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mercoledì 12 aprile 2006

- aguzzate la vista

Gli identikit e i sondaggi: cos'hanno in comune?

Niente. Sono solo gli argomenti di oggi. A volte nei blog si fa così: si pigliano i due fatti del giorno, li si frulla insieme, e ci si crede intelligenti. Prendete nota, ché capiterà anche a voi.

Gli identikit, come i sondaggi, devono dosare realismo e fantasia. Tradurre sensazioni in dati oggettivi – che poi oggettivi non sono mai. In parte è scienza, ma la premessa è pura magia: dalla foto di un ragazzo, tirar fuori un uomo anziano. Da qualche agguato a un seggio, tirar fuori un risultato nazionale. I disegnatori di identikit, come i rilevatori di sondaggi, si muovono sulla lama sottile tra soggettività e luogo comune. Metà professionisti metà ciarlatani, fanno un mestiere ad alto rischio di errore.
E infatti ultimamente prendono cantonate clamorose. Perdonate se continuo a battere sul tasto, ma un blog serve anche a questo. Gli exit poll sono sondaggi molto costosi e rischiosi, che costano quattrini alla collettività, con l'unico risultato di causare malessere psicologico e anche fisico almeno a una parte della collettività. (Io, per dire, ho avuto un'eruzione cutanea). Gli identikit dovrebbero aiutarci a lottare contro il crimine – ma chi lo avrebbe mai riconosciuto, Provenzano, da quell'identikit? Nemmeno i parenti, andiamo.

Gli errori sono facili da rintracciare, col senno del poi – ma solo col senno del poi? Gli elettori di centrodestra sono più timidi all'uscita del seggio, è cosa nota – ma visto che si sapeva già, perché non sono stati applicati dei correttivi? E il naso delle persone cresce, è una delle poche cose che continua a crescere anche in età avanzata, lo so persino io, com'è possibile che i professionisti della Polizia di Stato (o dei CC) abbiano affibbiato al boss Provenzano quel nasino da ragazzo? Un paio di occhiali, poi, a quell'età è quasi d'obbligo. Tutte facili obiezioni. Perfetto, ecco cosa deve fare un blog: le facili obiezioni. Così poi i professionisti hanno più tempo per fare le obiezioni complesse.

I sondaggi, come gli identikit, hanno un'ultima cosa in comune: convincono. Malgrado i ripetuti fallimenti, riescono sempre a creare un'aura di credibilità intorno a sé. Come le opere d'arte, sono a volte più verosimili del vero. Non ci dicono la verità, ma quello che vorremmo sentirci dire. E allora forse vale la pena di leggerli alla rovescio: l'identikit più visto d'Italia non ci mostrava il volto di Provenzano, ma la nostra idea di Provenzano. Il Provenzano che ci sarebbe piaciuto incontrare e catturare.

Un uomo, per prima cosa. Non un vecchietto col collo grinzoso, gli occhiali da vista, il naso a patata. A dispetto dell'anagrafe, un uomo di mezza età, vigoroso, lo sguardo impercettibilmente malinconico, ma senza pietà. Il disegnatore ha azzeccato gli zigomi, ma ci ha messo sopra uno strato di pelle sottile, come se Provenzano fosse un modello a dieta. Forse è lo Zeitgeist, forse ormai siamo capaci di disegnare soltanto modelli a dieta. I parchi di ogni città d'Italia sono pieni di pensionati dagli zigomi morbidi e gonfi, ma il Provenzano-Ideale ha due spigoli scavati nel legno. Perché non è un pensionato. È un dirigente. E quindi non è un nonno: è un padre.

(In un romanzo di Lucarelli c'è un killer geniale che si camuffa da nonno. Si camuffa così bene che tutti quelli che lo vedono passare, pensano istintivamente ai loro nonni. Provenzano si è travestito nella stessa maniera per tutti questi anni).

