…apud campum babylonicum ducem impiorum in cathedra ignea et fumosa sedere, horribilem figura vultuque terribilem (Ignazio di Loyola, Exercitia Spiritualia, 140)
Suppongo che vi ricordiate quando sono diventato, per un po’, marinaio di acqua dolce.
"Uomo condannato al rogo dall'Inquisizione di Goa". |
In ogni caso, avevo visto uomini migliori di me partire e non tornare, ed ero determinato a non seguirli. Così mi ero chiuso in una cella col mio Eymerich tascabile e il flagello. Quando i miei nervi cominciavano a tendersi e a chiedere il frutto del papavero, io cercavo di strapparmeli a nerbate. Poi il dolore mi teneva sveglio tutta notte e un po’ d’oppio dovevo prenderlo comunque, per non impazzire. Vedevo le pareti della cella stringersi intorno a me, e pensavo alla giungla. Sentivo di diventare sempre più debole, e vedevo gli idoli diventare sempre più forti – stavo sbagliando metodo, evidentemente.
Goa, fottuto posto. Ma ognuno ottiene quello che vuole, alla fine. Io volevo una missione; e per scontare i miei peccati me ne assegnarono una davvero speciale; una volta conclusa, non ne avrei volute altre.
Non posso raccontarvi tutto, naturalmente. Ricevetti un invito a pranzo che non si poteva rifiutare. Mi buttai sotto un getto d’acqua gelida per togliermi la giungla dalle palpebre, e nel giro di un paio d’ore ero di nuovo un domenicano nel suo saio pulito e bianconero, al cospetto dell’Inquisitore Generale.
Si era fatto arredare un bell’ambientino, nel palazzo di un Khan locale. Il disprezzo per gli idoli, le vacche sacre in particolare, lo manifestava facendone arrostire generose porzioni per gli ospiti.
“Buongiorno padre”.
“Buongiorno fra Marcelo. Ha già conosciuto il Generale?”
“No padre, non di persona”.
“Lei ha lavorato molto in autonomia, è vero?”
“Sì padre, è così”.
“Nel suo dossier si parla di un paio di autodafè nei distretti a nord di Goa”.
“Al momento mi dichiaro non disponibile a parlarne, padre”.
“Lei non ha già lavorato per l’Inquisizione?”
“No padre”.
“Non ha bruciato tre idolatri e due musulmani in un villaggio a venti leghe da qui?”
“Non… non mi risultano le attività da lei menzionate. Né sarei propenso a parlarne qualora tali attività…”
“Cos’è quel brutto taglio sul collo?”
“Un incidente di pesca durante le attività ricreative, Padre”.
“È profondo. Sembra un gatto a nove code. Lei fa uso del gatto a nove code nella sua cella?”
“No padre”.
“Lo sa che è proibito?”
“Certo padre”.
“Va bene, si sieda. Ha l’aria di uno che digiuna da un mese. Vediamo quello che abbiamo qui. C’è dell’arrosto, di solito è buono. Ma se vuole provare i crostacei, non dovrà fornirci ulteriori prove di coraggio”.
“Grazie, padre”.
“Mi serve nel pieno delle forze. Ha mai sentito parlare di Francisco de Jasso Azpilcueta Atondo y Aznares de Javier?”
“Nato in Navarra nel 1506, al collegio fu compagno di cella del fondatore dell’ordine noto come Compagnia del Gesù, Íñigo López Loiola. Inviato da questi a Goa nel 1541 su richiesta di sua maestà il re del Portogallo, estese l’opera di evangelizzazione delle Indie fino a Malacca, alle Molucche e a Cipango, battezzando milioni di indigeni e compiendo centinaia di prodigi…”
“…Non tutti risultanti al nostro Sacro Ufficio. Vada avanti”.
Convertili tutti, Dio riconoscerà i suoi |
“Amen. Tutto qui, figliolo?”
“Più o meno sì”.
“È sicuro di non aver sentito altre voci?”
“Niente di rilevante, padre”.
“A proposito di un padre gesuita che addentrandosi nel fiume delle Perle con un carico di fucili, avrebbe portato la coltivazione del papavero nel cuore del Guangdong?”
“Lo apprendo da voi, padre”.
