Ha anche la faccia giusta, diciamolo, perfetta per i titoli di un tg: troppo spesso ai fotografi ha mostrato quel tipico di ghigno da criminale impunito. Mentre i volti di tanti altri reduci dello stesso periodo sbiadiscono negli archivi cartacei, lui continua a trovarsi davanti ai flash delle macchine digitali, e a volte la cosa sembra piacergli: dopo l’ultima scarcerazione, all’aeroporto saluta i giornalisti alzando il boccale di birra che ha in mano – ovviamente scriveranno che stava brindando. Nel frattempo in giro per il mondo c’è almeno una trentina di terroristi latitanti, ma Battisti è l’unico che fora il video. Alessio Casimirri, uno dei brigatisti rossi che falciarono la scorta di Aldo Moro, ha sei ergastoli da scontare: gestisce un ristorante a Managua. Un po’ più vicino si è fermato un suo complice, Alvaro Lojacono, che ha acquisito la cittadinanza svizzera. Casimirri e Lojacono rientrano nella definizione tecnica di stragisti, ma è possibile che Di Maio non ne abbia mai sentito parlare: non hanno più bisogno di scappare e non fanno più parlare di sé.
(Ho scritto un pezzo per TheVision, sul solito caso Battisti).
Anche se nelle interviste e nei memoriali rivendica una precoce coscienza di classe, Battisti nei primi anni Settanta comincia a entrare in prigione per reati poco ideologici: qualche rapina e l’aggressione a un ufficiale durante il servizio di leva. È proprio in prigione che Battisti si radicalizza, come capita oggi ai jihadisti: a quei tempi al posto del paradiso islamico c’era la dittatura del proletariato, in vista della quale nel 1978 Battisti entra nel gruppo dei PAC. Per la giustizia italiana è colpevole di quattro omicidi. Di due è considerato l’esecutore materiale: avrebbe ucciso nel 1978 il maresciallo della polizia penitenziaria Antonio Santoro, e nel 1979 l’agente della Digos Andrea Campagna. Inoltre sarebbe co-ideatore di due delitti commessi dai PAC lo stesso 16 febbraio 1978: l’omicidio del gioielliere Pierluigi Torregiani a Milano, e quello del macellaio Lino Sabbadin in provincia di Udine, dove Battisti avrebbe fornito “copertura armata”. Per questi delitti Battisti dovrebbe scontare l’ergastolo, una pena che in Brasile è stata da tempo abolita.
Tutti i processi sono stati celebrati in contumacia, e la giustizia italiana non ha intenzione di riaprirli nel caso Battisti tornasse in Italia. Questo è un approccio che la Corte europea di giustizia ha ritenuto legittimo, ma in Brasile la pensavano diversamente, almeno ai tempi di Lula. In tutti e quattro i casi è stata determinante la testimonianza di un complice pentito, Pietro Mutti, che in quanto collaboratore di giustizia è rimasto in carcere soltanto otto anni – Battisti, tra un arresto e l’altro, ne ha passati sette dietro le sbarre. Le dichiarazioni di Mutti però sono sembrate più volte contraddittorie. Mutti era in cella, Battisti libero per il mondo: non sorprenderebbe che il primo avesse accusato il secondo in cambio di sconti di pena. Altri testimoni raccontano di aver rilasciato le loro confessioni dopo aver subito vere e proprie torture. Che in quegli anni i sospettati di terrorismo non venissero trattati coi guanti è un dato storicamente acquisito: era un’emergenza, si diceva. Alcune leggi “emergenziali” però sono rimaste in vigore. In Francia gli intellettuali denunciavano gli abusi e Mitterand apriva le porte ai ricercati italiani che si impegnavano a rigare dritto. Tutto questo succedeva trent’anni fa, ma a leggere i giornali italiani sembra ieri. Forse perché ci scrivono le stesse penne?
