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giovedì 26 novembre 2020

Diego deve morire


Diego Armando Maradona termina la sua carriera calcistica in Italia il 17 marzo 1991, quando risulta positivo all'antidoping  dopo una partita contro il Bari. Qualche mese dopo, ma sembrano secoli, nelle edicole italiane appare Nathan Never, un frullatore bonelliano in cui entrano tutti gli ingredienti della cultura fantascientifica degli anni Settanta-Ottanta. Film, fumetti, serie tv, manga, deve entrarci tutto perché i lettori vogliono trovarci tutto che fa sognare (e che non possono ancora rivedersi su Youtube), e nel giro di un anno ci entra anche Maradona, spudoratamente ritratto nel ruolo del protagonista di una storia (Il campione) che mette insieme Rollerblade, la Cosa dell'altro mondo e chissà cos'altro. 

Maradona ci entra con la sua faccia inconfondibile e il suo carattere difficile (due minuti dopo averlo conosciuto, Legs vuole già menarlo) perché al tempo avvocati e procuratori hanno altro a cui pensare, ma anche perché a quel punto è già una Leggenda, persino nel senso di storia che si può accomodare come pare e piace a chi la racconta, e non può avere che un finale tragico: manca ancora il finale di carriera in Spagna e Argentina, l'assurdo mondiale del '94, eppure in un giornalino a fumetti italiano del '92 è già scritta la sentenza: Diego è un alieno nascosto tra noi mortali e inviso agli Dei, Diego tra vincere e sopravvivere non ha realmente scelta, Diego deve morire. È come se tutto fosse già inevitabile e necessario, persino nei dettagli finali: un collasso cardiocircolatorio, la pena che il destino infligge a chi vuole vivere troppo e troppo in fretta.

4 commenti:

  1. Diciamo che Maradona è stato,dico in Italia nn vorrei aprirmi troppo nell'analizzare,un comodo "santino" laico.
    Da una parte padre Pio e nell'altro lato Maradona.
    Tutto resta relegato nel miracolo o nella predestinazione. Nulla viene visto come costruzione derivante da un impegno.
    Come diceva un allenatore di boxe in una canzone di Pacifico di preferire il "brocco" quando lo stesso vinceva.
    Era frutto della fatica.
    Ovviamente è un mio pensiero stupendo,nato un poco strisciando...

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    1. Le persone baciate dal talento hanno spesso una vita difficile, perché sono circondate dall'invidia di chi il talento non ce l'ha. Salieri che era un grandissimo musicista detestava Mozart per il motivo che dici tu. Lui era un brocco diventato Salieri spezzandosi la schiena, mentre Mozart, che lo umiliava per distacco, era nato Mozart.

      Maradona è nato Maradona, ma secondo me lo sapeva di essere in debito con la sorte, infatti quelli che lo hanno conosciuto di persona raccontano di un uomo incapace di dire di no, che regalava soldi, orologi, macchine, anelli e qualunque altra cosa a chiunque gliela chiedesse, aveva questa forma di generosità compulsiva con cui (ipotizzo) tentava di compensare tutti gli altri per non essere come lui, rendendosi conto da solo di non aver nessun merito particolare.

      C'è da dire che Salieri lo ricordiamo solo in funzione di Mozart, così come Bruscolotti lo ricordiamo solo in funzione di Maradona. Salieri e Bruscolotti avranno anche conquistato la serie A con la fatica e il lavoro, ma non sono certo loro quelli che ti regalano emozioni immortali.

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    2. Ma credimi,caro Layos,il mio nn era una diminutio di Maradona che con il suo talento ha regalato le perle calcistiche di cui abbiamo il bel ricordo.
      Salieri sbagliava a prendersela con Mozart,come chiunque se la prende con coloro che,tramite una capacità innata,riescono a sfondare facilmente le porte della loro professione arrivando ai vertici.
      Quello che intendevo è l'assurgere ad esempio di vita la speranza in un miracolo che ti risolva la vita.
      L'allenatore che è felice del brocco vincente,capisce la fatica dello stesso. Il suo impegno.
      Aspettare la manna dal cielo sempre e comunque,portandola a scopo di vita,è quello che volevo dire.
      Il Bruscolotti,al contrario di un Salieri,ha colto l'occasione di poter giocare con il campione massimo,ma nn credo lo odiasse per le sue innate qualità. Lo ha "usato" bene il Maradona facendoci una carriera al di sopra delle sue aspettative. Credo con soddisfazione massima e creandosi una sua socialità in cui l'agio finanziario gli sia rimasto anche "in pensione".
      Gattuso sarà un giocatore arcigno e di classe inferiore rispetto a molti campioni,ma è una pedina importante nella scacchiera del campo. Potentemente spazza lo stesso dando modo al campione di essere la primadonna. E lo stesso,sempre con il massimo impegno sta continuando una nuova carriera.
      Insomma ritorniamo al miracolo e alla predestinazione come fattori casuali e molto esigui.
      Nel mondo reale è l'impegno a far si che le persone scalino la società.

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    3. Una precisazione futile: "Amadeus" è un film stupendo, ma la base della sua trama (l'odio di Salieri per Mozart) non ha nessun fondamento storico. E Mozart si era "spezzato la schiena" fin da quando a 6 anni il padre iniziò a portarlo in "tourneé" per le varie corti europee: certo, aveva un talento naturale, ma senza le lezioni del padre e 15-20 anni di gavetta, non "sarebbe stato Mozart".

      PS: mi chiedo anche quanto sia vicina al vero la vulgata che vuole che Maradona fosse tutto "talento" e poco "impegno". Quando era ai suoi massimi livelli, si è permesso comportamenti che a un Bruscolotti non sarebbero mai stati concessi; ma non credo che a quei livelli sia arrivato senza "spaccarsi la schiena".

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