Attaccati alle parabole, Daniela
In Afganistan, se qualcuno era distratto, le elezioni non sono andate tanto bene. Sì, quelle consultazioni democratiche che hanno causato una recrudescenza dei combattimenti, quelle per cui alcuni coraggiosi elettori ci hanno rimesso il dito, e parecchi soldati sono morti ammazzati. Non sono andate bene. Dopo un mese di riconteggi e di indagini per brogli, non si riusciva a capire se avesse vinto Karzai (fratello di un agente Cia) o il suo concorrente, Abdullah. A quel punto la comunità internazionale, insomma, gli USA, hanno chiesto di rifare le elezioni. E già questo non era proprio costituzionale, ma almeno si salvava la sostanza. Poi a una settimana dalle elezioni Abdullah si è ritirato dalla gara, e a quel punto è andata al diavolo anche la sostanza: le elezioni è come se non ci fossero mai state, le dita si sono tinte per niente, i morti sono morti per niente; una commissione elettorale qualunque ha deciso che il fratello della Cia resterà presidente per altri 5 anni, e questa è la favolosa democrazia afgana, che non c'è dubbio, col tempo migliorerà. Noi comunque c'eravamo andati per cose più concrete, tipo trovare Bin Laden o levare il burqa alle signore. Bin Laden ormai si è dissolto nel suo alone leggendario, ogni tanto appare nei fotogrammi sfuocati delle prime pagine; in compenso l'altro giorno al tg vedevo un giornalista italiano che intervistava una signora di Kabul! Le posava il microfono ad altezza zanzariera, e lei parlava. Quindi oggi le donne di Kabul parlano alla stampa straniera, se non è una conquista questa... Oddio, sotto quell'affare avrebbe potuto persino essere un signore baffuto, ma bisogna avere fiducia nella primavera afgana, anche in novembre.
E insomma, questo burqa risulta un po' più difficile da tirar giù. Ci avevano raccontato che era un retaggio medievale; roba da retrogradi montanari, che a Kabul le donne non vedevano l'ora di toglierselo: solo dieci anni fa, le foto delle donne costrette sotto il velo integrale vincevano i premi internazionali, davano scandalo... oggi è tutto ok, vedi una signora con un lenzuolo sulla faccia che parla al giornalista e manco ci fai caso; la foto che racconta il coraggio delle donne afgane è lo stesso lenzuolo che mostra il dito viola, complimenti signora, lei sì che è una donna liberata. Il burqa sta vincendo: ormai ci sembra una cosa normale. Qualcuno inizia a vedersi anche da noi, e non abbiamo sempre una Santanchè a portata di mano.
Eppure sconfiggere il medioevo è possibile. Ce l'hanno fatta popoli su cui non avresti scommesso un soldo, per esempio... Ripesco una foto di quest'estate. È un cartellone stradale trovato in questo bel pezzo di Chamberlain. Il cartellone non vende niente: quello che pubblicizza è il diciottesimo compleanno di una ragazza. Sì, le hanno fatto una sorpresa: per il 18mo compleanno si è trovata stampata su cartelloni stradali in scala King Kong. È stata un'idea del padre. Provate a osservare la cosa un po' dall'alto: 2009, padre casertano compra enormi spazi pubblicitari sulle strade pubbliche per mostrare foto della figlia. Ventunesimo secolo. Caserta. Padre esibisce figlia 18enne in cartelloni giganti. Se avete presente un minimo quali erano i costumi campani di cinquant'anni fa, non c'è dubbio: è successo qualcosa che ha del miracoloso, che sfida tutti gli assunti della sociologia; è come se qualcuno in mezzo secolo avesse fatto sparire i meridionali chiusi e gelosi che richiudevano le figlie nelle stanze interne, sostituendoli con un popolo allegro, pescato chissà dove, che paga un servizio fotografico alla figlia illibata e poi corre a stampare gigantografie in quadricromia per farle una sorpresa. Pasolini la chiamava rivoluzione antropologica, e come dargli torto. Certo, visto da vicino l'esperimento fa un po' paura. Però, se si tratta di decidere tra burqa e gigantografia, io non mi prendo neanche venti secondi per pensarci.
