Madonna quanto sei brutta |
Più di mezzo secolo è passato e la Torre Velasca è ancora là. Spuntata come un fungo nelle notti umide e ruggenti del boom, non si è piegata a tornadi e tangentopoli e ha resistito a ogni tentativo di rivalutazione: è brutta, incredibilmente brutta, sarà sempre più brutta, e nel 2012 il Daily Telegraph lo ha inserito tra i venti edifici più brutti del mondo. Ma Dino Risi lo aveva capito nel '59: per darci tutto il brutto del boom e di Milano, inutile darsi pena di costruire set e ambienti: bastava far scorrere i titoli di testa su quel torrione malvagio. L'incapace Nardi e l'insopportabile Elvira non potevano vivere che lassù, prigionieri reciproci intenti a torturarsi fino che morte non li separi. E se la morte non si dà una mossa, le si può sempre dare una spinta...
Cinquant'anni dopo, c'è ancora qualcuno lassù. Perlomeno di notte si vedono luci. Nuovi Nardi dribblano i fallimenti e nuove Elvire tessono trame. Non c'è motivo per non provare a raccontarle. Con buona pace dei cultori della commedia italiana, Il vedovo è un buon canovaccio che ogni tanto bisognerebbe ricordarsi di rifare - semmai la notizia è che abbiamo aspettato così tanto, al punto che il nuovo Nardi risulta nato dieci anni dopo la morte del vecchio. Non è un capolavoro indissolubilmente impregnato dello spirito di quei tempi; non è Il sorpasso, ammesso che il Sorpasso sia questo; e poi quest'anno abbiamo avuto in sala pure un tentativo di 8 e mezzo: come ci si fa a offendere se qualcuno raccatta due facce note della televisione e prova a rifare il Vedovo? E invece c'è qualcuno che si offende. Giù le mani da Albertone, giù le mani da Franca Valeri, formidabili quegli anni. Sì.
Erano anni formidabili. Sordi faceva dieci film all'anno, e nel '59 tra l'altro vinse David e Nastro con la Grande Guerra: insomma era al picco di una lunghissima carriera. E mentre era al picco recitava in un film al mese: alcuni di questi, come il Vedovo, realizzati con un'attenzione quasi spartana al budget. Risi, che era pur reduce dal successo della trilogia di Poveri ma belli, gira tutto in tre stanze e in una villa di campagna. Vi ricordate che Nardi, quando scopre che Elvira è ancora viva, si ritira in convento? Se ridate un'occhiata al film, scoprite che il convento non c'è: una strada di collina, un albero, un frate che cerca di insegnare ad Albertone a far rispondere gli uccelli, e via che si va. Erano gli anni del boom, la gente andava al cinema una volta alla settimana, i soldi scorrevano copiosi dai botteghini - e però Risi continuava a girare con due lire. Oggi invece c'è la crisi, e Venier non bada a spese - perlomeno l'impressione è quella: conferenze, aeroporti, grattacieli; tutto fotografato persino con qualche pretesa artistica. Venier può trasformare la Velasca da semplice fondale a presenza granulosa e ostile; Venier può concedersi il lusso di far recitare gli attori più difficili, gli animali. Ma qualunque cosa faccia (e alcune sequenze sono fatte davvero bene) pubblico e critici preferiranno sempre il filmetto girato in pochi giorni da Dino Risi nel '59, così come nessuna Audi Quattro sostituirà nel loro cuore la Cinquecento della loro prima pomiciata. E poi certo, De Luigi non è Sordi, ma lo sa. Il riflusso e la crisi gli hanno messo a disposizione decine di altri modelli di rampante frustrato, ma lui rimane un po' sfuocato; è davvero difficile immaginarlo palazzinaro o faccendiere... (continua su +eventi!) Si capisce che qualsiasi tentazione di berlusconizzare il personaggio è stata scartata a priori: Aspirante vedovo è un film ancora meno politico dell'originale, dove i trascorsi e le nostalgie fasciste di Nardi saltavano ogni tanto fuori. Ma era più facile essere antifascisti nel '59 che antiberlusconiani oggi. Al cinema bisogna cercare di portare più gente possibile, compreso chi Berlusconi l'ha votato per parecchio e adesso non vuole sentire rimproveri nemmeno indiretti; ma magari è sensibile a un paio di frecciatine anti-kasta ("con questa crisi c'è da far soldi a palate, eh").
