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martedì 5 gennaio 2016

Nessuno ci odia più di Checco

Quo vado? (Gennaro Nunziante, 2015).

C'è un mondo là fuori. Può essere la giungla africana o il circolo polare, ma è sempre un mondo più civile. Laggiù, sapeste! non si suona il clacson appena il semaforo è verde. Non ci si fa svegliare dalla mamma a quarant'anni. Non si critica un film comico soltanto perché ha fatto più di venti milioni in meno di una settimana. Non lo si rimpalla tra destra e sinistra, non si approfitta dello spazio di una recensione per parlare di Renzi o della storia della commedia all'italiana. C'è un mondo là fuori, e avremmo tutti una gran voglia di andarci, anzi di esserci già! e invece restiamo qui. Nessuno sa perché. Forse è il prezzo delle ciliegie.

Quelle che alcuni non perdonano a Checco sono in sostanza le regole d'ingaggio della satira di costume. Certo, Checco proietta i nostri difetti rendendoli più tollerabili. Certo, si offre al pubblico più vasto possibile con un prodotto che ha almeno due livelli di lettura - un occhiolino a chi non sopporta più le auto in seconda fila, un cenno d'intesa a chi l'ha parcheggiata sul marciapiede del cinema. Come se questa doppiezza non fosse la formula della commedia all'italiana dai Soliti ignoti fino a Fantozzi e alle sue derive cinepanettonesche. Il fatto che si rimproveri a Zalone di fare bene il suo mestiere significa come minimo che non siamo più abituati a vedere qualcuno che quel mestiere sappia farlo. Che dovrebbe fare un comico, a parte farci ridere mentre suggerisce che come popolo siamo da rottamare? Pretendiamo qualcosa di più? Deve entrare in  politica, pure lui? E dopo saremo contenti?

Alcuni si premurano di informarci che Checco non è Totò, né Alberto Sordi - grazie, correvamo il rischio di confonderci - ma il confronto andrebbe fatto con quel che passa in convento negli anni Dieci. Checco continua a sembrare uno dei pochi che ha capito che l'Italia non è un giardino fiorito stuprato da consorterie di uomini cattivi, politici e imprenditori. No, l'Italia è quel che è perché gli italiani sono così. I politici - vedi Lino Banfi, retrocesso con affetto a caratterista - non sono che emanazioni di una civiltà che è da buttar via e rifondare da capo.

A un certo punto del film c'è un bambino razzista. (Continua su +eventi!) 

A un certo punto del film c'è un bambino razzista. I bambini di solito nei nostri film sono creature naturalmente buone, che dicono sempre la verità. Nel film di Checco no. Ci sono bambini educati (in Norvegia), che credono in qualsiasi Dio o anche in nessuno, e poi ci sono bambini razzisti. E sono proprio i tipici bambini italiani pettinati da calciatore, che giocano a pallone in piazza e non ti fanno entrare in squadra se non parli il loro dialetto. Veltroni non li vede, Checco sì. Checco vive nella mia Italia, Veltroni non so. Poi dite che è di destra. Un film in cui i cattivi sono i bambini pettinati da calciatori, e i buoni sono gli scienziati con la famiglia aperta. Un personaggio comico che continua a ribadire, film dopo film, che gli italiani non possono più vivere alle spalle dei genitori e dei figli; che devono cambiare: non perché lo impone il Politico cattivo o l'Euro assassino, ma perché oltre a essere necessario, sarà bello. A un comico così si perdona anche il fisiologico calo del secondo tempo (del resto il primo era partito a razzo), e il finale coi lacrimoni e i buoni sentimenti e l'Africa e la medicine.

