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venerdì 15 aprile 2022

Dubbi dello spettatore occidentale

Lo spettatore occidentale è perplesso. Le emozioni lo tradiscono, la razionalità non lo aiuta, anche la memoria a volte gli è d'impiccio. È chiaro che questa non è la solita guerra in un teatro lontano: stavolta è diverso, è tutto molto più vicino e su una scala più grande. Questo lo spettatore occidentale lo capisce, ma si ricorda anche di esserselo sentito dire tante altre volte. La guerra fa paura, è uno spettacolo ipnotico e osceno ma soprattutto surreale: un giorno una città esiste, un mese dopo è rasa al suolo, gli abitanti scappati o schiacciati per motivi che tutti cominciano a considerare logici e inevitabili, ma lo spettatore occidentale no. Qualcosa non va, qualcosa dovrebbe essere fatto per evitare tutto questo, qualcuno dovrebbe saperlo, qualcuno dovrebbe dircelo e non lo fa. Lo spettatore odia la guerra, ma soprattutto odia sentirsi fregato: d'altro canto è uno spettatore, che altro può fare a parte sedersi, guardare e lasciarsi fregare. 


Lo spettatore occidentale si domanda se non sia in parte colpa sua (e dell'Occidente in generale). È una reazione tipica, prevedibile: mette insieme quasi tutto quello che l'Occidente ha prodotto: c'è dentro Kant e Marx e Freud, per restare agli strati più superficiali: più sotto una coltre spessa di senso di colpa coloniale (qualsiasi cosa succeda nel mondo è colpa nostra) che dovrebbe occultarci il sottostante senso di superiorità coloniale (qualsiasi cosa succeda nel mondo l'abbiamo cominciata noi); più in profondo si intravedono ancora Cristo e Aristotele. Scoppia una guerra da qualche parte: possibile che non l'abbiamo causata noi, coi nostri peccati di pensiero, parola, opera, omissione; semplicemente esistendo in un'oggettiva condizione di privilegio? Un dittatore ordina l'invasione di un Paese confinante, certo, sembra tutto abbastanza chiaro, ma guardiamoci dentro: non l'avremo provocato in qualche modo? Dopo averlo magari illuso, coccolato – quanti errori abbiamo fatto nei suoi confronti, e ora non dovremmo far finta di non vederli, dovremmo raccontarci che è perfido per natura?

Nella sua forma più immediata e inconsapevole, questa reazione si chiama razionalizzazione: che bel paradosso. Significa che ogni cosa assurda, guerra compresa, dev'essere rimasticata fino a prendere una forma ragionevole: ma anche che ogni cosa che apparentemente non dipende da Me, per quanto immensa e indescrivibile, dev'essere infilata in un imbuto lunghissimo che prima o poi ne distilli almeno una goccia che il mio individuale senso di colpa possa assorbire. Putin bombarda Kiev, e io gli sto comprando il gas per il mio scaldabagno: sono un mostro. Ma non basta, sto persino vendendo armi all'Ucraina: non abbastanza perché respingano i russi, ma abbastanza perché la guerra si protragga fino alla trasformazione di un popoloso Paese europeo in un altro Afganistan. È la cosa giusta da fare?, si domanda lo spettatore occidentale: come se davvero qualcuno gli avesse chiesto un parere o addirittura un permesso per comprare gas e vendere armi. Razionalizzare è anche un modo per illudersi di non essere uno spettatore: non in mio nome, dice. Se davvero vivo nel mondo libero (grazie alla Nato), perché non dovrei essere libero di criticare le scelte della Nato? Se davvero ho la libertà di dire che due più due fa quattro, perché non posso usarla per dire che un tiranno paranoico in difficoltà, più una valigetta nucleare, nel medio lungo periodo causano una catastrofe? Difendere l'Ucraina è una bella cosa: trasformarla in una steppa di rovine già sembra meno bello; farlo nella speranza che Putin ne venga travolto non sarà l'ennesima fantasia americana di regime change, una di quelle cose che provano a fare da vent'anni e il risultato è sempre peggiore della situazione di partenza?


