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domenica 2 agosto 2020

E se resti nei paraggi, apprezzerei

19. Help! (Lennon-McCartney, singolo del 1965 e poi nel disco omonimo).

"Stavo inconsciamente gridando aiuto", disse Lennon, in un'intervista immaginaria che tutti amano citare. Lo troverete scritto in molti siti, anche in qualche libro. E tuttavia nell'ultima intervista a Playboy (1980) Lennon non dice “inconsciamente”, Lennon dice "actually": stava davvero gridando aiuto. Anche perché in effetti come si fa a "gridare inconsciamente"? Help! è tutto meno che un grido subconscio e inconsapevole. Help! è una disanima molto sincera ed eloquente del proprio male di vivere, come non si era mai sentita in un brano pop rock fino a quel momento. A Lennon sfuggono termini di un lessico più prossimo agli opuscoli di psicologia che alle canzoni d'amore: "insecure", "indipendence", "self-assured": altro che inconscio, qui è il superego che si sta preoccupando.



Il massimo che fin qui era concesso a un rocker o a un interprete pop era la pena d'amore o di gelosia. In Help! Lennon si spinge più in là, dove nessuno può davvero aiutarlo a comporre una nuova immagine di rocker problematico. L'esempio di Dylan, che ha appena effettuato la sua svolta intimista con Another Side, può fargli coraggio, ma Dylan ha tutto lo spazio e il tempo che gli servono per concedersi testi immaginosi e paradossali ("I was so much older then, I'm younger than that now"). Lennon in due minuti e mezzo deve spiegarsi e concludere: non c'è spazio per i paradossi, e quindi si limita a rimarcare che una volta era più giovane di oggi ("when I was younger, so much younger than today"), azzeccando senza volere un trait d'union del disco in uscita, la nostalgia per uno "ieri" in cui tutto era più semplice. "Questa cosa dei Beatles era andata oltre la nostra capacità di comprensione. Fumavamo marijuana a colazione" (questo l'ha detto davvero).

Sappiamo che una prima versione di Help! era una ballata, e se non ce ne fossimo accorti dalla struttura formale, dagli accordi senza fronzoli, ce lo avrebbero dimostrato i Deep Purple con la loro versione del 1968, a cui Lennon esplicitamente invidiava il ritmo lento e disteso. Magari all'inizio aveva in mente un modello come Stand By Me di Ben E. King, un numero r'n'b lento ed emozionante. Ma non c'era tempo, c'era una colonna sonora da preparare per un film. Il film aveva bisogno di un titolo semplice ed effetto, magari di quattro lettere, una per Beatle, così si sarebbe anche potuto fare una copertina divertente con l'alfabeto telegrafico.

(poi purtroppo la cosa passò a un grafico, che essendo un grafico, trovava più interessante che i Beatles segnalassero un enigmatico “NUJV”)
Il film aveva bisogno di una sigla veloce: ancora una volta come in A Hard Day's Night i radioascoltatori dovevano capire sin dall'inizio che questo era il nuovo brano dei Beatles e la colonna sonora del film omonimo. Ormai era tutto organizzato, previsto, tutto si stava stringendo intorno ai Quattro in una smagliante, lubrificata, disumana macchina per fare soldi: il fatto che al centro di questa macchina Lennon sia riuscito ad approfittare della prima occasione per gridare davvero aiuto, ha del miracoloso.

Col senno del poi Help! acquisisce una profondità particolare proprio perché restituisce l'immagine di un Lennon bloccato in un veicolo di cui non può più controllare la velocità – durante la strofa i cori di Paul e George addirittura sorpassano la voce solista, è come se volessero incitarlo a darsi una mossa. Anche Ringo sembra avere fretta, mentre annuncia con una scarica il ritornello nel quale John crea una progressione che riesce a esprimere un senso di caduta: anche qui è implausibile che l'abbia fatto inconsciamente. Parte in La minore ("Aiutami se puoi, mi sento giù"), poi scende due scalini, rigorosamente rimarcati dal basso di Paul e la chitarra di George, e si ritrova in Fa ("E saresti molto gentile a starmi intorno"); altri due scalini ed eccolo sprofondato in Re7, ("Aiutami a rimettere i piedi a terra"), ed ecco l'Urlo. No, non è primordiale (tanto più che l'abbiamo già sentito nell'introduzione). Ma è comunque un salto impressionante nel falsetto, una prova di forza ma soprattutto di coraggio. Ce ne vuole parecchio a un ragazzo, per chiedere aiuto. (Nel finale, le voci si ricongiungono nello stesso accordo finale di She Loves You: il ritorno inconsapevole a un passato in cui tutto era molto più semplice e "l'amore un gioco facile da giocare". Ma anche in questo caso: siamo sicuri che sia inconsapevole?)

3 commenti:

  1. l'accordo finale con la sesta aggiunta era un classico ai tempi, quindi non significa molto se non un modo per terminare il brano nei concerti (che c'erano ancora).

    (io personalmente apprezzo la versione lenta di Tina Turner)

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  2. Non che sia determinante, ma la tonalità in cui Help! era eseguita quantomeno dal vivo è quella di La. Dunque gli accordi a cui fai riferimento andrebbero alzati di un tono.

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