Checco non sarà Sordi, ma il minimo che si possa dire è che si sta impegnando. A questo punto della favola Luca Medici e Gennaro Nunziante potrebbero riempire un'ora e mezza di pellicola di gag da quattro soldi, e invece insistono a cercare cose nuove, a cambiare situazioni e ambientazioni. Potrebbero restare anche loro nel casolare in campagna, e invece vanno al circolo polare a scherzare sul riscaldamento globale. Un esempio qualsiasi: non si ride quasi più dei gay. È un dettaglio, ma pensate a quanto era centrale la figura dei gay in Cado dalle nubi. Qualcun altro al suo posto avrebbe replicato la ricetta (per dire, sui gay di Cado dalle nubi hanno girato uno spinoff l'anno scorso senza Checco ma con Belén). Invece Medici e Nunziante, con un solo personaggio a disposizione hanno già fatto quattro film senza ripetersi. Villaggio e Salce con Fantozzi non ci sono riusciti.

Farei prima a scrivere i cinema in cui non proiettano Quo vado. La sala Lux di Busca, ad esempio (fanno Timbuktu), onm il cinema San Giacomo di Roburent dove c'è Star Wars. Invece al Cityplex di Alba (17:30, 19:30, 20:00, 21:30, 22:00), al Cinelandia di Borgo San Dalmazzo (14:15, 15:20, 16:20, 17:30, 18:30, 20:20, 20:40, 21:00, 22:35, 22:45), al Multisala Impero di Bra (20:20, 22:30), alla Sala Borsi di Ceva (16:00, 18:00, 21:00), al Fiamma di Cuneo (15:30, 17:40, 20:30, 22:40), ai Portici di Fossano (18:30, 20:30, 22:30), al Bertola di Mondovì (18:00, 21:00), all'Italia di Saluzzo (20:00, 22:15), al Cinecittà di Savigliano (20:20, 22:30) c'è Quo Vado. Tanto ci siete già andati

8 commenti:

  1. "Non lo si rimpalla tra destra e sinistra, non si approfitta dello spazio di una recensione per parlare di Renzi o della storia della commedia all'italiana. "
    non si usano i bambini del film per ridicolizzare l'ultimo libro/film di Veltroni

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  2. non è sordi - e buon per lui.

    può diventare de sica (v.) o de andré quando cazzo gli pare, però. magari da domani.

    imho, chiaro.

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  3. Ammetto d'esser prevenuto nei confronti di Zalone. E lo sono mica per questioni intellettuali complicate, no. Lo sono perché se penso alla comicità mi appaiono Woody Allen e Bill Hicks, non dei tizi che parlano sgrammaticato con l'accento dialettale buffo (sia chiaro, Frassica faceva ridere pure me. Poi però ho compiuto sei anni) E un po' anche perché trovo che la satira molliccia ed ammiccante sulla cafoneria e sull'inciviltà sia, sí, sempre assolutoria. E ruffiana, poche storie. Motivo per cui non mi faceva ridere manco Sordi. Anzi. E nemmeno Albanese. Se vuoi fare la critica sociale, non puoi dare di gomito al destinatario per dirgli oh, non te la prendere, si fa per ridere, quella roba lì la faccio anch'io e sono simpatico a tutti ahah. È una porcheria, secondo me. Nota a margine: qualche giorno fa su Radio Capital martellavano la solita "intervista a caldo agli spettatori della prima" e le dichiarazioni degli "adulti" erano distinguibili da quelle degli ottenni solo per una questione di ottave, potendosi riassumere tutte in "è bello perché fa ridere". E non mi si venga a dire che "eh, ma lo sai, col montaggio, il cherry-picking, han fatto sentire solo i bifolchi", perché il servizio era chiaramente una marchetta per pompare il fenomeno. Ah, no, ce n'era uno che diceva d'essere andato al cinema perché Zalone è l'ultimo comico rimasto in Italia. Come se fosse un complimento.

