Rain tv
Ieri mi è sembrato di vedere un giornalista Rai a Beslan, davanti alle macerie della scuola. Niente di strano, salvo che per tutta la durata della crisi non ce ne sono stati. C'era l'ottimo corrispondente da Mosca, ma stava a Mosca, appunto, vicino a Beslan più o meno come Copenaghen da Roma. E non so voi, ma la mia impressione è me filtri meglio da Copenaghen a Roma, la verità, che da Beslan a Mosca.
(Qualcuno si ricorderà che quando la Repubblica dava già centinaia di morti durante l'irruzione, il conteggio della Rai continuava a parlare di poche decine).
Sarà un problema di sicurezza (ma in Iraq c'è pur sempre gente della Rai come Scaccia, che rischia la pelle un po' di più). Sarà un problema di budget: benissimo, dopotutto la pago io, la Rai: in fondo vanno bene anche le immagini di seconda mano dalla CNN, ne approfitto e ripasso le lingue.
Ma perché mandare un cronista a Beslan proprio ieri, quando è tutto finito, e c'è solo un po' di orrore freddo da riprendere, e delle piccole casse da accompagnare?
Si vede che c'erano poche lacrime in repertorio. La specialità Rai – Radiotelevisione italiana: non le notizie, quelle tanto sono poche e sempre le stesse, si possono riportare pari pari da qualche network più potente. Ma le mamme che piangono, quelle sì che valgono un biglietto per l'Ossezia.
Vabbè, acqua passata, da oggi si volta pagina. Ma che dico, già da ieri pomeriggio. Appostamenti a Rimini e a Roma, mi sembra d'aver già visto l'inquadratura di qualche citofono. Lacrime nostrane, le migliori. E costano anche meno. E via che si va.
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