Se ce l'abbiamo fatta persino noi italiani, a diventare moderni... D'accordo, sì, ci sono ancora parecchi dettagli da mettere a punto: tante esagerazioni, scollature e tacchi a spillo, nascondono situazioni ancora retrograde (ad es., in molte ridenti cittadine se ti stuprano in gruppo è tuttora colpa tua). Però sono le stesse contrade dove negli anni Cinquanta le signore giravano a occhi bassi e volto coperto: non c'è dubbio che sia successo qualcosa di radicale e definitivo. Forse è ancora presto perché succeda qualcosa di simile in Afganistan, ma si potrebbe almeno cominciare dalle nostre musulmane. È giusto chiedere che non siano più costrette a portare un velo: è soltanto assurdo imporglielo per legge. Non si farebbe che sovrapporre una costrizione a un'altra di segno opposto, mettendo ogni povera donna tra Stato e Famiglia: ovviamente vincerà la Famiglia, e dove sarà vietato portare il velo, la donna resterà reclusa in casa. Ma questa cosa la sa benissimo il più retrogrado dei leghisti: lui non intende veramente togliere il velo a nessuno, quel che vuole è soltanto una musulmana in meno per strada.
Quello che ha funzionato con noi, non dovrebbe funzionare anche con gli immigrati? Alcuni sono tra noi da più di vent'anni, eppure non si integrano così facilmente. In certi casi viceversa si radicalizzano. Cosa c'è che non va? La scuola gliela diamo. Qualche diritto – non tanti – glielo concediamo. Li curiamo. Certo, restano nella maggior parte dei casi cittadini di serie b, senza diritti politici, però non si può dire che non facciamo niente per accoglierli. Qualche signora infatti il velo se l'è tolto, qualche ragazzina non se l'è mai messo. Ma se ne vedono ancora tante. Cos'è che non funziona.
Io una risposta ce l'ho, e avverto, non è proprio politically correct. Secondo me è un problema di parabole. Sono loro che rendono difficile l'integrazione.
È un discorso che parte da un assunto banale: cosa ha reso i costumi del padre casertano 2009 così radicalmente diversi da quelli del nonno? Tanti fattori sociali ed economici, ma tra tutti uno: la televisione. La tv ha imposto uno stile di vita e ci ha insegnato una lingua comune. È entrata in tutte le case e ha mostrato una società diversa. Nei '50 l'abbiamo scoperta, nei '60 l'abbiamo imitata, nei '70 un po' messa in discussione, dagli '80 in poi e la tv che ha iniziato a copiare noi. Con risultati piuttosto preoccupanti, ma non importa. La tv ci ha reso quelli che siamo, ma la nostra tv gli immigrati non la vedono. È per quello che restano “stranieri”. Andate a vedere nelle scuole, o nelle strade. La differenza non è tra italiano e immigrato, ma tra chi parla l'italiano della tv italiana e chi non lo parla, non lo capisce, perché a casa sua c'è una finestra aperta ogni giorno su Marocco o Tunisia.
Le banlieues dove si infrange il sogno francese dell'integrazione sono foreste di parabole. Signora Santanchè, vuole fare l'integrazione con la forza? La pianti di appendersi ai burqa, salga sui tetti, cominci a segare le parabole. È una strategia ugualmente esibizionista e arrogante, ma secondo me funziona di più.
