che quasi quasi la famosa Tobin tax adesso la fa Sarkozi.
L'unico effetto positivo che ho visto in tutta la vicenda sino al 2005, anno che più o meno sottolinei anche tu, è oggi la ritica al capitalismo non si fa più solo nelle catacombe. Ma per questo dobbiamo ringraziare anche i pasticci dei banchieri e gli agenti della CIA (Osama Ben Laden incluso). Ma alla lunga le cose cambiano.
Giovanni gnicosia@inwind.it
VERSIONE CON ORTOGRAFIA MIGLIORATA: prego cancellare il mio precedente.
RispondiEliminaLeonardo, dici cose interessanti e vere.
Io i cojoni me li ero già rotti dopo il '99 e la finaccia del movimento contro la guerra della Jugoslavia e già avevo ravvisato molti limiti nel "movimento dei movimenti" ed in molte delle su e componenti, in primis quegli spocchiosi delle Tute Bianche. Il vero problema era la debolezza ideologica e la miopia diffusa. Pensa un po' che quasi quasi la famosa Tobin tax adesso la fa Sarkozi.
L'unico effetto positivo che ho visto in tutta la vicenda sino al 2005, anno che più o meno sottolinei anche tu, è oggi la critica al capitalismo non si fa più solo nelle catacombe. Ma per questo dobbiamo ringraziare anche i pasticci dei banchieri e gli agenti della CIA (Osama Ben Laden incluso). Ma alla lunga le cose cambiano.
Giovanni gnicosia@inwind.it
@Atlantropa d'accordo nel giudicare fanfaronate le "risposte" del tuo interlocutore. Sugli incentivi ai pannelli però ha ragione lui. Avevo comprato casa nel 2008 e speranzosa mi ero informata. 18.000 euro di spesa e forse, perché non era affatto certo che me li avrebbero dati, 2 mila di contributi (e credo che ad alcuni che li avevano messi, contandoci, i soldi non arrivarono mai, perché nel frattempo gli incentivi furono aboliti). Ora il totale sarà anche una cifra considerevole, ma dal punto di vista di chi compra sono davvero spicci. Ammetto che se avessi avuto quella cifra anziché il pannello mi sarei comprata una casa in cui entrassero i raggi del sole qualche ora al giorno - erano giusto i soldi in più che ci sarebbero voluti :-(
RispondiEliminaNo, un attimo, io con "fanfaronate" intendevo non le risposte del mio interlocutore ma proprio i mille discorsi obamiani sui futuri radiosi dell'umanità, come ad esempio la promessa di chiudere Guantanamo e - visto che qualcuno li ha tirati in ballo prima - restituire diritti umani ad uomini che dai suoi simpatici compaesani ne eran stati privati del tutto.
RispondiEliminaLa mia domanda era dunque: "al netto delle belle parole, cosa cambia nella politica estera USA?"; che poi il mio interlocutore mi abbia risposto in modo discutibile è comunque altro discorso.
Sui pannelli la metterò giù in termini grossolani, ma spero adeguati - rimando nuovamente qui per un approfondimento.
Premessa: con quello che c'è in natura il rendimento di una cella fotovoltaica è basso (se dio esiste, è un po' somaro in tema di semiconduttori); per poter iniziare a ragionare è necessario disporre di ""nuove tecnologie"", ""nuovi materiali"", insomma roba su cui abbia messo mano l'Uomo.
Il calcolo del costo del kwh è oggettivamente complesso - a seconda di quanti addendi decidi di infilare (e quindi dei tuoi pregiudizi) otterrai un certo risultato (il più vicino possibile a quello in cui ti fa comodo credere). Tuttavia solitamente si riesce a convenire che rispetto alle fonti "tradizionali", il fotovoltaico è penalizzato da un costo significativamente più elevato (ciò è ""vero"" in generale - e generalmente in misura maggiore - per le altre rinnovabili). Per questo motivo esistono gli incentivi: le rinnovabili non sono economicamente competitive con le tradizionali, ma agli occhi del potere politico presentano un altro tipo di vantaggio, e pertanto lo stato caccia di tasca sua dei danari affinchè le si utilizzi più di quanto sarebbe stato possibile "lasciando fare" al "libero mercato".
Questo, però, non vuol dire: ad ognuno il suo pannello solare gratuito (o la sua pala eolica gratuita, o la sua diga gratuita), esattamente come l'incentivo sulla rottamazione di una macchina "vecchia" non significa "macchina nuova gratis."