In un breve fondo sul Corriere, Pierluigi Battista riesce a scomodare lo scrittore Philip Sollers e i due filosofi Deleuze e Guattari. È vero che nel 1977 firmarono il famoso “Appello contro la repressione in Italia” – insieme a Sartre, Foucault, Barthes, e altri – ma è successo quarant’anni fa. Battisti non solo non era ancora stato processato, ma ancora doveva commettere i delitti di cui è accusato. E però l’accostamento tra l’assassino col ghigno da canaglia e il pensoso intellettuale funziona ancora. Viene da chiedersi se la solidarietà dei romanzieri gli abbia realmente giovato, o non sia stata proprio il motivo per cui in Italia c’è chi insiste ancora a chiederne la pelle. Avesse aperto un ristorante anche lui, invece di scrivere polizieschi, non lo lascerebbero stare? Nel 2004 lo scrittore Valerio Evangelisti pubblica un appello per la liberazione di Battisti. Tra i primi firmatari, alcuni scrittori: Wu Ming, Nanni Balestrini, Daniel Pennac… c’è anche un giovanissimo Saviano che poi ritirerà la firma. Tredici anni dopo, Battista sul Corriere non se li è scordati, e ne approfitta per attaccare “alcuni ambienti altrettanto militanti dell’acuta intellettualità italiana”.
È quasi commovente la fiducia che Battista esibisce nei confronti di questa “intellettualità”, come se quella raccolta di firme, più o meno illustri, avesse avuto qualche effetto concreto sul caso. Come non pensare al precedente più famigerato, a quella Lettera all’Espresso sul caso Pinelli che anticipò di qualche giorno l’assassinio Calabresi? Ma i firmatari di quell’appello erano davvero parte di un “intellettualità” autorevole e riconosciuta, e le loro parole ebbero un peso riconosciuto, per quanto controverso, negli eventi tragici che seguirono. Riproporre la stessa situazione nel caso di Cesare Battisti significa davvero ripetere la storia in farsa. Il 2004 non è il 1971. Valerio Evangelisti è uno straordinario scrittore, ma non è Alberto Moravia. Una sua raccolta di firme su internet non potrebbe mai avere il peso che ebbe una lettera aperta sull’Espresso di quasi cinquant’anni fa. È lo stesso tic di chi di fronte allo scandalo Weinstein si rimette a spiegarti di Marilyn Monroe e a citarti Hollywood Babilonia – l’età media dei corsivisti italiani è la stessa. Questa è gente preparatissima sulla storia del Ventesimo Secolo, tanto che forse pensa che il Ventunesimo potrebbe fare almeno uno sforzo per adeguarsi alle sue spiegazioni.
La sensazione è che sotto la maschera ghignante di un ex rapinatore qualcuno ormai stia dando la caccia a un fantasma: il simbolo di un’epoca che Battisti ha vissuto. La notizia di un’ennesima fuga diventa pretesto per rivangare rancori, togliere dalla scarpa consunti sassolini, aizzare i lettori contro quella cara vecchia classe-intellettuale-radical-chic che simpatizza coi criminali mentre pasteggia a champagne: per rileggere il mondo con le lenti che si infransero al tempo dell’omicidio Calabresi; al punto che se un giorno Battisti tornasse davvero in Italia e si rivelasse per quello che è diventato – un uomo anziano, che fugge da una vita da crimini che forse ha commesso da ventenne – ci troveremmo in grave imbarazzo, orfani di un eroe malvagio che dava il volto a un orrore antico e ormai terminato, quasi rassicurante. Dovremmo metterci a cercare nemici nuovi, ed è faticoso. Anche un po’ pericoloso. Mentre odiare Battisti, in fondo, è anche comodo.
il tuo - in questo caso - mi pare un classico caso di benaltrismo. perché battisti deve anna' in galera? perché è un assassino condannato all'ergastolo. perché lui sì e gli altri no? boh, da qualche parte si deve cominciare, magari diventa un bel precedente. poi oh, magari ci hai pure ragione sui giornalisti, ma non è che siccome sta sul cazzo a questo o a quello se deve risparmia' l'ergastolo...