Se non fosse che nel frattempo è la stessa tv italiana che sta mettendo in discussione la sua vocazione generalista. Sono gli stessi italiani a montare parabole, a chiedere a gran voce un palinsesto personalizzato alle proprie esigenze. È un modello che ci viene dai Paesi più avanzati: tante proposte diverse per tanti settori di mercato, senza più piazze d'incontro collettive. Quando tra qualche anno tutti avremo il nostro canale personale, non ci capiremo più. Sarà come internet, ognuno svilupperà il suo idioletto nel suo circolo di amici e conoscenti. Già oggi il dialogo tra generazioni è diventato molto difficile: tra qualche anno sarà semplicemente inutile: ognuno avrà il suo notiziario, i suoi vips di riferimento, la sua comunità sparsa per il mondo e incomprensibile al vicino di casa. In un certo senso gli immigrati ci precedono. E il burqa, perché mai dovrebbe passare di moda? Viceversa, ha qualcosa di futuristico: poter passeggiare in un mondo in cui nessuno sa chi sei, completamente libera di sottrarti dal giudizio di chi non appartiene alla tua comunità... non è un'esigenza solo islamica, anzi. Chissà, tra qualche anno farà il botto anche da noi.
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Oddio Leonardo,
RispondiEliminaalla televisione come "piazza" non avevo mai pensato. Pensavo fosse, anzi, lo strumento di separazione per eccellenza: nell'identità, s'intende.
Internet sarebbe l'esatto contrario: fa rete, mette in crisi le identità; oppure fa "gruppo" e in questo senso è il terreno di scontro fra gruppi. Beninteso: nello scontro c'è confronto, un barlume di umanità.
E' l'isolamento-identitario a preoccuparmi, per cui il problema rimane quello del medium: la "personalizzazione", in tal senso, è in effetti la radicalizzazione della sua modalità comunicativa. Coloro che hanno la parabola sfuggono tendenzialmente alla totalizzazione dell'immaginario operata dalla tv (cioè all'educazione com'è di fatto esercitata al giorno d'oggi dall'alto...).
Se dobbiamo giocarci l'integrazione su queste basi, ritengo che la partita sia persa in partenza, nel senso che una vera e propria "integrazione" non può essere operata, da QUESTA televisione: lo dimostra l'Italia, sempre meno solidale, sempre più identitaria "contro altri".
Per quanto io sia d'accordo sugli effetti dell'isolamento, tendo a pensare che quest'ultimo sia un sintomo: non ci si isola a casa, nell'isola distaccata dell'eventuale nazione d'origine, se il posto dove si arriva ci accoglie. In altri termini: non ritengo che la televisione sia l'habitat naturale dell'uomo; se lo diventa, gli è che qualcosa lo spinge dentro.
Un po' come nella pubblicità di sky, in effetti: il mondo esterno è freddo; coloro che disturbano il rito della visione vanno allontanati; dentro casa c'è un calore coccoloso; il vecchio televisore va in discarica.
Ma l'integrazione è un fenomeno già in atto, ed avviene a velocità tumultuosa. A Berlino vedevo la tipica famiglia musulmana in giro per compere con la mamma grassa e bassa coperta di nero dalla testa ai piedi, la figlia ventenne elegante e distinta con il velo sulla testa e le buste di Prada in mano e la figlia sedicenne sottile, senza velo con il pantalone a vita bassa e l'ombelico d'ordinanza in bella vista.
RispondiEliminala storia delle elezioni afghane è un po' diversa. Le elezioni erano state indette a doppio turno. Karzai aveva sicuramente più voti di Abdullah, ma non aveva la maggioranza assoluta se non per mezzo di brogli: ecco perché alla fine hanno detto che ci sarebbe voluta una nuova elezione.
RispondiEliminaManca un accento
RispondiEliminaMa che la megadiciottennne sia illibata cosa te lo fa supporre?
RispondiElimina"già il dialogo tra generazioni è diventato molto difficile: tra qualche anno sarà semplicemente inutile"
RispondiEliminaLo scenario allucinante che prefiguri mi dà i brividi e mi fa paura
e dunque secondo te non ci sarebbe il dialogo tra generazioni e bilanciamento dell'individualismo senza strumenti di massificazione? religioni (cattolica e musulmana) prima e televisioni poi?
