[Questa è la Gara delle canzoni di Franco Battiato, oggi con una canzone che è impossibile prendere sul serio, una canzone che fu la prima che i discografici presero sul serio, un'altra in cui Battiato non si prendeva sul serio, e una cover di Bridge Over Troubled Water, sul serio]
1968: Fumo di una sigaretta (Battiato/Logiri, #245)
1979: L'era del cinghiale bianco (#12)
In un percorso artistico così ricco di svolte improvvise, L'era del cinghiale bianco resta la pietra miliare più rilevante. C'è un prima e c'è un dopo. Questo potrebbe indurci perfino a sopravvalutarla, perché se è vero che Battiato non aveva mai cantato una canzone del genere, è anche vero che quello che farà da lì in poi non sarà necessariamente un prosieguo dell'Era, che viceversa resta un episodio abbastanza isolato, anche nel disco a cui dà il nome. Mentre l'idea di costruire una canzone su un fraseggio di violino (all'inizio era un esercizio che Giusto Pio aveva impartito al suo allievo Franco Battiato) non era affatto così peregrina: il 1979 era il periodo di massima popolarità di Angelo Branduardi (nello stesso anno esce Cogli la prima mela), mentre il violino di Lucio Fabbri si imprimeva indelebilmente nei classici di De André incisi dal vivo con la PFM. Aggiungi che da due anni le radio non cessavano di suonare Samarcanda e capisci che uscire con un fraseggio di violino pop, nel 1979, era una mossa perfino sfacciata. Questo non significa che l'Era non sia un'ottima canzone, che dal vivo Battiato non ha mai smesso di eseguire – ma l'affetto che proviamo non deve impedirci di vederne i difetti, ad esempio: poteva durare tranquillamente un minuto in meno. Quel che conquista a distanza di anni è la naturalezza con cui la chitarra di Radius dialoga col violino, la scioltezza del cambio di tempo – possiamo chiamarla new wave italiana, ma ci sono ancora tanti debiti col progressive. E soprattutto l'improvvisa eclissi del ritmo, quando comincia la strofa e FB riesce a evocare, con pochi versi, tutto un mondo equivoco e suggestivo.
2008: Bridge Over Troubled Water (Paul Simon, #140)
Sail on silver girl. Giunto al terzo volume dei suoi Fleurs, Battiato semplicemente canta quello che gli va di cantare, e se non vi piace pazienza. L'età sta allentando il pudore: basti pensare che se nel secondo volume non c'era una sola canzone in lingua inglese, ora ce ne sono tre, di cui almeno due mostri sacri. L'inglese di Battiato nel frattempo è un po' migliorato, ma non abbastanza da far passare liscia questa Bridge Over Troubled Water. Battiato vi si accosta con rispetto, ma è chiaro che non ha una particolare idea di come arrangiarla – del resto come si può migliorare la dinamica dell'arrangiamento originale, col canto che sembra cominciare sottovoce e gli strumenti che si aggiungono uno alla volta, e quel rullante riverberato che esplode? Battiato vuole solo cantarla, perché è una canzone che gli piace cantare. Forse si sente in debito: in fin dei conti, quando ha deciso di scrivere una canzone che sbancasse, gli è venuto qualcosa di concettualmente molto simile: ci sarò quando avrai bisogno, quando tutti gli amici mancheranno avrò cura di te.
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