In breve: ho scritto un libro in formato digitale sul Terremoto. Lo trovate sul sito di Chiarelettere, costa tre euro. Quel che spetta all'autore verrà devoluto in opere di ricostruzione nel comune di Cavezzo.
Più in lungo: due mesi fa – ma sembrano secoli – i redattori di Chiarelettere mi contattarono per propormi di scrivere un libro in formato digitale (ebook mi fa un po' schifo, scusate). Io mi misi subito a proporre idee, loro dissero che erano interessanti ma... ma non era vero, era una pietosa menzogna, io di solito ho idee troppo bislacche per riuscire a farne un libro (sennò ne avrei già scritti parecchi, a questo punto). Ci stavamo ancora riflettendo, quando la terra si è messa a tremare. Per un po' non ci siamo sentiti, poi su un trenino che mi riportava dalle mie parti mi è suonato il telefono; quel che mi chiedevano lo immaginavo già. Sapevo anche di non esserne capace. Ma mica per modestia, eh.
È che scrivere un libro su una catastrofe naturale è già di per sé un gesto sconsiderato. Ma scriverlo durante la catastrofe naturale, col pavimento che ogni tanto dà una botta e non sai se è l'assestamento quotidiano o la vicina di casa che ha urtato i puntelli con la carrozzina – non è proprio possibile, capite, ti capita di scrivere che il tale campanile ha retto e il giorno dopo magari lo buttano giù. Poi ti sembra di fare lo sciacallo. Ma in realtà, semplicemente, sei in mezzo a una battaglia, e chi è in mezzo a una battaglia non ci capisce nulla, non ha la minima idea di dove stia andando l'avanguardia e dove stia arretrando la retroguardia, non può dirti il numero dei morti e dei feriti, vede solo della gente che spara e della gente che scappa ed è tutto. Però.
Però mi avevano chiesto di scrivere un libro; mi avevano dato un tema, una data di scadenza. È una vita che sogno una situazione così. Io tutto sommato scrivere so, ma non mi è mai chiaro di cosa dovrei scrivere, non sono mai molto sicuro di quel che interessa la gente. Un libro poi non è questa cosa eccezionale, oggi lo si può pubblicare anche in proprio, ma non è che mi interessi molto rifriggere gli sfoghi quotidiani in un altro formato. Quello che mi interessava era avere un committente. Uno che mi dica: questo è interessante, prova a scriverci su, mandami tutto entro il 29. Ho sempre sognato che qualcuno si facesse vivo e me lo chiedesse, e ora potevo dire di no? Ho detto di sì, ci provo. E ho scritto un libro. Il 29 era finito.
Attenzione però. Esce con Chiarelettere, ma non è un'inchiesta. Non credo di essere in grado di farne una, ma anche se lo fossi, era troppo presto: tutto stava ancora succedendo. Ci sono cose molto interessanti su cui ho preferito non scrivere niente, perché ancora non c'è niente di chiaro. Lo abbiamo notato tutti, per esempio, che i capannoni costruiti negli anni Cinquanta hanno retto bene e quelli degli anni Ottanta no; è ormai una nozione condivisa, però... però non potevo esserne sicuro, non c'è ancora disponibile un censimento dei capannoni danneggiati. È una sensazione condivisa, tutto qui, ma molti hanno anche condiviso la sensazione che l'INGV truccasse i dati della magnitudo, e che il transito di Venere davanti al Sole c'entrasse qualcosa. Mi sarebbe piaciuto essere più tecnico, tirare fuori dei numeri veri, ma sui quotidiani ogni giorno c'era una storia diversa; le biblioteche erano tutte chiuse. Di cosa potevo scrivere?
In realtà di cose da scrivere ne avevo fin troppe, come al solito, e anche per questo sono contento che qualcun altro abbia letto e sfoltito e corretto (mi hanno corretto le bozze! È un lusso per me) mettendo a fuoco il tutto. Ho scritto la mia descrizione della battaglia, da un punto di vista qualsiasi: gente che scappa, gente che resta in posizione, gente che attende ordini che non arrivano, e nel frattempo si scambia informazioni. Quasi tutte sballate. Ho scritto un libro sulla gente che parla di Haarp, di fracking, di guerra ambientale americana, di perforazioni che non ci sono mai state, di previsioni di terremoto che vengono pubblicate invariabilmente dopo il terremoto. Ho scritto un po' sull'emilianità, questo concetto inventato l'altro ieri che improvvisamente ha individuato in mezzo alla pianura padana una comunità di persone delle quali viene dato per scontato il coraggio, la tenacia, la capacità organizzativa – mentre qui nel mezzo della battaglia si vedeva gente che piangeva, smadonnava, panicava, eccetera. Ho scritto anche un po' di me, quel poco che serviva a mettere le cose in prospettiva. E ho fatto tutto molto in fretta, volevo che si notasse. Su questo terremoto si scriveranno libri migliori, inchieste coi fiocchi, tra qualche anno sapremo tutto. Mi piacerebbe però che questo rimanesse fresco come rimangono certi taccuini di combattenti, con tutti gli inevitabili errori di prospettiva. Ero troppo vicino per capirci davvero qualcosa, ma qualcun altro leggerà e capirà. Grazie.