RispondiEliminaio penso che sia proprio il contrario: la massificazione forma un tutt'uno simbiotico con l'individualismo. e la televisione non è affatto alternativa e diversa dalla religione. possono continuare a convivere perfettamente, le loro funzioni principali sono le medesime.
internet è diverso, il mondo a cui accenna è diverso; questo oggi può creare contrasti ma quando avrà preso piede a livello globale il mondo cambierà e in meglio.
mi stupisco così tanto di quello che scrivi che mi chiedo seriamente se il tuo non è forse un post ironico..
guido
sono qui che mi genufletto. non credo che la parabola sia una causa ma un sintomo importante (un po' come la febbre per la suina, dietro ci sta un virus) ma finalmente qualcuno mi ha spiegato perché non sopporto facebook. no, sul serio, che bravo che sei, quella cosa delle generazioni è verissima e inquietante. .valentina.
RispondiEliminaSpero che ti sbagli, ma temo tu abbia ragione.
RispondiEliminaPerò strumenti e spazi per "rinverdire e mescolare" relazioni umane possono ancora essere messi in gioco. Confido nella intelligenza e nella fantasia umana.
Dunque, la TV ha cambiato radicalmente modo d'essere negli anni ottanta? Ha smesso di condizionarci, come faceva prima, per diventare lo specchio della società?
RispondiEliminaMi sembra proprio di no, mi pare anzi una tesi del tutto infondata. Qualcosa è successo negli anni 80, ed è la definitiva consacrazione delle TV private a TV nazionali generaliste. Il primo aspetto è stato un aumento notevolissimo dell'offerta: non più ristretta a una fascia oraria limitata, ma si è via via espansa all'intero arco delle 24 ore. Il secondo è stato che la Tv di stato si è trovata a dovere sostenere una concorrenza spietata.
Un primo effetto è rappresentato dal fatto che la TV ha smesso di essere didascalica, perchè si doveva confrontare col problema di essere prima di tutto appetibile, gradita agli utenti. Come si fa a rendersi gradita agli utenti? Leonardo dice diventando lo specchio di ciò che siamo. Ma noi cosa siamo? L'uomo è un essere complesso, che viene fortemente influenzato dalla società attorno a sè. Esiste solo un modo di essere certi di essere graditi: rifarsi ai nostri aspetti più istintuali, quelli ci sono, indipendentemente dalla cultura in cui si vive. La TV italiana però non ha inventato niente, si è solo americanizzata, nel senso banale che le reti FININVEST, presto imitate dalla RAI, hanno cominciato a trasmettere a tutta forza fiction prodotte in america: tra l'altro, era la cosa meno costosa da mandare in onda!
Un secondo effetto è che questa aumentata offerta si è tradotta in più ore di TV (molte di più, direi) mediamente viste dai telespettatori.
Dico quindi, che mai come a partire dagli anni ottanta e fino ai nostri giorni, il potere di condizionamento della TV è stato così forte. La TV non è specchio di nulla: ha smesso di fare la maestrina, come faceva prima, ed ha cominciato a fare la troietta: si capisce che la troietta la sentiamo più vicina a noi, almeno ai nostri genitali di certo...
Da questo, ad essere specchio, ce ne passa: è tale l'influenza della cultura sull'uomo, che nessuna immagine può considerarsi esauriente. Ogni presunta immagine speculare è viceversa sempre anch'essa un'ulteriore costruzione culturale.
Tutte le conclusioni tratte dal post sono quindi errate: le religioni, come la TV, sono tutte massificanti, omologanti. Questo dispiegamento di molteplici messaggi nella nostra mente diventa un tuttuno, ed anche internet in questo non fa eccezione.
