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martedì 10 dicembre 2024

Daniele l'incolonnato

11 dicembre – San Daniele lo stilita (409-493)

Menologion di Basilio II

Gli stiliti sono quella sottocategoria di eremiti che invece di rintanarsi in qualche grotta, o isolarsi nel deserto, si issano sulla cima di una colonna di qualche tempio diroccato e cercano di restarci per tutta la vita, pregando, meditando e attirando un sacco di curiosi. Sono insomma i più esibizionisti tra gli asceti, un curioso paradosso, e fa un po' effetto pensare che siano esistiti davvero, senza morire nel giro di pochi mesi. Daniele di Maratha, ad esempio, quando salì sulla sua colonna nei pressi di Costantinopoli nel 459 (seguendo l'esempio di San Simone il Vecchio, che aveva ammirato da ragazzino e che gli aveva lasciato in eredità il mantello) aveva già cinquant'anni, e ci avrebbe vissuto per altri 33. Sembra impossibile, ma la sua leggenda non è priva di dettagli realistici; in particolare non omette il dettaglio delle ferite ai piedi, che dovevano colpire particolarmente i fedeli che andavano a trovarlo. Daniele non stava rannicchiato su un piccolo capitello ma aveva a disposizione una vera e propria piattaforma, e a un certo punto un imperatore gliene costruì un'altra unita alla prima con un ponte: infine, durante un inverno particolarmente rigido, sulla struttura venne costruita una vera e propria piccola abitazione. 

Il fatto è che Daniele, che si era ritirato sulla colonna forse per evitare un incarico di responsabilità presso il suo cenobio, in breve tempo era diventato un punto di riferimento, se non una vera e propria attrazione turistica: i malati andavano a chiedergli una benedizione (e a volte sostenevano di essere guariti), l'imperatore stesso si sentiva onorato di poter salire fino a toccargli i piedi e chiedergli consigli perché è buffo, ma la prima cosa che ci viene in mente quando vediamo una persona fare una scelta estrema come montare su una colonna e non scendere più, è che quella persona sia particolarmente saggia. Uno che non voleva invece andare a trovarlo era l'Arcivescovo di Costantinopoli, probabilmente invidioso della sua fama: fu lo stesso imperatore a costringerlo. Daniele era ormai una figura pubblica e non poteva sottrarsi dai dibattiti che dilaniavano la società costantinopolitana: dovette persino temporaneamente scendere dalla colonna per incontrare il nuovo imperatore (l'usurpatore Basilisco) e rimproverarlo davanti a tutti perché sosteneva l'eresia monofisita. Basilisco fu poi sconfitto da Zenone che si recò subito in pellegrinaggio alla colonna di Daniele. Alla sua morte, Daniele fu sepolto alla base della colonna che si era scelto tanti anni prima. 

domenica 8 dicembre 2024

Anna che muoveva le labbra

9 dicembre: Sant'Anna, madre del profeta Samuele (XI secolo aC). 

Gerbrand van den Eeckhout

Com'è noto la madre di Maria di Nazareth è Anna, anzi Sant'Anna. Purtroppo si tratta di un personaggio completamente inventato dall'autore del Protovangelo di Giacomo. Quest'ultimo, come ogni falsario scrupoloso, non si è fatto venire in mente una madre della Madonna del nulla, ma ha cercato di rifarsi a un modello che non ne facesse troppo risaltare il carattere fittizio. Così come i restauratori, quando aggiungono a un quadro un pezzo mancante, si ispirano ai colori e allo stile del resto del quadro, così il protoevangelista ha ben pensato di rifarsi a un'altra madre di cui si legge nella Bibbia. Perciò c'è davvero un'Anna che può dirsi madre di Maria, almeno dal punto di vista letterario e narrativo. Non è quella che si festeggia il 26 luglio, ma la madre del profeta Samuele, con la quale comincia il primo libro omonimo; e in senso lato la storia del regno di Israele, perché sarà proprio Samuele a consacrare i primi due re, Saul e Davide. 

Anche la storia di Anna non sembra terribilmente originale, specie se abbiamo letto i libri precedenti. È una donna che non riesce ad avere un figlio dal marito Elkana; condizione aggravata dal fatto che l'altra moglie di Elkana, Peninna, di figli ne ha già parecchi, né ha la delicatezza di non farlo notare ad Anna: anzi "l'affliggeva con durezza a causa della sua umiliazione". Eppure Peninna doveva saperlo, che dalle mogli sterili nasce sempre qualche giudice o patriarca: prima di Anna era stata sterile Sara, moglie di Abramo; Rebecca, moglie di Isacco; Rachele, moglie di Giacobbe. In epoche più recenti aveva avuto difficoltà a concepire un figlio anche la madre dell'eroe Sansone, ed è forse a lei che sta pensando Anna, quando promette al Signore che se avrà un figlio lo consacrerà "per tutti i giorni della sua vita e il rasoio non passerà sul suo capo". È un voto che si riferisce evidentemente al nazireato, un rito di consacrazione previsto dalla Torah ma che qui non viene nominato. Mentre pronuncia questo voto solenne nel tempio di Silo, Anna viene notata dal sacerdote Eli, che la scambia per un'ubriaca perché Anna "pregava in cuor suo e si muovevano soltanto le labbra": una pratica – quella di pregare muovendo le labbra ma senza emettere un fiato di voce – che evidentemente Eli non conosceva, e questo malgrado fosse il guardiano dell'Arca dell'Alleanza. 