E infatti con gli incentivi i grossi guadagni li han fatti le solite società anonime lussemburghesi (quelle che dalle mie parti hanno letteralmente ridotto in schiavitù i due/trecento poveracci di turno per fingere di rispettare i termini (vincolanti per poter intascare il malloppo) di consegna di un parco fotovoltaico).
Col fotovoltaico un privato cittadino mediamente benestante (magari lo stesso che va di biologico/equo/solidale/etico), a fronte di un investimento iniziale in perdita, può tornare in pari nel medio termine; per lui gli incentivi dovrebbero comportare la riduzione di questo intervallo di tempo.
Di fatto per fare tutte queste belle cose - che comportano un qualche tipo di vantaggio solo per pochi - tutti dovranno pagare un fio bello elevato.
Scusate, dico ancora un po' di fanfaronate e poi vado a lettino che domani lavoro.
RispondiEliminaQuote: le rinnovabili non sono economicamente competitive con le tradizionali, ma agli occhi del potere politico presentano un altro tipo di vantaggio.
Non so cosa rappresentino le rinnovabili "agli occhi del potere politico" e non mi esprimo in proposito. So comunque che esistono cose chiamate "emissioni Co2", "instabilità nei paesi petroliferi" e "picco di Hubbert". E mi sembrano problemi più concreti di dietrologie varie.
Con questo non voglio certo giustificare il caso di cronaca della schiavitù degli immigrati in Salento, che resta una cosa gravissima. Ma anche piuttosto irrilevante per la presente discussione.
Scusate ancora se vi tedio con fanfaronate. D'altronde le dice anche un certo negro in America... se siamo fanfaroni in due mi sento meno solo.
@ Atlant: il discorso rinnovabili è sicuramente complesso e non intendo farlo qui. La mia era un'osservazione sulla questione incentivi. Direi che è un filo più complesso di quel che tu fai anche il discorso "incentivi non vuol dire pannelli gratis per tutti". Tra gratis e dieci per cento in meno c'è un certo spettro su una cifra di 18mila. Se per un qualsiasi motivo (che tu giudichi sbagliato e costoso, s'è capito, e s'è capito che la cosa che ti preme di più è dirlo, ma non è questo di cui sto parlando) un governo decide realmente di incentivare le rinnovabili, e dato che la misura in questione comunque riguardava anche impianti domestici, dare 1800/2000 euro su diciotto/21mila, nelle attuali condizioni salariali medie è una cifra irrisoria e una presa in giro. Una fanfaronata, insomma.
RispondiEliminaSarebbe anche un po' più complesso il discorso bio/equosolidale=benestante ecc. ma anche questa è un'altra questione.
P.S.: E su Obama son d'accordo: fanfaronate (chiedetelo ai Libici). A me paiono peraltro fanfaronate anche affermazioni come "ovviamente saltai tutte le discussioni politiche e approfittai della musica gratis (...) bei tempi" e le nostre idee hanno vinto, ma ognuno fa quel che può: "basta che ci sta'u sole" e vai di mandolino, peccato che almeno all'epoca sapessero quantomeno suonarlo, oggi no, sanno solo alzare il volume di un altoparlante - a bassissimo impatto ambientale e per niente energivoro, ovviamente.
Faccio a tutti una domanda: quelli che avevano 20 e 30 a Genova, ora hanno 30 e 40. Chi di loro é un esponente politico di rilevanza?
RispondiElimina[Anonimo - seconda parte del commento che era scomparso- beh, liberi di saltarlo]
RispondiEliminaGuerre.
mah, libero tu di sminuire il “fantomatico” movimento pacifista italiano – che non esiste e se esiste non può rivendicare alcunché, neanche l’aver mobilitato milioni di persone –di cui molte magari non sapevano neanche cosa fossero i corpi civili di pace, ma almeno erano unite dall’idea che no, il mio paese invasore in una guerra pretestuosa non lo voglio.
Ok, che una cosa che a me (pur vissuta da lontano) ha sorpreso per vastità e varietà, e che mi sembrava fin troppo di fioretto nel discutere delle strategie e delle filosofie, della differenza tra nonviolenza e pacifismo.. a qualcun altro sembri neanche esistere, ci sta, soprattutto con una certa situazione dei media.