RispondiEliminaBoh, son d'accordo con te, ma... sicuro che Leo abbia scritto che Battisti non deve andare in prigione? Io ho riletto e non mi sembra.
Eliminaso' io llunknown qui sopra -> marcell_o
RispondiEliminanaaaa ma dai: odia weinstein con tutti noi invece. quel perioduccio su hollywood babilonia è troppo poco.
RispondiElimina...sei pure critico cinematografico!
"Casimirri e Lojacono rientrano nella definizione tecnica di stragisti": Non è affatto vero. Non lo è per la definizione del reato di strage del codice penale. Non è vero perché sono stati entrambi condannati in contumacia all'ergastolo nei processi Moro, ma mai neppure accusati di strage.
RispondiEliminaE soprattutto non è vero perché lo stragismo è una forma di terrorismo distinta dal brigatismo. Il ricorso alle stragi indiscriminate, contro la popolazione inerme (bombe alla banca di Piazza Fontana, al comizio di Piazza della Loggia, sui treni, alla stazione di Bologna...), è stato tipico del neofascismo, su input o sponsorizzazione di Stato. L'attribuzione delle stragi all'estrema sinistra faceva regolarmente parte del piano.
Per provare che i due brigatisti sarebbero 'tecnicamente stragisti' metti un link alla condanna di due neofascisti per la strage di Brescia: che c'entra, che informazione sarebbe? Critichi quel diMaio per uno svarione antistorico su Battisti, e raddoppi su brigatisti?
Quelli delle BR, a differenza degli stragisti, non mettevano bombe, e rivendicavano le uccisioni dei 'nemici', il 'cuore dello Stato' e chi lo proteggeva. Quelli dei PAC di Battisti sparavano a macellai e gioiellieri, ma giustamente ricordi che non erano stragisti.
Se non si vuole liquidare tutto il passato come storia criminale (un ergastolo vale l'altro, e chissenefrega perché), bisogna provare a storicizzarlo con informazioni corrette: cosa che quando c'è canea di stampa risulta impossibile.
Sono un po' in imbarazzo perché nel pezzo che ho mandato quel link non c'era: è ovviamente sbagliato.
EliminaCasimirri e Lojacono rientrano in una definizione tecnica di strage perché "al fine di uccidere", hanno compiuto "atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità" (art. 422) - mi sembra difficile dimostrare il contrario: hanno fatto fuoco per strada. Il fatto che appartenessero a un gruppo che non metteva bombe e rivendicava le azioni non è cambi la cosa. Poi se sono stati condannati con altre imputazioni, pazienza: il senso era che se proprio vogliamo cercare degli "stragisti", abbiamo chi si avvicina molto di più al termine.
Se proprio vuoi cercare degli stragisti, cita gli stragisti veri, per esempio Delfo Zorzi -per quella strage di piazza Fontana, che siccome sembra non abbia vittime, non se ne parla. E il link spontaneo avrebbe avuto senso.
EliminaCiti il codice penale, quasi che la magistratura, per qualche bizzarro motivo, abbia evitato di qualificare quell'episodio Se proprio vuoi cercare degli stragisti, cita gli stragisti veri, per esempio Delfo Zorzi -per quella strage di piazza Fontana, che siccome sembra non abbia vittime, non se ne parla. E il link spontaneo avrebbe avuto senso.
Sarà perché la frase che menzioni, “al fine d’uccidere”, non corrisponde all’azione di via Fani, che fu realizzata “al fine di sequestrare” Aldo Moro. Non è un dettaglio di lana caprina.
E ‘Stragismo' è definizione politica, qualcosa di più che 'far fuoco per strada'. La destra sarebbe ben contenta di trovare un solo caso in cui gli stragisti erano dell'altra parte: guarda come ci provano con la 'pista rossa' per la strage di Bologna.
Colpire la ‘popolazione inerme’ in modo ‘indiscriminato’, facendone strage, è altra cosa da quello che fecero: colpire i ‘nemici’ armati (uno rispose al fuoco), evitando di far vittime tra gli ‘estranei al conflitto’ (il fioraio Spiriticchio, per dirne uno).
