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mercoledì 6 settembre 2006

- teaching teachers 2

(Riassunto: un giovane di medie speranze si diploma, si laurea e ottiene un'abilitazione all'insegnamento senza aver mai imparato a insegnare. Succede più spesso di quanto non si pensi).

Storia di un ciarlatano


Finché non venne un giorno – un momento della mia vita particolare – in cui tutto doveva cambiare assolutamente alla svelta, e un modo di cambiare era dire sì, accetto questa supplenza, non so il mestiere ma lo imparerò. Alla garibaldina. Del resto abbiamo tutti iniziato così.

Ho ricordi incredibili del mio primo incarico, terribili e stupendi, come dovrebbe essere il servizio militare (che non ho fatto). Sperimentare a 28 anni la sensazione del cedimento strutturale, sentire che il tuo corpo non ce la fa più, la gola non funziona, la fronte bolle, il sangue non arriva più al cervello – e notate bene che non ero sceso in miniera, ma in una normale scuola media, e avevo come colleghe certe sessantenni pimpanti.

Ero un ciarlatano. In fondo lo ero sempre stato, dal giorno in cui mi ero tuffato nel mondo del lavoro, dai primi farlocchissimi curricula: avevo tradotto un libro senza quasi sapere l’inglese, mi ero inventato project manager di qualcosa che neanch’io sapevo cosa fosse, e non mi ero mai vergognato, perché la new economy era il mondo dell’irresponsabilità. Era normale essere dei ciarlatani, era divertente, era cool.
E poi, di colpo, non lo era più. Ora stavo nel mondo reale, davanti a ragazzi veri, con genitori autentici. Immaginatevi per esempio davanti a un genitore autenticamente disperato che vi chiede: ma mio figlio è normale?
Che fate, voi, che gli rispondete? “Ma certo che è normale, ci mancherebbe altro”? E se non lo è?
Oppure: “Ho letto su Internet di una sindrome alla moda, mi sono detto, chissà, magari ne soffre anche lui”?

Sul serio lo fareste? Vi improvvisereste psicologi dell’età evolutiva? È una competenza che si acquisisce respirando suole di gomma strisciate nei corridoi? Ho insegnato a una classe di sordi per un anno intero, senza conoscere il linguaggio dei gesti. Le famiglie di alcuni di loro si erano trasferite nella mia città, apposta per mandare il loro figlio in una scuola di esperti: esperti che però se ne andavano in pensione, e venivano sostituiti da supplenti incompetenti come me. E certo era colpa dei tagli all’istruzione, dei programmi ministeriali, di mille altre cose, ma nel disastroso risultato finale la faccia ce la mettevo io.

In quattro anni ho fatto mille errori, non li posso ricordare tutti. Non sapevo dosare le nozioni, ne avevo in testa troppe. Per quanto mi sforzassi, non riuscivo a frenarmi e le rovesciavo continuamente su quei poveri ragazzini, a volte persino incuriositi, ma di solito sconvolti. Lo sapevo che era sbagliato, ma quando uno è in difficoltà si rifugia nei suoi colpi migliori, e il nozionismo era il mio unico colpo. Me ne resi conto il giorno che blaterando di Prima Guerra Mondiale toccai il contenzioso tra USA e Kaiser sull’isola di Guam, e un ragazzino m’interruppe.

“Prof, ma come fa a sapere così tante cose?”
Una domanda che da quel giorno mi tortura.
Perché so così tante cose? E perché tutte le cose che so non mi servono?

***

Dopo qualche tempo, il precariato ingenera una specie di schizofrenia. Da una parte il precario rifiuta di prendere confidenza col suo lavoro: è un meccanismo di difesa, non ci si può affezionare di qualcosa che può cessare da un giorno all’altro. Dall’altra, cosa vuoi mai, i giorni passano e dopo un anche il nevrotico abbassa le difese. Si rilassa. Che tanto lavoro ce n’è, basta andare a firmare un contratto pro forma ogni due mesi. Così tu resti un ciarlatano, ma nel frattempo ti scappa anche di metter su famiglia –

Ma il Destino era in agguato, pronto a mozzare ogni progetto con un solo colpo, dal suono barbarico e feroce: Tar.

Io credevo, nel 2003, di avere scalato abbastanza posti nella graduatoria supplenti da permettermi di programmare in agosto cosa avrei fatto nel giugno successivo. Un peccato di superbia, un'eccessiva confidenza nei confronti del Destino, che il Terribile Tar del Lazio si precipitò a castigare, levandomi un sacco di punti e spianando la salita a una folla di cento e più giovani neolaureate, che mi sorpassarono in una volta sola, calpestando ogni mio piano per il futuro. Ma da dove venivano? Dalle SISS, le Scuole di Specializzazione all'Insegnamento Secondario. E cioè?

(Continua)

6 commenti:

  1. e cioè una mandria di neolaureate che invece di studiare e farsi il mazzo così per "sapere così tante cose" da superare un concorso a cattedra il cui compito si consegna in busta chiusa e anonima e la tua sorte dipende si da quello che hai scritto ma anche da chi correggerà... ecco queste neolaureate (diciamolo sono in prevalenza donne si sa) neanche staccano il culetto dal banco dell'università che si risiedono sempre tra i banchi per altri due anni imparando a fare l'insegnante non sul campo con ragazzi veri...ma con libri e dispense...neanche tanti alla fine. Ecco poi te le vedi neoabilitate con un mucchio di punti che prima ci volevano almeno un paio di anni di supplenze in posti magari inculoalmondo, si te le vedi che ti sorpassano in graduatoria e che pretendono di lavorare e di farlo in posti comodi a loro...
    that's Italy

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  2. come diceva la regina di cuori, vieni al punto in cui perdi le staffe. perchè senno ci metti troppo tempo a spiegare perche la gola non gola, il colon non colon. poi introduci le sissine che ti sorpassano senza dare un giudizio chiaro. se dicevi "le infami sissine mi zomparo innanzi" creavi piu interesse per la prossima puntata. io ho solo supplenzato due volte in vita, e difronte al fatto che 3 settimane e 2 settimane erano poco per svolgere una qualsivoglia azione educativa o informativa mi sono limitato a sparare parole per tutto il tempo, convinto che magari qualcuno avrebbe ascoltato e pensato "interessante riuscire a parlare cosi a lungo senza l'ausilio di qualsivoglia morosita o golia".

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  3. Le sissine non hanno nessuna colpa.
    Anche perché la vendetta l'ho gustata (fredda).

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  4. anticipazioni, ritardi, trame fitte, vendette fredde, to be continued. ma chi sei? dumas padre?

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  5. si da continua che voglio sentire come va a finire

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  6. Essì, mi sto appassionando anche io a queste trame...;D

    Se poi penso a mia mamma e ai suoi 12 anni da supplente prima di diventare insegnante di ruolo (con racconti su graduatorie, punti, esami di abilitazione, studenti della SIS eccetera eccetara), mi sento particolarmente coinvolto!

    eMA!

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