La risposta potrebbe anche essere "no": ma lo spettatore occidentale queste domande vorrebbe almeno continuare a porsele. È un po' il senso di vivere in occidente piuttosto che altrove: dovrebbe esserci spazio per il dubbio, un minimo di margine per chiamarsi fuori (la libertà implica una coscienza, la coscienza richiede di essere lavata). Ma ecco, pare non ci sia un modo di farlo senza passare per fessi o essere additati come collaborazionisti. Bisognerebbe essere molto bravi ed equilibrati e questo è un altro problema, che a quanto pare nessuno più lo è. Chi prova a mostrarsi dubbioso nei talk si trasforma ovviamente in una macchietta, un Goldstein da esibire a intervalli regolari quando scoccano i due minuti d'odio. Chi si lascia intervistare dai giornali italiani (giornali che anche in tempi più semplici non hanno mai avuto rispetto per i virgolettati) cade nei più vieti trabocchetti retorici. Non aiuta certo il prosperare sui social di putiniani ruspanti, un po' volontari un po' alla giornata, tutti rigorosamente fuori dal coro anche quando dicono tutti in simultanea le stesse cose. 

Intanto, a un clic di distanza, gli atlantisti si scatenano, ormai sono alla caccia all'uomo. Vent'anni di frustrazioni, di armi di distruzione di massa che non si trovavano e democrazie malamente esportate, finalmente possono liberarsi in una scossa di energia che rianimerebbe il cadavere di Joseph McCarthy, anzi forse lo ha rianimato. Una tabella ritagliata da un articolo pubblicato su Limes è sufficiente per denunciare il putinismo della redazione tutta; una bandiera disegnata a rovescio, in prima pagina sul Corriere, è quanto basta per dichiarare l'ANPI intelligente col nemico. Questo è più grottesco del domandarsi se Putin non l'abbiamo provocato noi, ma ormai passa in fanfara, come cosa naturale: dopo due anni di pandemia non siamo più abituati a tollerare opinioni diverse dalle nostre. Bisognerebbe ricordarsi che le opinioni non ci mandano in terapia intensiva – non in questo caso, almeno. E che tutto questo setacciare i feed dei nostri avversari preferiti alla ricerca di affermazioni da ritagliare ed esibire in quanto imbarazzanti, tutta questa corsa al dossieraggio, ecco, non salverà la vita a un solo sfollato ucraino: non è un modo per aiutare a liberarli; al massimo per liberare noi stessi da qualcosa che ormai non sappiamo nemmeno più cos'è. Potrebbe essere il dubbio, appunto: bisogna farlo emergere, lasciare che si incarni in un pagliaccio televisivo, e poi condannarlo in effige. Lo spettatore occidentale ricorda vagamente di un tempo in cui le cose non funzionavano così, in cui manifestare i propri dubbi era una pratica apprezzata, indizio di apertura mentale, disponibilità al dialogo, capacità di riconoscere i propri errori. E tante volte si esagerava, si cercava di dialogare con gente in malafede e si insisteva a cercare i propri errori negli errori evidentemente altrui. Ma a quanto pare da qui in poi succederà sempre meno, anche in occidente. 

10 commenti:

  1. In effetti io temo che, se si considera che il conflitto ha una quindicina di anni alle spalle, anche in questo ennesimo caso da razionalizzare ci siano purtroppo diverse cose. E temo anche che le opinioni sul mix dittatore-nel-vicolo-cieco-più-valigetta-nucleare siano in grado di farci sfuggire la situazione fino a spingerci ben oltre un passaggio in terapia intensiva, mentre ancora teniamo un approccio strategico e di comunicazione mediatica orientato molto al piano ideale, poco disposto a storicizzare e facendo come se la realtà della guerra fosse quella del mondo pre-nucleare.