Ma qui si viene all’altro punto, che vale in generale, e che sintetizzo così: se manifesti hai torto, se non manifesti hai torto. Parto dalla fine – dal particolarissimo: io – e non sono l’unico – da un sacco di tempo –da molti anni prima di Obama presidente- semplicemente non ho più il tempo, la forza, le ferie per partecipare alle iniziative nazionali. Saran contenti quelli (e son tanti) che dicevano che manifestare e mobilitarsi in generale è inutile.
Che poi son gli stessi che ti criticano se non ti vedono fare nulla per la Siria (ecco, magari il punto è proprio che loro non ne hanno notizia, e neanche tanta voglia di informarsi). O magari si aspettano davvero che tutti i giorni ci sia una manifestazione di milioni di persone, così, per principio. Ho manifestato o sostenuto chi si impegnava per obiettivi plausibili, ho fatto il mio percorso abbastanza complesso (se uno vuole studiare il campo è sterminato) ma mi sento spesso chiamato a rispondere di presunte incoerenze di chissachì (magari l’ultimo arrivato che cerca di cavalcare.. vecchia storia). Da allora non finisce di stupirmi la ferocia di certa gente, chiamiamola poco altruista per esser buoni, contro chi almeno si pone i problemi.
Stesso trattamento per il movimento di Genova (e prima, e dopo). Io non sono un tuttologo e non voglio esserlo, nel contesto di un commento posso solo fare un elenco di argomenti e qualche accenno alla mia esperienza, a quel che ho potuto approfondire, alle buone compagnie, alle competenze cui ho potuto affidarmi – ho visto spesso persone coerenti e competenti da una parte e interessi difesi con ogni mezzo dall’altro, ma non per questo penso manicheamente di avere ragione. E l’avvicinarsi di Tremonti no, non la vedo come una conferma: rilevavo solo che molti nodi di allora sono ancora attualissimi, e che (oggi che lo strapotere della finanza rispetto all’economia reale non solo condiziona, ma mette in ginocchio anche paesi ricchi) lo riconosce anche chi voleva metterli a tacere
@atlantropa
RispondiEliminatemo che potremmo andare avanti all'infinito, con me che cerco maldestramente di sintetizzare anni di esperienze diverse, sentendo rispondere che sono sciocchezze o non c'entrano con quel movimento.
Si rafforza la mia impressione che tu voglia soprattutto sminuire o ridicolizzare ciò che ha avuto a che fare con il movimento di Genova ed i suoi (alquanto variegati) valori.
Per me vedere tante famiglie che cercano di essere cittadini attivi e responsabili – nei consumi, nella partecipazione, nel creare relazioni e fare comunità- è un grosso successo ed un segno di speranza.
E, per favore, cerchiamo di non farle passare per lussi da benestanti o fighetti. Qua siam lavoratori che si fanno il mazzo quadro, col mutuo e la difficoltà a permettersi una baby sitter quando servirebbe, e che pure fan qualche sacrificio per aiutare concretamente chi sta peggio.
(se vai a conoscere i produttori bio locali e organizzi un gruppo d'acquisto, non spendi di più che nella grande distribuzione)
Insomma: partecipazione dal basso, consapevolezza, stili di vita. Cambiamenti concreti che ci sono qui ed ora -che partono dal piccolo e dal locale per influenzare il macro che devono molto a Genova
(Si, oltre al biologico ed al prodotto "locale" anche il commercio equo -almeno l'alimentare- lo si trova alla coop, da anni. Poi appunto siamo ancora a pagare le multe per le quote latte, invece di investire in politiche territoriali più sensate)
Insisto su questo perché a volte sembra che conti solo il livello macro (governo, politica economica) come se non fosse il prodotto di ciò che c'è sotto.
Poi si può discutere senza fine sui singoli dettagli come sviluppo sostenivbile, "decrescita" (non ho competenze o voglia di affrontare una discussione che forse era già fin troppo estesa nel movimento allora – in particolare sui rapporti col sud del mondo, del PIL come unico indicatore macroeconomico del benessere)
Oppure su quanto le lotte su beni comuni, acqua e nucleare siano figlie di quel movimento. Nella mia esperienza c'è una assoluta continuità (di persone, modi e valori), ma è solo una esperienza delle tante.