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    1. Guarda, io sono talmente prevenuto nei confronti di Zalone/Medici e Nunziante che non ho visto neanche uno dei loro film e capisco (e in parte condivido) anche i motivi che ti fanno dire "non mi fa ridere" o "è una porcheria".
      Però nel tuo discorso ci sono anche cose che non mi convincono. Per esempio, tu dai per scontato che con quei film si voglia fondamentalmente fare (o far credere di voler fare) critica sociale ("se vuoi fare la critica sociale, non puoi dare di gomito..."). Ma è veramente così? Non ne sono convinto. E se anche fosse così (ma non credo) e arrivassimo alla (soggettiva) conclusione che non ci sono riusciti bene, questo annullerebbe il valore di quei film?
      Altro punto. Tu dici "È una porcheria, secondo me". Va bene, anche secondo me, ma evidentemente il nostro punto di vista non è condiviso da molti oppure, evidentemente, quello specifico parametro di giudizio non è ritenuto rilevante oppure, evidentemente, nell'opinione di molti quello specifico parametro di giudizio viene bilanciato da altri parametri. E quindi?
      E poi, per dirla tutta e per tornare al punto iniziale, è vero che non mi fa ridere il sospetto di trovarmi di fronte a una rappresentazione furba e ammiccante (anche perché potenzialmente auto-assolutoria, mi fa dire il mio moralismo), ma se guardassi uno di quei film scommetto che mi farebbe ridere (o forse addirittura commuovere) la comicità in sé, per quanto io possa essere sospettoso sulla sua origine e sui suoi effetti.
      Però ora mi sembra di capire che il tuo ragionamento parta dalla convinzione che la qualità dei film non abbia niente ma proprio niente a che vedere con l'apprezzamento del pubblico (o anche della critica ufficiale), e che invece coincida con una caratteristica intrinseca e oggettiva, una caratteristica che tutti coloro abbiano un'età mentale (determinata da chi?) superiore a 6 anni non possono non cogliere. Non so se questo è il senso del tuo ragionamento, ma se lo fosse tenderei ad avere dei dubbi sulla sua validità

      Hop-Frog

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  4. I 22 milioni di euro incassati in 3 giorni dal film di Zalone hanno come al solito innescato la solita considerazione dei media: "un prodotto che dà corpo a questi numeri non può non avere delle qualità". Io rispondo con una vecchia battuta di Gino e Michele: "Mangiate merda. 680 milioni di mosche non possono avere tutte torto".

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  5. Ciao hop_frog, che il film faccia (si atteggi a fare?) critica sociale non è una mia assunzione ma il fulcro della recensione del Tondelli. Io da lì partivo. Lui sostiene che Zalone odia davvero gli italiani perché ne mette in mostra la pochezza. Io, pur col bene che ci voglio al Tondelli, mi permetto di dissentire: secondo me quella lì non è critica sociale o, se lo è, è talmente ruffiana da sortire quasi l'effetto opposto alla censura a cui dovrebbe mirare, per i motivi che ho scritto. E non so se questo annulli il valore del film in generale. So solo che lo annulla per me, perché se uno ha l'opportunità di mandare un messaggio a Tremilionidipersone (a spanne) e gli manda il messaggio sbagliato, io un po' m'incazzo. Son fatto così. Sulla questione dell'età mentale, sarebbe un discorso lungo ma se uno a quarant'anni trova ancora che fanno ridere le faccette io una mezza idea tendo a farmela. Ma magari sono io che me la tiro

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    1. Ciao Giona, grazie per la risposta.

      Per quanto riguarda la critica sociale (nell'articolo: “satira di costume”) mi era effettivamente sfuggito che volevi contraddire Leonardo più che criticare l'atteggiamento degli autori. Ad ogni modo mi pare che tu stia confermando di volerne fare una questione etica, in quanto non critichi tanto la struttura e gli obiettivi del film (una satira fallita) quanto il fatto che gli autori diano un “messaggio sbagliato”. Non c'è niente di male nel pensarlo e nel dirlo, per carità, però temo che i film all'Alberto Sordi continueranno ad avere un loro senso (perché guardati da masse più o meno estese e divertite) fino a quando ci sarà una realtà “albertosordiana” da mostrare.
      Per quanto riguarda la questione dell'età mentale, non credo che tu te la tiri ma comunque non me la sentirei di darti ragione.
      Adesso mi toccherà di andare a vedere un film si Zalone, così potrò farmi un'idea meno preconcetta sia dei film che delle recensioni.

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    2. Noi l'abbiamo vista così http://machittevole.blogspot.it/2016/01/visti-per-voi-io-quo-vado-e-tu.html

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