    Suggerirei solo due spunti, come memoria storica recente da vedere col senno del poi, anche solo per valutare, dato che la guerra era prevedibile da anni (anche il nostro governo ne era stato informato per tempo), le occasioni che avremmo potuto cogliere per provare a evitare che la situazione degenerasse fino al punto di rottura attuale. La mia impressione è che, guardando dalla Russia, l'Ucraina apparisse un paese ampiamente infiltrato da anni. L'altra domanda poi è sempre la stessa (a chi conviene la guerra), e un campanello d'allarme a me suona se persino Bersani ha lamentato contro i nostri alleati l'altro ieri a La7 la sparizione della parola 'negoziato' e il permanere della sola idea che la guerra si decida sul campo.

    https://st.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-12-02/l-ucraina-vara-governo-ministri-stranieri-selezionati-cacciatori-teste-202117.shtml?uuid=ABjsv6KC

    https://ilmanifesto.it/ucraina-i-finanziatori-della-rivolta-on-demand

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  2. Ma com'è che a 'sto giro ti sei convinto che l'unico ruolo dell'occidente (nomen omen) in questa guerra sia l'acquisto degli idrocarburi di Mordor? Dovresti informare l'amico Kuleba, che, pur non essendo (per ora) occidentale, pensa che l'affare sia loro muoiono, "noi" diamo le armi — e facciamo morire di fame i russi, cacciamo i gatti russi dalle gare di gatti, etc.

    Per il resto, c'è poca roba più 1984 della "pace" di Draghi, proprio quella opposta ai condizionatori. Mi verrebbe da dire che c'è pure poca roba più fattoria degli animali della proibizione del linguaggio d'odio verso tutti gli animali tranne i russi, ma i russi stanno decadendo più rapidamente di Rutherford quando gli appiopparono il nobel per la chimica, l'ultima volta che ho controllato erano orchite, un aggregato antropomorfo pre-posmoderno di chissà cosa.

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  3. Io credo che questa guerra sia una bella sveglia per l'Europa.
    I conflitti combattuti negli ultimi anni, ad esempio quello in Yemen oppure la guerra in Siria (giusto per fare due esempi) ci permettono una sfumatura di sofismi poiché il modo in cui essi ci riguardano è indiretto e non immediatamente percepibile.
    Qui no. Qui il gioco è di una semplicità sconcertante: dopo circa dieci anni che un paese grosso modo dittatoriale (1) situato alle porte dell'Europa ha provato in ogni modo a destabilizzare l'Europa stessa (finanziamenti a qualunque partito disgregante, propaganda pro-Brexit, ecc), tale paese ha deciso di passare all'aggressione diretta di un paese grosso modo democratico (2) per impedire che anch'esso si avvicinasse all'Europa, ossia a noi.
    Se l'Ucraina fosse caduta in pochi giorni, tempo due anni sarebbe toccato alla Finlandia e poi forse ad un paese NATO; se invece l'Ucraina tiene botta, forse facciamo in tempo ad organizzare una controffensiva ed evitare di essere noi i prossimi.
    Lo so, è molto brutto essere strappati dai propri dibattiti che oscillano fra "il fardello dell'uomo bianco" e "anche gli USA sì che sono cattivi" per essere scagliati in un mondo in cui i prossimi ad essere colpiti dai missili potremmo essere noi, però è anche tempo di svegliarsi: Putin sta cercando di distruggere la democrazia europea, quindi noi. L'unica arma che possiamo oppore è fare subito un'Unione Europea che funzioni, possibilmente come stato unitario, e nel frattempo armare gli ucraini affinché ci sia concesso qualche anno tecnico. Doloroso, ma incontrovertibile. Potevamo evitare di essere nel mirino di un dittatore? Forse, ma adesso siamo in questa situazione e occorre cavarne le gambe al meglio.

    (1) Sì, lo so, anche le dittature hanno fatto delle cose buone come le Paludi Pontine o fare arrivare i treni in orario, però dittature restano.
    (2) Sì, lo so, anche le democrazie sono zeppe di difetti tipo avere la Gladio infiltrata nei servizi segreti o un parlamento che vota che Ruby è la nipote di Mubarak, però democrazie restano.