Credo piuttosto che in Leonardo ci sia una sopravvalutazione delle differenze nella nostra società. Fortunatamente, non la pensiamo tutti allo stesso modo, e questo lo trovo un fatto prezioso da preservare: al contrario, credo che siamo già troppo simili. Perfino il mondo islamico, so di dire una cosa difficilmente accettabile da tanti, si agita tanto perchè vede la propria fine: l'ideologia occidentale ha già vinto nel mondo, non c'è da meravigliarsi se i destinati alla sconfitta compiono gesti disperati sperando ancora di prevalere.
Lasciando adesso da parte quest'aspetto estremo della mia tesi che, mi rendo conto, non ha abbastanza evidenze per essere affermata, secondo me non c'è dubbio che le società di una volta, del periodo che chiamerò della comunicazione impedita, erano paradossalemnte molto più diverse al loro interno di quanto lo sia la società contemporanea. Ma questo richiederebbe un'argomentazione troppo lunga nel presente contesto.
Se andassi in uno sperduto paese dell'Atlas, dove non hanno energie elettrica e acqua corrente, ti chiederesti come diavolo facciano a funzionare le parabole che tutte le case hanno. E' davvero incredibile, ma ce ne sono dappertutto. Con quele parabole ci guardano si la tv marocchina, ma anche quella francese, spagnola. E' forse anche grazie a quelle parabole che la gente si costruisce l'immagine dell'Occidente che li spinge ad emigrare.
RispondiEliminaResta il fatto che per la comunità araba avere la parabola è "normale" anche se l'uso che ne fanno qui in italia è diverso da quello che ne facevano in marocco. Poi, sfido io che preferiscano guardarsi la tv marocchina (anche se secondo me continuano a vedere anche quella francese), ma hai provato a fare un pomeriggio davanti alla tv italiana?? Se fossi stato un bambino arabo e avessi acceso la tv ieri pomeriggio qualche domanda sulla bontà dell'integrazione me la sarei fatta: ci trovi sempre Borghezio, la Santanché, una segretaria provinciale della Lega molto strabica e poco intelligente, Belpietro, Feltri che parlano, davanti ad una D'urso o ad uno Sposini compiaciuti di come sia impossibile l'integrazione...
Per quanto riguarda il burqa, infine, sarebbe interessante capire chi lo indossa. In marocco di donne col burqa non ce ne sono, credo sia anche vietato. In turchia, idem (o meglio ogni tanto se ne vede qualcuna ma se chiedi spiegazioni ti dicono che sono turiste di paesi arabi in pellegrinaggio)
Vincenzo Cucinotta, condivido quasi tutto quello che hai scritto tranne una cosa: internet fa eccezione eccome; grazie a internet possiamo leggere leonardo e discutere di ciò che dice in maniera pubblica. Oltreché, se abbiamo idee interessanti o pensiamo di averle, aprire un nostro canale di informazione, intrattenimento o ciò che vogliamo. Scusa se è poco (prova a farlo in tv...).
RispondiEliminaSe anche su internet la fanno ancora da padroni materiali e agenti informativi simili o dipendenti da quelli massificanti (siti di giornali, siti di televisioni, grandi portali informativi) è solo perchè internet non si è ancora diffuso abbastanza. Almeno in italia. E infatti il blocco politico berlusconiano fa di tutto per limitarne la diffusione. "Ma non può fermare il vento, può solo fargli perdere tempo."
Guido
Il burqa ci renderà libere. Potrebbe anche essere.
RispondiElimina"passeggiare in un mondo in cui nessuno sa chi sei, completamente libera di sottrarti dal giudizio di chi non appartiene alla tua comunità... " Questa è internet, sputata!
