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mercoledì 21 maggio 2014

La democrazia in diretta (non funziona)

Non puoi battere la pancia. 

Fino a qualche mese fa succedeva con Berlusconi, oggi capita con Grillo; ogni volta che il demagogo di turno arriva e fa strame della verità e del buonsenso, il giorno dopo ci tocca lo spettacolo degli avvoltoi sedicenti esperti di comunicazione, che gracchiando c'informano che è tutto inutile: il fact-checking? inutile. La controinformazione? Pura velleità. Tanto #vince lui. Vince, sì, perché dice un sacco di stronzate, certo, ma sa parlare alla pancia degli italiani: quindi è un genio. Berlusconi era un genio, perché prometteva un milione di posti di lavoro o di detassare la prima casa, e la pancia degli italiani questa cosa la capisce; la capisce senza chiederti la copertura o altre cose noiose, cose non da pancia. Allo stesso modo è un genio Grillo, perché se la prende con l'euro, gli stranieri che si comprano le nostre imprese e gli Uffizi di nascosto, i politici in combutta coi banchieri eccetera. Scemenze, indubbiamente; però alla pancia piacciono, e chi siamo noi per opporci alla pancia? No, sul serio, chi siamo? Chi ci paga per opporci?

Lo sconforto sembra cogliere anche i più lucidi: Mario Seminerio riconosce a Grillo il merito di "aver definitivamente rottamato (anzi annichilito, vaporizzato, atomizzato) il concetto di fact checking"; Davide De Luca si interroga se sia etico intervistarlo - e non sa cosa rispondersi. E proprio mentre provo a rispondere per conto mio, mi rimbalza sul monitor il trailer di un'intervista inglese a Berlusconi: pochi secondi in cui B., messo di fronte a una delle cose più stupide che ha detto, non sa come rispondere. Nello stesso silenzio c'è la mia risposta: ci sono tanti motivi per cui il giornalismo anglosassone è migliore del nostro, perché non cominciamo dal più banale? Loro i politici li intervistano il più delle volte in differita. Che differenza fa?

Tutta la differenza del mondo. Solo la differita restituisce al giornalista le sue responsabilità. Solo la differita gli dà il tempo di verificare le informazioni, denunciare le bugie, dare all'intervista un determinato taglio dettato dalla sensibilità di chi fa le domande, e non dal narcisismo di chi sbrodola le sue risposte. Solo in questo caso potrà avvenire, come non è mai avvenuto in un'intervista italiana, che un parolaio consumato come B. si ritrovi a disagio, costretto a difendersi anziché attaccare. La differita impedirebbe ai politici di giocare al fiume in piena, che purtroppo è la strategia di tutti i contendenti italiani davanti alle telecamere: tutti ugualmente "geniali" mentre promettono cose e lanciano slogan a cui il giornalista non può opporre che una smorfia scettica.

Forse la mutazione genetica della politica italiana non è avvenuta tanto in virtù di un referendum o di una riforma elettorale, ma nel momento in cui i politici hanno cominciato a riempire i palinsesti televisivi, un'alternativa economica all'intrattenimento intelligente. L'ossessione per la diretta, con i suoi infortuni, il suo "bello", è un'altra caratteristica della tv italiana: i politici vi si sono prestati con generosità, nella speranza di cavalcare un'onda che invariabilmente travolge i meno populisti. Ed eccoci qui.

Ma supponiamo ottimisticamente che si tratti di una sbornia, destinata a finire prima o poi: che faremo a quel punto? Io me ne accorgo un po' ogni giorno: l'unico giornalismo che ancora m'interessa, che consumerei avidamente persino pagando, ma che molto spesso non riesco a trovare, non è quello che mi offre le notizie (ormai mi arrivano in faccia in tempo reale) ma quello che me le smonta. Mi affascina più il fact-checking che i fatti in sé. L'unica intervista politica che guarderei con interesse è quella rimontata da una redazione il giorno dopo, con la classifica di tutte le bugie che il tizio è riuscito a dire in dieci minuti. Per arrivarci, dobbiamo aspettare che la pancia degli italiani si stanchi dell'ennesimo genio gonfio d'aria. Ammesso che si stanchi mai; che non ne trovi un altro ancora più gonfio degli ultimi due, e così via. Ma ci dev'essere pure un limite all'aria che può entrare - e un modo di farla uscire.

