12 giugno: San Leone III Papa (dal 795 all'816), l'incoronatore di Carlo Magno
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Non c'è aneddoto tramandato dai manuali scolastici che, a guardarlo un po' da vicino, non mostri qualcosa di completamente diverso. Può darsi che abbiate letto, al tempo, che Carlo Magno fu incoronato Sacro Romano Imperatore nella notte di Natale dell'anno 800, da un papa che in quell'occasione gli fece una sorpresa. Del resto che Carlo non fosse informato – e neanche troppo entusiasta – della nuova corona lo riferiscono sia le fonti pontificie che quelle carolinge, e quindi perché non crederci?
Perché, semplicemente, non è realistico che un sovrano che è già l'uomo potente d'Europa, una notte di Natale, si lasci appoggiare un'altra corona in testa a sua insaputa. Certo, le fonti pontificie hanno tutto l'interesse a ribadire che fu un'iniziativa del papa, visto che da quel momento si stabilisce il principio che il Sacro Romano Imperatore sarà incoronato a Roma; e anche i cronisti di corte, da Eginardo in poi, avevano buon gioco a raccontare di un monarca poco interessato all'ennesima corona, magari pure infastidito di doversi sobbarcare anche il retaggio di quegli imperatori che benché si definissero romani, a Roma non si vedevano da quasi quattro secoli. Ma davvero possiamo credere che fosse una decisione autonoma del papa? E a proposito, che papa era, che margini di iniziativa poteva avere, rispetto al suo imperiale protettore?
Nessuno. Leone III, a quel punto della sua carriera, era una pedina di Carlo Magno, al quale doveva non solo la sua carica, ma anche la vita. Avrebbe fatto tutto quello che Carlo gli chiedeva; difficilmente gli avrebbe messo in testa una corona che Carlo non voleva. Facciamo un passo indietro.
Leone a quel punto era papa da cinque anni, l'ultimo dei quali piuttosto turbolento. Era succeduto ad Adriano, il papa che alleandosi con i Franchi contro i Longobardi, e sollecitando l'intervento di Carlo nella penisola, aveva reso in sostanza quest'ultimo il signore di tutta l'Italia fino a Roma. I possedimenti longobardi in Italia settentrionale e centrale erano stati incamerati da Carlo; quanto a Roma, teoricamente era ancora un ducato dipendente dall'Impero Romano (quello con capitale Costantinopoli), ma in pratica era il papa a essere considerato la massima autorità in città. Più che normale che la carica facesse gola alle famiglie più importanti; e tuttavia questo non impedì l'elezione all'unanimità di Leone, un cardinale di origini umili o comunque oscure che aveva fatto carriera nella cancelleria del Laterano. Qualcuno evidentemente in città non era così contento, e così nell'aprile del 799, mentre si recava in un monastero per attendere a una funzione religiosa, Leone fu rapito da due patrizi. Uno dei due, Pascale, era nipote di Adriano, e con tutta probabilità credeva che il Soglio spettasse a lui; non voleva però uccidere per forza Leone, si sarebbe contentato di cavargli gli occhi o mozzargli la lingua, mutilazioni che forse pensava fossero sufficienti per far decadere un papa dal suo ruolo. A quanto pare però non ci riuscì e la scelta di non ucciderlo sul posto si sarebbe rivelata un grave errore, perché in un qualche modo Leone riuscì a evadere dalla cella dove era rinchiuso (calandosi con una corda), riparando prima in Vaticano e poi, scortato da un messo imperiale, a Paderborn, Sassonia, dove Carlo teneva corte in quel periodo. Una scelta arrischiata perché gli attentatori, per quanto dalle cronache non sembrassero così organizzati, erano comunque convinti di avere Carlo dalla loro, forse in forza del buon rapporto che quest'ultimo aveva avuto con Adriano. E se l'attentato fosse riuscito, se Leone fosse stato tolto di mezzo senza che Carlo avesse avuto da ridire, probabilmente Leone sarebbe stato liquidato come un usurpatore, un antipapa; radiato dal canone dei pontefici, e oggi non ne parleremmo più. Invece Leone ebbe la buona idea di recarsi direttamente da Carlo, e forse in quell'occasione fece conoscenza con l'eminenza grigia del re, Alcuino di York.
Alcuino è il più probabile responsabile delle scelte che furono prese allora, e che portarono alla nascita di un nuovo impero. A Paderborn non era arrivato soltanto Leone, ma anche i congiurati erano riusciti a recapitare dei messaggi in cui cercavano di far sentire la loro campana. A Leone venivano attribuiti comportamenti scandalosi i cui dettagli sono stati poi omessi dalle cronache, per via che la Storia la scrive sempre il vincitore. Carlo si ritrovava insomma a dover giudicare la condotta di un pontefice, una grana che avrebbe preferito evitare. Alcuino nell'occasione gli raccomandò la massima prudenza: in quanto detentore di un potere che derivava direttamente da Dio, il papa non poteva essere giudicato da nessun'autorità superiore a lui, ovvero da nessuno se non da Dio. Liquidare il papa fuggitivo sarebbe sembrato un atto di prevaricazione; Carlo decise di scendere a Roma a dirimere la questione.