RispondiEliminaNelloF
L'immigrazione e l'integrazione sono problemi complessi, pieni di sfaccettature e contraddizioni non riesco a vedere un'unica chiave di lettura. Negli Stati Uniti si sono create in passato comunità chiuse di immigrati come Chinatown o Little Italy anche senza le parabole, e comunque questo non ha impedito ad altri immigrati di diventare sindaci, registi, attori, broker di borsa, premi Nobel oltre che deliquenti. Pensare che i musulmani presenti in Italia rappresentino in modo significativo il mondo musulmano è come credere che gli italo-americani dall'esagerato ed ingenuo patriottismo, magari filo-fascisti e che parlano "broccolino" rappresentino gli italiani. Oggi Berlino e Londra sono città ampiamente multietniche e le statistiche dicono che aumenta sempre di più la percentuale delle persone che affermano di non appartenere ad alcun credo religioso, siamo ormai attorno al 40% eppure lì non mancano le parabole. Non credo che il burqa abbia un futuro, fino ad una trentina d'anni fa in certi paesi dell'entroterra meridionale le donne erano vestite e coperte di nero dalla testa ai piedi come le musulmane ed i fotografi americani venivano a fare servizi "folcloristici" per i propri lettori come adesso facciamo noi in Afganistan. Certo la televisione ha influito su questo fenomeno ma il modo di vestire e di pensare nei secoli sono cambiati anche quando non c'era la televisione.
RispondiEliminaMa questo post l'hai scritto tu o qualcuno ti ha rubato la password del blog?
RispondiElimina"Millionaire" e la dimensione India tra Moravia e Pasolini: http://www.camminandoscalzi.it/wordpress/the-millionaire-india-moravia-pasolini.html
RispondiEliminaIl burqa ha un corrispondente negli uomini afgani: la barba. Ricordiamo sull'onda della "liberazione" USA il gran lavoro di barbieri ed i loro clienti in fila per normalizzarsi: barba=talebano era la semplice equazione del nuovo arrivato, come quella del vecchio era stata rasoio = occidentale. Ricorda tanto le giacche doubleface con i distintivi del PNF e del PCI delle vignette del dopoguerra, la rigida ortodossia del PCUS e persino un po' anche la carriera di Bondi.
RispondiEliminaPortare il burqa o la barba quindi ti può salvare la vita, anche se non ti piace, come la tessera di un certo partito o la fascia da lutto per la morte del boss.
Non credo che l'ideologia occidentale abbia vinto nel mondo. Le idee, buone o cattive, una volta sconfitte vanno in latenza, coesistono con quelle vincenti dormicchiando in focolai, ma prima o poi riescono fuori, frizionano, scintillano e ti ritrovi persino La Russa ministro della difesa.
La particolarità di quest'epoca sembra se mai quella di non far scomparire proprio nulla: tutto si somma, si aggiunge e si mescola male. Tutto sembra destinato ad entrare in conflitto con il suo contrario, prima o poi, secondo tempi imprevedibili.
L'immagine della ragazza di Caserta sul cartellone è orribile quanto le foto di famiglia di Berlusconi con tanto di capelli mossi al vento. Appartengono alla stessa subcultura fatta di pessima tv, di sfilate di moda e di rotocalchi da sala di barbiere. Davanti a questa disperata voglia di apparire, la cortina di cotone indaco del burqa che nasconde ogni cosa si erge spaventosa e incomprensibile come il nuovo muro di Berlino da demonizzare e da abbattere (ed anche l'incubo di tutti gli stilisti: l'autoaffermazione per mezzo della sottrazione).
Le parabole come ostacolo all'integrazione culturale, Telemilano come veicolo per diffondere e quindi condividere la stessa cultura.
RispondiEliminaOggi un tale dice che il digitale terrestre serve al progresso culturale del paese.
Te l'ho detto che sei berlusconiano dentro.
Nella mia zona ormai siamo a un buon 50% di residenti stranieri.
Quando esci la percezione è che la percentuale tocchi anche il 90%.
Questo perché quando esci, nei bar, nelle strade come ai giardini, ci trovi solo gruppi di egiziani alla macelleria o madri con bimbi turchi che giocano con bimbi cinesi.
Non che non ci siano italiani.
E' che son tutti chiusi in casa a guardare la tv che gli dice che se escono li derubano o violentano.
Riga per riga quanto detto molto meglio da Daniele.