8 commenti:

  1. Tu spieghi l'involuzione dell'elettorato presentandola come l'effetto del progressivo aumento dell'uso della televisione da parte dei politici, mentre io credo che sia il secondo ad essere effetto della prima.
    Credo, insomma, che l'elettorato sensibile a quel tipo di politica, quella di pancia, sia un elettorato pre-esistente anche alla televisione stessa, che sia in sostanza una quota fisiologica dell'elettorato che a seconda del periodo storico si offre a chi meglio muove le leve alle quali è sensibile utilizzando i mezzi che il progresso gli mette a disposizione.
    Mussolini per rivolgersi a quel tipo di elettore utilizzò la radio, Berlusconi le tv, Grillo i palchi, Renzi i twitter.
    Ma sono gli elettori a porre la domanda e i politici ad adeguare l'offerta, non viceversa.
    Il peggioramento progressivo di quell'offerta non è altro che il risultato del processo che regola forma e dimensione di tutto ciò che opera facendo leva sui bisogni istintivi non razionali e cioè il principio dell'assuefazione.
    Quando la domanda è soddisfatta e l'offerta si stabilizza si genera l'assuefazione, che però nell'essere indice di soddisfazione ne diventa anche (paradossalmente) la sua fine.
    E la fine della soddisfazione genera una nuova domanda che chiederà nuova soddisfazione tarata sul livello di intensità superiore rispetto a quello che portò la soddisfazione precedente, in un crescendo soddisfazione-assuefazione che non può che imporre a chi si propone come risposta un continuo costruire risposte progressivamente sempre più estreme.

    Non è quindi l'elettore che si adegua all'offerta, ma l'offerta che è obbligata ad adeguarsi alla capienza sempre maggiore dello stomaco dell'elettore che, assuefatto, chiederà una soddisfazione maggiore della precedente per poterla definire tale.

    In questo senso mi metterei l'animo in pace e accetterei la realtà: ci sarà sempre quel tipo di elettore perché parte dell'umano e, conseguenza, chi si proporrà per soddisfarne l'appetito non potrà che essere progressivamente sempre più estremo.

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  2. Qui in Italia il modello di intervista in differita è quello delle Iene, montaggio manipolato ad arte per far dire al soggetto quello che si vuole (o fargli fare a scelta la figura del genio o del deficiente). Non esattamente giornalismo anglosassone, mi pare.

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  3. Benone, Cittadini belli, addirittura avremo il “Comitato di Salute Pubblica” (via web, peraltro…nel senso che mentre mi scaccolo, col ditino dell’ altra mano ti clicco verso il patibolo? Comodo, davvero comodo). Già si dichiara il Terrore prima di aver fatto la Rivoluzione? Beh, andiamo almeno per gradi, va’. Auguri.

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  4. La questione se viene prima la domanda o l'offerta è un tema arduo temo.
    Sicuramente entrambe le cose si influenzano a vicenda, per cui se c'è un'offerta politica scadente, anche la domanda tende ad accontentarsi dell'offerta più appetibile per soddisfare i propri bisogni (in questo caso) partecipativi e identitari. Allo stesso modo se c'è una domanda di basso livello qualitativo l'offerta non ci penserà due secondi a scendere a quel livello in un regime di marketing quale il nostro.

    La mia impressione è che si faccia spesso confusione e lamentando malsani appettiti si invochi una migliore offerta "alimentare" e lamentando una scarsa offerta qualitativa si invochi migliori appetiti. Facendo questo si agisce solo sul condizionamento indiretto, il più difficile.

    Lo sforzo dovrebbe essere invece doppio e diretto: da un lato contribuire a migliorare gli appetiti in generale, renderli più salubri e consapevoli, dall'altra rendere più responsabile l'offerta politica a non adeguarsi a bassi livelli, ancorchè richiesti dalla domanda, ma cercare di tenersi su migliori standard.

    Il giornalismo è puro, ci deve essere un analisi e una ricerca, ma deve esserci anche una narrazione e una messa in scena. Una politica basata solo sulla razionalità e lo sradicamento dell'aspetto emotivo, non solo non può esistere, ma sarebbe pure mostruosa.

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  5. Paxman ha la fama di essere un mastino, ma in questa intervista sembra un agnellino. Tutto sommato, Travaglio o Gruber sono piu` incisivi.

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