Sulla politica economica non entro – quel che mi preme è l'esperienza cui accennavo, possibile a qualsiasi cittadino. Che produce il cambiamento che influenza le scelte macro. A portata di tutti e fonte di cambiamento e partecipazione dal basso che secondo me è uno dei maggiori meriti di quel movimento;
che però includeva anche molte e diverse istanze macro – dalle regole internazionali, ai controlli sulle speculazioni finanziarie, a Sbilanciamoci che ogni anno propone una finanziaria alternativa, la tobin tax, etc. Mi limitavo a rilevare che le questioni sono più attuali che mai, dopo altri 10 anni di "liberismo reale".
Per ora mi piacerebbe spazzar via quella brutta impressione.
A volte sembra che debba giustificarsi di più chi fa volontariato di chi ruba alla collettività; quel pezzo di paese ha numerosi apologeti pagati per difendere il manovratore e soprattutto colpire quei cittadini che qualcosa per la collettività fanno (e i mezzi democratici per farlo).
So che non è il tuo caso, ma sarei felice se mi aiutassi a evidenziare le differenze sostanziali -oltre alla forma molto più civile- tra le tue parole e quelle di un editoriale di Belpietro (senza offesa, è per spiegare la mia impressione estremizzando)
Spunti, per esempio: tu cosa sostieni? Quali valori? Quali possibilità di partecipazione? Cosa fai, ed in che modo è diverso da quell'impegno? Ti interessa conoscere quelle esperienze o vuoi solo criticare tutto in blocco? Cosa c'è che non va nelle modalità e sensibilità che si sono affermate? Perché devo giustificarmi io e non chi imposta la vita e la politica su egoismo e legge della giungla?
La sequela di domande può sembrare aggressiva – non è mia intenzione, spero solo serva a capirci meglio
@chuse: per quanto ne so, ben pochi - consoco qualche consigliere in enti locali; ma non mi sembra un problema
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiElimina[stamattina ho scritto un po' troppo di fretta; chiedo scusa, cancello ed aggiusto un po' di errori per rendere il tutto meno illeggibile]
RispondiEliminaCiao anonimo (purtroppo non so come chiamarti),
lasciami dire che apprezzo quello che hai scritto e come lo hai scritto.
Non credere che nell'esprimere il mio crasso scetticismo nei confronti del movimentone o delle derive ecologiste io parta da posizioni alla Belpietro.
Generalmente tendo a non parlare di me, ed a limitarmi sul piano del confronto tra le idee; ma visto che - almeno così m'è parso - stiamo parlando "più apertamente", ti dirò della mia personale esperienza col volontariato (intendo quello rigorosamente gratuito, non il "terzo settore" (altro nome orribile)), che è stata di sostanziale fallimento.
Nella fattispecie ho visto come l'impegno sul campo di decine di persone sia facilmente scavalcabile, in termini di efficacia nel realizzare gli scopi prefissati, da una donazione di un ricco filantropo o da un patrocinio politico.
Questo cancella forse tutte le cose buone che quelle persone hanno fatto?, no di certo; però se i soldi fanno la differenza più - molto di più - di tre pomeriggi a settimana passati in associazione a scervellarsi sul da farsi, la tal cosa deve far riflettere sulla strategia.
Se lo scopo è davvero quello di "cambiare il mondo" - e non semplicemente quello di sentirsi in pace con la propria coscienza - ci si deve confrontare con ciò che fondamentalmente costituisce l'inerzia di quel mondo, ciò che per forza di cose opporrà resistenza a tale cambiamento [peraltro mi pare di non dire nulla di nuovo: si parva licet, già 150 e passa anni fa Marx diceva ai socialisti utopici che il punto era altrove].
Se il discorso è che non si invade punto e basta, manifestare un semplice not in my name non sposta alcunchè, serve al più per consolarsi.
E si potrà pure provare a sensibilizzare dal basso sugli orrori della guerra; ma quanto più efficace sarebbe una mezz'ora di immagini di una delle tante guerre di pace, mandate in onda in tv, senza commento, ore pasti...
E certo, la presidenza Bush ha avuto derive reaganiane, ma se la critica si limita al packaging è normale che poi ad Obama si dia il Nobel per la pace.
Conosco bene il rischio di una posizione come la mia: essere ridotti all'inazione, o peggio (?) diventare come il banchiere anarchico di Pessoa.
Tralascio semivolutamente i temi ecologici, sia perchè ho già scritto un papiro, sia perchè temo di pensarla troppo diversamente da te - o anche da Pellegrina - (e non perchè sono il proprietario di una una raffineria; per dirla tutta non ho manco la patente (e neppure un telefonino)).
Ciao, R.