Un'analisi molto interessante, la televisione è un eccellente mezzo di integrazione, perché crea riferimenti comuni e aiuta ad imparare la lingua del paese in cui ci si trova. Altro discorso è il terribile livello raggiunto dalla televisione nostrana.
RispondiElimina...e la cosa piu' divertente (se cosi si può dire) è che gli extra comunitari che guardano la nostra stessa tv generalista (o che non hanno la parabola) voterebbero per Berlusconi e parlavano malissimo di Prodi ai tempi di Prodi, cosi come quel 80% della popolazione votante italiana che si informa solo tramite tv. L'altra sera ero con un mio amico marocchino a cena e lui parlava malissimo del GrandeFratello...però poi mi accorgevo che conosceva tutti i personaggi e tutti i vincitori delle passate edizioni ...e la cosa mi faceva tanto ridere..
RispondiEliminaMa sì, manca la parte in cui dico che comunque la tv italiana fa schifo, e che un motivo ragionevole per cui gli immigrati non la guardano è lo schifo che fa; e che inoltre si tratta di uno schifo ormai razzista, nel senso che gli immigrati non sono quasi mai considerati nel target: ovviamente nessun immigrato possiede l'apparecchio auditel, e molti sponsor ancora non hanno capito che gli immigrati possono essere interessati ai loro prodotti. Sicché la nostra tv schifosa è molto più 'esclusiva' di quella in b/n di Bernabei, e ci sono cose, ad es, il sedere della Rodriguez a Sarabanda, che se uno ci pensa bene hanno la funzione inconsapevole di alienare anche quegli stranieri che un po' d'italiano vorrebbero capirlo ma che non sono ancora pronti per trovarsi due chiappe che fuoriescono dal teleschermo.
RispondiEliminaQuindi il fatto che noi ancora non accettiamo gli stranieri, anche solo come consumatori dei nostri prodotti e spettatori della nostra tv, rende la nostra tv meno interessante a chi viene da fuori. Un motivo in più per lasciare accesa la parabola.
Non l'ho scritto. Forse ho sbagliato a darlo per scontato. Forse semplicemente mi sono dimenticato e avevo altre cose da fare venerdì.
In realtà credo sia un falso problema.
RispondiEliminaNel senso che presentato così non è sbagliato vederlo come un ostacolo, ma il problema è: è così?
Le telecomunicazioni progrediscono costantemente da quando è partito il primo codice morse della storia, fa parte del bisogno che le persone, tutte le persone, hanno di accorciare le distanze con il proprio mondo se queste distanze si fanno più grandi per scelte di vita più o meno volontarie.
Lo stesso discorso lo si può fare per internet.
Ha accorciato le distanze tra quelli lontani, o ha aumentato le distanze tra quelli vicini?
Quanti, da quando hanno cominciato a usare i blog e i Social network in generale, hanno approfittato del mezzo per andare a leggersi blog e forum oltre confine?
Quanti sono, tra quelli che ormai l'informazione reale è solo in rete, quelli che su 10 blog che oggi leggono, leggono per la maggior parte o comunque molti di quelli in un'altra lingua perché il mezzo oggi permette di allargare il proprio confine?
Ci sono, certo, ma a spanne direi che si contano sulle dita di una mano, rispetto al totale medio.
Su alcuni blog in questo periodo è in corso una generale lamentela riguardo al fatto che le scelte aziendali della rai impediscono agli italiani all'estero di guardare XFactor via web, per dirne una.
Italiani che, partiti, hanno subito cercato di utilizzare i sistemi di comunicazione per portarsi un po' più vicina quella casa che geograficamente sentono distante.
Eppure chissà nel paese in cui si trovano, quanti altri stimoli potrebbero trovare che qui a casa non avevano.
Ma lo stesso sentono il bisogno di utilizzare l'estensione dei mezzi non per avvicinarsi a paesi fino a ieri irraggiungibili, ma per avvicinare a loro il paese che prima era loro sotto i piedi.
