9 dicembre: Sant'Anna, madre del profeta Samuele (XI secolo aC).
Com'è noto la madre di Maria di Nazareth è Anna, anzi
Sant'Anna. Purtroppo si tratta di un personaggio completamente inventato dall'autore del Protovangelo di Giacomo. Quest'ultimo, come ogni falsario scrupoloso, non si è fatto venire in mente una madre della Madonna del nulla, ma ha cercato di rifarsi a un modello che non ne facesse troppo risaltare il carattere fittizio. Così come i restauratori, quando aggiungono a un quadro un pezzo mancante, si ispirano ai colori e allo stile del resto del quadro, così il protoevangelista ha ben pensato di rifarsi a un'altra madre di cui si legge nella Bibbia. Perciò c'è davvero un'Anna che può dirsi madre di Maria, almeno dal punto di vista letterario e narrativo. Non è quella che si festeggia il 26 luglio, ma la madre del profeta Samuele, con la quale comincia il primo libro omonimo; e in senso lato la storia del regno di Israele, perché sarà proprio Samuele a consacrare i primi due re, Saul e Davide.
Anche la storia di Anna non sembra terribilmente originale, specie se abbiamo letto i libri precedenti. È una donna che non riesce ad avere un figlio dal marito Elkana; condizione aggravata dal fatto che l'altra moglie di Elkana, Peninna, di figli ne ha già parecchi, né ha la delicatezza di non farlo notare ad Anna: anzi "l'affliggeva con durezza a causa della sua umiliazione". Eppure Peninna doveva saperlo, che dalle mogli sterili nasce sempre qualche giudice o patriarca: prima di Anna era stata sterile Sara, moglie di Abramo; Rebecca, moglie di Isacco; Rachele, moglie di Giacobbe. In epoche più recenti aveva avuto difficoltà a concepire un figlio anche la madre dell'eroe Sansone, ed è forse a lei che sta pensando Anna, quando promette al Signore che se avrà un figlio lo consacrerà "per tutti i giorni della sua vita e il rasoio non passerà sul suo capo". È un voto che si riferisce evidentemente al nazireato, un rito di consacrazione previsto dalla Torah ma che qui non viene nominato. Mentre pronuncia questo voto solenne nel tempio di Silo, Anna viene notata dal sacerdote Eli, che la scambia per un'ubriaca perché Anna "pregava in cuor suo e si muovevano soltanto le labbra": una pratica – quella di pregare muovendo le labbra ma senza emettere un fiato di voce – che evidentemente Eli non conosceva, e questo malgrado fosse il guardiano dell'Arca dell'Alleanza.
Eli, lo scopriremo più tardi, è un personaggio malinconico, evocato a rappresentare tutta un'epoca di decadenza che finisce proprio con la nascita di Samuele, suo successore. I suoi figli sono una delusione: disonesti e corrotti, fanno la cresta pure sul grasso dei sacrifici. È custode di Dio, ma Dio non gli parla – come invece parlerà a Samuele. E allo stesso tempo conosce i suoi limiti: quando Anna gli spiega il suo problema, la benedice ("Va' in pace e il Dio d'Israele ascolti la domanda che gli hai fatto"). Chi sia rimasto suggestionato dal Crollo della mente bilaterale di Julian Jaynes non può impedirsi di pensare che Eli sia già un uomo dotato di coscienza – ovvero anche in grado di elaborare i pensieri senza verbalizzarli; mentre Anna forse non sarebbe in grado di parlare con Dio (cioè un altro emisfero di sé stessa) senza formare parole almeno sulle labbra. Quanto a Samuele, il figlio che finalmente nascerà, egli sarà uno degli ultimi rappresentanti di quel tipo di "uomini bicamerali" che secondo Jaynes proprio in quel momento cominciavano a estinguersi: gli uomini portati a interpretare i pensieri dell'emisfero destro come voci degli Dei. I libri di Samuele sarebbero la migliore testimonianza letteraria di questo evento epocale: la transizione dalla mente bilaterale a quella cosciente. Una transizione graduale, ma violenta: perché man mano diventavano rari, gli uomini bilaterali venivano sempre più visti come profeti di una divinità che agli altri si celava.
Come promesso a Dio, non appena il piccolo Samuele è svezzato Anna lo porta a Silo, dove sarà cresciuto da Eli. Per l'occasione, e prima di congedarsi dal lettore, Anna pronuncia un'ode commovente che ricorda molto da vicino il Magnificat, l'inno che Luca mette in bocca a Maria di Nazareth durante l'incontro con la cugina Elisabetta. In effetti Luca, col suo debole per i poveri, non poteva restare insensibile di fronte a versi come "L'ascia dei forti s'è spezzato, ma i deboli sono rivestiti di vigore. I sazi sono andati a giornata per un pane, mentre gli affamati han cessato di faticare". È più difficile capire che senso abbia questa sensibilità sociale nel personaggio di Anna, che fin qui non ne aveva dimostrata. La chiave forse sta nel verso successivo: "La sterile ha partorito sette volte, e la ricca di figli è sfiorita": in effetti questo senso di rivalsa serpeggia in tutte le Scritture, e non trova sempre un interprete delicato come Luca a smussare gli spigoli: tante altre volte i deboli diventano arroganti, massacrano i loro massacratori, e continuano a sentirsi minacciati anche dopo aver fatto il deserto intorno a loro. Samuele, in effetti, passerà la vita a seguire le voci di un Dio scostante che gli ordinerà di consacrare un re e poi un altro, con le guerre fratricide che ne seguiranno. E tremila anni dopo siamo ancora qui, e non sappiamo se temere più le asce dei forti o il vigore dei deboli.