Eli, lo scopriremo più tardi, è un personaggio malinconico, evocato a rappresentare tutta un'epoca di decadenza che finisce proprio con la nascita di Samuele, suo successore. I suoi figli sono una delusione: disonesti e corrotti, fanno la cresta pure sul grasso dei sacrifici. È custode di Dio, ma Dio non gli parla – come invece parlerà a Samuele. E allo stesso tempo conosce i suoi limiti: quando Anna gli spiega il suo problema, la benedice ("Va' in pace e il Dio d'Israele ascolti la domanda che gli hai fatto"). Chi sia rimasto suggestionato dal Crollo della mente bilaterale di Julian Jaynes non può impedirsi di pensare che Eli sia già un uomo dotato di coscienza – ovvero anche in grado di elaborare i pensieri senza verbalizzarli; mentre Anna forse non sarebbe in grado di parlare con Dio (cioè un altro emisfero di sé stessa) senza formare parole almeno sulle labbra. Quanto a Samuele, il figlio che finalmente nascerà, egli sarà uno degli ultimi rappresentanti di quel tipo di "uomini bicamerali" che secondo Jaynes proprio in quel momento cominciavano a estinguersi: gli uomini portati a interpretare i pensieri dell'emisfero destro come voci degli Dei. I libri di Samuele sarebbero la migliore testimonianza letteraria di questo evento epocale: la transizione dalla mente bilaterale a quella cosciente. Una transizione graduale, ma violenta: perché man mano diventavano rari, gli uomini bilaterali venivano sempre più visti come profeti di una divinità che agli altri si celava. 

Come promesso a Dio, non appena il piccolo Samuele è svezzato Anna lo porta a Silo, dove sarà cresciuto da Eli. Per l'occasione, e prima di congedarsi dal lettore, Anna pronuncia un'ode commovente che ricorda molto da vicino il Magnificat, l'inno che Luca mette in bocca a Maria di Nazareth durante l'incontro con la cugina Elisabetta. In effetti Luca, col suo debole per i poveri, non poteva restare insensibile di fronte a versi come "L'ascia dei forti s'è spezzato, ma i deboli sono rivestiti di vigore. I sazi sono andati a giornata per un pane, mentre gli affamati han cessato di faticare". È più difficile capire che senso abbia questa sensibilità sociale nel personaggio di Anna, che fin qui non ne aveva dimostrata. La chiave forse sta nel verso successivo: "La sterile ha partorito sette volte, e la ricca di figli è sfiorita": in effetti questo senso di rivalsa serpeggia in tutte le Scritture, e non trova sempre un interprete delicato come Luca a smussare gli spigoli: tante altre volte i deboli diventano arroganti, massacrano i loro massacratori, e continuano a sentirsi minacciati anche dopo aver fatto il deserto intorno a loro. Samuele, in effetti, passerà la vita a seguire le voci di un Dio scostante che gli ordinerà di consacrare un re e poi un altro, con le guerre fratricide che ne seguiranno. E tremila anni dopo siamo ancora qui, e non sappiamo se temere più le asce dei forti o il vigore dei deboli. 

giovedì 5 dicembre 2024

Basso e Lucido, i santi sbagliati

5 dicembre – San Basso di Nizza, martire della città sbagliata


Abbiamo già visto quanto siano importanti, in agiografia, gli errori. Probabilmente è inevitabile, in una materia fatta di parole copiate e ricopiate a oltranza, finché qualcuno non sbaglia una lettera e non ne crea di nuove. Undicimila martiri a Colonia esistono semplicemente perché qualcuno si è sbagliato a leggere una lapide. Santa Cecilia è diventata patrona della musica per un errore di trascrizione. Certi santi si sono sdoppiati perché qualcuno non ha letto bene com'era scritto il nome, e lo ha copiato con una grafia diversa. E a Nizza a un certo punto hanno scoperto di avere un martire importante, vescovo della città. Lo hanno scoperto trovandolo nel Martirologio Romano, la lista ufficiale dei santi cattolici, a partire dal 1583, perché loro non ne avevano mai sentito parlare e sulla più antica lista dei vescovi nizzardi non risultava nessun Basso. Ma se lo aveva scritto Cesare Baronio, mica poteva sbagliarsi: e così Nizza cominciò a festeggiare San Basso. 