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    1. Basandomi sullo spicchio di mondo cui ho accesso (ma chissà per quanto), questo spettatore occidentale mi pare molto più rappresentativo di quello descritto sopra da Leo: questa guerra è noi contro loro (a differenza delle altre; che quindi si fanno inerte suppellettile, e sono archiviate, direttamente e senza passare dal via); nessun dubbio su chi collocare nello scatolone più bello, buono, vero, coraggioso, libero, democratico, filosofico, scientifico, poetico, musicale, veloce, alto, forte e communitoso, e chi in quello meno; magari qualche dubbio residuo sulla "controffensiva", tipo quale dei vari "noi" debba farsene carico.

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    2. Esattamente, Atlantropa, esattamente!
      Dopo anni di lungo sonno, cullandosi e crogiolandosi nell'illusione di potersi rinchiudere in una Fortezza a cui i Mali del Mondo non potevano avere accesso, ecco che improvvisamente il sonno s'interrompe.
      Nonostante la guerra in Siria ci riguardasse direttamente e nonostante le immani sofferenze da essa generate, era stata derubricata ad inerte suppellettile.
      Anche la Cecenia, così lontana, così esotica, così inafferrabile ecco che ritorna improvvisa su di noi e se la Politovskaya è un fantasma, è ben vivo quel Kadyrov che durante il nostro dormire uccise tutti gli omosessuali della sua terra ed eccolo bussare alle nostre porte, armato.
      No, non è più tempo di dubbi. Per troppi anni, dinnanzi alla continua strage di migranti nelle acque del Mediterraneo, abbiamo permesso che serpi politiche insinuassero il dubbio che tali migranti andassero cannoneggiati, che migrassero per colpa loro, che andassero lasciati morire. No, è tempo che i dubbi si dissolvano: l'illusione di vivere in una sfera indistruttibile che il mondo esterno non può tangere è morta.

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    3. Però anche questa seconda insalata occidentale (a proposito, quella russa ora come si chiama?) risulta un po' scarsa di dubbio. Forse lo spettatore occidentale non è poi così perplesso, dopo tutto.

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  4. io dopo tutti 'sti giorni di guerra continuo a chiedermi:
    caino ha ammazzato suo fratello e dio l'ha lasciato andare impunito...
    ho quindi il diritto di ammazzare mio fratello (ne ho cinque) e restare impunito?
    ho il diritto di dire (alla bisogna) e allora caino?

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    1. Ma non stiamo già punendo? È proprio per venire incontro alla brama di punizione del malvagio di turno che c'è in tutti noi che i nostri leader liberaldemocratici (da sinistra a destra, due mercanti d'armi, tre dominatori e censori del web, due banchieri, inginocchiati un produttore di succhi bollicinosi, uno di hamburger, un possessore di papersera con la testata gotica, uno speculatore filantropico, un visionario elettrospaziale, stranamore; nascosto, fortasse, l'omino di cartapecora che stringe la mano al nulla) hanno varato un piano retributivo senza precedenti: lo strangolamento/collassamento dell'economia russa. Lasciam perdere la parte nojosa, che la punizione collettiva sta al diritto come il cancro sta alla medicina, che forse ci razionano la corrente e addio condizionatore, etc. È l'equivalente moderno del bombardamento di Dresda, e delle ripicche tetragenerazionali del dio bolso di cui sopra. E se non funge, che problema c'è: è tutto libero e democratico, si tratta solo di scegliere elettori che scelgano elettori […] che scelgano gente più nerboruta, ed attuare l'operazione corrispondente in termini di libero (ma io a questo punto direi anche democratico, chè si vota con la scheda e col portafoglio) mercato.

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    2. A me pareva di ricordare che Dio avesse marchiato e maledetto Caino a vita, "ramingo e fuggiasco sarai sulla terra"...

      Andrea S.

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