[Questa è la Gara delle canzoni di Battiato, oggi con un collage steampunk, una grande incompiuta, una versione di Baudelaire che fa un po' ridere e un'altra che assomiglia inopinatamente a Come on baby light my fire. Certo che non ci si annoia con le canzoni di Battiato].
Lo steampunk è "un filone della narrativa fantastica, e più nel dettaglio di quella fantascientifica, che introduce una tecnologia anacronistica all'interno di un'ambientazione storica". In un certo senso Rien ne va plus è il brano steampunk di Battiato: è una Ethika Fon ethica ambientata a fine Ottocento, quasi Nove, come se qualcuno al tempo avesse inventato un registratore di suoni decente e fosse andato in giro per i boulevard, intrufolandosi nel primo salotto che trovava per captare tracce sonore di concerti, lezioni di danza, applausi e risatine. Benché da nessuna parte vi sia un richiamo a Proust, è l'unico autore di quel periodo che Battiato ha mai citato: se si tratta di un omaggio, è davvero il meno retorico che gli potesse rendere. È un brano a cui Battiato deve aver lavorato molto (non era così facile montare dei rumori in quegli anni) per ottenere un risultato che ancora oggi possiamo scambiare per un'intercettazione ambientale: una specie di viaggio del tempo sonoro. Magari è il motivo per cui decise di includerlo nell'antologia Feedback, un disco della collezione economica Ricordi che per molto tempo sarebbe stato l'unico segno tangibile del Battiato anni '70 nei negozi di dischi.
1998: Stage Door (Battiato/Sgalambro, #174)
A un giornalista Battiato dichiarò di aver lavorato per un anno e mezzo a Gommalacca, "dalle otto del mattino alle otto di sera". Tutto questo lavoro e poi non è nemmeno riuscito a finire Stage Door...
Gommalacca è un disco pieno di cose, ma in cui si notano anche le mancanze. Non c'è per esempio un brano di sicura presa come era stato La cura per il disco precedente. Certo, mica si può sempre scrivere un pezzo come La cura: e però riascoltando una delle versioni di Stage Door si ha la sensazione che sì, un brano del genere Battiato l'avrebbe potuto scrivere: i fondamenti li aveva già trovati, anche il ritornello che sarebbe piaciuto senz'altro.
Sapessi che dolore l'esistenza
che vede nero dove nero non ce n'è.
Il fatto è che non posso più tornare indietro
che non riesco a vivere con te né senza di te.
Insomma nel 1998 Battiato aveva scritto la sua With or Without You. Su una progressione semplicissima, ipnotica (Re minore, Do, Si bemolle), un testo che alludeva ai suoi giorni più difficili (la depressione post Pollution?) con un testo che Aldo Nove considera "uno dei suoi testi autobiografici più intensi (forse il più intenso in assoluto)". C'era un successo sicuro, nascosto nell'involucro di Stage Door, ma Battiato non ha voluto tirarlo fuori. Si è fermato un po' prima; ha scartato il brano dalla scaletta dell'album e ha poi incluso due demo nel singolo di Shock in My Town (una canzone molto meno immediata di Stage Door). Perché l'ha fatto? Mi vengono in mente due ipotesi contrarie. La prima è che non voleva piacere troppo, che un successo come quello ottenuto con La cura lo indisponesse. I classici che scrivi sono le canzoni che ti definiscono, quelle che ti chiederanno sempre ai concerti, quelle che suoneranno in radio quando muori; Battiato forse sentiva di averne scritte abbastanza. L'altra ipotesi è che avesse paura di deludere il suo pubblico, di tradire una certa immagine che ormai si era costruito, di uomo saggio al di sopra del vincolo delle passioni. Il Super-Battiato di E ti vengo a cercare e della Cura, ecco: in Stage Door si rimette in discussione, ammette le proprie debolezze e forse persino le proprie ipocrisie, con affermazioni che nella prima versione colpivano per l'insolita crudezza. Non è un caso che quando decide di offrire una versione definitiva della canzone, undici anni dopo in Inneres Auge, Battiato tagli gran parte delle affermazioni più intense (provocando lo sdegno di Aldo Nove).