Anche la Littizzetto non è Franca Valeri, anche se la sua Elvira (persino meno empatica dell'originale) è il personaggio migliore che ha fatto al cinema. Certo, sostituire "cretinetti" con "gnugnu" è una delle poche cose che fanno davvero pensare a una decadenza più che culturale, linguistica: cretinetti era un'invenzione che metteva assieme frenologia e anagrafe, "gnugnu" è un'onomatopea, una resa alla non-lingua dei bambini e degli animali. Pesa come un macigno su di lei il ruolo ormai liturgico che ha assunto a rai3, la sacerdotessa della parolaccia che ci aiuta a sopportare mezz'ore di interviste a venerati maestri, dai che dopo il premio nobel c'è la Litti che dice merda fregna vaffanculo. E questa è la tv colta. Anche Aspirante vedovo è percepito come prodotto medio-alto; critici e ufficio stampa ne sottolineano per esempio l'assenza di volgarità. Allora uno curioso va a vedere come hanno fatto a girare una commedia nel 2013 senza volgarità, e scopre che i primi cinque minuti del film sono costruiti intorno a gag sulla cacca del cane. Per dire quanto ormai si sia abbassata l'asticella: a De Luigi scappa anche un vaffanculo nel trailer. Altre cose che nell'originale mancavano e che adesso si possono mostrare: topi morti, psicofarmaci, chirurgia plastica, formaggio di fossa, rumeni, vescovi mondani e intrallazzoni (bravissimo Bebo Storti). Cose che c'erano nell'originale e oggi evidentemente non funzionano: nobili in disarmo, nazisti e pedofili (l'ingegnere degli ascensori era entrambe le cose), il mambo. Cose che potevano sembrare verosimili 50 anni fa e oggi no: l'amante che si fa viva al funerale e comincia a dirigere la servitù. E ammazzare qualcuno con un ascensore poteva avere un senso. Invece il piano per assassinare la Littizzetto è in assoluto la cosa più sconclusionata e inverosimile che ho visto quest'anno al cinema - e ho visto la fine del mondo due o tre volte, zombie e robottoni e cloud atlas.
Aspirante vedovo è al Cinelandia di Borgo San Dalmazzo alle 15:30, alle 17:35 e alle 20:30; al Fiamma di Cuneo e alle 22:30. È già fuori da più di due settimane; se non ci siete ancora andati magari un motivo c'è.
Cinquant'anni dopo, c'è ancora qualcuno lassù. Perlomeno di notte si vedono luci. Nuovi Nardi dribblano i fallimenti e nuove Elvire tessono trame. Non c'è motivo per non provare a raccontarle. Con buona pace dei cultori della commedia italiana, Il vedovo è un buon canovaccio che ogni tanto bisognerebbe ricordarsi di rifare - semmai la notizia è che abbiamo aspettato così tanto, al punto che il nuovo Nardi risulta nato dieci anni dopo la morte del vecchio. Non è un capolavoro indissolubilmente impregnato dello spirito di quei tempi; non è Il sorpasso, ammesso che il Sorpasso sia questo; e poi quest'anno abbiamo avuto in sala pure un tentativo di 8 e mezzo: come ci si fa a offendere se qualcuno raccatta due facce note della televisione e prova a rifare il Vedovo? E invece c'è qualcuno che si offende. Giù le mani da Albertone, giù le mani da Franca Valeri, formidabili quegli anni. Sì.