Domenica abbiamo dovuto scegliere, come capo di governo per i prossimi cinque anni, tra due candidati sulla soglie della settantina. La cosa è già bizzarra da sé (a settant'anni, io non credo che farò progetti quinquennali, né per me né per il mio Paese). Ma ancor più bizzarro è il fatto che il più anziano dei due, Berlusconi, abbia cercato per tutto il corso della campagna di accreditarsi come più giovane e scattante: via le rughe, pelle tirata sotto gli zigomi, stile arrogante da imprenditore in carriera. Mentre Prodi, vuoi per reazione, vuoi per istinto, si è sforzato assai più del necessario a interpretare il ruolo del nonno, bonario e rassicurante – e la guancia cascante certo non gli difettava.

Io a Prodi voglio bene – ridendo e bofonchiando, è l'unico italiano ad aver battuto Berlusconi, e non una ma due volte. Di misura, d'accordo, ma l'ha battuto – e il fatto che l'abbia battuto un tipo così grigio e qualunque come lui, mi dà un surplus di soddisfazione, "se ce l'ha fatta lui poteva farcela chiunque", è la sconfitta di ogni logica di mercato politico, qualcosa di incomprensibile per qualsiasi esperto di scienze della comunicaz. E poi è un reggiano testaquadra, un prof di Bologna, la sintesi di ciò che l'Emilia ha di più rassicurante. Ma soprattutto Prodi è già un nonno, e il nonno in Italia funziona. Da Pertini in poi, perlomeno. Per carità, io quelli che parlano di ricambio generazionale li capisco, e li stimo. Ciascuno di loro mi sembra una persona intelligente. Ma presa nel suo insieme, la generazione dei quarantenni mi sembra una massa di bambinoni inaffidabili. Ora come ora preferisco puntare sui nonni. Usato sicuro.

Anche Berlusconi anagraficamente è un nonno – ma è quel tipo di nonno che tenta in tutti i modi di restare un padre. E come un padre ti blandisce e ti sbeffeggia, è diventato il Rivale, ti toglie spazio, ti dà del coglione e t'impedisce di crescere, si risposa con una ragazza della tua età – è il Padre da sconfiggere. Con l'aiuto del Nonno, l'insospettabile killer.

Io, se non s'era ancora capito, sono rimasto a Freud: gira che ti gira, noi facciamo politica anche per uccidere papà. L'identikit che ha fatto il giro di mille giornali e telegiornali, non ci diceva molto su Provenzano – in compenso è il ritratto sputato del nostro Papà collettivo: ancora in forma, spietato, triste, il rivale perfetto. Dovevamo scovarlo. Tradirlo. Questo ci chiedeva, l'identikit.
E stamattina a un certo punto il telegiornale lo ha mostrato: il Padre è stato tradito, ora è solo un povero vecchio. E intanto su Internet il Nonno, paziente, vinceva la sua ultima partita. Troppo bello per esser vero. Infatti non lo è. Sono solo simboli: si pigliano i due fatti del giorno, si frullano, e a volte quel che salta fuori è tutto qui: simboli. A cosa servono? A niente, forse. E gli identikit, a cosa servono? E i sondaggi?

4 commenti:

  1. La teoria sull'usato sicuro mi piace

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  2. Gentile autore,

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  3. anche a me - da giovane - questo giovanilismo similmucciniano fa venire il voltastomaco.
    sui sondaggi: ci sarà pure la componente dell'elettore della cdl che si vergogna della propria appartenenza, e suona beffardo che capiti nelle fila del popolo fomentato con ardore messianico dal Grande Comunicatore (de 'sti ciufoli).
    però butto lì un'analisi sociologica da bar sport. temo, anzi mi inquieta assai, che la diffusione capillare nella società di nuovi costumi improntati al "fighettismo" (mega-categoria del non spirito al cui interno ci metto di tutto, dal calcio ai reality sino all'egoismo sociale legittimato quotidianamente) abbia raggiunto completamente il suo obiettivo frantumando ogni discorso di classe. si è appianato tutto, rivolto verso quel modello. è impossibile, in una società così omologata nella diversificazione, ritagliare un frammento di persone che rappresentino la totalità del corpo elettorale.
    la litania del siamo un paese diviso vale soprattutto all'interno di quelle divisioni. a malapena riusciamo a rappresentare noi stessi.
    suona come un delirio, ne sono consapevole.

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  4. "È il Padre da sconfiggere. Con l'aiuto del Nonno, l'insospettabile killer."


    Delizioso.

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