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martedì 21 settembre 2004


Contrordine, signori: pare che Le chiavi di casa sia un bel film, con una bella colonna sonora.

Perlomeno, me l'ha scritto Jonathan (che su polaroid latita da tempi immemori):

Caro Sito Leonardo,

ti scrivo due righe dopo aver letto il tuo pezzo sul trailer delle Chiavi di casa, il film di Gianni Amelio su cui un po' tutti hanno detto la loro. Secondo me una volta che hai tempo oppure se ti rimane il sito vuoto per due o tre giorni faresti bene a tornare sull'argomento e a vedere la cosa da un punto di vista diverso. Io penso che dovresti prendertela con il trailer, con le recensioni e con il tono da millantato credito e da "patria offesa" usato dai Tg e dai vari servizi sul Festival di Venezia. Il vero aspetto provinciale della vicenda è non avere quasi nessuno capace di parlare decentemente di un film fatto davvero con sottigliezza e con grande cultura cinematografica e umana. O se ne parla come di un capolavoro assoluto e incompreso o come di una palla neorealista. Secondo me questo è male.

Mercoledì, uscendo dal cinema con la mia morosa mi dicevo "ma tu pensa se per colpa di una serie di giudizi troppo positivi, troppo entusiasti e troppo retorici dati dalle peggiori teste d'uovo d'italia, da Marzullo a Mentana a dio sa chi altro, io devo rischiare di giocarmi la serata a metà prezzo andando a vedere Spiderman 2 invece di questo film qui, che è davvero molto bello". (Spiderman ci vado la settimana prossima...).

Poi stamattina leggo il tuo sito, il pezzo su Vasco ecc. Il pezzo è [...] letteralmente assurdo, quando si riferisce al film. Al momento (un momento che dura da mesi) non ho le forze per scrivere una vera "recensione" però vorrei dirti schematicamente il di quest'assurdità e perché il film ha qualcosa di interessante.

La colonna sonora è una delle cose più straordinarie di tutto il film. E' una presenza che c'è e non c'è. Si sente molto di rado e a un volume bassissimo, come se fosse suonata in un'altra stanza, anzi direi che addirittura la tecnica di registrazione riproduce l'effetto di un filtro. In più è tutta musica originale (non ricordo il compositore) scritta apposta per le scene ed eseguita da un ensemble ridottissimo di musicisti. Ci sono delle percussioni, dei pezzetti di piano solo e soprattutto lunghissimi minuti senza musica. Roba così, nella provincia italiana, si produce poco spesso. L'unica canzone della colonna sonora è un pezzo in portoghese, di grande impatto devo dire, sui titoli di coda. E Vasco? C'è anche Vasco ma, ironia del trailer, non fa parte della colonna sonora. La canzone è un pezzo di film anzi è forse uno dei pochi momenti di "realismo" di tutto il racconto. Paolo, il bimbo disabile protagonista, la ascolta a tutto volume (il volume alto è una sia fissazione) dall'autoradio del padre mentre sono in giro da soli per i deserti della Norvegia. La ascolta e ci canta sopra, un po' come se fosse la sua canzone preferita (ma cosa dovremmo dire di quello che ascoltano i protagonisti dei film coreani, cinesi giapponesi ecc.?). E in fondo un tredicenne romano avrà nello zaino anche la cassetta di Vasco. Il tutto a dieci minuti dalla fine, e dopo la colonna sonora che ti ho malamente descritto ti assicuro che non disturba (anche grazie ad altri legami fra il testo del pezzo e il film che ora non sto a dire).

Un critico che io e te leggevamo quando avevamo vent'anni, a volte con passione a volte con snobismo, Frederic Jameson [
chi? Ah, sì, Jameson...], ha scritto uno dei suoi saggi migliori proprio sul genere narrativo del trailer e del commento giornalistico a un film. Dopo averlo analizzato conclude che un trailer deve essere considerato un'altro prodotto rispetto al film che dovrebbe riassumere per due motivi molto semplici: 1) il regista e il montatore del trailer non è mai (eccetto Kubrick) lo stesso regista del film: di solito è un pubblicitario della produzione; 2) perché la strategia più cara ai curatori di trailer è quella di creare immagini e sequenze che nel film non ci sono; l'esempio che tutti conoscono sono le battute fulminanti nei provini di certi film comici, che poi al cinema non ritrovi perché in realtà erano fatte mescolando due scene diverse. Il trailer di Amelio insomma, ci paral del pubblico a cui si rivolge, non del film.

Sulle Chiavi di casa avrei ancora mille cose da dire ma mi fa ridere dilungarmi ancora. Te ne dico un po' schemaicamente perché così magari vai a vederlo e lo consigli anche ai tuoi lettori.

Anzitutto fare un film da un libro di Giuseppe Pontiggia deve essere una bella sfida. Pontiggia è uno dei pchi narratori che riescono a rendere calda e spietata l'ironia e la raffinetazza. Infatti Amelio, come è noto, ha scritto un'altra storia, cercando di riprendere il tono dolce e sincero del romanzo Nati due volte, che racconta di un padre (Pontiggia stesso) e della sua convivenza trentennale con un figlio handicappato. C'è il libro nel film? C'è, nel senso che si vede, lo legge la Rampling e ne parla con il glaciale e impalato Rossi Stuart. Ma la storia è di Amelio, ed è una strana storia d'amore. Per certi versi il film mescola due generi, il road movie e la love story, solo che invece dell'avventura e del sesso c'è uno strano erotismo familiare, frutto di un'altrettanto strano colpo di fulmine, fra un padere e un figlio che non si conoscevano. Fra Berlino e una Norvegia vista con un occhio alla Antonioni si svolge una vicenda senza capo ne coda, che non ha né un inizio né una fine.

I pezzi migliori sono in ospedale. C'è una sequenza di fisioterapia che sembra girata da Kiarostami, con tre schermi che si sovrappongono, teste tagliate e tutto, con grande naturalezza. Il virtuosismo tecnico è la telecamera a spalla per quasi tutto il film. Sembra una steadycam ma è una telecamera a spalla usata con straordinaria leggerezza (è come un cantante che ha una bella voce senza microfono e senza ricerbero...). Qualcosa di simile lo aveva fatto Nanni Moretti nel primo episodio di Caro diario, nelle scene in vespa. Non è una steadycam!

La parte più buffa di tutti i commenti che ho sentito, per finire, è la scelta "neorealista" del bimbo handicappato davvero anziché di un attore. A parte il fatto che ciò dimostra l'opinione che il commentatore medio ha del cinema neorealista (domanda: Anna Magnani e Aldo Fabrizi erano attori oppure una vera sfollata e un prete?). A parte questo quando prendi un non attore straordinario come il ragazzo che interpreta Paolo e che fa letteralmente sparire Kim Rossi Stuart (Amleio ha l'estro masochista del pessimo attore maschile tipo Enrico Lo Verso) devi centuplicare il lavoro di finzione e di costruzione registica per traportare il tutto su uno schermo. Un film è l'esatto contrario di un filmino familiare, perchéun film non ha famiglia è sempre la storia di un estraneo.

avrà senso che ti abbia scritto questa mail? non lo so.


Altroché.
(grazie)

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