Erano anni formidabili. Sordi faceva dieci film all'anno, e nel '59 tra l'altro vinse David e Nastro con la Grande Guerra: insomma era al picco di una lunghissima carriera. E mentre era al picco recitava in un film al mese: alcuni di questi, come il Vedovo, realizzati con un'attenzione quasi spartana al budget. Risi, che era pur reduce dal successo della trilogia di Poveri ma belli, gira tutto in tre stanze e in una villa di campagna. Vi ricordate che Nardi, quando scopre che Elvira è ancora viva, si ritira in convento? Se ridate un'occhiata al film, scoprite che il convento non c'è: una strada di collina, un albero, un frate che cerca di insegnare ad Albertone a far rispondere gli uccelli, e via che si va. Erano gli anni del boom, la gente andava al cinema una volta alla settimana, i soldi scorrevano copiosi dai botteghini - e però Risi continuava a girare con due lire. Oggi invece c'è la crisi, e Venier non bada a spese - perlomeno l'impressione è quella: conferenze, aeroporti, grattacieli; tutto fotografato persino con qualche pretesa artistica. Venier può trasformare la Velasca da semplice fondale a presenza granulosa e ostile; Venier può concedersi il lusso di far recitare gli attori più difficili, gli animali. Ma qualunque cosa faccia (e alcune sequenze sono fatte davvero bene) pubblico e critici preferiranno sempre il filmetto girato in pochi giorni da Dino Risi nel '59, così come nessuna Audi Quattro sostituirà nel loro cuore la Cinquecento della loro prima pomiciata. E poi certo, De Luigi non è Sordi, ma lo sa. Il riflusso e la crisi gli hanno messo a disposizione decine di altri modelli di rampante frustrato, ma lui rimane un po' sfuocato; è davvero difficile immaginarlo palazzinaro o faccendiere... (continua su +eventi!) Si capisce che qualsiasi tentazione di berlusconizzare il personaggio è stata scartata a priori: Aspirante vedovo è un film ancora meno politico dell'originale, dove i trascorsi e le nostalgie fasciste di Nardi saltavano ogni tanto fuori. Ma era più facile essere antifascisti nel '59 che antiberlusconiani oggi. Al cinema bisogna cercare di portare più gente possibile, compreso chi Berlusconi l'ha votato per parecchio e adesso non vuole sentire rimproveri nemmeno indiretti; ma magari è sensibile a un paio di frecciatine anti-kasta ("con questa crisi c'è da far soldi a palate, eh").
Anche la Littizzetto non è Franca Valeri, anche se la sua Elvira (persino meno empatica dell'originale) è il personaggio migliore che ha fatto al cinema. Certo, sostituire "cretinetti" con "gnugnu" è una delle poche cose che fanno davvero pensare a una decadenza più che culturale, linguistica: cretinetti era un'invenzione che metteva assieme frenologia e anagrafe, "gnugnu" è un'onomatopea, una resa alla non-lingua dei bambini e degli animali. Pesa come un macigno su di lei il ruolo ormai liturgico che ha assunto a rai3, la sacerdotessa della parolaccia che ci aiuta a sopportare mezz'ore di interviste a venerati maestri, dai che dopo il premio nobel c'è la Litti che dice merda fregna vaffanculo. E questa è la tv colta. Anche Aspirante vedovo è percepito come prodotto medio-alto; critici e ufficio stampa ne sottolineano per esempio l'assenza di volgarità. Allora uno curioso va a vedere come hanno fatto a girare una commedia nel 2013 senza volgarità, e scopre che i primi cinque minuti del film sono costruiti intorno a gag sulla cacca del cane. Per dire quanto ormai si sia abbassata l'asticella: a De Luigi scappa anche un vaffanculo nel trailer. Altre cose che nell'originale mancavano e che adesso si possono mostrare: topi morti, psicofarmaci, chirurgia plastica, formaggio di fossa, rumeni, vescovi mondani e intrallazzoni (bravissimo Bebo Storti). Cose che c'erano nell'originale e oggi evidentemente non funzionano: nobili in disarmo, nazisti e pedofili (l'ingegnere degli ascensori era entrambe le cose), il mambo. Cose che potevano sembrare verosimili 50 anni fa e oggi no: l'amante che si fa viva al funerale e comincia a dirigere la servitù. E ammazzare qualcuno con un ascensore poteva avere un senso. Invece il piano per assassinare la Littizzetto è in assoluto la cosa più sconclusionata e inverosimile che ho visto quest'anno al cinema - e ho visto la fine del mondo due o tre volte, zombie e robottoni e cloud atlas.
Aspirante vedovo è al Cinelandia di Borgo San Dalmazzo alle 15:30, alle 17:35 e alle 20:30; al Fiamma di Cuneo e alle 22:30. È già fuori da più di due settimane; se non ci siete ancora andati magari un motivo c'è.
Raga, secondo voi Cuperlo gliela fa'?
RispondiEliminala torre velasca è bellissima
RispondiEliminaBeh, senz'altro se potessi scegliere dove vivere a Milano traslocherei là, così sono sicuro che non la vedo... ma è una battuta che hanno già fatto in troppi (anche non a Milano).
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