1999: Invito al viaggio (Battiato, Baudelaire, Sgalambro, #83)
Baudelaire è difficile da maneggiare. È un classico, ma è di quelli che bisognerebbe leggere la prima volta da adolescenti, così da potersi sciogliere un po' di nostalgia quando lo si riapre in seguito. Se non è successo (via, non succede quasi mai) bisogna addirittura fingersi adolescenti per apprezzare certe cose. Battiato, se proprio gli interessava L'invitation au voyage, avrebbe potuto riprendere la bella versione di Leo Ferré. Ma siamo negli ultimi minuti di Fleurs, quelli che a partire da Gommalacca sono consacrati agli esperimenti, e qui Battiato decide di affidarsi a una traduzione parziale di Sgalambro. Non solo, ma decide di fargliela recitare nei primi minuti della canzone. Ora, è chiaro che io sono prevenuto contro questo povero filosofo. Ce l'ho con lui per motivi che magari all'inizio erano oggettivi ma ormai hanno trasceso, ormai nella mia testa l'ho trasformato in un simbolo di tante cose che non mi piacciono e non gli perdono niente, neanche come pronuncia "cielo" (lo pronuncia col dittongo "ie"). Per cui magari è completamente colpa mia se mi metto a ridere quando declama "Ti invito al viaggio in quel paese che ti somiglia tanto", che è la cosa che d'ora in poi dirò a tutti quelli che mi offendono. Nessuna traduzione degli stessi due versi aveva mai suscitato in me una simile ilarità, e dire che non sono più adolescente da un pezzo. Ma forse da adolescente prendevo le cose più sul serio. Sicuramente Baudelaire più sul serio. Insomma qui io dovrei parlare di questa interessante composizione di Battiato in cui canta alcune strofe dell'Invitation au voyage, con una coda (che in Joe Patti diventerà un brano a sé) in cui l'illusorio paradiso del poeta viene denunciato come tale: la vera saggezza infatti è dire addio a quel paese felice. Dovrei parlare di questo, ma mi metto a ridere, per cui ci rinuncio. Sentitevi liberi di mandarmi a quel paese che mi somiglia.
2008: Niente è come sembra (Battiato/Sgalambro, #46)
Rovinò lungo la china. Solo chi ha un destino rovina. Niente è come sembra è uno di quei singoli del tardo Battiato che somigliano a qualcosa ma non riesco a capire cosa (un altro esempio è Tutto l'universo ubbidisce all'amore). La sensazione è probabilmente causata dal fatto che assomigliano a 'tante' cose: il ritornello di Niente è come sembra in particolare è imbastito su quella cadenza IV-V-I tipica di così tanti brani che diventa ozioso isolarne uno: Il cielo è sempre più blu? Light My Fire? Quest'ultima, oltre al ritornello replicato tre volte, ha anche la strofa che comincia bizzarramente sull'accordo di sesta in minore, proprio come Niente è come sembra, il che forse spiega perché ogni volta che mi metto a pensare a cosa mi ricorda questo brano così traboccante di saggezza orientale, mi si piazza davanti Jim Morrison che si struscia la patta contro l'asta del microfono. Ma sono sicuro che c'è una canzone molto più somigliante – cercare i plagi musicali è come cercare la lettera rubata di Poe, è inutile frugare nei minimi angoli, è molto più probabile che si tratti di qualcosa di evidentissimo, qualcosa che ti sfugge proprio da tanto che è evidente. E forse alla fine l'ho trovata. Mi ha messo sulla pista giusta il brano finale dello stesso album, Stati di gioia, che negli ultimi secondi cita i Beatles: She loves you yeah yeah yeah. No, Niente è come sembra non assomiglia a She Loves You, neanche per sbaglio. Ma è una canzone che dice anche Niente è reale... ricorda qualcosa? Era Lennon a cantare "Nothing is real", in Strawberry Fields Forever. E anche in Strawberry nel ritornello compare la cadenza IV-V-I, anche se non è il momento in cui canta "Nothing is real" . Questa ipotesi, mi rendo conto, è inficiata dal fatto che prima di glossare le canzoni di Battiato ho passato due anni a glossare le canzoni dei Beatles e questo mi ha impedito di scoprire altri mondi musicali da cui magari Battiato ha preso la stessa cadenza. In fondo niente è come sembra.
L'attacco della strofa di "Niente è come sembra" a me fa pensare immediatamente a "Street Spirit (Fade Out)".
RispondiElimina