A Roma si tenne un vero e proprio processo, che dimostra come il diritto romano aveva ormai ceduto il passo all'ordalia medievale. Gli accusatori del papa poterono riferire le loro accuse, ma non portarono prove; in compenso Leone giurò solennemente sul vangelo di essere innocente. Si trattava in sostanza di una versione ecclesiastica del giudizio di Dio; solo Dio aveva un'autorità superiore a quella di Leone, solo lui avrebbe potuto punirlo incenerendolo se giurava il falso. Leone giurò e non fu incenerito, quindi era innocente e poteva continuare a essere papa. I suoi rapitori invece furono condannati a morte; pena che Leone commutò subito in ergastolo perché avevano ancora troppi amici in città. Leone invece aveva un solo grande protettore: Carlo, che per rimetterlo sul Soglio era venuto fino a Roma, interrompendo chissà quale guerra di conquista o massacro di Avari. È abbastanza chiaro che Leone avrebbe fatto qualsiasi cosa gli chiedeva.
Nel frattempo anche a Costantinopoli non è che stessero fermi ad aspettare; Irene d'Atene, la basilissa che per anni aveva regnato come reggente del figlio Costantino VI; quando questo aveva finalmente raggiunto la maggiore età, aveva tramato per prendergli il posto e siccome anche lei non era un mostro invece di ucciderlo si era accontentato di farlo accecare – senonché, come spesso succedeva in questi casi, Costantino era comunque morto poco dopo a causa delle ferite. A quel punto Irene si era proclamata basileus, avete capito bene, al maschile: le basilisse erano le mogli o le madri dell'imperatore, ma Irene non si considerava più né madre né vedova né reggente: l'imperatore era lei, punto, forse aa Meloni pensava a questo precedente quando ha chiesto di farsi chiamare Signor Presidente der Consiglio, ma non tergiversiamo. Un imperatore donna non si era ancora esattamente visto, e questo forse diede ad Alcuino o ad altri l'idea per il regalo da fare a Carlo nella notte di Natale dell'anno 800; facciamo proclamare dal tuo papa che d'ora in poi l'imperatore sei tu, che ne pensi? Se Carlo fosse stato contrario, difficilmente ne staremmo parlando oggi. Nella pratica si trattava di un escamotage per dichiarare che Roma non dipendeva più da Costantinopoli, bensì da un altro imperatore che di romano aveva ancora meno, ma che di fatto la controllava già da anni.
Anche nelle beghe teologiche, Leone si trovò a barcamenarsi in una situazione in cui la priorità dei nuovi padroni carolingi era isolare Roma da Costantinopoli. Per questo motivo Carlo aveva fatto penare non poco Adriano ai tempi della questione iconoclastica; ora invece la tensione tra oriente e occidente aveva messo a fuoco la questione che poi sarà quella dello scisma definitivo, duecento anni dopo: il filioque. In molte chiese occidentali (non a Roma) il Credo niceno veniva recitato durante la messa, il che dava l'occasione a tutti i fedeli di ribadire che lo Spirito procede "dal padre e dal figlio". Questo nella versione latina: quella greca è un po' diversa, manca una congiunzione, insomma sembra che lo Spirito proceda solo dal padre. Come ammetteranno diversi teologi nei secoli successivi, si tratta di una questione fondamentale soltanto se si ha molta voglia di litigare. I carolingi evidentemente ne avevano; Carlo convocò un sinodo ad Aquisgrana che stabilì che il Credo latino con il suo bel filioque andava recitato in tutte le messe. Leone ratificò il decreto, ma solo per le chiese di rito latino; non che i greci gli avrebbero dato retta, ma voleva evitare di rompere con loro: a Roma ancora per più di un secolo si continuò a omettere il filioque.
Alla morte di Carlo, nell'814, forse Leone rischiò di essere vittima di un secondo attentato; stavolta non ebbe bisogno di sollecitare i messi del nuovo imperatore (Ludovico), che quando arrivarono trovarono la situazione già normalizzata. Leone sarebbe morto due anni dopo Carlo; in generale non è ricordato come un grande papa. Fu beatificato solo nel Seicento, e canonizzato nel secolo successivo. Addirittura negli anni Sessanta il suo nome era stato espunto dal Martirologio romano; poi è stato reinserito. Non è considerato patrono di nulla in particolare, ma se quando cercano di farvi fuori voi scappate dal vostro boss, Leone sa come vi sentite in quel momento.
Molto carino grazie!
RispondiEliminaUn santo la cui santità discende dunque dal potere politico.
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