Il governo italiano ha sospeso gli aiuti ai palestinesi
Il governo italiano ha sospeso gli aiuti ai palestinesi.
Noi no. Donate all'UNRWA.
Mi permetto di segnalare un'iniziativa abbastanza simile, sul terremoto di L'Aquila:
RispondiEliminahttp://www.ibs.it/code/9788887132588/dante-emiliano-laurenzi-massimiliano/terremoto-zeronove-diari-da.html
Oddio, magari proprio simile no, però il filo rosso ci può stare :)
Il filo rosso c'è, soprattutto per l'imminenza della scrittura rispetto al trauma del terremoto (ed è un libro molto bello, secondo me). Ho appena comprato "La scossa", lo leggerò ad agosto... magari proprio all'Aquila.
RispondiEliminaBuonasera, non ho mai letto un libro in formato elettronico... si può leggere anche se non si ha l'i-phone o l'i-pad o l'i-qualcsaltro? Perché se si può leggere anche da Linux o da Windows come fosse un qualsiasi PDF lo compro subito!
RispondiEliminaSu Amazon è disponibile gratuitamente il programma Kindle per la lettura di ebook in formato proprietario sul proprio computer.
EliminaBeh, sì, qui lo vendono anche in pdf: http://ebook.illibraio.it/servizi/ecommerce/edigita/dettaglioBook.aspx?code=EDGT20722
RispondiEliminache palle l'i-buc! tocca registrarsi e dopo mi bombardano di i-meil tutte le volte che ne esce uno nuovo di qualsiasi blogger quarantenne con la barba. i-ccheccazzo! Leo, se ti do i tre euro in mano o ti pago pasta e caffè al bar più vicino non è che me lo gireresti senza tante fole? l'autore può distribuire autonomamente i suoi cosini elettronici o gli mettono le ganasce al computer e lo buttano fuori dal mondo digitale? in cambio poi ti faccio le pulci sulle questioni che riguardano strutture e costruzioni, che sicuramente ti sei informato sui giornali e sei stato impreciso e luogocomunista.
RispondiEliminaVabbe', giusto perché sei tu.
EliminaSono contenta e ringrazio Leonardo per la sua generosità verso il comune di Cavezzo che mi è molto vicino, anche se abito a 200 km di distanza. Sono la curatrice del sito della Libera Università dell'autobiografia di Anghiari e anche noi stiamo facendo qualcosa per ricostruire la memoria dopo il terremoto. Cavezzo è uno dei Paesi della Memoria, ora le nostre volontarie stanno operando sul territorio con interviste agli abitanti. Si può trovare tutto sul sito della Libera: www.lua.it
RispondiEliminaIntanto ho comperato il libro da leggere sul mio kindle. Lo segnalerò anche sul sito.
Ciao Leonardo, ti seguo dall'inizio. Ada
Letto. Grazie, ci voleva. Per alcune persone che conosco farei una legge che li obbligasse a leggerlo.
RispondiEliminaPer quanto riguarda gli stereotipi (aquilani mani in mano che aspettano lo Stato / emiliani per cui non è necessario preoccuparsi che tanto si arrangiano benissimo da soli) secondo me c'entra anche un po' il tentativo di tenere sotto controllo la frustrazione: si fa la donazione, si accetta l'accisa, si compra il grana terremotato.
Si sa che non basta, ci si sente un po' in colpa, come sempre quando succedono tragedie che toccano altri, non te, e non per tuo merito, ma per pura fortuna.
Ci sente ingiustamente miracolati. Non è una bella sensazione, e allora scatta lo stereotipo che un poco ce ne libera.
Non so, è una ipotesi di interpretazione.
Di carta no ? Io non li sopporto gli e-book. Trovo che abbiano usurpato una parola (book) che è bella e non c'entra niente.
RispondiEliminaPreso ieri mattina e già letto. Che scrivi bene credo tu lo sappia già, ma ci hai messo la tua anima dentro.