“Francisco Javier è stato uno dei migliori pastori che la Chiesa abbia mai inviato nelle Indie. Un cavaliere e un santo. Spiritoso, intelligente. Ma in un qualche modo non riusciva ad accontentarsi. Lo avremmo voluto più spesso presso di noi, a Goa. Come sa, c’è tantissimo lavoro da fare per le anime dei sudditi indiani del Re, senza andare in capo al mondo. Sappiamo che lo stesso Loyola gli aveva chiesto di fermarsi. E invece… le Molucche, e poi il Giappone, e poi… la giungla. Lei conosce la giungla, fra Marcelo?”
“Ci sono stato”.
“Poi però ha dovuto andarsene… ha conosciuto i tormenti dell’ulcera, mi hanno detto”.
“Cibi troppo speziati”.
“Che altro ha conosciuto?”
L’orrore.
“Si sta ancora curando?”
“No, padre, sono guarito”.
“Me ne rallegro. Stavo dicendo… quando Francisco si addentrò nel Fiume delle Perle, le sue lettere cominciarono ad apparirci… insane. Abbiamo pertanto stabilito di non divulgarle. Eccole qui”.
Con le stesse mani con cui aveva affettato il manzo, mi porse un pacchetto. Se non si stava prendendo gioco di me, dentro c’erano missive inedite di Francisco Javier, l’uomo che aveva in pochi mesi procurato alla chiesa cattolica più anime di quante gliene avesse perse l’immondo Lutero in trent’anni. A Roma si parlava già di beatificarlo.
“A quel che ci risulta, ha rilevato un latifondo nell’entroterra. Dirige una vera e propria impresa commerciale, che rifornisce di oppio i mercati di tutta la Cina meridionale. Gli affari vanno così bene che i prezzi sono crollati persino qui a Goa, ne avrà sentito parlare”.
L’orrore.
“Devo darle un’altra informazione inquietante: pare che i suoi contadini lo temano e lo venerino. Eseguono ogni suo ordine, anche il più assurdo. Nella giungla, come sa, il bene e il male si intrecciano in modi che ancora non capiamo. In mezzo a quegli idolatri persino il più santo degli uomini può essere tentato di credersi… Dio”.
“Dio?”
“In ogni uomo c’è un punto di non ritorno. Francisco Javier è andato oltre, ed è ormai evidente che sia del tutto impazzito”.
Che cosa volevano da me?
“La sua missione consiste nel risalire il Fiume delle Perle a bordo di una giunca. Ottenere un permesso per entrare nel territorio dell’Impero è molto difficile, e in ogni caso non intendiamo dare nell’occhio. Pertanto indosserà gli abiti di un bonzo. Lungo il tragitto raccoglierà informazioni. Una volta trovato padre Francisco deve infiltrarsi nella sua impresa e… porre fine al suo comando”.
“Porre fine a… padre Javier?”
“Quell’uomo è ormai completamente fuori controllo. Porre fine con estrema determinazione. Ha capito, sì?”
“Sì, padre”.
Da un po’ stava armeggiando con un attrezzo di cui avevo sentito già parlare, senza averlo mai visto. Una cannuccia di legno con un minuscolo fornellino all’estremità. Ora che finalmente all’interno aveva preso fuoco qualcosa – spargendo nella stanza un odore non sgradevole – si mise in bocca l’altra estremità. Sembrava che succhiasse.
“Lei non fuma, vero figliolo?”
“Mi perdoni?”
“Un po’ la invidio. È un vizio nuovo, che ci arriva dalle indie occidentali. Un’alternativa assai più sana al masticare oppio. Vuole provare?”
“Grazie, no”.
“Le sarà chiaro, fra Marcelo, che questa missione non esiste. Francisco Javier è morto nel 1552 di febbre sull’isola di Shangchuan, dopo aver convertito milioni di fedeli. Nelle Indie tutti parlano dei suoi prodigi. Dio l’assista”.
“Sempre sia lodato”.
Quando accettai la missione non ero certo un educando. Quante persone avevo già ucciso? Cinque, sei? Avevo ancora addosso l’odore di bruciato delle loro carni sul rogo. Stavolta però si trattava di uccidere un santo. Accettai la missione: che altro potevo fare? Ma non sapevo ancora come mi sarei comportato al suo cospetto.
(Continua…)
[Pezzo pubblicato la prima volta li 2/12/2015].
Bellissimo! Continua però! Dai, aspettiamo la seconda parte dal 2015...
RispondiEliminagià. più che coppola il Nostro (leonardo, non xavier) deve aver cominciato a sentirsi malik o kubrik.
EliminaContinua...?
RispondiElimina