Quanto a Baronio, lui la lista dei vescovi di Nizza evidentemente non l'aveva; in compenso aveva quella di Nicea in Bitinia (Asia Minore), e siccome non riusciva a trovarci questo Basso, aveva ipotizzato che il sant'uomo fosse stato martirizzato nell'altra Nicea, che è appunto quella che noi chiamiamo Nizza. Sì, ma le reliquie? Le reliquie di un San Basso stanno a Cupra Marittima, provincia di Ascoli Piceno, ma probabilmente anche questo è un errore; potrebbe trattarsi in effetti di San Dasio, martirizzato sull'altra sponda dell'Adriatico: in fin dei conti basta fraintendere due lettere su cinque per leggere Basso dove c'era scritto Dasio. 

Ora vi chiederete che senso ha tutto questo, nell'era di internet. Tutti questi errori, non potremmo finalmente correggerli? Certo che potremmo. Ma sarebbe come spalare il mare con un cucchiaino, perché nel frattempo ne stiamo facendo altri. Molti altri. Internet è piena di errori, in fondo l'abbiamo sempre saputo. Ultimamente però è come se avessimo deciso di dimenticarcene; ad esempio vedo sempre più gente chiedere le cose a ChatGpt o altre cosiddette intelligenze artificiali, come se fossero motori di ricerca. E non lo sono. Ma se anche lo fossero, non sono che AI nutrite dei testi che hanno trovato su internet, e i testi che hanno trovato su internet, stavamo appunto dicendo, sono pieni di errori. Non dico sia già la biblioteca di Babele, ma allo stato presente Internet non ha davvero molto da invidiare a certe collezioni polverose e tarmate che ammuffivano nei monasteri medievali. Ci sono errori corretti con errori più grossi, referenze circolari, è quel tipo di caos che dovrebbe stimolare i filologi, ma non li paga nessuno. Faccio un esempio a caso: oggi, 5 dicembre, è anche la festa di

 

5 dicembre – San Lucido di Aquara (960-1038), monaco 

La terza statua,
sempre più lucida.
Lucido è uno di quei santi radicati nel territorio di provenienza, anche nel senso che fuori dalla sua zona non lo conosce praticamente nessuno; in compenso ad Aquara (SA) è riverito e venerato. Non ci è dato sapere quanto questa venerazione dipenda dalla rivalità tra Aquara e Teggiano, altro cento dell'entroterra salernitano: entrambi i santi erano invocati nelle rispettive località sin dal medioevo, ma furono canonizzati ufficialmente soltanto a fine Ottocento, nel giro di nove anni (in un periodo in cui il Vaticano, spodestato da potere secolare, cercava di ingraziarsi i ceti popolari dei piccoli centri). Lucido divenne Santo nel 1880, Cono nove anni prima. Dei due, in effetti Cono è la figura più appariscente, non fosse che per la popolarità che si conquistò in Uruguay prima tra i giocatori del lotto e poi tra i tifosi della nazionale di calcio protagonista della più tragica delle finali di Coppa del Mondo. Da parte sua Lucido non può opporre prodigi così appariscenti e postmoderni; fu un monaco esemplare e intraprendente, passò da Montecassino e fondò più di un monastero, eccetera eccetera. Inevitabilmente, gli agiografi alla ricerca di qualche notiziola più piccante finiscono per soffermarsi sui furti; le reliquie di Lucido in effetti sono state trafugate almeno due volte in ottant'anni, non proprio un'emergenza criminalità, ma una coincidenza interessante. Del resto è tradizione che le reliquie siano custodite in una statua del santo d'argento, che farebbe gola ai ladri anche in regioni più ricche. 

È proprio dando un'occhiata ai due furti su Santiebeati che mi sono accorto che qualcosa non andava con le date. Il primo furto risalirebbe al 23 marzo 1895. Le reliquie (senza statua) sarebbero state trovate "in una crollante casa di campagna" addirittura novant'anni dopo, il 31 luglio del 1985! Ma si tratta di un banale refuso: il ritrovamento avvenne nel 1895. Altrimenti, quando arrivarono i ladri per il secondo furto, il 28 febbraio 1975, non avrebbero ancora trovato niente. Rimane da capire cos'è successo dopo: la statua è stata senz'altro rifatta, ma le reliquie? Una pagina di Wikipedia dice che la testa "fu ritrovata dalle forze dell'ordine in una casa privata nel 1999"; ma non cita fonti e soprattutto lo chiama San Lucido di Aquarara, una località che non credo esista. Si potrebbe anche correggere, senonché vi è almeno un altro sito che parla di "San Lucido di Aquarara"; per cui abbiamo un classico esempio di referenza circolare. Ovvero? ovvero probabilmente uno dei due siti ha copiato dall'altro, ma non ci è dato sapere quale. In un certo senso è troppo tardi, perché se provassi a correggere la pagina di Wikipedia, qualcuno mi farebbe notare che le informazioni sono prese da un'altra fonte; né potrei dimostrare che quella "fonte" in realtà ha soltanto scopiazzato Wikipedia. E io ho già fatto abbastanza danni con le referenze circolari, per cui preferisco tenermi alla larga. Forse coi manoscritti medievali era più facile. Cioè, si sbagliava anche allora. Ma per citare il poeta: si sbagliava da professionisti.

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