Post noioso sulle Primarie
Allora: io ci ho pensato un po', e siccome non ho trovato da nessuna parte un'opinione da condividere (non ho neanche cercato molto, in verità), adesso scrivo la mia: le Primarie sarebbero una buona idea. Non ottima, buona.
Dopodiché, è molto difficile che qualcosa vada diversamente da quanto previsto, e che Prodi non risulti alla fine il candidato del centrosinistra. Il che significherà che il suddetto centrosinistra, in dieci anni, non è riuscito a trovare niente di meglio di Prodi. E al di là di Prodi – che non è malaccio, in fondo – niente di nuovo. La vision del centrosinistra è ancora quella del '96, per non dire del '94: vincere le elezioni, amministrare la cosa pubblica con un minimo di oculatezza in più degli avversari, occupare con più discrezione i posti che si possono occupare, sperimentare qualche riformina strategica (la riformina sulla scuola, la riformina sul federalismo, il pacchettino Treu, i centri di detenzione 'soft' della Turco-Napolitano… Non è escluso che stavolta tentino di costruire un ponticello mignon tra Reggio e Messina). Tutto nel tentativo di placare le ansie di quel famoso elettorato moderato che dovrebbe da un momento all'altro trasbordare da sinistra a destra, e che invece cinque anni dopo sarà tanto moderato da chiedere di smantellare scuola pubblica, dividere l'Italia, licenziare il licenziabile e cannoneggiare gli immigrati. E la vita continuerà, scandita dai rintocchi del pendolo: cinque anni di neoliberismo soft, bonus fiscale, cinque di neoliberismo hard, stangata. Tic, toc, ding, dong.
Sarebbe lecito aspettarsi di più, ma cosa? Guardiamoci intorno: l'Europa offre qualcos'altro? E la culla della democrazia? No, nient'altro. E poi cosa, esattamente? Non è solo un problema di aspettative: è un problema di immaginazione. E di saperla usare. Per dire, Roosvelt sapeva immaginarsi il New Deal: Kerry, probabilmente no. I politici europei del secondo dopoguerra li chiamiamo statisti, perché hanno saputo immaginarsi la Comunità europea: quelli di oggi restano politicanti, senza la capacità di immaginarsi nient'altro che sia un sistema di rotazione di poltrone a 25 (che è comunque molto ingegnoso, per carità). E più andiamo avanti nel sistema dell'alternativa, più la fantasia sembra scarseggiare, come nel calcio. Oggi l'unico grande fantasista politico resta George W. Bush, l'inventore della Giustizia Infinita: ma è quel tipo di fantasia che quando entra in attrito con la realtà fa le scintille.
Biasimare i governanti è sempre piacevole: ma guardiamo più in basso. Guardiamo a noi. Ce l'abbiamo, questa famosa fantasia? Sappiamo proporre qualcosa che non sia la solita rivoluzione (finta) le solite barricate (in plexiglass), i soliti proclami?
La mia sensazione è che il movimento, se è esistito, è stato molto meno fantasioso di quanto sembrava. Il che non gli toglie tutti i suoi meriti. Mentre i presidenti del G8 andavano ai pranzi di gala, il movimento ha puntato il dito sullo strapotere del WTO, sui rischi dell'accordo multilaterale sulle privatizzazioni, sulla finanziarizzazione dei mercati, sulle imminenti guerre per l'acqua. Prima dell'immaginazione viene l'informazione: il movimento ci ha tenuto informati. Poi, timidamente, ha formulato delle proposte.
Alcune, a distanza di anni, restano slogan dietro ai quali ci può stare di tutto (e probabilmente anche il contrario di tutto): il bilancio partecipativo, per esempio. Altre restano interessanti. Personalmente resto molto contento di aver partecipato alla campagna per la Tobin Tax, tre anni fa, perché se non altro era un'idea nuova. Qualcosa di non ancora tentato, e tentabile. In seguito non ci sono più state altre cose che mi abbiano dato lo stesso entusiasmo. È che di idee ce n'è poche, in giro: nel movimento, come nel centrodestra, come nel centrosinistra.
Adesso nel centrosinistra arriva l'idea delle Primarie, e secondo me è buona. Se non altro, per noi è qualcosa di nuovo. (Ed è una proposta, come si dice, partecipativa). Più dell'esito finale, più del ricambio ai vertici che ahimè, non ci sarà, o sarà minimo, a me interessa l'effetto che avrà sulla base.
Questa base, il famoso popolo dell'ulivo, non sa di essere base, non sa di essere popolo, e se lo sa preferisce dimenticarselo. La litigiosità del centrosinistra non è un problema di vertici. Anzi. Provate a convincere un rifondarolo che dovrà condividere il suo voto con un mastelliano (o viceversa). Eppure è quello che dovrà fare. E i Verdi con i seguaci di Di Pietro. E io con D'Alema, altri cinque anni con quell'individuo, è un ben amaro calice. Ma dovremo farlo, per mandare a casa Berlusconi, Calderoli, Fini, Giovanardi… e li vogliamo mandare a casa, no? Su questo almeno siamo d'accordo tutti, non è vero?
E allora le primarie potrebbero essere una specie di battesimo, un momento in cui scopriamo di essere tutti nella stessa barca, e che ci dovremo restare per cinque e più anni, e che c'è un limite a quel che possiamo chiedere agli altri (e a quel che possiamo concedere, ovvio). E se stavolta il risultato appare scontato; se alla fine dovremo semplicemente tenerci il candidato di dieci anni fa, non è detto che la prossima volta non vada meglio. Sarà importante aver creato almeno un precedente.
Mi rendo conto di dipingere un quadro che è molto insoddisfacente, soprattutto per chi sta più a sinistra del centrosinistra. Ma la responsabilità di chi è?
Abbiamo avuto anni di tempo per far valere le nostre idee, per concretizzarle in proposte, per proporre una nostra cultura a una base più ampia. Se in questi anni ciò è successo in misura molto parziale, non è soltanto perché di fronte c'erano i carabinieri in tuta antisommossa, o le tv su un altro canale. In realtà c'è molta gente che non chiede di meglio di qualche idea nuova. Il problema è che non sempre l'abbiamo avuta. Ora, il minimo che possiamo fare è metterci d'accordo con metà di questo Paese per tirarlo fuori dal fango – tutto intero, possibilmente. Abbiamo qualcosa di meglio da proporre? Sul serio: abbiamo qualcosa di meglio?
Questa è la mia opinione, e se l'avessi trovata da qualche parte mi sarei annoiato meno a scriverla.
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