Su Renzi quante se ne possono dire, quante ne avrete già dette.
Su Renzi, in particolare, che lascia il PD proprio quando quest'ultimo arriva al governo – e ci arriva grazie a delegazioni parlamentari composte per la maggior parte da uomini scelti da Renzi – insomma proprio nel momento in cui tutto per un attimo sembra volgere al meglio, e basterebbe restare un po' tranquilli per recuperare una centralità ormai data per smarrita – proprio in questo momento lui se ne va, perché è Matteo Renzi, non può stare tranquillo per definizione: zaino in spalle eccetera eccetera. Lasciando a ogni commentatore politico la facoltà di indovinare se si tratta di una mossa geniale o disastrosa, come se appunto si trattasse di una mossa, di qualcosa che Renzi poteva anche scegliere di non fare o fare diversamente.
Io per me continuerei a ripetere che il ragazzo è un missile, ma i missili hanno una vita sola e il grande pregio, una volta esplosi, di togliersi di mezzo, quindi la metafora non funziona più. Allora possiamo buttarla sul sociologico; possiamo notare che Renzi è figlio di un medio-industriale e che non fa altro che riprodurre nell'agone politico la traiettoria esistenziale di questo tipo specifico di figli che, quando ereditano la ditta dal papà, hanno tante idee nuove e amici con idee ancora più nuove e così dopo qualche soprassalto la ditta comincia a colare a picco. A quel punto la rivendono e col cash, anche se avevano giurato Mai Più, ne fondano un'altra dove finalmente faranno di testa loro senza i lacci e i lacciuoli e gli amici sbagliati. E anche in questo caso non si tratta di una mossa, di una scelta: è che altro non sanno fare, in casa scalpitano, in piazza vedono i figli degli altri padroni a cui è andata meglio e non ci durano; e poi non è detto che la seconda volta non funzioni, in fondo fino a qualche anno fa bastava azzeccare un prodotto per camparci di rendita, una generazione almeno.
Per esempio, questa volta Matteo Renzi si è messo in testa di mangiarsi l'elettorato residuale di Forza Italia e non lo nasconde, anzi, lo scrive proprio nel logo: Forza Italia, Italia Viva. È un'idea spudorata, ma ecco, è una cattiva idea? A livello di battuta lo abbiamo sempre detto, che Matteo Renzi è il figlio politico che Berlusconi non ha avuto – anche perché se l'avesse avuto, l'avrebbe divorato come tutti gli altri. Potremmo anche raccontarci che doveva finire così, con un Renzi di centrodestra, e che se ci siamo arrivati in modo tanto contorto è a causa dell'unica vera anomalia politica italiana: la Mediaset. Davvero, non sarebbe filato tutto più liscio se Renzi invece di prendere al bivio la strada del Partito Popolare avesse seguito Buttiglione e fosse cresciuto come amministratore nella Casa delle Libertà, magari vincendo le comunali a Firenze contro un insipido candidato ulivista, un qualsiasi ex centrocampista della Fiorentina? In teoria sì, in pratica sappiamo benissimo che Renzi nel medio termine sarebbe finito come finiscono tutti quelli che rischiano di fare ombra al capo: Casini, Fini, Alfano, Toti, c'è una lunga fila di teste in quel corridoio (notate: sono tutti maschi. Le donne restano). L'unica possibilità di succedere a Berlusconi era tenersi a una rispettosa distanza, e Renzi c'è riuscito, magari senza accorgersene. Così il PD, tra tante incombenze, si è incaricato perfino di costruire la carriera di un futuro leader del centro moderato. In un periodo in cui gli altri partiti diventavano fan club, solo il PD poteva sobbarcarsi il compito di creare dal nulla il suo futuro concorrente, e in particolare è stato il PD di Bersani a non lasciarsi mancare un'occasione, arrivando nel 2012 a indire una consultazione primaria in deroga allo statuto pur di consentire a Matteo Renzi la possibilità di farsi notare.
Se davvero fosse andata così, sarebbe andata male? Di un centrodestra moderato ci sarebbe tanto bisogno. In fondo il vero rischio è che l'elettorato residuale travasi direttamente nella Lega, e se c'è un modo di arginarlo, viva Matteo Renzi che si presta. Sì. Temo però che questa ricostruzione sia viziata dal solito errore: parlare del Centro come se il Centro esistesse: come se racchiudesse non solo leader politici fondatori di minuscoli partitini dalla vocazione maggioritaria, ma anche milioni di elettori che quei partitini prima o poi li voteranno. Sarà anche così, ma allora perché per vent'anni hanno votato Berlusconi? Se erano così moderati, perché quando Berlusconi si è alleato coi leghisti hanno votato la coalizione di Berlusconi coi leghisti? Se sono l'argine al fascismo, perché quando Berlusconi ha spruzzato nelle liste un po' di Forza Nuova e Casa Pound, non si sono trattenuti dal votare una coalizione di Berlusconi coi leghisti e Casa Pound?
Insomma io a questa storia del centro moderato non ci credevo tanto ai tempi di D'Alema che voleva lavorarci, non ci credevo affatto ai tempi di Veltroni che voleva conquistarlo, come faccio a crederci adesso che ci sta provando un missile? I missili una sola cosa sanno fare. Vabbe'. Dipenderà molto da come la prendono ad Arcore, si vedrà parecchio da come lo tratterà la D'Urso in tv. Nel frattempo tutti gli opinionisti di estrema destra che Berlusconi aveva cacciato dopo le elezioni sono più o meno rientrati nel palinsesto, il che mi lascia pensare che tra i due Mattei abbia scelto quello più lombardo e performante (qui poi ci sarebbe un lungo discorso da fare su quanto Salvini sappia fare il suo sporco mestiere di imbonitore meglio di Renzi, ma ne parliamo un'altra volta, una volta in cui mi verrà voglia di fare complimenti a Salvini, magari anche mai).
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