[Questa è La Gara, oggi con percussioni pianistiche, nomadi felici, progressioni Pachelbel e l'unica apparizione a Sanremo].
1978: Sud Afternoon (#218)
Sud Afternoon è il brano più enigmatico della fase minimale di Battiato. La stessa etichetta di 'minimale' comincia a stare stretta a quello che Battiato sta facendo: se Za e L'Egitto prima delle sabbie sono effettivamente costruite sulla reiterazione degli stessi accordi (Za) o delle stesse scale (L'Egitto), in Sud Afternoon di accordi ce n'è tantissimi, addirittura suonati su due pianoforti diversi da Antonio Ballista e Bruno Canino. Insieme i due riscoprono la tecnica medievale dell'Hoquetus, che prevede che gli strumenti suonino senza sovrapporsi: forse a Battiato stavolta interessa lo spazio che viene a crearsi tra i due accordi, come quello creato dai sussulti di una campana. È un'ipotesi. Carlo Boccadoro racconta nel suo libro la difficoltà di recuperare, trent'anni dopo, la partitura di quello che all'orecchio profano può sembrare una libera improvvisazione: tutt'altro. Dalla serie di fogli "scritti con grafia di chiarezza assiro-babilonese, in cui per di più molte sezioni erano segnate con triangoli e segni di vario tipo" che lo stesso Battiato avrebbe messo un po' di tempo a decifrare, emergeva una composizione lungamente meditata che richiedeva un'esecuzione scrupolosa e faticosa. "All'inizio di Sud afternoon bisogna suonare sui tasti e contemporaneamente sulle corde con un plettro da chitarra stando in piedi, piegati tra tastiera e cordiera. In questa scomoda posizione è facilissimo produrre accenti non scritti in partitura e Battiato era molto insistente sul fatto che tutto dovesse risultare leggerissimo, impalpabile ma allo stesso tempo assolutamente preciso". Quello che continua a mancare in Sud Afternoon è la melodia – benché ogni tanto qualche frase musicale sembri sfuggire dalle mani dei pianisti, il brano conserva fino alla fine un carattere percussivo. Malgrado abbia abbandonato da tempo i sintetizzatori, Battiato sembra aver mantenuto un approccio 'elettronico' e si aspetta dai pianoforti un tipo di pulsazione non molto dissimile da quella dei vecchi synth a valvole.
1993: Caffè de la Paix (#39)
2007: I giorni della monotonia (Battiato/Sgalambro, #167)
Tra noi due ho scelto me. Dopo aver contribuito a rilanciare il festival, mandando Alice a espugnarlo con Per Elisa; dopo essersi mantenuto a prudenziale distanza per quei vent'anni in cui Sanremo era diventato il simbolo della musica italiana deteriore, alla fine Battiato accetta di esibirsi nel 2007, quando ormai ogni steccato sta saltando. Ci porta un brano tutt'altro che orecchiabile, una delle storie d'amore meno simpatetiche mai messe in musica: la storia di due amanti autoreclusi che scoprono di non avere niente in comune, e si baciano per non dover parlare e ascoltarsi. A Sanremo era un anno di rap sentimentali e ricattatori, vinse Cristicchi con un suicidio inventato per commuovere e Fabrizio Moro contro tutte le mafie. Sono quei momenti in cui rivaluti persino Sgalambro, che ha tanti difetti, è barocco e perfino melodrammatico, ma la lacrimuccia facile no, quella è proprio incapace di spremertela.
Dopo aver scoperto, in anticipo su quasi tutti, le potenzialità pop della progressione Pachelbel con Rain and Tears, il trio greco trapiantato in Francia noto come Aphrodite's Child rischiava di non riuscire più a scrollarselo di dosso. Il rischio di dover ricucinare per sempre la stessa pietanza fu una delle cause che portarono alla scissione della band: da una parte Vangelis voleva trasformarla in un progetto prog, dall'altra Demis Roussos non era affatto contrario a dare al pubblico quel che il pubblico chiedeva: infinite variazioni sulla Pachelbel, come questa It's Five o'Clock che alla terza nota sai già benissimo dove andrà a parare e tuttavia il ritornello ti spiazza lo stesso, quando lo canta Roussos, con quella capacità di alzare il volume del falsetto da uno a dieci in mezzo secondo. Battiato su una voce del genere non può contare (eppure la sua versione di Rain and Tears, incisa negli anni Sessanta ma mai pubblicata ai tempi, era di tutto rispetto). Non prova nemmeno a ricalcare la dinamica del brano originale. Si fa aiutare nel ritornello dalla cantante iraniana Sepideh Raissadat, che non riesce comunque a spostare il brano verso longitudini più orientali. Come si fa a capire quando un fleur non è uscito bene? Quando continui a pensare alla versione originale.
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