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venerdì 2 luglio 2004

Così la finale sarà Portogallo-Grecia! Ma non interessa a nessuno, qui. Qui la polemica della settimana è su una partita di qualche tempo fa, Italia – Germania Ovest. Che finì quattro a tre, non so se qualcuno si rammenta.

Io me ne ricordo bene.

Che si tornasse a parlare di questa partita, era nell'aria. Quando l'Italia prese il gol contro la Svezia, e sul palo c'era Vieri e se la fece sfuggire, abbiamo tutti pensato a Rivera. Sembra ieri, eh? Rivera che salta e non incoccia, Albertosi che gli grunisce qualcosa, ma lui non sente, è già tornato a centrocampo. Ecco, la differenza è questa: che due minuti dopo Rivera aveva già segnato il quarto gol. Così, possiamo decidere di detestarlo per messo a rischio l'onore azzurro, o ammirarlo per averci portato in finale. Mentre Vieri non ci lascia scelta: con tutta la più buona volontà, non può non starti sulle palle.

Il giorno dopo la partita, scoppia il caso Vieri-Buffon. E uno si chiede: ma se le saranno dette veramente, quelle parole? Forse che sì, forse che no, forse ha veramente poca importanza quel che si dice in campo, sudati, tra un'azione e l'altra, con l'adrenalina a mille.
La cosa che schianta, invece, è il parallelo con la scena Rivera-Albertosi. Stessa situazione, 34 anni dopo. È un caso? No, sono i giornalisti. Che in cuor loro, stanno sempre guardando la stessa partita: Stadio Azteca, 17/11/1970, Italia-Germania 4-3. Come non ci fossero più state partite interessanti.
E forse non ci sono state.

Ogni tanto si ritorna a parlare di questa partita, ma rimane sempre l'impressione di non aver detto abbastanza, di poter dire qualcosa in più.
La polemica che è scoppiata tra Riva e Rivera, riflette una questione mai abbastanza sviscerata: la staffetta. Doveva giocare Mazzola? Doveva giocare Rivera? A Brera piaceva Mazzola. Alla giuria del Pallone d'Oro piaceva Rivera. Mazzola era umile e versatile, Rivera abatino e petulante. E Riva, rombo di tuono, che meditava queste cose nel suo cuore, finché una parola di troppo dell'On. Rivera non lo ha fatto sbottare. Si riapre il caso Italia-Germania 4-3. Chi se l'aspettava? Già, chi?

Io, per esempio.

In realtà fino al 90° non sembrava una gran partita: uno a zero per noi, risultato tipicamente italiano. Non fosse per quel gol in extremis di Schnellinger… (quando successe una cosa simile nella finale di Euro 2000, Italia-Francia, tutti si misero a parlare, pensate un po' di Italia-Germania 4-3).
Ora, c'è un motivo molto semplice per cui questa partita è rimasta nell'immaginario collettivo. Si andò ai supplementari. Era una delle prime volte in assoluto. In precedenza si raddoppiava il match, e se la parità continuava, monetina. Proprio con la monetina l'Italia era arrivata in finale agli Europei due anni prima.
Ai supplementari, saltarono tutti gli schemi, Rivera copriva e Burgnich segnava. Come succede di solito in questi casi: ma era la prima volta. Assistere a un match è banale più o meno come un amplesso: si fa volentieri, ma non è che ci si ricorda di tutte le volte. Col tempo, si finisce per ricordare soltanto i momenti storici. Io, quante partite mi ricordo? Degli ultimi Mondiali, neanche una (solo la faccia di Moreno). Degli ultimi europei, Toldo che para cinque rigori, Totti che fa il cucchiaio, e poi… credo che abbiamo perso, appunto, contro la Francia. Francia '98, Inghilterra '96? Buio assoluto. Qualche sprazzo di Usa '94 (Baggio), Italia '90 (Schillaci), la semifinale con l'Argentina è ancora un incubo, e poi… buio, buio fino a Italia-Brasile, 3 a 2… e poi Italia-Germania, 4-3, quella sì che me la ricordo bene.

Strano, però.

Io sono nato tre anni più tardi.

Crescendo, temo che il rincoglionimento proceda a ritmo esponenziale. Tu prendi un giornalista sportivo cinquanta-qualcosa, mettilo a commentare gli Europei, e siccome l'Italia esce subito e bisogna lavorare di repertorio, calcola quanto ci mette a scivolare su Italia-Germania 4 a 3. Baggio che sbaglia il rigore, ormai, è dimenticato. Spagna '82, un bagliore nell'oscurità. Ma quella partita brilla ancora come il primo giorno. E allora è giusto parlarne, e pagarvi perché ce ne parliate. Tanto che a furia di sentirvi parlarne, mi sembra di esserci stato anch'io, quel giorno, allo Stadio Azteca, a guardare capitan Beckenbauer con il braccio al collo. Tanto che anch'io, alla fine, mi sento di partecipare a questo rincoglionimento collettivo. Volete che vi dia la formazione? Albertosi, Burgnich, Cera, Bertini…

Dentro di me, tuttavia, sento un'esigenza insopprimibile, qualcosa che spinge, che chiede di uscire, una cosa che mi pare banale, ma a volte la banalità è più forte di me:

Ragazzi, guardate che Italia–Germania 4 a 3 ci ha strasfracellato i coglioni

Perdonate il font, ma è proprio così, domandate in giro.

(E dire che questo potrebbe anche essere un bel libro).

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