RispondiEliminaio non ho nulla contro gli e-book
RispondiEliminae' che non ho il reader
mi posso comprre il lettore solo per un libro ? forse si, altri seguiranno
ma ora e' tardi per portarselo in vacanza
problemi da primo mondo
Ma si può prendere anche in pdf e leggere su un pc normale.
RispondiEliminae' che ora sto andando in vacanza
Eliminae leggere un pdf sul portatile quando sto al mare non mi pare il caso
la maniera di finanziare il mio blog preferito e' solo rimandata
Meno male che c'è gente come te che ammette che davanti al terremoto, che tu sia "emiliano" o no, rimani vittima di una paura indescrivibile. A San Prospero, di fianco a Cavezzo, mia mamma in quei momenti piangeva, mio padre si impanicava, mia nonna guardava senza capire (grazie, Parkinson) e io ero quella che bestemmiava copiosamente.
RispondiEliminaAppena mi passerà la paura leggerò il tuo libro. ciao
ciao, non solo ho acquistato l'ebook, ma l'ho anche inserito su aNobii, goodreads e zazie e segnalato ai miei contatti. spero così di aver dato un piccolo contributo alla sua diffusione.
RispondiEliminaCiao, sono Mario e ho appena letto il tuo libro. Ho abitato a Rolo per vent'anni e mi sono trasferito vicino a Castelfranco (MO) tipo un mese prima del terremoto. Comunque, sia da qui che tra gli amici della bassa non sono certo mancate le occasioni di discutere del terremoto, sotto vari punti di vista e basandoci su ciò che vedevamo. Io in particolare che credo di avere un carattere più contemplativo (forse qualche volta inutilmente complicato) ci ho riflettuto tanto. Credo volessi trovare una specie di continuità tra convinzioni pre e post terremoto in una nuova "teoria" che fosse "comprensiva", che mettesse tutto a posto tra le mie idee. Semplicemente credo di avere sentito il bisogno di capire e digerire quanto è accaduto a me e intorno a me.
RispondiEliminaVisto che mi occupo di immagini sono state quelle per me la chiave d'accesso per ragionare su queste cose. ho pensato di realizzare qualcosa, una specie di documentario, ma senza obbligarmi a farlo davvero. in effetti ho coinvolto un amico con cui tra pub, bar, cucine, passeggiate e mail abbiamo discusso e raccolto materiale. forse il documentario era una scusa...
A volte guardo la mia compagna, che amo tantissimo, e credo di vedere in lei l'emilia, ho sposato l'emilia, lei è questo e comunque molto altro..
Io invece non sono nato qui; per cause biografiche non sono di nessun posto in particolare. di conseguenza mi manca totalmente un certo senso di appartenenza che è quella cosa che dovrebbe farti sentire qualcuno e farti sentire amato anche quando sei solo o lontano da casa.
Per questo mi è piaciuto particolarmente questo passo:
[...]Ma il volantino non parla di questo. Parla soprattutto dell'invidia. Guardateli, dice, questi stranieri. Come fumano ridono e scherzano. Guardateli. Cosa c'è da ridere? Cosa c'è da scherzare?
C'è che loro hanno perso molto meno di noi, tutto qui. Una casa? Ne troveremo un'altra. Un lavoro? Vabbè di sicuro non era il miglior lavoro sulla terra. Ci sarà qualche altra terra dove andare, qualche altra opportunità. Tanto il cordone ombelicale lo hanno reciso da un pezzo. E' a noi che duole, a loro no. [...]
Volevo ringraziarti perchè grazie al tuo libro certe cose mi sono più chiare. A volte alcuni dicono delle cose in cui tanti possono identificarsi, ma che non tutti sanno esprimere ugualmente.
Io penso che tutta questa cosa del terremoto in emilia tra vari aspetti ha comunque messo in luce certi nostri difetti (escludendo chi legge?), e questi difetti sono essenzialmente che siamo dei bambini. però dei bambini rigidi (degli adolescenti?). E' quel cordone ombelicale di cui parli, secondo me, che è il problema: un conto è se l'identità ti vien data e vivi di rendita, un conto è se l'identità la ottieni.
così forse quegli stranieri non hanno la cultura che abbiamo noi (e che ha certamente l'autore del volantino), ma forse hanno un senso dell'essere uomini che a noi manca. E lo si vede benissimo anche dai vagiti dell'imbarazzante uso dell'italiano in parole come emiliAMO, dal basso alla bassa ecc.
Buffo, mi viene in mente che siamo famosi per gli asili...