Che questo non cambi i termini delle condanne all’ergastolo, non è in discussione. Neppure si può discutere in termini morali -se una cosa fosse ‘meglio’ dell’altra- ma in termini storici oggi, dopo 40 anni, si può essere categorici. L’approssimazione (‘abbiamo chi si avvicina molto di più al termine’) è pressappochismo che serve solo ai forcaioli.
Gli stragisti non erano brigatisti, e i brigatisti non furono stragisti.
Anni fa quando scrissi un altro pezzo su Battisti citai proprio Zorzi; nel frattempo però è stato assolto, per cui definirlo "stragista" sarebbe ancora più impreciso.
Elimina!!! Qua mi confondi. Ok, Zorzi no perché assolto dall'accusa di strage. Ma allora Casimirri e Lojacono, che non sono neppure stati accusati di strage?
EliminaLa 'definizione tecnica' dovrebbe valere per tutti, o altrimenti ha ragione diMaio e Battisti è uno stragista.
Il pezzo è buono, uno sguardo necessario -il titolo dice tutto- fondato su informazioni corrette. Peccato distruggerlo con un riferimento insensato a un altro caso.
Avevo buttato lì Zorzi, citato da qualche articolo.
Però il riferimento giusto c'era già: proprio quel link misterioso, che porta ad un articolo sulle condanne per la strage di Brescia.
Quello stragista condannato, Maurizio Tramonte (di Ordine Nuovo, come Zorzi) è attualmente sotto arresto estradizionale in Portogallo. Ha fatto ricorso contro la decisione di estradizione.
Le legislazioni in materia di Brasile e Portogallo sono molto simili. Per esempio, non ammettono l'estradizione per condanne all'ergastolo (devono essere commutate in pene temporali).
Il parallelo con il caso Battisti (per non dire la risposta alla sciocchezza di diMaio) è esemplare.
La differenza: NESSUNO PARLA DI TRAMONTE. Tanto quanto Battisti è nella top-ten dei personaggi più odiati, Tramonte è in quella dei più ignorati, se non sconosciuti.
Forse perché l'hanno arrestato che pregava alla Madonna di Fatima?
Completamente d'accordo con dementio memoriae.
EliminaLe azioni delle BR non erano "stragiste", e non solo (e, per quanto mi riguarda, non tanto: le cose tecniche non dovrebbero essere impugnate in maniera amatoriale) codici alla mano: hanno combattuto una guerra; su cui "si può dire quello che si vuole" a livello di giudizi politico, morale, persino psico-qualcosaltro ("figli della borghesia impazziti perchè non c'erano ancora i videogame"); ma guerra fu, e combattuta molto più onestamente di come tanta altra gente combatte le sue guerre — su tutti il nostro capubastuni (per cui nel frattempo siamo decaduti a picciotti di poco o nessun conto…).
Il fatto che si parli con totale nonchalance di brigatisti rossi come terroristi o persino stragisti (ovviamente senza neppure accennare alla simpatia, se non consenso, che tante loro azioni suscitarono, e per un tempo neanche così infimo) la dice lunga sul famoso discorso della storia scritta dal vincitore; il cui portato è devastante, perchè fa vittime indiscriminatamente, anche tra gente in gamba (come appunto Leo); come una vera e propria strage.
Peccato davvero, stavo quasi per condividerlo, ma quelle ultime righe sono proprio uno scivolone, brutto e uguale a quello di Di Maio. E nei commenti ahimè, caduta libera: “Casimirri e Lojacono rientrano in una definizione tecnica di strage perché "al fine di uccidere", hanno compiuto "atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità". No, non ci siamo, il perché l’ha spiegato perfettamente ed esaustivamente Dementio Memoriae. A Via Fani un gruppo armato attaccò un gruppo di uomini altrettanto armati. Non ci furono vittime tra civili perché i brigatisti fecero in modo di non coinvolgere nessun civile, in quella come in altre occasioni. Questo è il fatto storico. E per la Storia i brigatisti non sono stragisti.
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