(io faccio lo stesso, eh)
Credo che questo sia un bisogno innato di chi si sposta, lo stesso processo che sta dietro ai vari LittleItaly o ChinaTown, posti in paesi esteri dove le persone che arrivano tutte da uno stesso posto sentono il bisogno di ricrearsi un microcosmo che viva delle loro regole conosciute, che parli la loro lingua familiare, che abbia in alcuni casi persino regole che sfiorano la legge extraterritoriale che permette loro di stare agevolmente in un paese molto diverso da quello in cui sono cresciuti e le cui regole costituiscono una rete di sicurezza che permette di sentirsi meno appesi a un filo.
Da quando esiste l'emigrazione esiste l'aggregazione intorno al proprio ombelico nel posto in cui si va.
Puoi andare in canada e non entrare in confidenza per mesi manco con un canadese, ma in due giorni al massimo avrai conosciuto tutti gli italiani.
Ieri non c'era internet, non c'era la tv e c'erano i bar "Pizza marechiaro" in Pippo Pippo Avenue a fare da collante con l'aria di casa.
Oggi c'è internet, ci sono le parabole e per lo stesso motivo per cui su dieci parabole sui balconi italiani, 9 ricevono il calcio e forse una si guarda le news estere, su 10 balconi marocchini le stesse 9 riceveranno il loro calcio.
Così come per lo stesso motivo per il quale pur potendo usare la rete per leggere robe scritte a migliaia di chilometri dal nostro monitor 9 su 10 lo usano per diventare amici del vicino di casa che già gli era amico, la rete usata da chi arriva qui servirà non per partecipare ai blog nostri ma per continuare a leggersi i loro a casa.
In sintesi:
Perché questi discorsi di scarsa volontà di integrazione si fanno sempre su burqa e neGri e mai sugli italiani all'estero che corrono alla prima pizza marechiaro che trovano o che si lamentano del fatto che all'estero certe partite della nazionale sono oscurate e per molto meno scendono pure in piazza a fare bordello perché va bene tutto ma non levateci il calcio ovunque andiamo pure se fuori ci sono piramidi e/o un mondo da scoprire, che, numericamente anche solo come esempi per questo discorso in parte giusto offrirebbero ben più occasioni?
@leonardo: Dal post e dai commenti sembra quasi che l'integrazione debba necessariamente coincidere con l'omologazione. Perché insistere tanto sull'aspetto del velo? Inoltre sul ruolo della televisione credo che oramai si cominci ad esagerare. E' una specie di briscola che viene tirata giù in tutti i discorsi. Forse nell'integrazione è molto più importante il lavoro che si trova o non si trova a svolgere l'immigrato. Ancora più importante per le seconde generazioni è l'impatto con la scuola italiana. Integrazione vuol dire riuscire a lavorare, pagare le tasse e rispettare le leggi del paese in cui ci si trova, non necessariamente anche levarsi il velo o magari mangiare all'occidentale. E' illuminante leggersi il semplice testo del giuramento che devono fare gli immigrati per diventare cittadini americani, in sostanza gli viene chiesto di rispettare le leggi e la Costituzione degli Stati Uniti e di difendere il paese dai nemici esterni ed interni. E'una dichiarazione di appartenenza alla "polis" e di adesione alle sue regole e basta. Ma è bastato per creare la nazione economicamente e politicamente più forte della terra. Se in Italia l'integrazione non avverrà sarà per altri motivi, non per colpa delle parabole o di internet. Forse perché non riusciamo ad immaginare una nazione italiana basata sul rispetto delle regole.
RispondiEliminaComplimenti, complimenti sinceri
RispondiEliminaogni volta che leggo qualcosa di lei/te mi si aprono prospettive di pensiero nuove e riflessioni futuribili. Leonardo siete/sei un visionario avvertito, o meglio, un visionario del possibile.Ancora complimenti